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LE AGROMAFIE
IN ITALIA: IL CASO DEL PARCO DEI NEBROIDI
di
Maria Lorena Franchina
1. Introduzione
2. Capitolo 1
3. Capitolo 2
4. Conclusioni
Introduzione
Parlare di ambiente presuppone una visione a 360 gradi di un argomento
tanto interessante quanto complesso. Secondo la definizione data dai
dizionari, il termine “ambiente” deriva dal latino ambiens, participio
presente del verbo ambire, che significa “circondare”. Lo stesso
prefisso amb (simile al greco amphi) indica “intorno, da ambo i lati”.
Osservando altre lingue, notiamo che il termine inglese environment
deriva dal francese envìronnement (composto dal prefisso en-intorno e
dal verbo virer -girare), mentre il tedesco umwelt è composto dal
prefisso um che precede il sostantivo Welt (mondo) e indica "ciò che sta
intorno". Questo dimostra il fatto che ambiente può essere definito come
“tutto ciò che sta intorno o che circonda qualcosa”, riferendosi
all'insieme di condizioni e fattori, tra loro collegati, che circondano
il singolo organismo (vegetale o animale) in uno spazio definito: ad
esempio, l'ambiente subacqueo
è il risultato dell'acqua in cui è immerso un pesce e tutti quegli
elementi che ne rendono possibile la vita.
La parola ambiente ha numerosi significati e viene meglio definita in
accoppiata con un aggettivo: parliamo infatti di ambiente naturale,
sociale, culturale, urbano, virtuale, materiale. La usiamo come sinonimo
di spazio, di territorio, di luogo, di ecosistema, ma anche di gruppi di
persone accomunate da interessi, affetti, idee o abitudini e infatti
parliamo di ambiente sportivo, ambiente politico e/o ambiente familiare.
Si può inoltre affermare che sin dall’antichità al termine ambiente
viene riconosciuto un significato antropocentrico, in cui l'uomo è visto
come colui che è capace di plasmare e gestire un "ambiente" creato
appositamente per le proprie necessità e in virtù delle sue superiori
doti intellettive. Col trascorrere dei secoli, tuttavia, tale visione
antropocentrica ha cominciato a subire delle modifiche, dovute a una
maggiore consapevolezza dei rischi che derivano da tale gestione umana
dell’ambiente e che vengono corsi sia dall'uomo sia dall’ambiente in sé.
D’altra parte l’uomo, fin dalla sua comparsa sulla terra, ha instaurato
con l`ambiente un rapporto di privilegio che si è concretizzato nello
sfruttamento dello stesso e nell`addomesticamento degli esseri viventi
di specie animale. Vivendo di agricoltura e di pastorizia, utilizzando
il territorio circostante e facendolo diventare un motore di sviluppo
economico parallelamente all’evoluzione delle proprie capacità
culturali, ha ampliato la sua capacità di modificazione degli ambienti
naturali e quando è diventato agricoltore e allevatore ha iniziato a
modificare l’ecosistema e talvolta anche a degradarlo, per esempio
mediante l’utilizzo del fuoco per facilitare le operazioni di
disboscamento e creare spazio per le colture stanziali.
Tuttavia, fino alla rivoluzione industriale, l’uomo ha utilizzato le
risorse della natura ma non ha compromesso le funzioni organizzative e
rigenerative della stessa, vivendo in modo “quasi” sostenibile. Nella
seconda metà dell’800, con l’inizio della rivoluzione industriale e lo
sviluppo della tecnologia, la natura viene invece ridotta al completo
servizio dell’uomo.
L’estensione e l’intensificazione dell’agricoltura e dell’allevamento,
rese possibili dallo sviluppo della tecnologia, cominciano a far
scomparire molte specie selvatiche per privilegiare varietà di specie
domestiche a maggior rendimento. Molti spazi a foresta spontanea vengono
conquistati dall’agricoltura che si estende in forma intensiva anche
sugli antichi latifondi e sulle terre incolte o paludose, con operazioni
di bonifica di queste ultime che comportano la quasi totale sparizione
delle aree umide, con pesanti influenze negative, per esempio,
sull’avifauna migratoria.
Ma sin dall’inizio della rivoluzione industriale, le autorità si sono
rese conto di quanto fosse importante un’agricoltura integrata con il
territorio, innescando una riflessione legata alla totale assenza di una
cultura ecologica.
Fino a quel momento, l’intervento antropico è considerato isolatamente
solo sotto l’aspetto della convenienza economica, senza la
consapevolezza dei possibili impatti ecoorganizzativi che può provocare.
Fortunatamente col passare degli anni la valutazione della gestione
dell’ambiente e delle risorse ad esso collegate si è ampliata sempre di
più, implicando l’abbinamento di esigenze di sviluppo socio-economico
con esigenze di tutela dell’ambiente e della salute dell’uomo, sia a
livello nazionale che internazionale. Non esiste pertanto sviluppo
all’interno di una comunità se le problematiche relative all’ambiente in
cui le popolazioni vivono, lavorano e prosperano non sono in armonia con
i fattori socio – economici ai fini di uno sviluppo sostenibile del
territorio.
Terminata questa panoramica storico/etimologica legata al rapporto
uomo/ambiente, l’obiettivo di questo elaborato sarà quello di analizzare
il suddetto legame alla luce della criminalità ad esso collegata e nello
specifico di una particolare zona d’Italia chiamata Parco dei Nebrodi.
Capitolo 1
A seguito dell’esplosione del progresso scientifico e tecnologico e dei
grandi cambiamenti socio-economici che hanno caratterizzato la prima
metà del XX secolo e che hanno determinato un incremento esponenziale
nelle capacità di sfruttamento delle risorse naturali da parte dell’uomo
(accompagnato da una serie di conseguenze decisamente sfavorevoli per
l’ambiente: inquinamento dell’aria e delle acque, aumento dell’anidride
carbonica, inaridimento del suolo, desertificazione, deforestazione,
cementificazione ecc.), negli anni ’70 nacquero numerosi movimenti
ambientalisti l’obiettivo di far fronte ai molteplici aspetti del
degrado ambientale e di proporre nuovi modelli comportamentali nel
rapporto uomo-ambiente.
Nella prima metà degli anni Settanta il movimento ambientalista assunse
definitivamente una dimensione internazionale, grazie alla Conferenza
delle Nazioni Unite per l’Ambiente umano sul tema delle problematiche
ambientali legate alle politiche di sviluppo che si tenne a Stoccolma
nel giugno del 1972.
Nel dicembre dello stesso anno, l’Assemblea
generale delle Nazioni Unite istituì l’UNEP (United Nation Environment
Programme), con l’obiettivo di promuovere e coordinare l’azione
ambientale con particolare riferimento allo sviluppo sostenibile. La
questione ambientale culminò con la Conferenza delle Nazioni
Unite sull’Ambiente e lo Sviluppo che si svolse a Rio de Janeiro nel
giugno 1992 e portò nuovamente i governi del mondo a confrontarsi e
orientarsi verso un concetto di sviluppo sostenibile che fosse realmente
capace di preservare le risorse ambientali per le generazioni presenti e
future. Alla Conferenza di Rio gli Stati sottoscrissero numerosi
documenti volti ai principi della salvaguardia ambientale quali, tra gli
altri, la Convenzione sul cambiamento climatico (UNFCCD) e quella sulla
diversità biologica (CBD).
In Italia, i riferimenti all’ambiente sono presenti all’interno della
Carta Costituzionale all’art. 9 “La Repubblica promuove lo sviluppo
della cultura e la ricerca scientifica e tecnica.
Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”.
Nel 1948 la nuova Repubblica non aveva una chiara definizione di
ambiente nella sua Costituzione, mentre dal punto di vista
giurisprudenziale, i primi accenni all'argomento “ambiente” in Italia
sono legati a una visione estetica e statica del paesaggio come bellezza
naturale percepita dall’esterno.
A livello Europeo, sebbene nei primi anni della costruzione europea
l'ecologia non avesse carattere prioritario, a partire dagli anni ’70 le
preoccupazioni per l'ambiente acquistano risonanza nella Comunità e
suscitano le prime iniziative comunitarie in campo ambientale.
Nei primi anni, la politica ambientale dell’UE si è caratterizzata per
un approccio prevalentemente di tipo conservativo e di tutela, mentre
negli gli anni ‘90 si è andato lentamente introducendo un approccio di
sistema basato sulla complementarietà, facendo sì che i processi
industriali ed energetici così come quelli legati alla filiera agricola
e della pesca, non potessero più̀ prescindere dalla variabile
ambientale. Rispetto alla nostra Costituzione, il richiamo all’ambiente
nel testo della Costituzione Europea è più esplicito e sancisce gli
impegni dell’Unione in merito alla sua Politica Ambientale. Stando
all’art. III- 233, la politica ambientale “mira a un elevato livello di
tutela, tenendo conto delle diversità delle situazioni nelle varie
regioni dell’Unione” e la politica ambientale dell’Unione può
riassumersi -oltre che sul principio fondamentale di tutela- sui
principi dell’azione preventiva, sul principio di precauzione e
correzione alla fonte, sul principio del “chi inquina paga” e sul
principio dello sviluppo sostenibile.
Le politiche di protezione ambientale si sono poi evolute, ponendo al
loro centro l’approccio preventivo e integrato nella riduzione
dell’inquinamento in stretta relazione con le risorse del territorio.
Gli aspetti ambientali vengono integrati nell’ambito delle politiche di
settore, nell’ottica della sostenibilità e delle sue diverse dimensioni:
ambientale, economica, sociale e, non ultima, culturale.
In definitiva, la politica ambientale dell’Unione si prefigge di
salvaguardare, tutelare e migliorare la qualità dell'ambiente (ad
esempio con azioni finalizzate alla preservazione delle specie in via di
estinzione), di proteggere la salute umana (ad esempio con misure
adottate per evitare i pericoli causati da determinati alimenti), di
utilizzare in maniera accorta e razionale le risorse naturali (ad
esempio attraverso azioni di promozione delle energie rinnovabili), di
promuovere sul piano internazionale misure destinate a risolvere i
problemi dell'ambiente (ad esempio promuovendo un accordo mondiale che
sostituisca il
Protocollo di Kyoto). Uno degli strumenti di cui si avvale per la
formulazione è l'Agenzia Europea dell’Ambiente, con sede a Copenaghen,
che svolge azioni di raccolta e diffusione di informazioni verso
l’Unione e gli Stati membri, contribuisce al controllo dell’attuazione
degli atti normativi in materia ambientale, collabora a creare dati
ambientali comparabili a livello europeo e si occupa anche di promuovere
lo sviluppo di tecniche di previsione ambientale. Parallelamente,
l’Unione Europea supporta il settore agricolo, ritenendolo una risorsa
importante per l’economia e supportandolo attraverso specifici
finanziamenti a fondo perduto per l’agricoltura.
I finanziamenti europei per l’agricoltura
rispondono a specifiche finalità e i bandi statali e regionali
contengono tutte le informazioni da conoscere, come i requisiti per
accedere, gli interventi finanziabili e le procedure da seguire. Nella
maggior parte dei casi questi fondi sono gestiti in collaborazione con
gli Stati membri, che operano col coordinamento del Fondo europeo
agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR). In Italia i finanziamenti per
l’agricoltura sono disciplinati dalla legge 135/97, che prevede degli
incentivi per chi vuole avviare un’impresa agricola e in particolare per
i giovani che risiedono in zone rurali svantaggiate o in ritardo
rispetto allo sviluppo del resto della Nazione.
Si tratta di prestiti a tasso agevolato e a
fondo perduto, che prevedono la restituzione solo del 50% del capitale.
Il restante 50% rimane quindi a carico delle istituzioni, che promuovono
tali incentivi per dare nuova linfa al settore agricolo. I finanziamenti
erogati sotto il diretto controllo dell’Unione Europea, invece, si
chiamano fondi diretti e sono disciplinati da specifici bandi che si
rivolgono agli imprenditori agricoli e promuovono un modo di fare
agricoltura moderno e responsabile. Si favoriscono, ad esempio, pratiche
agricole ecologiche e rispettose della biodiversità o la formazione
degli imprenditori per incentivare lo sviluppo di aziende agricole
moderne.
Anche questi contributi privilegiano gli investimenti da parte di
giovani che non hanno ancora compiuto i 35 o i 40 anni, sia nel caso in
cui si impegnino ad avviare una nuova impresa o sia che debbano
rilevarne una già esistente. I fondi diretti a favore dell’agricoltura
sono regolati da agenzie nazionali oppure dalla stessa Commissione
Europea. Per quelli indiretti la gestione spetta alle autorità nazionali
e regionali, che conoscono meglio il territorio. I fondi gestiti dalla
Commissione Europea non prevedono dei veri e propri bandi, ma degli
inviti a presentare progetti (call for proposal), che vengono valutati
in base alle linee guida indicate. Le opportunità in questo comparto
produttivo e le agevolazioni destano sempre più spesso l’interesse di
giovani imprenditori che scelgono di
investire sul proprio territorio e di formarsi per acquisire competenze
spendibili nello sviluppo del proprio progetto. Tuttavia, le medesime
opportunità hanno suscitato l’interesse anche di categorie di soggetti
che ne hanno approfittato per operare delle vere e proprie truffe nel
settore dei fondi diretti comunitari per l’agricoltura.
Occorre precisare che negli ultimi decenni si è assistito a
un’escalation di delitti ambientali in forma organizzata, indicando con
questo termine le cosiddette ecomafie, ovvero reati di associazioni a
delinquere finalizzati al crimine ambientale. Secondo il dizionario
della lingua italiana curato da Devoto e Oli, per ecomafia si intendono
“Le operazioni o le speculazioni della mafia e della criminalità
organizzata che hanno un impatto fortemente devastante sul territorio e
sull'ambiente”, riferendosi a un termine introdotto da Legambiente
(l’associazione ambientalista italiana con la più capillare diffusione
sul territorio nazionale) nel 1994 per indicare la correlazione ormai
tangibile tra le attività criminali e il settore dell'ambiente.
Ma se in un primo momento la criminalità si
limitava a
compiere attività illecite nell’ambito dei rifiuti (raccolta, trasporto
e smaltimento illecito dei rifiuti urbani, industriali, speciali e
pericolosi), dell’abusivismo edilizio e delle attività di escavazione,
negli anni gli interessi si sono spostati verso il commercio abusivo di
specie protette, il traffico illegale di legname e il saccheggio del
patrimonio culturale (archeomafia), boschivo, idrico, agricolo e
faunistico (zoomafia).
Oggi è possibile affermare con certezza che la criminalità ha grandi
interessi verso tutte le attività imprenditoriali che hanno una ricaduta
diretta o indiretta nel settore ambientale, e che una forma di
criminalità non più emergente ma ormai consolidata consiste nel
depredare l’ambiente e utilizzare il capitale indebitamente sottratto
per fare business. In particolare, la criminalità organizzata ha
convogliato la sua attenzione anche sul settore dell’agricoltura,
operando attraverso furti di attrezzature e mezzi agricoli, racket,
estorsioni, pizzo, ma anche macellazioni clandestine, caporalato e
truffe nei confronti dell'Unione
Europea. Tutte queste ultime attività possono essere sintetizzate dal
termine agromafia (criminalità agroalimentare) che, secondo Coldiretti,
è una forma di criminalità che spazia dall’agricoltura all’allevamento,
dalla distribuzione alimentare alla ristorazione,
configurandosi come delitto ambientale in forma organizzata e frode in
materia ambientale.
La rilevanza economica e sociale dei finanziamenti dell’UE e delle altre
sovvenzioni pubbliche al settore agroalimentare, continua a registrare
l’interesse di gruppi criminali ben strutturati, con vertici e
organizzazioni di base ramificati in circuiti affaristico-criminali, il
cui disegno strategico è compiutamente finalizzato a individuare – anche
attraverso “prestanomi” e sistemi corruttivi di pubblici funzionari –
nuove modalità per intercettare le erogazioni UE, lucrare sulla
manodopera clandestina e perpetrare truffe (anche all’Inps, unite
all’evasione dell’Iva). Il settore agroalimentare, che ha dimostrato in
questi anni non
solo di poter resistere alla crisi ma di poter crescere e rafforzarsi
anche in un quadro congiunturale complessivamente difficile, è diventato
– di conseguenza – ancor più appetibile sul piano dell’investimento.
Da qualche tempo l’Europa ha destinato una parte dei fondi per lo
sviluppo di progetti imprenditoriali nel settore agricolo, e in
particolare per quelle imprese che operano nell’agricoltura utilizzando
tecniche rispettose verso l’ambiente e la natura. L’utilizzo di metodi
di agricoltura biologica, l’assenza di antiparassitari chimici, i cicli
di coltivazione studiati per favorire il recupero del terreno, e altri
sistemi che identificano un’attività agricola in sintonia con la natura,
sono alla base dei requisiti che permettono di accedere a questo tipo di
fondi europei per l’agricoltura. In queste situazioni, gli imprenditori
agricoli ricevono un contributo calcolato sulla base del terreno di cui
sono proprietari, esclusivamente nei casi in cui possano comprovare di
seguire metodi agricoli rispettosi dell’ecosistema, di limitare le
emissioni dannose, di evitare totalmente le tecniche intensive, di non
compromettere la qualità dell’acqua e del terreno e di preservare le
biodiversità e i prodotti tipici del territorio.
L'Unione Europea sostiene la produzione agricola dei Paesi della
Comunità attraverso l'erogazione di aiuti, contributi e premi ai
produttori agricoli. Tali erogazioni, finanziate dal FEAGA (Fondo
Europeo Agricolo di Garanzia) e FEASR (Fondo Europeo Agricolo per lo
Sviluppo Rurale), vengono gestite dagli Stati Membri attraverso gli
Organismi Pagatori, istituiti ai sensi del Reg. (CE) n. 885/2006 (Art.
18). In Italia, la funzione di Organismo di Coordinamento e di Organismo
pagatore è svolta da AGEA (Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura), la
quale supporta le attività svolte dagli Organismi pagatori e assicura la
predisposizione - ai fini dell'armonizzazione delle procedure - di
appositi manuali di indirizzo. AGEA è anche l'Organismo pagatore
italiano e ha competenza per l'erogazione di aiuti, contributi, premi e
interventi comunitari, nonché per la gestione degli ammassi pubblici,
dei programmi di miglioramento della qualità dei prodotti agricoli per
gli aiuti alimentari e per la cooperazione economica con altri Paesi.
Nell'espletamento della sua missione istituzionale, Agea si avvale anche
dei CAA (Centri di Assistenza Agricola) i quali svolgono le attività di
supporto nella predisposizione delle domande di ammissione ai
benefici comunitari e nazionali su mandato degli imprenditori
interessati.
Negli ultimi anni, le truffe perpetrate ai danni di AGEA sono state
numerose, configurandosi come una peculiarità del settore criminale
delle agromafie. Le associazioni criminali (e non solo) hanno infatti
capito che più tendono ad acquisire grandi estensioni di terreno, più
possono frodare la Comunità Europea grazie ai fondi destinati
all’agricoltura.
In Italia i fondi UE per l’agricoltura rappresentano una delle
principali fonti di guadagno delle mafie e il sistema consiste
nell’accaparrarsi i terreni privati o pubblici con la violenza, con il
monopolio dei bandi di assegnazione dei terreni o mediante frodi e la
complicità dei centri di assistenza agricola, con profitti di milioni di
euro.
Nel prossimo capitolo vedremo da vicino cosa è accaduto negli ultimi
anni in una zona particolare del Mezzogiorno d’Italia: il Parco dei
Nebrodi.
Capitolo 2
Come visto nel precedente capitolo, la criminalità organizzata si è resa
conto che l’agricoltura è un settore che produce reddito ed è quindi un
terreno fertile sul quale innestare un business di proporzioni assai
rilevanti, con guadagni immediati e un margine di rischio abbastanza
accettabile.
Il tutto attraverso una serie di comportamenti illegali che
vanno dall’estorsione alla truffa, dall’attentato alla salute pubblica
al furto di bestiame.
Stando agli ultimi rapporti e alle recenti indagini da parte degli
inquirenti, culminate con numerose operazioni volte a sgominare traffici
illeciti in questo settore criminale, emerge prepotentemente la nuova
fisionomia dei gruppi criminali sgominati, molto lontana dallo
stereotipo della mafia dei pascoli, confermando l’importanza del lavoro
di indagine che colpisce clan mafiosi dediti allo sfruttamento delle
risorse pubbliche in agricoltura.
In particolare, oltre ai reati tradizionali come traffico stupefacenti,
estorsioni o abigeato, è emerso che i clan tendono ad accaparrarsi i
terreni e quindi a utilizzare questo nuovo strumento di arricchimento
per muoversi nell’ambito delle frodi comunitarie, dividendosi i terreni
per poi distribuire i proventi: in pratica un inserimento nell’economia
legale attraverso sistemi illegali.
Un'area attentamente monitorata da qualche tempo vista la pericolosità
delle organizzazioni criminali che vi operano e considerato il grande
business derivante sia dalle frodi per milioni di euro ai fondi europei
per l’agricoltura che dall'abigeato e dalla macellazione clandestina è
quella dei Monti Nebrodi, in provincia di Messina, i quali possono
essere definiti un vero e proprio regno delle agromafie.
Alla base di tutto vi è il controllo dei terreni: esistono famiglie che
hanno avuto in concessione fino a mille ettari, realizzando un “incasso”
annuo di almeno 500mila euro quale contributo da parte dell'Agea. I
terreni possono essere concessi dal Parco dei Nebrodi1, dall'Esa (Ente
di sviluppo agricolo) oppure dai Comuni che spesso sono proprietari di
migliaia di ettari non coltivati e adibiti al pascolo. In qualche caso,
in un'area che va da Mistretta a Tortorici, non
vengono avviate le procedure trasparenti per gli affidamenti dei terreni
e i bandi continuano a rimanere fermi, e i vecchi affidatari, che
potrebbero anche essere persino legati alla mafia, restano insediati
nelle terre.
Sui Nebrodi, ma anche altrove, è da tempo attivo un sistema di truffe
all’Unione europea fondato sull’affitto a cifre ridottissime di terreni
poi sfruttati per incassare gli aiuti comunitari. Altro fenomeno è
quello dell'intestazione a più soggetti della stessa particella
catastale. Tra le distorsioni da eliminare anche quella che consente
l’assegnazione delle risorse sulla base del possesso della terra e non
di concreti progetti agricoli.
Negli ultimi anni sono state numerose le operazioni svolte dalle forze
dell’ordine per svelare e sgominare l’esistenza di un sistema illecito
di gestione dei terreni da parte di Cosa Nostra in Sicilia nella zona
delle Madonie e dei Nebrodi per ottenere contributi comunitari. Cosa
Nostra si impossessava infatti dei terreni agricoli tramite violenze,
danneggiamenti, attentati e omicidi e riusciva a ottenere ingenti
contributi economici concessi dall’Europa.
1 Il Parco dei Nebrodi è stato istituito nel 1993. Ad oggi conta
24 comuni ricadenti nella sua area e si estende per quasi 86000 ettari
di superficie, definendosi come la più grande area naturale protetta
della Sicilia. La gestione è affidata all’Ente Parco dei Nebrodi, ente
di diritto pubblico sottoposto a controllo e vigilanza da parte della
Regione Siciliana.
A disturbare gli affari dei clan ci ha pensato Giuseppe Antoci,
Presidente del Parco dei Nebrodi dal 2013 al 13 febbraio 2018. L’ex
Presidente ha introdotto un protocollo firmato dal Parco,
dall'Assessorato Regionale all'Agricoltura e dalla Prefettura di Messina
per l'assegnazione degli affitti dei terreni, che prevede la
presentazione del certificato antimafia anche per terreni di valore
inferiore a 150.000,00 euro2. Il meccanismo messo a punto con il
protocollo Antoci estende l’obbligo di certificazione antimafia anche ai
contratti d’affitto sui terreni agricoli, qualunque sia la dimensione
dell’appezzamento. Questo Protocollo di legalità
detto "Protocollo Antoci" nel 2016 è stato esteso a tutta la Sicilia e
sottoscritto da tutti i Prefetti dell'isola. Successivamente (il 27
settembre 2017) è stato recepito dal nuovo codice antimafia e adesso è
applicato in tutta Italia.
In conseguenza di tale iniziativa, dopo una serie di segnali e messaggi
intimidatori, il 18 maggio 2016 Giuseppe Antoci è stato vittima di un
attentato mafioso dal quale è uscito illeso grazie all'auto blindata e
all'intervento della scorta.
Il protocollo di legalità in questione ha indubbiamente comportato
condizioni più restrittive per le aziende rispetto a quanto non previsto
dalla pregressa normativa antimafia, ma ciò non ha impedito ulteriori
azioni criminose nel settore.
Nel gennaio 2020, l’inchiesta del Ros e della Finanza ha portato
all'arresto di 94 persone, che avrebbero intascato indebitamente fondi
europei per oltre 5,5 milioni di euro, mettendo a segno centinaia di
truffe all’Agea. A fiutare l'affare milionario sono stati i clan storici
di Tortorici, paese dei Nebrodi, i Batanesi e i Bontempo Scavo, che,
grazie anche all'aiuto di un notaio e di funzionari dei Centri
Commerciali Agricoli (CCA) che istruiscono le pratiche per l'accesso ai
contributi europei per l'agricoltura, hanno incassato fiumi di denaro
comunitario.
I due clan si sono coalizzati e si sono suddivisi virtualmente gli
appezzamenti di terreno necessari per le richieste di sovvenzioni, siti
peraltro in vastissime aree della Sicilia (e anche al di fuori dalla
Regione). La truffa si basava sull’individuazione di terreni "liberi"
(quelli, cioè, per i quali non erano state presentate domande di
contributi). A segnalare gli appezzamenti utili spesso erano gli stessi
dipendenti dei CCA. La disponibilità dei terreni da indicare era
ottenuta o imponendo ai proprietari reali di stipulare falsi contratti
di affitto con prestanome dei mafiosi o attraverso atti notarili falsi.
Sulla base della finta disponibilità delle particelle, veniva istruita
da funzionari complici la pratica per richiedere le somme che venivano
poi accreditate al richiedente prestanome dei boss (spesso su conti
esteri).
2 La criminalità organizzata per anni è riuscita a sfruttare le
aree grigie della legislazione nazionale per accaparrarsi i contributi
europei a sostegno dell’agricoltura. Tra i tanti casi c’è quello della
famiglia Riina, beneficiaria dei fondi UE tramite l’azienda agricola del
Santuario Maria S.S. del Rosario di
Corleone. Fino al 2017 la legge sugli appalti obbligava la
certificazione antimafia solo per importi a base d’asta superiore a
150.000 euro. Sotto tale soglia alle aziende bastava produrre
un’autocertificazione antimafia per candidarsi a ottenere i fondi. Così
la criminalità organizzata riusciva ad aggiudicarsi le
consegne.
Conclusioni
Quanto emerso nel capitolo precedente rende l’idea del fatto che la
malavita si appropria di vasti comparti dell’agroalimentare e dei
guadagni che ne derivano, distruggendo la concorrenza e il libero
mercato legale e soffocando l'imprenditoria onesta, ma anche
compromettendo in modo gravissimo la qualità e la sicurezza dei prodotti
Made in Italy. Il tutto conferma l’esigenza di un’attenta vigilanza
sull’erogazione dei contributi per evitare che i clan mafiosi si
approprino, eludendo il sistema dei controlli, di ingenti sovvenzioni
europee a danno di produttori e agricoltori onesti, infiltrandosi in
settori strategici per lo sviluppo economico di importanti territori
dediti alle attività agro-silvo-pastorali.
Ed è ovviamente necessaria anche un’inversione di tendenza e un sistema
di controlli maggiormente incisivo che vada a limitare lo sfruttamento
selvaggio del territorio e delle risorse ambientali. È altresì
innegabile che lo sviluppo delle comunità non possa progredire se le
problematiche relative all’ambiente in cui le popolazioni vivono,
lavorano e prosperano non sono in armonia con i fattori socio –
economici ai fini di uno sviluppo sostenibile del territorio. Il
benessere dell’uomo e quello degli ecosistemi vanno gestiti con
consapevolezza e competenze da parte degli organismi pubblici e privati.
E il fatto che il
pianeta Terra sia ormai percepito come un enorme macro-ecosistema, è
ormai un tema-chiave, oggetto di studio e monitoraggio continui. Sotto
questo punto di vista, accanto all’opera di educazione e di
sensibilizzazione della collettività, è importante sviluppare nuovi
strumenti di formazione che abbiano l’obiettivo di far maturare un
atteggiamento consapevole e attivo verso l’ambiente da parte della
stessa. A livello internazionale, l’Europa potrà realizzare la sua
visione di sostenibilità “vivere bene entro i limiti del pianeta”
continuando a promuovere la crescita economica e cercando di gestire gli
effetti ambientali e sociali. Bisogna inoltre che colga l’opportunità di
sfruttare i prossimi decenni per potenziare e accelerare le misure
finalizzate a riportare i paesi componenti su una
traiettoria giusta e condivisa.
In definitiva, non bisogna dimenticare l’assunto più importante: il
rapporto sostenibile tra essere umano e ambiente deve essere un
obiettivo prioritario delle organizzazioni pubbliche e private che
devono operare in un’ottica di tutela del bene comune attraverso
l’osservazione e l’analisi dei fenomeni ambientali e la traslazione di
tali valutazioni nel contesto della vita quotidiana
(11/2020).
Sitografia di riferimento
www.confgiovani.it
www.spaziomotori.it
www.ilsole24ore.com
www.europarl.europa.eu
www.greenplanner.it/
https://it.wikipedia.org
www.mondopmi.com
www.europainnovazione.com
www.agea.gov.it
www.businessinsider.com
www.coldiretti.it
www.osservatorioagromafie.it
Maria Lorena Franchina |