L'IMPATTO AMBIENTALE...E I PANNOLINI DI MIO FIGLIO
di
Elena Murador
Ho iniziato questo Master da ragazza e lo
termino da madre; ciò ha influenzato in maniera importante la mia
visione e l’individuazione dell’argomento della tesina finale di questo
percorso di studi.
Avere un figlio comporta la necessità di
prendere delle decisioni e fare delle scelte che possono essere
determinate non solo dalla salute e il benessere del bambino o da un
risparmio economico, ma anche da valutazioni virtuose nei confronti
dell’ambiente.
Una di queste decisioni ha riguardato
l’igiene del bambino e quindi stabilire quale tipo di pannolini usare
per mio figlio. Per fare questo ho valutato una serie di caratteristiche
di ciò che il mercato offre e ho preso in seria considerazione le
peculiarità dei pannolini usa e getta e dei pannolini lavabili.
In questo contesto naturalmente vorrei
dunque affrontare la tematica dell’impatto ambientale data dall’utilizzo
dei pannolini usa e getta, focalizzandomi su alcune soluzioni per
ridurre l’inquinamento.
La flora e la fauna
stanno pagando le conseguenze del nostro stile di vita frenetico e
consumistico che ci porta ad essere dei grandi produttori di rifiuti
cosiddetti indifferenziati, ovvero rifiuti difficilmente smaltibili che
vanno ad occupare le discariche. Tra questi rifiuti giornalieri ci sono
milioni di pannolini usa e getta che potrebbero essere sostituiti dai
vecchi “Ciripà”, ossia dei pannolini lavabili e impermeabili che
permettono la trattenuta dei bisogni dei bambini ma che non producono
scarti da smaltire nei rifiuti.
Sia i pannolini usa e getta che i pannolini
lavabili presentano vantaggi e svantaggi; i primi sono sicuramente più
pratici ed immediati.
Proviamo ad immaginarci di non dover più
lavare e stirare i vestiti che quotidianamente indossiamo ma di andarne
a comprare sempre di nuovi, già puliti e stirati pronti all’uso, o
ancora di non dover più lavare i piatti, posate e pentole ma gettarli
dopo ogni utilizzo.
Certamente sarebbe pratico ed immediato, ma
dispendioso e produrremmo tantissimi rifiuti inutili.
Ecco questa è l’ottica iniziale dalla quale
partire per prendere in considerazione l’utilizzo dei pannolini lavabili
al posto di quelli usa e getta.
Andando ad analizzare nel dettaglio ogni
singolo punto, si notano le differenze tra l’utilizzo dei pannolini usa
e getta rispetto a quelli lavabili.
Gli effetti della produzione di centinaia di
sacchi di rifiuti non sono subito tangibili, ma sono un’eredità che i
nostri figli dovranno gestire in termini di inquinamento ambientale.
Un pannolino usa e getta ( come una
bottiglia di plastica) impiega 500 anni per scindersi in particelle
microscopiche il che vuol dire avere un impatto nelle prossime 7
generazioni. Se si considera che in media un bambino utilizza 6.000
pannolini, non ci si stupisce nell’apprendere che essi occupino il 20%
dello spazio in discarica.
I pannolini lavabili sono taglia unica,
accompagnano il bambino dalla nascita al vasino grazie a dei comodi
bottoni o elastici che adattano il pannolino alla sua siluette.
I pannolini lavabili si igienizzano
direttamente in lavatrice e possono essere riutilizzati centinaia di
volte.
Le prestazioni assorbenti dei pannolini usa
e getta sono dovute a gel chimici come il sodio poliacrilato che assorbe
fino a 100 volte il suo peso, ma come tutti i prodotti chimici può
portare ad arrossamenti, irritazioni, dermatiti e allergie cutanee; i
pannolini (usa e getta)lavabili, invece, sono fatti di cotone che
permettono una maggiore traspirazione ed evitano surriscaldamento delle
zone genitali.
Tornando all’impatto ambientale dato dai
pannolini usa e getta, di non secondaria importanza, c’è l’aspetto
componentistico di cui sono fatti: un mix di fibre sintetiche e sostanze
chimiche che nella fase di degradazione rilasciano nel suolo sodium
polycrilate, tributyl-stagno (TBT), diossina, xylene, ethylbenzene,
styrene, isopropylene ecc…
Altro “ingrediente” di cui sono fatti i
pannolini usa e getta è la cellulosa, utile per le sue capacità
assorbenti, che impediscono la fuoriuscita di pipì, ma che per ricavarla
vengono utilizzate le parti legnose degli alberi.
Questi ultimi sono alla base del fabbisogno
umani, grazie alle loro capacità di miglioramento dell’aria che
respiriamo, alla termoregolazione che mitiga il clima e all’aiuto
idrogeologico che è di sempre più fondamentale importanza negli ultimi
anni per evitare frane e smottamenti, per non parlare del fatto che sono
l’habitat naturale di molte specie animali.
I pannolini lavabili, invece, sono spesso
chiamati pannolini ecologici perché fatti di micropile, bamboo o cotone
e l’utilizzo di lavatrici ad alte prestazioni energetiche e i detersivi
ecologici che servono per igienizzarli vanno a gravare sull’ambiente
decisamente meno del ciclo vitale produttivo di un pannolino usa e
getta.
Per quanto attiene il risparmio economico, i
pannolini usa e getta prevedono una spesa di circa 1.500-1.700
€ data dal fatto che
nell’arco dei primi 2-3 anni il bambino utilizzerà circa 6.000
pannolini; mentre l’acquisto dei pannolini lavabili, prevede una spesa
iniziale onerosa di circa 200-400€ (che nel mio caso è stata per metà
rimborsata dall’ente gestore della racconta differenziata) che però
copre l’intero arco temporale del bambino con circa 20-30 pannolini,
senza contare il fatto che possono essere utilizzati anche per un
secondo, terzo figlio o eventualmente essere rivenduti a metà prezzo nei
siti dell’usato.
Analizziamo comunque anche gli aspetti
negativi dell’utilizzo di pannolini lavabili:
-
Lavare i pannolini richiede
tempo: tempo di lavatrice, tempo di asciugatura e tempo per ricomporre
il pannolino per renderlo pronto all’uso.
-
La vestibilità dei pannolini
taglia unica potrebbe risultare ingombrante nei primi mesi del bambino,
ma per permettere ad un unico pannolino l’utilizzo dalla nascita allo
spannolinamento, essi sono dotati di file di clip che consentono di
adattare la misura del pannolini alle varie taglie di crescita.
-
Cattivi odori dovuti allo
stoccaggio dei pannolini utilizzati nelle 2-3 giornate prima del loro
lavaggio (esistono però borse con zip apposite per ovviare il problema).
-
Dermatiti da pannolino dovute
al contatto con la cute con superfici umide se non cambiato il pannolino
di frequente.
-
Nelle uscite di più giorni in
posti privi di lavatrici a disposizione l’utilizzo di pannolini lavabili
può diventare difficoltoso.
-
Pochissimi asili nidi
accettano di utilizzare i pannolini lavabili per una questione di igiene
e di organizzazione interna che porterebbe via troppo tempo al personale
nella gestione dei bambini.
Nel corso degli ultimi anni alcuni comuni
hanno deciso di sostenere le famiglie nella spesa dei pannolini
lavabili per incentivarne l’acquisto e far conoscere un modo alternativo
ed ecologico.
Contarina, società che si occupa della
gestione dei rifiuti, con il suo polo a Lovadina di Spresiano (TV), è il
primo impianto industriale al mondo che ricicla completamente i prodotti
assorbenti usati, come i pannolini, e li trasforma in cellulosa plastica
e polimeri: da una tonnellata di rifiuto si ricavano 150 kg di
cellulosa, 75 kg di plastica e 75 kg di polimero super assorbente.
Purtroppo però parliamo di un polo unico e
il cui guadagno è unicamente dell’azienda, poiché il “produttore” di
pannolino sporco, ovvero la famiglia che li deve smaltire, paga comunque
il singolo svuotamento della raccolta differenziata.
Questo tipo di rifiuto, insieme ad altri
tipi di spazzatura, non ha quindi ancora trovato una gestione in larga
scala che possa risolvere un problema che ha assunto ormai proporzioni
catastrofiche.
Basta pensare ai nostri mari e oceani. Tra i
25 oggetti che inquinano maggiormente le nostre acque troviamo al 5°
posto le bottiglie, al 9° posto i sacchetti plastica, al 22° posto le
cannucce e al 25° posto proprio i pannolini usa e getta.
Circa il 70 % del nostro pianeta è occupato
da mari e oceani e praticamente, ovunque, è possibile trovare rifiuti,
tantè che si pensa che entro il 2050 nel mare vi saranno più rifiuti che
pesci.
Il rifiuto più presente nei nostri mari è
sicuramente la plastica, che si è iniziata a produrre negli anni ’50 e
via via si è diffusa nel mercato in maniera esponenziale da 1,5 milioni
di tonnellate l’anno all’attuale livello di 280 milioni di tonnellate
l’anno. Diversamente dai materiali organici, la plastica non scompare
mai ma si accumula nell’ambiente; grazie ai fattori ambientali quali la
luce solare, l’acqua salata e le onde, la plastica tende a scindersi in
micro particelle che spesso vengono inghiottite dagli animali, entrando
a far parte inevitabilmente della nostra catena alimentare. Altri
microframmenti finiscono in riva al mare e vengono incorporati nel suolo
andando a inquinare l’habitat di altri animali e piante.
L’80% delle plastiche presenti in mare
proviene da attività terrestri, il restante 20% è dato dalle attività di
pesca, gli impianti petroliferi e i trasporti marini.
Il sempre maggior numero di plastiche che
finiscono in mare, fa sì che aumenti la probabilità che i pesci, di cui
noi ci nutriamo nella “dieta mediterranea”, vi si nutrano e che quindi
noi stessi, attraverso la catena alimentare ne veniamo involontariamente
a contatto mangiando plastica e prodotti chimici a base di petrolio. Il
rischio che si sta palesando è la messa in pericolo di interi ecosistemi
e specie animali, compresa la nostra.
I rifiuti marini, la plastica in
particolare, costituiscono una minaccia non solo per la salute dei mari
e delle coste, ma anche per la nostra economia, salute e comunità.
Dall’analisi fatta risulta evidente quanto
sia positivamente rilevante l’uso dei pannolini lavabili per un maggior
rispetto dell’ambiente.
E’ però necessario incentivarne l’uso
attraverso la promozione e la diffusione di informazione circa
l’esistenza e l’utilizzo di questa modalità di igiene dei bambini.
Spesso infatti le neo mamme non ne conoscono
la presenza o pensano si tratti di oggetti di altri tempi senza tener
conto che per la produzione dei pannolini usa e getta vengono distrutti
numerosi ettari di bosco e utilizzati materiali altamente inquinanti
come la plastica e le sostanze chimiche che li compongono che spesso
sono anche causa di irritazioni, arrossamenti e dermatiti.
Nei nidi comunali sarebbe opportuno riuscire
a individuare un tipo di organizzazione che permetta l’utilizzo dei
pannolini lavabili, in modo che, oltre a migliorare un comportamento
ecosostenibile, possa essere da esempio per tutte le mamme.
E’ importante poi che tutte le istituzioni
si impegnino concretamente e si adoperino per potenziare l’utilizzo dei
pannolini lavabili attraverso incentivi economici per il loro acquisto e
attuino sgravi fiscali sulla tassa dei rifiuti premiando i genitori
virtuosi.
Un importante e significativo passo avanti è
rappresentato dal decreto “End of Waste” firmato dall’ex ministro
dell’ambiente Sergio Costa, che prevede un processo di recupero di
rifiuti che potranno poi essere considerati materie prime seconde. Con
tale decreto si potranno riciclare tutti i prodotti assorbenti, come i
pannolini, anziché lasciarli finire in discarica.
E’ grazie a questo decreto che la già
nominata azienda di servizi ambientali della provincia di Treviso ha
potuto incrementare la sua opera di riciclo dei pannolini, dopo averla
avviata nel 2015 in via sperimentale. Se raccolti e conferiti
separatamente dagli altri rifiuti, da una tonnellata di prodotti
assorbenti è possibile ricavare 75 kg di plastica con cui produrre
oggetti vari ( come mollette, grucce,…), arredi urbani, ecc. e 225 kg di
materia organico – cellulosica per la produzione di cartoni per
imballaggi. Ora però , è necessario realizzare altre aziende che
riescano a soddisfare le esigenze di tutte le regioni italiane.
La nazione insulare del Pacifico di Vanuatu
nel 2019 ha addirittura avviato una consultazione per vietare l’uso dei
pannolini usa e getta. Il divieto fa parte di uno sforzo a livello
nazionale per frenare l’inquinamento da plastica che negli ultimi anni
ha travolto il piccolo Paese. Con una massa di terra così limitata, non
vi sono spazi dove gettare la spazzatura e dimenticarsene. Se l’esito
del confronto avesse bandito l’uso dei pannolini usa e getta, Vanuatu
potrebbe essere da esempio per molti altri Paesi.
A partire dal 3 luglio 2021, è entrata in
vigore la Direttiva Europea SUP (Single Use Plastic) n. 904, un
provvedimento europeo teso a ridurre il commercio e l’utilizzo di
plastica monouso e di conseguenza evitare la sua dispersione
nell’ambiente.
Anche l’Europa quindi si sta muovendo verso
un futuro “plastic Free”, che non significa un pianeta privo di
plastica, ma un nuovo modo di pensare, utilizzare e smaltire i rifiuti.
La sostituzione o l’eliminazione della
plastica utilizzata per “l’usa e getta” è da ritenersi ormai obsoleta e
primitiva, bisogna iniziare ad impegnarsi per trovare nuove fonti
rinnovabili e non inquinanti per il pianeta se non si vuole lasciare in
eredità ai nostri figli un mare più ricco di plastica che non di pesci.
Il motto per essere virtuosi verso
l’ambiente dovrebbe diventare “ridurre, riutilizzare, riciclare” e da
questo punto di vista i pannolini usa e getta colgono a pieno il
bersaglio, una scelta controcorrente e anticonformistica che può fare la
differenza.
Certamente si tratta di un percorso che ha
bisogno di tempi non proprio immediati, ma poiché anche i piccoli
accorgimenti quotidiani, se replicati su larga scala, possono dare un
grande contributo per la salvaguardia del nostro pianeta, ritengo che
sia significativo cercare di rendere più consapevoli i genitori nelle
loro scelte.
Elena
Murador
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