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COME TI ELETTRIZZO UNA VECCHIA 500
di
Giovanni Minieri
Dal 26 gennaio 2016 convertire un’auto con motore diesel
o benzina in una con motore elettrico sarà molto più semplice.
Ricordiamo che in rete esistono già dei meccanici che hanno osato una
conversione del genere. Ricordo addirittura un meccanico che aveva
condiviso sulla rete un video col quale mostrava tutta la procedura di
conversione di una vecchia Fiat 500 in una spinta da un motore
elettrico. Ebbene, a partire dalla fine di gennaio 2016 entrerà in
vigore il nuovo regolamento relativo all’omologazione e
all’installazione di sistemi di riqualificazione elettrica dei veicoli.
Una definizione che suona complicata, ma che in realtà
consiste semplicemente nell’applicare quello che dai più è conosciuto
con il nome di retrofit. Per la trasformazione sarà obbligatorio
rivolgersi ad una officina autorizzata la quale provvederà a montare il
kit sull’auto. La procedura ricorderà molto quella che viene adottata
quando si vuole montare un impianto gpl. La differenza è che per
impiantare un motore elettrico su un’auto con motore a scoppio, saranno
necessari lavori molto più invasivi e radicali. Verranno infatti
rimossi, insieme al motore, anche i tubi di scappamento, il serbatoio,
il cambio con la frizione e il sistema di raffreddamento nella sua
completezza. Il tutto verrà sostituito dal un motore elettrico a
corrente continua, con i componenti necessari al suo funzionamento come
le batterie, il trasformatore, il convertitore, l’interfaccia di rete e
la centralina che gestirà la parte elettrica ed elettronica. Il
passaggio successivo è provvedere al collaudo presso la Motorizzazione
Civile, per verificare che il veicolo così modificato rispetti tutte le
norme previste dal regolamento.
Una volta appurato ciò, gli uffici competenti
provvederanno ad aggiornare la carta di circolazione. A questo punto il
gioco è fatto e finalmente si può viaggiare ecologicamente e
silenziosamente per le strade. Certo, la spesa da affrontare non è forse
per tutte le tasche, un’operazione del genere risulterà ben più
dispendiosa rispetto al montaggio di un impianto gpl, si parla infatti
di cifre che si aggirano su diverse migliaia di euro. Però si spera che
la spinta propulsiva del nuovo regolamento incentivi gli investimenti
sulla nuova tecnologia per gli impianti elettrici da autoveicoli. Così
che possano essere realizzati impianti più efficienti e meno costosi.
Ad oggi comunque decidere di convertire elettricamente la
propria auto significa affrontare un investimento moderatamente
consistente, una consistenza però ben presto ripagata se si pensa che
con due euro di ricarica elettrica si potranno percorrere circa 100 km.
Una cifra irrisoria se paragonata ai chilometri che potremmo percorrere
con 2 euro di gasolio. Di fronte a simili costi, anche un impianto a
metano non regge il confronto (G.M.)
UN MODERNO
ANTIFURTO CON IL VECCHIO CELLULARE
Il furto della propria auto è uno dei peggiori incubi di
un automobilista. Non solo per il legame a volte affettivo che si
instaura tra l’automobilista e la propria “bambina”, ma per tutto
quello che ne consegue: denuncia, assicurazione, acquisto di una nuova
auto. Ed ecco che allora, già in sede di acquisto, spesso si fa montare
subito un antifurto proprio in concessionaria. Ma se non lo si è fatto,
ci si può rivolgere a qualsiasi elettrauto che di sicuro saprà
consigliarvi su cosa montare, con la relativa spesa. Eppure c’ è una
soluzione molto più economica e alla portata praticamente di tutti.
Basta possedere un semplice telefonino, anche di quelli non proprio
nuovissimi, di quelli che si ha buttato nel cassetto perché non più
all’avanguardia e privo di quelle funzioni oggi indispensabili.
Le uniche funzioni che dovrà avere sono la modalità
silenziosa e le risposta automatica. Ora passiamo all’operatore. Meglio
sceglierne uno che abbia una buona copertura sul territorio nazionale.
Non è necessario stipulare alcun contratto di abbonamento, basta una
qualsiasi SIM con un piano ricaricabile, in assoluto quello che costa
meno perché si pagherà solo per le chiamate effettuate e gli sms
inviati. Del cellulare occorre anche annotare il codice IMEI composto da
15 cifre e che identifica in maniera univoca il telefonino. E’ di solito
indicato su un adesivo posto in prossimità della batteria. Se non lo si
trovasse, può essere visualizzato direttamente sul display del cellulare
digitando la sequenza *#06#. A questo punto si inserisce la SIM nel
cellulare, impostando la risposta automatica, il PIN all’accensione e si
blocca la tastiera. Importantissimo disabilitare tutte le notifiche
audio e con vibrazione. Arriviamo ora all’alimentazione del cellulare.
Occorre utilizzare il cavo che di solito si usa per
caricarlo con la presa accendisigari, smontare la presa del
caricabatteria e collegare i cavi elettrici alla batteria dell’auto.
Fatto ciò, bisogna individuare un posto in auto che non sia visibile, ma
che consenta al cellulare di agganciare la rete e inoltre di poter
agevolmente “sentire” tutto quello che accade nell’abitacolo. Per
verificarne la funzionalità, basta chiedere ad un amico di sedersi in
auto, quindi chiamare il cellulare-antifurto e chiedere all’amico se ha
sentito la suoneria oppure la vibrazione. A questo punto, se tutto il
lavoro è stato eseguito bene, il vostro antifurto fai da te è pronto.
Nella remota e sfortunata ipotesi in cui vi rubassero
l’auto, ciò che bisogna fare è contattare il numero del cellulare
antifurto, mettendosi in ascolto, qualora durante la conversazione uno
dei ladri possa dare involontariamente informazioni utili ad
individuarne la posizione. Inoltre bisogna contattare le forze
dell’ordine a cui verrà fornito il codice IMEI e il numero di cellulare
del telefonino montato in auto. In questo modo sarà possibile risalire
alla posizione approssimativa del cellulare, e quindi dell’auto,
semplicemente verificando qual è l’ultima cella agganciata dal numero
fornito (G.M.).
IL FUTURO
ALFA ROMEO SUL PASSO DELLO STELVIO
La concorrenza tra le varie case automobilistiche spinge
ognuna di esse a mettere nei piani di rilancio la progettazione di
modelli che per caratteristiche e dimensioni non sono mai stati prodotti
sulle rispettive linee di montaggio. E’ questo il caso dell’Alfa Romeo,
la storica casa di Arese, con un glorioso passato nel mondo delle corse,
che a quanto pare si è finalmente decisa a mettere in produzione il suo
primo SUV. E non avrebbe potuto fare diversamente.
Modelli SUV sono presenti nei listini di quasi tutte le
case automobilistiche, del resto i numeri parlano chiaro, sono sempre di
più gli automobilisti che scelgono questo tipo di autovettura che si
presta ad essere usato in diverse circostanze, e che ha la sua ragion
d’essere come auto familiare su cui caricare di tutto e di più. E così
l’amministratore delegato FCA Marchionne non può più procrastinare la
progettazione di un SUV Alfa Romeo se davvero vuole rilanciare il
marchio del biscione.
L’uscita sul mercato era prevista già quest’anno, ma a
quanto pare, causa la congiuntura economica non favorevole che si
protrae da un po’ di tempo, il lancio della nuova Alfa, il cui nome
dovrebbe essere Stelvio, è stata rimandata agli inizi del 2017. Il nuovo
veicolo ha lo stesso chassis modulare “Giorgio” della Giulia, e i
cavalli del suo motore scaricheranno la loro potenza sulle ruote
posteriori, per la felicità di tutti gli alfisti che riconoscono nella
trazione posteriore la vera essenza della sportività. Ed in effetti
negli ultimi giorni sono stati avvistati sulle strade italiane prototipi
del nuovo SUV Alfa Romeo, camuffati sì, ma si potevano già distinguere
quelle che saranno poi le linee definitive e sembra davvero ben
riuscita. Ma le novità non si esauriscono qui, sembra si stia seriamente
pensando all’erede della Giulietta. Un modello che ha oramai i suoi anni
e sembra non tenere più il passo delle ultimissime concorrenti: Audi A3,
Seat Leon, Peugeot 308, Opel Astra, per citare solo alcune tra le sue
dirette rivali.
Si sta pensando di realizzare il nuovo modello in due
distinte versioni, una a due volumi a cinque porte che andrà a
sostituire il modello attualmente in circolazione. L’altra invece sarà
una Giulietta tre volumi a quattro porte, cosi da andare incontro alle
aspettative di quegli automobilisti che amano il terzo volume, quella
coda che consente di aumentare notevolmente la capacità di carico del
bagagliaio. La Giulietta quattro porte dovrebbe essere una versione
accorciata della Giulia, di cui eredita il pianale modulare “Giorgio”
frutto di studi costati investimenti di non poco conto.
Ecco, proprio a giudicare dagli investimenti che il
gruppo FCA sta facendo per il rilancio dell’Alfa Romeo, possiamo dire
che finalmente si è deciso di dare la giusta importanza ad un marchio
che ha fatto storia e che negli ultimi anni era stata messa un po’ in
disparte, sacrificata a favore degli altri marchi del gruppo FCA, come
ad esempio la Chrysler, che però ha ben poco dell’italianità e del
glorioso passato dell’Alfa Romeo.
Giovanni Minieri
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