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Anno XIX num.5
Set./Ott. 2020

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LE AGROMAFIE IN ITALIA: IL CASO DEL PARCO DEI NEBROIDI

 

di Maria Lorena Franchina


1. Introduzione
2. Capitolo 1
3. Capitolo 2
4. Conclusioni


Introduzione
Parlare di ambiente presuppone una visione a 360 gradi di un argomento tanto interessante quanto complesso. Secondo la definizione data dai dizionari, il termine “ambiente” deriva dal latino ambiens, participio presente del verbo ambire, che significa “circondare”. Lo stesso prefisso amb (simile al greco amphi) indica “intorno, da ambo i lati”. Osservando altre lingue, notiamo che il termine inglese environment deriva dal francese envìronnement (composto dal prefisso en-intorno e dal verbo virer -girare), mentre il tedesco umwelt è composto dal prefisso um che precede il sostantivo Welt (mondo) e indica "ciò che sta intorno". Questo dimostra il fatto che ambiente può essere definito come “tutto ciò che sta intorno o che circonda qualcosa”, riferendosi all'insieme di condizioni e fattori, tra loro collegati, che circondano il singolo organismo (vegetale o animale) in uno spazio definito: ad esempio, l'ambiente subacqueo
è il risultato dell'acqua in cui è immerso un pesce e tutti quegli elementi che ne rendono possibile la vita.
La parola ambiente ha numerosi significati e viene meglio definita in accoppiata con un aggettivo: parliamo infatti di ambiente naturale, sociale, culturale, urbano, virtuale, materiale. La usiamo come sinonimo di spazio, di territorio, di luogo, di ecosistema, ma anche di gruppi di persone accomunate da interessi, affetti, idee o abitudini e infatti parliamo di ambiente sportivo, ambiente politico e/o ambiente familiare. Si può inoltre affermare che sin dall’antichità al termine ambiente viene riconosciuto un significato antropocentrico, in cui l'uomo è visto come colui che è capace di plasmare e gestire un "ambiente" creato appositamente per le proprie necessità e in virtù delle sue superiori doti intellettive. Col trascorrere dei secoli, tuttavia, tale visione antropocentrica ha cominciato a subire delle modifiche, dovute a una maggiore consapevolezza dei rischi che derivano da tale gestione umana dell’ambiente e che vengono corsi sia dall'uomo sia dall’ambiente in sé.
D’altra parte l’uomo, fin dalla sua comparsa sulla terra, ha instaurato con l`ambiente un rapporto di privilegio che si è concretizzato nello sfruttamento dello stesso e nell`addomesticamento degli esseri viventi di specie animale. Vivendo di agricoltura e di pastorizia, utilizzando il territorio circostante e facendolo diventare un motore di sviluppo economico parallelamente all’evoluzione delle proprie capacità culturali, ha ampliato la sua capacità di modificazione degli ambienti naturali e quando è diventato agricoltore e allevatore ha iniziato a modificare l’ecosistema e talvolta anche a degradarlo, per esempio
mediante l’utilizzo del fuoco per facilitare le operazioni di disboscamento e creare spazio per le colture stanziali.
Tuttavia, fino alla rivoluzione industriale, l’uomo ha utilizzato le risorse della natura ma non ha compromesso le funzioni organizzative e rigenerative della stessa, vivendo in modo “quasi” sostenibile. Nella seconda metà dell’800, con l’inizio della rivoluzione industriale e lo sviluppo della tecnologia, la natura viene invece ridotta al completo servizio dell’uomo.
L’estensione e l’intensificazione dell’agricoltura e dell’allevamento, rese possibili dallo sviluppo della tecnologia, cominciano a far scomparire molte specie selvatiche per privilegiare varietà di specie domestiche a maggior rendimento. Molti spazi a foresta spontanea vengono conquistati dall’agricoltura che si estende in forma intensiva anche sugli antichi latifondi e sulle terre incolte o paludose, con operazioni di bonifica di queste ultime che comportano la quasi totale sparizione delle aree umide, con pesanti influenze negative, per esempio, sull’avifauna migratoria.
Ma sin dall’inizio della rivoluzione industriale, le autorità si sono rese conto di quanto fosse importante un’agricoltura integrata con il territorio, innescando una riflessione legata alla totale assenza di una cultura ecologica.
Fino a quel momento, l’intervento antropico è considerato isolatamente solo sotto l’aspetto della convenienza economica, senza la consapevolezza dei possibili impatti ecoorganizzativi che può provocare. Fortunatamente col passare degli anni la valutazione della gestione dell’ambiente e delle risorse ad esso collegate si è ampliata sempre di più, implicando l’abbinamento di esigenze di sviluppo socio-economico con esigenze di tutela dell’ambiente e della salute dell’uomo, sia a livello nazionale che internazionale. Non esiste pertanto sviluppo all’interno di una comunità se le problematiche relative all’ambiente in cui le popolazioni vivono, lavorano e prosperano non sono in armonia con i fattori socio – economici ai fini di uno sviluppo sostenibile del territorio.
Terminata questa panoramica storico/etimologica legata al rapporto uomo/ambiente, l’obiettivo di questo elaborato sarà quello di analizzare il suddetto legame alla luce della criminalità ad esso collegata e nello specifico di una particolare zona d’Italia chiamata Parco dei Nebrodi.
 

Capitolo 1
A seguito dell’esplosione del progresso scientifico e tecnologico e dei grandi cambiamenti socio-economici che hanno caratterizzato la prima metà del XX secolo e che hanno determinato un incremento esponenziale nelle capacità di sfruttamento delle risorse naturali da parte dell’uomo (accompagnato da una serie di conseguenze decisamente sfavorevoli per l’ambiente: inquinamento dell’aria e delle acque, aumento dell’anidride carbonica, inaridimento del suolo, desertificazione, deforestazione, cementificazione ecc.), negli anni ’70 nacquero numerosi movimenti ambientalisti l’obiettivo di far fronte ai molteplici aspetti del degrado ambientale e di proporre nuovi modelli comportamentali nel rapporto uomo-ambiente.
Nella prima metà degli anni Settanta il movimento ambientalista assunse definitivamente una dimensione internazionale, grazie alla Conferenza delle Nazioni Unite per l’Ambiente umano sul tema delle problematiche ambientali legate alle politiche di sviluppo che si tenne a Stoccolma nel giugno del 1972.

Nel dicembre dello stesso anno, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite istituì l’UNEP (United Nation Environment Programme), con l’obiettivo di promuovere e coordinare l’azione ambientale con particolare riferimento allo sviluppo sostenibile. La questione ambientale culminò con la Conferenza delle Nazioni
Unite sull’Ambiente e lo Sviluppo che si svolse a Rio de Janeiro nel giugno 1992 e portò nuovamente i governi del mondo a confrontarsi e orientarsi verso un concetto di sviluppo sostenibile che fosse realmente capace di preservare le risorse ambientali per le generazioni presenti e future. Alla Conferenza di Rio gli Stati sottoscrissero numerosi documenti volti ai principi della salvaguardia ambientale quali, tra gli altri, la Convenzione sul cambiamento climatico (UNFCCD) e quella sulla diversità biologica (CBD).
In Italia, i riferimenti all’ambiente sono presenti all’interno della Carta Costituzionale all’art. 9 “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica.
Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”. Nel 1948 la nuova Repubblica non aveva una chiara definizione di ambiente nella sua Costituzione, mentre dal punto di vista giurisprudenziale, i primi accenni all'argomento “ambiente” in Italia sono legati a una visione estetica e statica del paesaggio come bellezza naturale percepita dall’esterno.
A livello Europeo, sebbene nei primi anni della costruzione europea l'ecologia non avesse carattere prioritario, a partire dagli anni ’70 le preoccupazioni per l'ambiente acquistano risonanza nella Comunità e suscitano le prime iniziative comunitarie in campo ambientale.
Nei primi anni, la politica ambientale dell’UE si è caratterizzata per un approccio prevalentemente di tipo conservativo e di tutela, mentre negli gli anni ‘90 si è andato lentamente introducendo un approccio di sistema basato sulla complementarietà, facendo sì che i processi industriali ed energetici così come quelli legati alla filiera agricola e della pesca, non potessero più̀ prescindere dalla variabile ambientale. Rispetto alla nostra Costituzione, il richiamo all’ambiente nel testo della Costituzione Europea è più esplicito e sancisce gli impegni dell’Unione in merito alla sua Politica Ambientale. Stando all’art. III- 233, la politica ambientale “mira a un elevato livello di tutela, tenendo conto delle diversità delle situazioni nelle varie regioni dell’Unione” e la politica ambientale dell’Unione può riassumersi -oltre che sul principio fondamentale di tutela- sui principi dell’azione preventiva, sul principio di precauzione e correzione alla fonte, sul principio del “chi inquina paga” e sul principio dello sviluppo sostenibile.
Le politiche di protezione ambientale si sono poi evolute, ponendo al loro centro l’approccio preventivo e integrato nella riduzione dell’inquinamento in stretta relazione con le risorse del territorio. Gli aspetti ambientali vengono integrati nell’ambito delle politiche di settore, nell’ottica della sostenibilità e delle sue diverse dimensioni: ambientale, economica, sociale e, non ultima, culturale.
In definitiva, la politica ambientale dell’Unione si prefigge di salvaguardare, tutelare e migliorare la qualità dell'ambiente (ad esempio con azioni finalizzate alla preservazione delle specie in via di estinzione), di proteggere la salute umana (ad esempio con misure adottate per evitare i pericoli causati da determinati alimenti), di utilizzare in maniera accorta e razionale le risorse naturali (ad esempio attraverso azioni di promozione delle energie rinnovabili), di promuovere sul piano internazionale misure destinate a risolvere i problemi dell'ambiente (ad esempio promuovendo un accordo mondiale che sostituisca il
Protocollo di Kyoto). Uno degli strumenti di cui si avvale per la formulazione è l'Agenzia Europea dell’Ambiente, con sede a Copenaghen, che svolge azioni di raccolta e diffusione di informazioni verso l’Unione e gli Stati membri, contribuisce al controllo dell’attuazione degli atti normativi in materia ambientale, collabora a creare dati ambientali comparabili a livello europeo e si occupa anche di promuovere lo sviluppo di tecniche di previsione ambientale. Parallelamente, l’Unione Europea supporta il settore agricolo, ritenendolo una risorsa importante per l’economia e supportandolo attraverso specifici finanziamenti a fondo perduto per l’agricoltura.

I finanziamenti europei per l’agricoltura rispondono a specifiche finalità e i bandi statali e regionali contengono tutte le informazioni da conoscere, come i requisiti per accedere, gli interventi finanziabili e le procedure da seguire. Nella maggior parte dei casi questi fondi sono gestiti in collaborazione con gli Stati membri, che operano col coordinamento del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR). In Italia i finanziamenti per l’agricoltura sono disciplinati dalla legge 135/97, che prevede degli incentivi per chi vuole avviare un’impresa agricola e in particolare per i giovani che risiedono in zone rurali svantaggiate o in ritardo rispetto allo sviluppo del resto della Nazione.

Si tratta di prestiti a tasso agevolato e a fondo perduto, che prevedono la restituzione solo del 50% del capitale. Il restante 50% rimane quindi a carico delle istituzioni, che promuovono tali incentivi per dare nuova linfa al settore agricolo. I finanziamenti erogati sotto il diretto controllo dell’Unione Europea, invece, si chiamano fondi diretti e sono disciplinati da specifici bandi che si rivolgono agli imprenditori agricoli e promuovono un modo di fare agricoltura moderno e responsabile. Si favoriscono, ad esempio, pratiche agricole ecologiche e rispettose della biodiversità o la formazione degli imprenditori per incentivare lo sviluppo di aziende agricole moderne.
Anche questi contributi privilegiano gli investimenti da parte di giovani che non hanno ancora compiuto i 35 o i 40 anni, sia nel caso in cui si impegnino ad avviare una nuova impresa o sia che debbano rilevarne una già esistente. I fondi diretti a favore dell’agricoltura sono regolati da agenzie nazionali oppure dalla stessa Commissione Europea. Per quelli indiretti la gestione spetta alle autorità nazionali e regionali, che conoscono meglio il territorio. I fondi gestiti dalla Commissione Europea non prevedono dei veri e propri bandi, ma degli inviti a presentare progetti (call for proposal), che vengono valutati in base alle linee guida indicate. Le opportunità in questo comparto produttivo e le agevolazioni destano sempre più spesso l’interesse di giovani imprenditori che scelgono di
investire sul proprio territorio e di formarsi per acquisire competenze spendibili nello sviluppo del proprio progetto. Tuttavia, le medesime opportunità hanno suscitato l’interesse anche di categorie di soggetti che ne hanno approfittato per operare delle vere e proprie truffe nel settore dei fondi diretti comunitari per l’agricoltura.
Occorre precisare che negli ultimi decenni si è assistito a un’escalation di delitti ambientali in forma organizzata, indicando con questo termine le cosiddette ecomafie, ovvero reati di associazioni a delinquere finalizzati al crimine ambientale. Secondo il dizionario della lingua italiana curato da Devoto e Oli, per ecomafia si intendono “Le operazioni o le speculazioni della mafia e della criminalità organizzata che hanno un impatto fortemente devastante sul territorio e sull'ambiente”, riferendosi a un termine introdotto da Legambiente (l’associazione ambientalista italiana con la più capillare diffusione sul territorio nazionale) nel 1994 per indicare la correlazione ormai tangibile tra le attività criminali e il settore dell'ambiente.

Ma se in un primo momento la criminalità si limitava a compiere attività illecite nell’ambito dei rifiuti (raccolta, trasporto e smaltimento illecito dei rifiuti urbani, industriali, speciali e pericolosi), dell’abusivismo edilizio e delle attività di escavazione, negli anni gli interessi si sono spostati verso il commercio abusivo di specie protette, il traffico illegale di legname e il saccheggio del patrimonio culturale (archeomafia), boschivo, idrico, agricolo e faunistico (zoomafia).
Oggi è possibile affermare con certezza che la criminalità ha grandi interessi verso tutte le attività imprenditoriali che hanno una ricaduta diretta o indiretta nel settore ambientale, e che una forma di criminalità non più emergente ma ormai consolidata consiste nel depredare l’ambiente e utilizzare il capitale indebitamente sottratto per fare business. In particolare, la criminalità organizzata ha convogliato la sua attenzione anche sul settore dell’agricoltura, operando attraverso furti di attrezzature e mezzi agricoli, racket, estorsioni, pizzo, ma anche macellazioni clandestine, caporalato e truffe nei confronti dell'Unione
Europea. Tutte queste ultime attività possono essere sintetizzate dal termine agromafia (criminalità agroalimentare) che, secondo Coldiretti, è una forma di criminalità che spazia dall’agricoltura all’allevamento, dalla distribuzione alimentare alla ristorazione,
configurandosi come delitto ambientale in forma organizzata e frode in materia ambientale.
La rilevanza economica e sociale dei finanziamenti dell’UE e delle altre sovvenzioni pubbliche al settore agroalimentare, continua a registrare l’interesse di gruppi criminali ben strutturati, con vertici e organizzazioni di base ramificati in circuiti affaristico-criminali, il cui disegno strategico è compiutamente finalizzato a individuare – anche attraverso “prestanomi” e sistemi corruttivi di pubblici funzionari – nuove modalità per intercettare le erogazioni UE, lucrare sulla manodopera clandestina e perpetrare truffe (anche all’Inps, unite all’evasione dell’Iva). Il settore agroalimentare, che ha dimostrato in questi anni non
solo di poter resistere alla crisi ma di poter crescere e rafforzarsi anche in un quadro congiunturale complessivamente difficile, è diventato – di conseguenza – ancor più appetibile sul piano dell’investimento.
Da qualche tempo l’Europa ha destinato una parte dei fondi per lo sviluppo di progetti imprenditoriali nel settore agricolo, e in particolare per quelle imprese che operano nell’agricoltura utilizzando tecniche rispettose verso l’ambiente e la natura. L’utilizzo di metodi di agricoltura biologica, l’assenza di antiparassitari chimici, i cicli di coltivazione studiati per favorire il recupero del terreno, e altri sistemi che identificano un’attività agricola in sintonia con la natura, sono alla base dei requisiti che permettono di accedere a questo tipo di fondi europei per l’agricoltura. In queste situazioni, gli imprenditori agricoli ricevono un contributo calcolato sulla base del terreno di cui sono proprietari, esclusivamente nei casi in cui possano comprovare di seguire metodi agricoli rispettosi dell’ecosistema, di limitare le emissioni dannose, di evitare totalmente le tecniche intensive, di non compromettere la qualità dell’acqua e del terreno e di preservare le biodiversità e i prodotti tipici del territorio.
L'Unione Europea sostiene la produzione agricola dei Paesi della Comunità attraverso l'erogazione di aiuti, contributi e premi ai produttori agricoli. Tali erogazioni, finanziate dal FEAGA (Fondo Europeo Agricolo di Garanzia) e FEASR (Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale), vengono gestite dagli Stati Membri attraverso gli Organismi Pagatori, istituiti ai sensi del Reg. (CE) n. 885/2006 (Art. 18). In Italia, la funzione di Organismo di Coordinamento e di Organismo pagatore è svolta da AGEA (Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura), la quale supporta le attività svolte dagli Organismi pagatori e assicura la
predisposizione - ai fini dell'armonizzazione delle procedure - di appositi manuali di indirizzo. AGEA è anche l'Organismo pagatore italiano e ha competenza per l'erogazione di aiuti, contributi, premi e interventi comunitari, nonché per la gestione degli ammassi pubblici, dei programmi di miglioramento della qualità dei prodotti agricoli per gli aiuti alimentari e per la cooperazione economica con altri Paesi. Nell'espletamento della sua missione istituzionale, Agea si avvale anche dei CAA (Centri di Assistenza Agricola) i quali svolgono le attività di supporto nella predisposizione delle domande di ammissione ai benefici comunitari e nazionali su mandato degli imprenditori interessati.
Negli ultimi anni, le truffe perpetrate ai danni di AGEA sono state numerose, configurandosi come una peculiarità del settore criminale delle agromafie. Le associazioni criminali (e non solo) hanno infatti capito che più tendono ad acquisire grandi estensioni di terreno, più possono frodare la Comunità Europea grazie ai fondi destinati all’agricoltura.
In Italia i fondi UE per l’agricoltura rappresentano una delle principali fonti di guadagno delle mafie e il sistema consiste nell’accaparrarsi i terreni privati o pubblici con la violenza, con il monopolio dei bandi di assegnazione dei terreni o mediante frodi e la complicità dei centri di assistenza agricola, con profitti di milioni di euro.
Nel prossimo capitolo vedremo da vicino cosa è accaduto negli ultimi anni in una zona particolare del Mezzogiorno d’Italia: il Parco dei Nebrodi.
 

Capitolo 2
Come visto nel precedente capitolo, la criminalità organizzata si è resa conto che l’agricoltura è un settore che produce reddito ed è quindi un terreno fertile sul quale innestare un business di proporzioni assai rilevanti, con guadagni immediati e un margine di rischio abbastanza accettabile.

Il tutto attraverso una serie di comportamenti illegali che vanno dall’estorsione alla truffa, dall’attentato alla salute pubblica al furto di bestiame.
Stando agli ultimi rapporti e alle recenti indagini da parte degli inquirenti, culminate con numerose operazioni volte a sgominare traffici illeciti in questo settore criminale, emerge prepotentemente la nuova fisionomia dei gruppi criminali sgominati, molto lontana dallo stereotipo della mafia dei pascoli, confermando l’importanza del lavoro di indagine che colpisce clan mafiosi dediti allo sfruttamento delle risorse pubbliche in agricoltura.
In particolare, oltre ai reati tradizionali come traffico stupefacenti, estorsioni o abigeato, è emerso che i clan tendono ad accaparrarsi i terreni e quindi a utilizzare questo nuovo strumento di arricchimento per muoversi nell’ambito delle frodi comunitarie, dividendosi i terreni per poi distribuire i proventi: in pratica un inserimento nell’economia legale attraverso sistemi illegali.
Un'area attentamente monitorata da qualche tempo vista la pericolosità delle organizzazioni criminali che vi operano e considerato il grande business derivante sia dalle frodi per milioni di euro ai fondi europei per l’agricoltura che dall'abigeato e dalla macellazione clandestina è quella dei Monti Nebrodi, in provincia di Messina, i quali possono essere definiti un vero e proprio regno delle agromafie.
Alla base di tutto vi è il controllo dei terreni: esistono famiglie che hanno avuto in concessione fino a mille ettari, realizzando un “incasso” annuo di almeno 500mila euro quale contributo da parte dell'Agea. I terreni possono essere concessi dal Parco dei Nebrodi1, dall'Esa (Ente di sviluppo agricolo) oppure dai Comuni che spesso sono proprietari di migliaia di ettari non coltivati e adibiti al pascolo. In qualche caso, in un'area che va da Mistretta a Tortorici, non
vengono avviate le procedure trasparenti per gli affidamenti dei terreni e i bandi continuano a rimanere fermi, e i vecchi affidatari, che potrebbero anche essere persino legati alla mafia, restano insediati nelle terre.
Sui Nebrodi, ma anche altrove, è da tempo attivo un sistema di truffe all’Unione europea fondato sull’affitto a cifre ridottissime di terreni poi sfruttati per incassare gli aiuti comunitari. Altro fenomeno è quello dell'intestazione a più soggetti della stessa particella catastale. Tra le distorsioni da eliminare anche quella che consente l’assegnazione delle risorse sulla base del possesso della terra e non di concreti progetti agricoli.
Negli ultimi anni sono state numerose le operazioni svolte dalle forze dell’ordine per svelare e sgominare l’esistenza di un sistema illecito di gestione dei terreni da parte di Cosa Nostra in Sicilia nella zona delle Madonie e dei Nebrodi per ottenere contributi comunitari. Cosa Nostra si impossessava infatti dei terreni agricoli tramite violenze, danneggiamenti, attentati e omicidi e riusciva a ottenere ingenti contributi economici concessi dall’Europa.
1 Il Parco dei Nebrodi è stato istituito nel 1993. Ad oggi conta 24 comuni ricadenti nella sua area e si estende per quasi 86000 ettari di superficie, definendosi come la più grande area naturale protetta della Sicilia. La gestione è affidata all’Ente Parco dei Nebrodi, ente di diritto pubblico sottoposto a controllo e vigilanza da parte della Regione Siciliana.
A disturbare gli affari dei clan ci ha pensato Giuseppe Antoci, Presidente del Parco dei Nebrodi dal 2013 al 13 febbraio 2018. L’ex Presidente ha introdotto un protocollo firmato dal Parco, dall'Assessorato Regionale all'Agricoltura e dalla Prefettura di Messina per l'assegnazione degli affitti dei terreni, che prevede la presentazione del certificato antimafia anche per terreni di valore inferiore a 150.000,00 euro2. Il meccanismo messo a punto con il protocollo Antoci estende l’obbligo di certificazione antimafia anche ai contratti d’affitto sui terreni agricoli, qualunque sia la dimensione dell’appezzamento. Questo Protocollo di legalità
detto "Protocollo Antoci" nel 2016 è stato esteso a tutta la Sicilia e sottoscritto da tutti i Prefetti dell'isola. Successivamente (il 27 settembre 2017) è stato recepito dal nuovo codice antimafia e adesso è applicato in tutta Italia.
In conseguenza di tale iniziativa, dopo una serie di segnali e messaggi intimidatori, il 18 maggio 2016 Giuseppe Antoci è stato vittima di un attentato mafioso dal quale è uscito illeso grazie all'auto blindata e all'intervento della scorta.
Il protocollo di legalità in questione ha indubbiamente comportato condizioni più restrittive per le aziende rispetto a quanto non previsto dalla pregressa normativa antimafia, ma ciò non ha impedito ulteriori azioni criminose nel settore.
Nel gennaio 2020, l’inchiesta del Ros e della Finanza ha portato all'arresto di 94 persone, che avrebbero intascato indebitamente fondi europei per oltre 5,5 milioni di euro, mettendo a segno centinaia di truffe all’Agea. A fiutare l'affare milionario sono stati i clan storici di Tortorici, paese dei Nebrodi, i Batanesi e i Bontempo Scavo, che, grazie anche all'aiuto di un notaio e di funzionari dei Centri Commerciali Agricoli (CCA) che istruiscono le pratiche per l'accesso ai contributi europei per l'agricoltura, hanno incassato fiumi di denaro comunitario.
I due clan si sono coalizzati e si sono suddivisi virtualmente gli appezzamenti di terreno necessari per le richieste di sovvenzioni, siti peraltro in vastissime aree della Sicilia (e anche al di fuori dalla Regione). La truffa si basava sull’individuazione di terreni "liberi" (quelli, cioè, per i quali non erano state presentate domande di contributi). A segnalare gli appezzamenti utili spesso erano gli stessi dipendenti dei CCA. La disponibilità dei terreni da indicare era
ottenuta o imponendo ai proprietari reali di stipulare falsi contratti di affitto con prestanome dei mafiosi o attraverso atti notarili falsi. Sulla base della finta disponibilità delle particelle, veniva istruita da funzionari complici la pratica per richiedere le somme che venivano poi accreditate al richiedente prestanome dei boss (spesso su conti esteri).
2 La criminalità organizzata per anni è riuscita a sfruttare le aree grigie della legislazione nazionale per accaparrarsi i contributi europei a sostegno dell’agricoltura. Tra i tanti casi c’è quello della famiglia Riina, beneficiaria dei fondi UE tramite l’azienda agricola del Santuario Maria S.S. del Rosario di
Corleone. Fino al 2017 la legge sugli appalti obbligava la certificazione antimafia solo per importi a base d’asta superiore a 150.000 euro. Sotto tale soglia alle aziende bastava produrre un’autocertificazione antimafia per candidarsi a ottenere i fondi. Così la criminalità organizzata riusciva ad aggiudicarsi le
consegne.


Conclusioni
Quanto emerso nel capitolo precedente rende l’idea del fatto che la malavita si appropria di vasti comparti dell’agroalimentare e dei guadagni che ne derivano, distruggendo la concorrenza e il libero mercato legale e soffocando l'imprenditoria onesta, ma anche compromettendo in modo gravissimo la qualità e la sicurezza dei prodotti Made in Italy. Il tutto conferma l’esigenza di un’attenta vigilanza sull’erogazione dei contributi per evitare che i clan mafiosi si approprino, eludendo il sistema dei controlli, di ingenti sovvenzioni europee a danno di produttori e agricoltori onesti, infiltrandosi in settori strategici per lo sviluppo economico di importanti territori dediti alle attività agro-silvo-pastorali.
Ed è ovviamente necessaria anche un’inversione di tendenza e un sistema di controlli maggiormente incisivo che vada a limitare lo sfruttamento selvaggio del territorio e delle risorse ambientali. È altresì innegabile che lo sviluppo delle comunità non possa progredire se le problematiche relative all’ambiente in cui le popolazioni vivono, lavorano e prosperano non sono in armonia con i fattori socio – economici ai fini di uno sviluppo sostenibile del territorio. Il benessere dell’uomo e quello degli ecosistemi vanno gestiti con consapevolezza e competenze da parte degli organismi pubblici e privati. E il fatto che il
pianeta Terra sia ormai percepito come un enorme macro-ecosistema, è ormai un tema-chiave, oggetto di studio e monitoraggio continui. Sotto questo punto di vista, accanto all’opera di educazione e di sensibilizzazione della collettività, è importante sviluppare nuovi strumenti di formazione che abbiano l’obiettivo di far maturare un atteggiamento consapevole e attivo verso l’ambiente da parte della stessa. A livello internazionale, l’Europa potrà realizzare la sua visione di sostenibilità “vivere bene entro i limiti del pianeta” continuando a promuovere la crescita economica e cercando di gestire gli effetti ambientali e sociali. Bisogna inoltre che colga l’opportunità di sfruttare i prossimi decenni per potenziare e accelerare le misure finalizzate a riportare i paesi componenti su una
traiettoria giusta e condivisa.
In definitiva, non bisogna dimenticare l’assunto più importante: il rapporto sostenibile tra essere umano e ambiente deve essere un obiettivo prioritario delle organizzazioni pubbliche e private che devono operare in un’ottica di tutela del bene comune attraverso l’osservazione e l’analisi dei fenomeni ambientali e la traslazione di tali valutazioni nel contesto della vita quotidiana
(11/2020).
 

Sitografia di riferimento
www.confgiovani.it
www.spaziomotori.it
www.ilsole24ore.com
www.europarl.europa.eu
www.greenplanner.it/
https://it.wikipedia.org
www.mondopmi.com
www.europainnovazione.com
www.agea.gov.it
www.businessinsider.com
www.coldiretti.it
www.osservatorioagromafie.it

 

Maria Lorena Franchina

 


 

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