IL DISSESTO
IDROGEOLOGICO E LE OPERE DI MITIGAZIONE
di
Brunella Giacoia
LA DEFINIZIONE DI
RISCHIO IDROGEOLOGICO
L’Italia è un paese soggetto ad elevato
rischio per dissesti idrogeologici. Si tratta, come definito dalla
Commissione De Marchi (1970), di “quei processi che vanno dalle erosioni
contenute e lente alle forme più consistenti della degradazione
superficiale e sottosuperficiale dei versanti, fino alle forme imponenti
e gravi delle frane”. La legge sulla difesa del suolo n.183 del 1989
definisce dissesto idrogeologico “qualsiasi disordine o situazione di
squilibrio che l’acqua produce nel suolo e/o nel sottosuolo”.
Il rischio dovuto al dissesto idrogeologico
fa parte dei rischi geologici dovuti a processi geodinamici che
interessano la superficie terrestre causando movimenti del terreno in
relazione direttamente o indirettamente con le attività antropiche. Nel
rapporto UNESCO di Varnes (1984) viene definito come rischio, il valore
atteso di perdite (edifici, infrastrutture, persone, beni, attività
economiche) dovute a un fenomeno naturale dannoso. È valutato in costo
annuo o unità perse per anno. Il rischio atteso associato ad un
particolare elemento a rischio (E) e ad una data intensità (I) è:
R (I,E) =
H
x
V x
E di cui:
H = Pericolosità: probabilità che un
fenomeno potenzialmente distruttivo di una determinata intensità si
verifichi in un dato periodo di tempo e in una data area.
Per la sua valutazione è necessario sapere:
dove e quando sono avvenuti i processi in passato, l’intensità degli
stessi, le aree in cui potrebbero avvenire i processi futuri, la
frequenza di accadimento o ricorrenza, il fenomeno atteso e la sua
possibile evoluzione.
V = Vulnerabilità: grado di danni o perdite
potenziali in un elemento o insieme di elementi esposti a rischio come
conseguenza del verificarsi di un fenomeno di una determinata intensità.
La vulnerabilità può essere distinta in:
-
Vulnerabilità strutturale
(danni su edifici e strutture e sul contenuto degli stessi): dipende da
intensità e velocità del fenomeno, tipo e caratteristiche delle
costruzioni, concentrazione della popolazione in determinate aree.
-
Vulnerabilità sociale (morti,
dispersi, feriti, persone senza tetto, ecc…): dipende da intensità e
velocità del fenomeno, densità di popolazione, vulnerabilità
strutturale, tempo di preavviso, sistemi di emergenza e risposta
-
Vulnerabilità economica: danni
diretti (costi di ripristino, riparazione o manutenzione di strutture,
ecc…) e danni indiretti (riduzione del valore dei beni, perdite di
produttività, perdite di guadagni, inquinamento).
E = Esposizione degli elementi a rischio:
popolazione, proprietà, attività economiche, servizi pubblici e beni
ambientali in una data area esposta a rischio che possono subire
conseguenze dirette o indirette di un processo geologico in una
determinata zona.
CLASSIFICAZIONE
DI DISSESTI IDROGEOLOGICI
I dissesti idrogeologici si distinguono in:
-
Dissesti del suolo: sono
dovuti in gran parte all’azione delle acque superficiali che si
esercitano in maniera estensiva, laminare causando erosione diffusa o
secondo linee preferenziali lungo i pendii provocando erosione lineare,
incanalata e a solchi e rivoli
-
Alluvioni: sono causate da un
aumento delle precipitazioni di maggiore intensità e breve durata, da un
aumento dell’impermeabilizzazione del territorio, da un incremento delle
infrastrutture viarie che costituiscono delle barriere al deflusso delle
acque dai versanti e da mancate opere di pulizia degli alvei fluviali.
-
Erosione costiera: è causata
in maggior misura da un’intensa antropizzazione delle coste, da una
diminuzione dell’apporto di materiale solido dai fiumi dovuta a
estrazioni di materiale dagli alvei; ciò causa uno squilibrio nel
bilancio tra il materiale solido trasportato dai fiumi e l’azione
erosiva del mare.
Gli stessi interventi di difesa delle
coste in alcuni casi possono determinare accumulo di materiale in
determinate aree ed erosione in altre zone.
-
Subsidenza: causata
principalmente dallo sfruttamento eccessivo delle falde acquifere,
dall'estrazione di idrocarburi e dalle bonifiche idrauliche.
-
Valanghe: sono dovute in
maggior misura al sovraccarico nevoso al di sopra di un pendio.
-
Fenomeni franosi: sono dovuti
principalmente alla forza di gravità, ma possono essere dovuti ad un
insieme di fattori predisponenti, preparatori e scatenanti.
·
Fattori predisponenti: sono
quei fattori caratteristici dell’ambiente naturale come la costituzione
geologica (natura e caratteristiche idrologiche dei terreni, struttura
dei terreni, eventuale presenza di fratture e alterazione nell’ammasso
roccioso), la configurazione topografica, le condizioni climatiche e la
copertura vegetale.
·
Fattori preparatori: sono quei
fattori variabili che determinano situazioni di rischio, come piovosità,
variazione del livello piezometrico, processi erosivi, disboscamento e
attività estrattive, abbandono di campi agricoli in aree montane e
collinari, realizzazione di nuovi insediamenti e infrastrutture che
causano l’appesantimento dei versanti, modifica dell’assetto
morfologico, inadeguato uso del suolo, ecc..
·
Fattori scatenanti: si tratta
di quei fattori improvvisi che causano la frana, come precipitazioni
eccezionali, fusione di nevi o ghiacciai, rapido scalzamento di ripe
fluviali o marine per piene dei corsi d’acqua e mareggiate,
sovraccarichi improvvisi per caduta massi o valanghe, terremoti,
fenomeni vulcanici, emungimento di acque sotterranee, apertura di cave,
trincee e gallerie, scavi superficiali che alterano il profilo di
equilibrio dei pendii.
PREVISIONE E
PREVENZIONE DEI FENOMENI FRANOSI
Per poter mettere in pratica azioni di
previsione e prevenzione dei fenomeni franosi è necessario essere in
grado di identificare i segni precursori delle frane effettuando
indagini generali e di dettaglio su aree potenzialmente instabili.
1)
Studi preliminari: revisione
delle informazioni e delle cartografie esistenti (carte geomorfologiche,
topografiche, geologiche, carte derivanti da progetti per la mappatura
di frane, come i progetti AVI, SCAI, IFFI, PAI), interpretazione di foto
aeree, immagini multispettrali e telerilevamento. Dalle immagini aeree e
dai modelli digitali del terreno (DTM) o di superficie (DSM) ad alta
risoluzione è possibile ricavare informazioni relative a morfologia,
vegetazione, condizioni di drenaggio e lineazioni strutturali.
2)
Indagini generali:
sopralluoghi, rilevamenti sui caratteri topografici, geomorfologici,
litologici (proprietà fisiche e di resistenza dei materiali) e di
assetto stratigrafico, strutturali per i materiali rocciosi
(distribuzione e orientamento dei piani di discontinuità di fratture o
sistemi di fratture), idrogeologici, vegetazione presente sui pendii e
uso del suolo dell’area di studio.
3)
Identificazione dei movimenti
di versante (attivi o pregressi): osservazioni sul terreno di variazioni
topografiche ed evidenze geomorfologiche e idrogeologiche. Si tratta di
forme erosive e di accumulo (anomalie nella pendenza dei pendii),
accumuli di frana, fratture e scarpate, danni a costruzioni o strutture,
tipi e caratteristiche della vegetazione, presenza di zone acquitrinose
e/o emergenze idriche, deviazioni di corsi dei fiumi, depositi di masse
di materiale caotico scivolate in piane alluvionali.
4)
Indagini di dettaglio: sono
necessarie per conoscere in dettaglio il meccanismo di rottura di un
pendio ed effettuare l'analisi di stabilità. Gli obiettivi sono i
seguenti:
·
Determinare le proprietà
geomeccaniche ed idrogeologiche del terreno
·
Determinare le caratteristiche
del movimento, piani di rottura e velocità
Per la caratterizzazione geomeccanica e
idrogeologica dei materiali si ricorre a indagini geognostiche, ossia
sondaggi con installazione di piezometri (per individuare il livello
della falda), pozzetti e trincee (con prove di permeabilità del terreno
e di portata dell’acqua), analisi geomeccaniche dell'ammasso roccioso,
prove di laboratorio (forniscono i valori dei parametri fisici e
geotecnici dei materiali).
Per l'individuazione di piani di rottura e/o
superfici di scivolamento di un'area in frana si effettuano indagini
geofisiche in superficie e prove in fori di sondaggio, ad esempio
attraverso l'istallazione di inclinometri e prove geofisiche.
Per la valutazione delle caratteristiche e
della velocità di movimento di un corpo di frana vengono effettuate
misure in fratture e scarpate attraverso l'installazione di
estensimetri, inclinometri e caposaldi che permettono di misurare gli
spostamenti relativi nel tempo di due punti all'interno di un corpo in
movimento. Si fa uso spesso anche di misure elettroniche e con GPS,
esame di immagini satellitari, fotografie aeree ripetute in tempi
successivi per la valutazione delle evoluzioni topografiche
dell'ambiente circostante la frana.
Suddette analisi sono applicabili in pendii
potenzialmente instabili con scivolamenti antichi o con instabilità
attive, se la velocità dei movimenti è sufficientemente lenta da
permettere azioni ed esami.
MONITORAGGIO DEI
MOVIMENTI FRANOSI
Il monitoraggio viene effettuato attraverso
un controllo su:
·
Topografia: Rilievi
topografici di precisione attraverso stazioni, strumentazioni GPS,
capisaldi di misura e postazioni fisse per l'installazione di
apparecchiature topografiche, ad esempio il laser scanner (consente il
rilevamento di modelli tridimensionali degli oggetti con varie scale e
risoluzioni).
·
Parametri meteorologici:
attraverso stazioni meteo fisse per il controllo di pioggia, temperatura
e umidità.
·
Evoluzione delle
caratteristiche strutturali dei terreni o degli ammassi rocciosi
coinvolti nei movimenti di frana: attraverso strumentazione geotecnica
(estensimetri, fessurimetri, inclinometri).
·
Parametri idrologici e
idrogeologici: controllo del livello della falda attraverso i
piezometri, controllo dell’evoluzione nel tempo di eventuali emergenze
idriche presenti.
Dopo l'installazione dei sistemi di
monitoraggio i tecnici provvedono alla gestione dei sistemi di
trasmissione dei dati e realizzano sopralluoghi periodici e sistematici
per effettuare le misurazioni necessarie al controllo dei movimenti
superficiali del fenomeno franoso e la manutenzione delle attrezzature.
Dai dati è possibile ottenere elaborazioni statistiche, costruzioni
stratigrafiche, planimetrie con spostamenti, individuazione di possibili
superfici di scorrimento e del tipo di movimento franoso e della sua
evoluzione nel tempo, installazione di sistemi di allarme con l'invio di
segnali di allarme in caso di pericolo da frana.
MITIGAZIONE DEI
DISSESTI IDROGEOLOGICI
OPERE DI
MITIGAZIONE DEL RISCHIO DA FRANA
Le opere di mitigazione per la gestione del
rischio da frana possono essere distinte in:
·
Interventi strutturali (hanno
l’obiettivo di ridurre la pericolosità):
si tratta di opere di stabilizzazione del
versante attraverso riduzione della pendenza tramite posa di materiale
nei punti più acclivi e scavo di materiale nelle aree di accumulo di
detriti, appesantimento al piede della frana attraverso l'applicazione
di massi, riduzione del peso nella parte sommitale della frana,
riduzione della pendenza attraverso la gradonatura.
·
Interventi di drenaggio (hanno
l'obiettivo di ridurre le pressioni interstiziali all'interno del
materiale):
trattasi di opere di protezione
dall'erosione superficiale con rivestimenti di materiale sintetico o
biodegradabile, inerbimenti attraverso piantumazioni, interventi di
regimazione delle acque superficiali attraverso canalette superficiali,
fossi, dreni, trincee drenanti e delle acque profonde attraverso pozzi e
gallerie drenanti.
·
Strutture di sostegno (hanno
l'obiettivo di stabilizzare il corpo frana):
vengono utilizzate strutture in cemento
armato, gabbionate, muri di sostegno, paratie e palificate, sistemi di
ancoraggio.
·
Strutture di rinforzo interne
(hanno l'obiettivo di migliorare le caratteristiche meccaniche del
materiale):
ancoraggi con chiodature del terreno e/o
dell'ammasso roccioso, micropali, iniezioni di miscele trattamenti
chimici e termici.
·
Interventi di protezione ed
eliminazione del problema: eliminazione degli elementi instabili (massi
e materiale detritico), barriere e reti paramassi.
OPERE DI MITIGAZIONE
DEL RISCHIO DA ESONDAZIONE
Per poter effettuare opere di mitigazione
del rischio da esondazione è necessario effettuare analisi dello stato
ambientale, analisi di bacino e analisi degli interventi antropici
esistenti.
·
Analisi dello stato
ambientale:
inquadramento del bacino di riferimento,
analisi climatica e idrologica, analisi vegetazionale e faunistica,
analisi dell'uso del suolo, analisi delle pressioni antropiche e delle
condizioni dell'ecosistema, studio dello stato ecologico del sistema
fluviale (carico trofico in azoto e fosforo, qualità delle acque e dei
sedimenti).
·
Analisi di bacino:
determinazione della portata liquida
attraverso il calcolo del rapporto tra afflussi e deflussi,
determinazione della portata solida, intesa come somma tra la portata di
materiale al fondo (massi e sassi trascinati sul fondo del fiume dalla
corrente) e la portata di materiale in sospensione (particelle di
sedimenti leggeri trasportati in sospensione dalla corrente), assetto
fisico dei corsi d'acqua (caratteristiche plano-altimetriche di
stabilità, sezione trasversale, profilo longitudinale, profondità
dell'alveo)
·
Analisi degli interventi
antropici esistenti e loro effetti:
disboscamento, abbandono delle colture,
utilizzo delle risorse idriche, attività estrattive in alveo, opere di
urbanizzazione, invasi artificiali dighe, incisioni del suolo.
Le opere di mitigazione del rischio di
Alluvione sono le seguenti:
-
Argini e modificazioni della
morfologia di alveo: si tratta di opere finalizzate ad aumentare la
portata in alveo.
-
Opere di bonifica, laghetti
collinari, serbatoi di piena: si tratta di opere destinate alla
riduzione o al controllo della portata.
-
Murature, gabbionate,
palificate, terre rinforzate laterali, briglie di trattenuta, strutture
di intercettazione delle acque: si tratta di opere finalizzate alla
difesa dall'erosione, dalle colate di detrito e di fango e al controllo
del trasporto solido.
OPERE DI MITIGAZIONE
DEL RISCHIO DI EROSIONE COSTIERA
Le opere di difesa di un tratto di costa
possono essere realizzate attraverso interventi tipo indiretto se
prevedono il controllo, la prevenzione e la gestione delle risorse del
territorio e diretto nel caso in cui determinino un cambiamento del
profilo di spiaggia.
Le opere di tipo diretto sono le seguenti:
·
Interventi di riduzione del
moto ondoso: opere finalizzate allo smorzamento del moto ondoso
incidente sul tratto di costa in erosione (barriere radenti la costa,
barriere distaccate emerse, barriere distaccate sommerse)
·
interventi di intercettazione
del trasporto solido con l'obiettivo di bloccare il trasporto solido
longitudinale in un certo tratto di costa: sistemi di drenaggio (i
sedimenti ben drenati sono più stabili poiché viene ridotta la
fluidificazione), opere di difesa trasversali alla costa (pennelli)
·
Rifornimento artificiale di
sabbia per bilanciare le perdite di sedimenti: ripascimenti artificiali
(versamento sulla spiaggia emersa o sommersa di sabbia o di altro
materiale compatibile chimicamente con quello in posto)
OPERE DI MITIGAZIONE
DEL RISCHIO DI SUBSIDENZA
La subsidenza è un processo molto lento che
può essere accelerato da azioni antropiche. È dovuto a variazioni di
tensione indotte nel terreno in seguito ad abbassamento del livello
freatico, scavi minerari sotterranei, estrazioni di petrolio o gas,
sfruttamento intensivo degli acquiferi, processi morfotettonici e di
sedimentazione, processi di consolidamento dei terreni teneri e
organici.
Le misure per contenere gli effetti della
subsidenza si basano sulla prevenzione di questi fenomeni agendo sui
processi che la provocano. Negli scavi sotterranei la subsidenza può
essere prevenuta mediante iniezioni di materiale cementizio e
trattamenti preventivi di consolidamento dei terreni.
Brunella Giacoia
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