Gli aspetti gestionali di un impianto
di compostaggio
TESINA FINALE
Dott.ssa ADRIANA DI
MONACO -
ANNO 2018
INDICE
SOMMARIO
La tesina
illustra l’importanza del compostaggio quale tecnologia per lo
smaltimento dei rifiuti e recupero di risorse.
Vengono
descritti il processo di stabilizzazione aerobica, i meccanismi
microbici e i parametri fisico - chimici che lo caratterizzano.
E’
evidenziata l’importanza della raccolta differenziata e della scelta
delle matrici compostabili nell’ottimizzazione di questa biotecnologia
spontanea per il trattamento di rifiuti e reflui organici putrescibili.
E’
sottolineato, inoltre, come una corretta gestione del processo permetta
di valorizzare residui di varia natura trasformandoli in un buon compost,
prodotto valido dal punto di vista agronomico e ambientale.
Vengono
riportate le norme vigenti nazionali.
Non ultimi
per importanza vengono riportati i dati operativi degli impianti attivi
nel 2016.
INTRODUZIONE
Lo sviluppo
agricolo, civile e industriale delle attività umane ha come conseguenza
l’aumento dei rifiuti la cui quantità e composizione riflettono lo stato
di sviluppo di una Nazione.
Infatti è
stata dimostrata una correlazione tra produzione di rifiuto e reddito e
è stato evidenziato come l’uno cresca in maniera direttamente
proporzionale all’altro.
La grande
crisi ecologica che affligge tutti i paesi industrializzati spinge
studiosi e ricercatori a trovare una soluzione al problema “smaltimento
rifiuti”, nell’ottica di riciclare il più possibile onde minimizzare
l’inquinamento.
Nel 2016 in
Italia sono stati prodotti circa 30,1 milioni di tonnellate di rifiuti
urbani, con un aumento rispetto al 2015 del 2%. Tale dato è stato
determinato adottando l’approccio metodologico previsto dal decreto del
Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare del 26
maggio 2016 recante “Linee guida per il calcolo della percentuale di
raccolta differenziata dei rifiuti urbani”, che, a partire dall’anno
2016, introduce rilevanti modifiche riguardo alle modalità di
contabilizzazione dei dati sulla produzione e raccolta differenziata. La
metodologia introdotta dal decreto, oltre a considerare per il dato di
talune frazioni una differente ripartizione tra raccolta differenziata e
indifferenziata (si vedano, ad esempio, la raccolta multimateriale e i
rifiuti da spazzamento stradale), include nel dato di produzione degli
rifiuti urbani, i rifiuti inerti prodotti da piccoli interventi di
rimozione eseguiti nelle abitazioni, che in base alla metodologia
impiegata sino all’anno 2015 erano invece conteggiati come rifiuti
speciali e, di conseguenza, esclusi dal novero dei rifiuti urbani. E’
inoltre chiaro che molte tonnellate di RSU vengono oggi abbandonate sul
territorio (con conseguente pericolo per l’ambiente e per la
popolazione) e che, nei prossimi anni, una parte di tali rifiuti dovrà
essere trattata. Questo comporterà notevoli investimenti da parte
pubblica e privata per la realizzazione degli impianti.
L’Italia ha
avviato programmi di “recupero e riutilizzo dei RSU” con relativi
strumenti legislativi nazionali; inoltre, le amministrazioni regionali
sono state incaricate di predisporre i piani regionali di organizzazione
dei servizi di smaltimento, trattamento, ecc. dei rifiuti ivi compresi
quelli attinenti al recupero e riutilizzo della frazione organica.
La
difficoltà a ridurre almeno in parte il quantitativo dei rifiuti
prodotti, spinge a cercare una forma di smaltimento alternativa e/o
complementare alla discarica o all’incenerimento, soluzioni ormai
tecnologicamente mature ma non certo prive di problemi di natura
sociale, economico ed ambientale.
L’alternativa più efficace è offerta dal “compostaggio”, tecnica che
permette lo smaltimento della frazione organica biodegradabile dei
rifiuti solidi urbani con conseguente recupero di materiale e riduzione
dell’impatto ambientale.
Questa forma
di smaltimento e riciclaggio si pone come una delle più opportune per i
seguenti aspetti:
•
permette lo smaltimento della parte più
complessa dei rifiuti;
•
consente il trattamento della frazione
organica putrescibile dei rifiuti per la quale é poco adatto il processo
di combustione data la notevole quantità di acqua in essa contenuta che
ne determina un basso P.C.I.(potere calorifico inferiore);
•
permette di utilizzare completamente la
frazione organica disponibile senza produzione di eventuali
sottoprodotti da smaltire;
•
non richiede apporto energetico;
•
ha come risultato finale la produzione
di “compost”.
Il
compostaggio oltre che corretta tecnica di smaltimento, si configura
anche come mezzo di produzione di ammendanti organici di altà qualità
largamente sostituibili al letame.
A questo
proposito è da tener presente che uno dei problemi che grava sugli
agricoltori è il dover ripristinare la fertilità dei suoli a causa della
carenza di sostanza organica dovuta all’eccessivo sfruttamento del
terreno (colture intensive, ripetitive, lavorazioni frequenti ecc....);
inoltre, il regredire dell’allevamento diffuso e l’aumento dei costi di
produzione e distribuzione hanno contribuito a ridurre notevolmente la
disponibilità di letame, evidenziando con ciò l’importanza di produrre
ammendanti da matrici diverse e con costi contenuti.
Il compost,
prodotto economicamente ed ecologicamente vantaggioso, è in grado di
espletare le azioni fondamentali dei comuni ammendanti. Infatti
additivato ai terreni svolge le seguenti tre azioni fondamentali:
azione chimica
:
•
per la sua componente chimica, il
compost fa da vettore al reintegro degli elementi sottratti dalle
coltivazioni; grazie al suo pH normalmente neutro o basico conferisce al
terreno le caratteristiche adatte per favorire la decomposizione delle
sostanze organiche;
•
può costituire una riserva di nutrimento
per le colture essendo i processi biodegradativi abbastanza lenti;
•
è in grado di rallentare (con un’azione
adsorbente) le migrazioni di contaminanti nell’ambiente poiché, la
sostanza organica apportata dal compost, diminuendo la disponibilità dei
metalli pesanti, ne riduce il flusso (anche verso la catena alimentare);
azione fisica
:
•
il compost è utilizzato per potenziare
la permeabilità dei terreni, per evitarne l’erosione e trattenerne
l’umidità;
•
la lenta azione di decomposizione delle
sostanze organiche che contiene e l’effetto di isolamento termico,
riducono anche il raffreddamento del terreno;
•
in suoli sabbiosi (costituzionalmente
porosi) aumenta il potere assorbente mentre in quelli argillosi (pesanti
e asfittici) ottimizza la permeabilità alle acque;
azione biologica
:
•
il compost potenzia le colture nella
capacità di assimilazione dei componenti naturali dal suolo e migliora
la facoltà di assorbimento dell’azoto da parte delle piante (accelerando
il livello di mineralizzazione del terreno), grazie alla presenza di
numerose colonie batteriche in esso contenute.
•
Inoltre, la presenza di organismi
saprofiti non patogeni, che hanno promosso la formazione del compost,
conferisce al terreno una particolare refrattarietà alla colonizzazione
di eventuali patogeni (potere repressivo) grazie anche ai meccanismi di
antibiosi e competizione da parte dei saprofiti.
Nonostante
tutto ciò, il compostaggio dei R.S.U. ha avuto solo una discreta
diffusione per due motivi principali: presenza nel compost di metalli
pesanti e di inerti vari e mancanza di una idonea stabilità biologica
del prodotto. Solo effettuando la raccolta differenziata dei rifiuti,
rispettando i principali parametri che regolano il processo e adottando
le tecnologie più appropriate, si potrà ottenere un prodotto competitivo
(con gli ammendanti organici esistenti) con cui potenziare il mercato.
CAPITOLO
I
1. FONTI
NORMATIVE
Dal 10 marzo
2017 sono in vigore le regole semplificate del Dm 29 dicembre 2016, n.
266 per l'attività di compostaggio di comunità ai sensi dell'articolo
180, comma 1-octies, Dlgs 152/2006. La norma del Codice ambientale,
introdotta dalla legge 221/2015"Green Economy" demandava a un
regolamento la definizione delle procedure semplificate per il
compostaggio di comunità, che riduce il conferimento in discarica dei
rifiuti urbani biodegradabili contribuendo agli obbiettivi comunitari in
materia di rifiuti. Il regolamento 266/2016 in parola stabilisce i
criteri operativi e le procedure autorizzative semplificate per
l'attività di compostaggio di comunità in quantità non superiori a 130
tonnellate annue. Le norme del regolamento non si applicano agli
impianti di compostaggio aerobico di rifiuti biodegradabili (articolo
214, comma 7-bis, Dlgs 152/2006). Ai sensi dell'articolo 183, comma 1,
lettera qq-bis) del Dlgs 152/2006 il compostaggio di comunità è quello
effettuato collettivamente da più utenze domestiche e non domestiche
della frazione organica dei rifiuti urbani prodotti dalle medesime per
l'utilizzo del compost prodotto da parte delle utenze conferenti. In
termini semplici il compostaggio è la trasformazione in fertilizzanti di
rifiuti solidi urbani di tipo organico. L'attività di compostaggio è
intrapresa dall'organismo collettivo previa presentazione di
segnalazione certificata di inizio attività (Scia) al Comune.
CAPITOLO
II
2.
GENERALITÀ SUL PROCESSO DI COMPOSTAGGIO DI QUALITÀ
Il
compostaggio di qualità può interessare come matrici in ingresso sia i
soli scarti lignocellulosici raccolti in purezza, sia gli scarti
organici da raccolta differenziata secco-umido (scarti alimentari da
utenze domestiche, commerciali, di servizio) in miscela con gli scarti
lignocellulosici ed eventualmente anche con fanghi che abbiano adeguate
caratteristiche qualitative ed altre matrici compostabili ad elevata
fermentescibilità, umidità e basso grado di strutturazione (es. scarti
agroindustriali, liquami zootecnici, ecc.).
A seconda
della tipologia delle matrici trattate devono essere predisposti
adeguati sistemi tecnologici di processo e di presidio; il compostaggio
di soli scarti lignocellulosici, quali le risulte da manutenzione del
verde, può avvalersi delle condizioni favorevoli di aerazione naturale
per processi diffusivi e convettivi nella massa, favoriti dalla buona
porosità della stessa, mentre il basso potenziale odorigeno di tali
materiali facilità la prevenzione di fenomeni odorosi mediante alcuni
accorgimenti gestionali relativamente semplici. Invece, la
fermentescibilità tipica di scarti quali le matrici alimentari richiede
di considerare la disposizione di adeguati sistemi di governo del
processo mediante l’adduzione di flussi d’aria alla massa (per drenare
il calore in eccesso ed apportare ossigeno) e generalmente – a meno di
localizzazioni favorevoli e basse capacità operative - l’allestimento di
tecnologie di presidio ambientale per il controllo e l’abbattimento
degli odori.
L’obiettivo
ultimo del compostaggio di qualità è la produzione di materiali
stabilizzati ed igienizzati, con basso contenuto di sostanze
potenzialmente inquinanti, manipolabili, commerciabili ed utilizzabili
in agricoltura. Il tutto garantendo al contempo la minimizzazione dei
disturbi ambientali indotti, con particolare riferimento
all’abbattimento delle potenziali molestie olfattive. La corretta
gestione del processo di compostaggio e la qualità delle matrici in
ingresso determinano la qualità del compost.
Nella figura
1 viene evidenziato lo schema di flusso del processo di compostaggio in
cui le sezioni colorate evidenziano sezioni chiuse, mantenute in
depressione e dotate di sistemi di aspirazione delle arie esauste e di
raccolta delle acque di processo; mentre le sezioni bianche evidenziano
sezioni aperte.
Figura 1. Schema di flusso del processo
di compostaggio
2.1. Le
fasi del compostaggio
Le fasi sono
essenzialmente due e ben distinte: la prima (più intensa) è la
mineralizzazione (o bioossidazione in senso stretto), la seconda (più
lenta) è l’umificazione.
Nella prima
si opera in condizioni bioossidative sui substrati organici iniziali; la
mineralizzazione comporta la degradazione della sostanza organica più
fermentescibile (sostanze a struttura semplice quali zuccheri, acidi,
amino-acidi, ecc.) associata ad una intensa attività microbica con
conseguente produzione di calore, anidride carbonica, acqua nonché di un
residuo organico parzialmente trasformato e stabilizzato. Esaurita la
frazione organica assimilabile, la decomposizione continua con processi
più lenti a spese di molecole più complesse e delle spoglie microbiche.
Nella
seconda fase si completa il processo di trasformazione della sostanza
organica in condizioni meno ossidative (anche se sempre aerobiche o
microaerobiche) in modo da permettere la formazione delle sostanze
umiche ed eliminare eventuali composti fitotossici formatisi nella prima
fase. Questa fase di umificazione è condotta da microorganismi specifici
che sintetizzano polimeri tridimensionali complessi che a loro volta
costituiscono il substrato energetico per future attività microbiche ed
aggluminanti per il terreno; queste strutture sono responsabili della
fertilità del suolo.
E’ da
sottolineare la differenziazione fra la fase biossidativa e le fase di
maturazione riguardo al contenuto minimo di ossigeno nella massa di
materiale in trasformazione. Nella prima fase infatti è necessario
garantire una sufficiente aerazione per permettere un avvio corretto
delle trasformazioni microbiche ed avere un innalzamento della
temperatura tale da igienizzare il materiale; secondo molti autori,
l’ossigeno durante la fase bioossidativa deve essere compreso tra il 5 e
il 15%.
Nella
seconda fase vengono invece favoriti i processi di formazione dell’humus
in condizioni aerobiche e microaerobiche, ma non fortemente ossidative,
in modo da evitare una eccessiva mineralizzazione della sostanza
organica. In questa fase di maturazione, la richiesta di ossigeno è
minore, i processi biologici diventano più lenti e la temperatura
subisce una parziale riduzione; è in questa fase che avviene la
formazione di humus con un processo piuttosto lento e in cui si registra
un contenuto di ossigeno compreso tra 1 e 5%.
Considerando
i diversi stadi di formazione dell’humus, si può identificare la fase
bioossidativa del compostaggio con quella degradativa delle sostanze
organiche, mentre la fase di sintesi delle sostanze umiche, pur
iniziando nella prima fase del compostaggio, si sviluppa e viene
ultimata nella fase di maturazione del compost.
CAPITOLO
III
3.
RIFIUTI COMPOSTABILI
3.1
Tipologia:
I rifiuti
compostabili per la produzione di composti di qualità sono costituiti
da:
a) frazione
organica dei rifiuti solidi urbani raccolta separatamente;
b) Rifiuti
vegetali di coltivazioni agricole;
c) segatura,
trucioli, frammenti di legno, di sughero;
d) rifiuti
vegetali derivanti da attività agro-industriali;
e) Rifiuti
tessili di origine vegetale: cascami e scarti di cotone, cascami e
scarti di lino, cascami e scarti di iuta, cascami e scarti di canapa;
f) Rifiuti
tessili di origine animale cascami e scarti di lana, cascami e scarti di
seta;
g) deiezioni
animali da sole o in miscela con materiale di lettiera o frazioni della
stessa ottenute attraverso processi di separazione;
h) scarti di
legno non impregnato;
i) carta e
cartone nelle forme usualmente commercializzate;
j) fibra e
fanghi di carta;
k) contenuto
dei prestomaci;
l) Rifiuti
ligneo cellulosici derivanti dalla manutenzione del verde ornamentale;
m) fanghi di
depurazione, fanghi di depurazione delle industrie alimentari;
n) ceneri di
combustione di sanse esauste e di scarti vegetali;
3.2.
Provenienza:
I rifiuti di
cui al punto 3.1 devono derivare rispettivamente da:
a) frazione
umida derivante da raccolta differenziata di RSU;
b)
coltivazione e raccolta dei prodotti agricoli;
c) attività
forestali e lavorazione del legno vergine;
d)
lavorazione dei prodotti agricoli;
e) e f)
preparazione, filatura, tessitura di fibre tessili vegetali ed animali;
g)
allevamenti zootecnici e industria di trasformazione alimentare;
h)
fabbricazione di manufatti di legno non impregnato, imballaggi, legno
non impregnato (cassette, pallets);
i) e J)
industria della carta;
k) industria
della macellazione;
l)
manutenzione del verde ornamentale;
m) impianti
di depurazione, impianti di depurazione dell’industria alimentare;
n) impianti
dedicati di combustione di sanse esauste e di scarti vegetali.
3.3.
Caratteristiche del rifiuto:
I rifiuti di
cui al punto 3.1 devono avere rispettivamente le seguenti
caratteristiche:
a) il
rifiuto deve essere costituito unicamente dalla frazione umida separata
prima della raccolta degli RSU, esente da rifiuti pericolosi;
b) il
rifiuto deve derivare dalle ordinarie pratiche agricole;
c) il
rifiuto deve derivare dalla ordinarie pratiche forestali, da lavorazioni
con trattamenti fisici o termici;
d) il
rifiuto deve derivare da lavorazione con trattamenti fisici o termici
senza impiego di sostanze denaturanti;
e) e f) i
rifiuti non devono essere trattati con coloranti o comunque con sostanze
tossiche;
h) il
rifiuto non deve provenire da lavorazioni che prevedono l’impiego di
trattamenti chimici;
i) e j) il
rifiuto non deve essere costituito da carta e cartone per usi speciali
trattata o spalmata con prodotti chimici diversi da quelli normalmente
utilizzati nell’impasto cartaceo (carte autocopianti, termocopianti,
accoppiati, poliaccoppiati, carte catramate, ecc.);
k) l’impiego
dei rifiuti da macellazione è limitato a quelli definiti "a basso
rischio";
l) il
rifiuto deve essere costituito unicamente dalla frazione
ligno-cellulusica derivante dalla manutenzione del verde ornamentale,
escluso il materiale proveniente dallo spazzamento delle strade;
m) i fanghi
devono avere caratteristiche conformi a quelle previste dalla normativa
vigente.
3.4.
Attività di recupero:
Il
compostaggio attraverso un processo di trasformazione biologica aerobica
delle matrici evolve attraverso uno stadio termofilo e porta alla
stabilizzazione ed unificazione della sostanza organica.
Il processo
deve essere condotto in modo da assicurare:
- il
controllo dei rapporti di miscelazione e delle caratteristiche chimico
fisiche delle matrici organiche di partenza;
- il
controllo della temperatura di processo;
–
un apporto di ossigeno sufficiente a
mantenere le condizioni aerobiche della massa. La durata del processo
non deve essere inferiore a 90 giorni comprendenti una fase di
bio-ossidazione accelerata durante la quale viene assicurato un apporto
di ossigeno alla massa mediante rivoltamento e/o aerazione, seguito da
una fase di maturazione in cumulo. La temperatura deve essere mantenuta
per almeno tre giorni oltre i 55°C. La fase di stoccaggio delle matrici
e la fase di bio-ossidazione accelerata devono avvenire in ambiente
confinato, ottenibile anche con coperture o paratie mobili, per il
contenimento di polveri e di odori il cui controllo deve essere
garantito tramite idonee misure e sistemi di abbattimento: tali
disposizioni non sono obbligatorie per gli impianti che trattano
unicamente le tipologie di cui alle lettere b) c) h) e l) del punto 3.1;
tali impianti devono comunque assicurare il contenimento di polveri
durante l’eventuale fase di triturazione. Le fasi di stoccaggio delle
matrici, di bio-ossidazione accelerata, di post maturazione e di
deposito del prodotto finito devono avvenire su superfici
impermeabilizzate, dotate di sistemi di drenaggio e di raccolta delle
acque reflue di processo, da inviare a depurazione o da riutilizzare nel
ciclo di compostaggio. Per gli impianti che trattano solo le tipologie
di cui alle lettere c), h) e l) tali disposizioni non sono obbligatorie
qualora abbiano una capacità annua di trattamento inferiore a 1000 t di
rifiuti.
CAPITOLO
IV
4.
GESTIONE DEL PROCESSO
Lo
stoccaggio dei rifiuti conferiti all’impianto avviene con modalità
diverse in funzione delle tipologie dei materiali.
La
preparazione e composizione della miscela avviata al compostaggio è
molto importante per la buona riuscita del processo biologico e
dell’intero ciclo produttivo; infatti dalla corretta esecuzione della
fase di miscelazione dipendono la qualità del prodotto finale e un
corretto andamento del processo biologico di fermentazione.
Il processo
di trasformazione della sostanza organica avviene attraverso un
meccanismo di decomposizione biologica in ambiente aerobico che prevede
le fasi di biossidazione e di maturazione che coinvolgono diversi
microrganismi attivi, quali specie batteriche e fungine, attinomiceti e
protozoi.
Molto
importante è la permanenza per almeno cinque giorni ad elevata
temperatura superiore ai 60 °C per garantire la completa igienizzazione
del materiale. Elevate temperature determinano condizioni ambientali
nella massa in trattamento tali da sfavorire lo sviluppo di organismi
patogeni. Questo requisito è stato direttamente verificato visionando i
dati registrati nelle schede d’impianto relativi al processo di
biossidazione.
Un corretto
grado di umidità della massa deve essere compreso tra il 35 e il 60 % in
peso. In queste condizioni, infatti, i microrganismi trovano le
condizioni più adeguate per le loro funzioni vitali: valori più elevati
possono determinare condizioni di anaerobiosi, valori più bassi causano
un rallentamento dell’attività dei microrganismi stessi.
Come
richiesto in sede di autorizzazione all’esercizio, ogni impianto di
compostaggio dispone di un impianto di umidificazione del materiale in
fase di biossidazione che riutilizza le acque di processo e meteoriche
di dilavamento dei piazzali raccolte da apposite vasche.
La fase di
biossidazione avviene nelle celle chiuse dotate di platea per
l’insufflazione dell’aria; l’aria esausta viene avviata ad un sistema di
trattamento e depurazione composto da scrubber chimici a carboni attivi.
Il materiale
durante la fase di biossidazione viene periodicamente rivoltato e
sottoposto ad umidificazione; ultimato il trattamento di biossidazione
viene trasferito alla sezione di maturazione a cumulo.
Terminata la
fase di biossidazione il materiale viene avviato alla sezione di
maturazione, realizzata a cumulo in capannoni coperti, dove resta fino
al completamento del processo biologico e dove viene sottoposto a
periodici rivoltamenti con il monitoraggio della temperatura del
materiale in trattamento.
Il compost
maturo, terminato il ciclo di lavorazione della durata non inferiore a
60 gg, viene sottoposto alla operazioni di raffinazione finale.
Il sovvallo
ottenuto dalle operazioni di vagliatura, costituito da materiale ligno –
cellulosico di grossa pezzatura e privo di impurezze (plastiche, vetro
etc.) viene riutilizzato nella preparazione della miscela iniziale in
quanto ricco di flora batterica ed in grado di innescare rapidamente il
processo biologico, conferendo inoltre un’elevata porosità alla miscela.
Il compost
di qualità ottenuto dalla vagliatura è utilizzato come ammendante in
agricoltura.
Durante
tutto il periodo si effettuano i sopralluoghi per verificare i
complementi strutturali dell’impianto, ovvero le vie di accesso e la
viabilità interna, piazzali e aree di manovra, che sono in generale
risultati sgombri, privi di evidenti lordamenti derivanti dalla
movimentazione dei materiali.
Le
condizioni che influenzano il processo di compostaggio sono da
ricondurre ai fattori che agiscono sui microrganismi (devono essere
garantite le condizioni di optimum per il loro sviluppo):
•
Porosità del substrato
•
Presenza di ossigeno
•
Umidità
•
Temperatura
•
Presenza di nutrienti e corretti
equilibri nutrizionali
•
pH
CAPITOLO
V
5.
MONITORAGGIO DEL PROCESSO
Il
monitoraggio dell’intero processo di compostaggio identificato nei vari
lotti è un'altra fase molto importante per la buona riuscita del compost.
La corretta
evoluzione di un processo di compostaggio prevede:
•
omogeneizzazione delle matrici
•
decomposizione ed evoluzione della
sostanza organica
•
riduzione peso (ca. 50%) e volume della
massa (ca. 40%)
•
diminuzione umidità del materiale (da
ripristinare nelle I fasi)
•
diminuzione del potenziale odorigeno
•
riduzione della fitotossicità
Le
principali problematiche gestionali di un impianto di compostaggio:
•
garantire costantemente una buona
porosità della miscela
•
mantenere un livello ottimale di umidità
(45% – 55%)
•
garantire un’idonea aerazione della
biomassa
•
effettuare un numero sufficiente di
rivoltamenti
I parametri
analitici per monitorare il processo di compostaggio sono:
•
Parametri biologici:
1. Indice di
Respirazione
2. Indagini
microbiologiche
3.
Test di fitotossicità
•
Parametri chimico –
fisici:
1.
Temperatura,
2. CO2
3. O2
4. Umidità
5. pH
6. Carbonio
Organico
7. C/N
8. Dinamica
dell’azoto
I parametri
chimico – fisici vengono misurati o con dispositivi portatili o affidati
a laboratori privati certificati con metodiche accreditate.
Le
concentrazioni di ossigeno e anidride carbonica, la temperatura e il pH
vanno misurati quotidianamente o settimanalmente mentre gli altri
parametri chimico – fisici mensilmente o nel caso di manifesto
cambiamento della tipologia del rifiuto.
5.1.
Indice di Respirazione
Parametro
che misura indirettamente la stabilità biologica della sostanza
organica, attraverso la misura della respirazione aerobica.
La stabilità
biologica è lo stato in cui, garantite le condizioni ottimali per
l’esplicarsi delle attività microbiologiche in condizioni aerobiche
(ottimizzazione dei parametri chimico-fisici) i processi di
biodegradazione risultano alquanto rallentati.
Per misurare
l’indice di respirazione si utilizzano o respirometri statici o dinamici
seguendo tale procedura:
•
preparazione campione (adeguamento
umidità)
•
incubazione del campione in un reattore
ermetico (2–5 giorni)
•
determinazione della velocità di consumo
dell’ossigeno da parte della biomassa
•
metodo statico e dinamico.
L’indice di
respirazione diminuisce in funzione del tempo di processo, infatti sono
necessari periodici rivoltamenti nel cumulo compost per mantenere
adeguata la concentrazione di ossigeno all’interno del cumulo stesso.
Anche la porosità e l’indice di umificazione carenti determinano piccoli
abbassamenti dell’indice di respirazione ma non paragonabili alla
carente ossigenazione.
Tale indice
va misurato almeno 3-4 volte l’anno alla fine della fase di
biossidazione.
5.2.
Indagini microbiologiche
Le indagini
microbiologiche effettuate sul compost sono rivolte essenzialmente a
verificare che, durante la fase di biossidazione, si abbia la scomparsa
dei microbi patogeni, soprattutto il genere Salmonella.
Inoltre,
vengono ricercati i contaminanti fecali, quali gli enterobatteri e gli
streptococchi fecali, che devono essere presenti in quantità molto
limitata, questo perché alla frazione vegetale possono essere aggiunti
fanghi di depurazione degli scarichi civili che contengono un’elevata
carica microbica di origine fecale.
I problemi
sanitari sono principalmente legati ad Aspergillus fumigatus,
endotossine e batteri enterici presenti soprattutto in condizioni di
carenze igienico – ambientali e di eccessiva polverosità degli ambienti.
5.3. Test
di fitotossicità
Il saggio di
fitotossicità si basa sull’uso di semi di diverse specie vegetali per
valutare la potenziale tossicità di campioni liquidi (acque
superficiali, effluenti) o solidi (suoli, sedimenti, fanghi di
depurazione, compost), prendendo in considerazione la germinazione e
l’allungamento radicale.
I saggi di
fitotossicità seguono due diversi metodi:
•
UNICHIM 10780 (solo con semi di lepidium
sativum - Crescione)
•
UNICHIM 1651/2003, utilizzando tre
specie vegetali diverse ad esempio Crescione (lepidium sativum),
Cetriolo (Cucumis sativus) Sorgo (Sorghum saccharatum).
CAPITOLO
VI
6. IL
COMPOSTAGGIO DEI RIFIUTI IN ITALIA NEL 2016
Gli impianti
operativi, in Italia, sono 274 (+ 9 unità rispetto al 2015) e risultano
localizzati per il 61,3% al Nord, per il 15,3% al Centro e per il 23,4
al Sud. La quantità complessiva dei rifiuti trattati, pari a oltre 4,1
milioni di tonnellate non mostra variazioni di rilievo rispetto all’anno
2015.
In figura 2,
viene analizzata la composizione percentuale delle diverse matrici
avviate a trattamento nel 2016; la frazione umida, con un quantitativo
di circa 2 milioni di tonnellate, costituisce il 47,4% del totale
trattato, il verde, oltre 1,4 milioni di tonnellate, rappresenta il 35%.
I fanghi (circa 447 mila tonnellate) e gli altri rifiuti provenienti,
prevalentemente, dall’industria agroalimentare (circa 283 mila
tonnellate), costituiscono quote più basse con percentuali pari,
rispettivamente, al 10,8% ed al 6,8%.
figura 2 – tipologie dei rifiuti trattati
in impianti di compostaggio, anno 2016
La frazione
organica proveniente dalla raccolta differenziata rappresenta l’82,3%
del totale dei rifiuti sottoposti a compostaggio. L’analisi dei dati
relativi alle tre macro aree del Paese, nel quinquennio 2012-2016, mette
in evidenza come nelle regioni del Nord la quota dei rifiuti organici,
pari a circa 1,7 milioni di tonnellate (il 49,6% del totale nazionale),
sia interessata, rispetto al 2015, da una riduzione del 10%. Più
costante appare l’andamento nelle regioni del Centro, dove la quantità
trattata, 747 mila tonnellate (pari al 22% del totale nazionale),
evidenzia una riduzione dell’1%. Le regioni del Sud sono, invece,
caratterizzate da una progressiva crescita; in totale, in quest’area
geografica, nel 2016, sono state trattate circa 956 mila tonnellate di
frazione organica(28,4% del totale complessivo) con un aumento del
28,6%.
CONCLUSIONI
Molte sono
le realtà produttive nel settore del compostaggio in Italia, con grandi
potenzialità e con la necessità di adeguarsi alle più recenti normative
per la gestione dei rifiuti.
La validità
della scelta del sistema di compostaggio è legata alla capacità di
collocare sul mercato il prodotto finale che, a sua volta, è
strettamente correlata alla qualità del compost prodotto, cioè a un
basso contenuto di sostanze inquinanti, alla quantità e alla qualità
della sostanza organica contenuta nel compost, al suo grado di maturità
e stabilità e non ultimo alla presenza di densità microbiche tali da non
costituire un rischio per la salute.
Gran parte
degli impianti attualmente operanti in Italia prevedono il trattamento
dei rifiuti solidi raccolti in modo indifferenziato e la separazione a
valle della raccolta mediante cicli tecnologici più o meno complessi. Il
compostaggio di rifiuti organici separati alla fonte permette invece una
semplificazione tecnologica più o meno spinta, con evidenti economie
nella realizzazione e gestione degli impianti.
I rifiuti
verdi, costituiti da sfalci, potature e foglie, sono sicuramente la
frazione organica più pregiata tra quelle che finiscono mescolate ai
rifiuti solidi. È necessario adottare una tecnologia di valorizzazione
per questi materiali che permetta la produzione però di un ammendante
organico di alta qualità. I limiti qualitativi, dal punto di vista
sanitario, di questi rifiuti sono rilevanti. Si ritiene consigliabile
pertanto, in questi casi, applicare il compostaggio con altri rifiuti ad
elevata matrice organica, quali fanghi di depurazione, scarti
zootecnici, ecc., per ottenere, abbreviando i tempi di trasformazione,
prodotti qualitativamente migliori. Infatti, il compost derivato da
miscelazione con fanghi di depurazione civili, indipendentemente dal
ciclo di produzione, ma fermo restando la durata del processo, risulta
di migliore qualità rispetto a quello originato da matrici diverse,
quali ad esempio quelle ad alta percentuale di scarto verde tra le
materie prime.
Adriana Di Monaco |