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Anno XV num.3
Mag./Giu. 2016

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INDICE DI SVILUPPO UMANO (ISU)

Metodologia ed evoluzione concettuale

di Assunta Sera

Introduzione

Nel 1990 l’UNDP (United Nations Development Programme) pubblicò il primo “Rapporto sullo sviluppo umano”, con l’obiettivo di affermare che lo sviluppo di una nazione non deve essere misurato solamente in base al reddito nazionale. Fino ad allora il PNL pro capite veniva considerato l’unico riferimento per la misurazione del livello di sviluppo degli stati.

Nel 1990, invece, venne introdotto per la prima volta l’Indice di Sviluppo Umano (ISU o HDI=Human Development Index), ottenuto partendo dalla definizione di sviluppo umano presentata nel rapporto stesso. In essa si affermava che “Lo sviluppo umano è un processo di ampliamento delle scelte delle persone. In teoria, queste possono essere infinite e cambiare nel tempo. Ma a tutti i livelli dello sviluppo, le tre scelte essenziali per la gente sono vivere un’esistenza lunga e sana, acquisire conoscenze ed accedere alle risorse per un dignitoso tenore di vita. Se queste scelte non sono disponibili, molte altre opportunità rimangono inaccessibili.” (UNDP, 1990).

In base a ciò si elaborò un sistema che combinava tre elementi essenziali di base della vita umana come la longevità, l’istruzione ed uno standard di vita dignitoso (la crescita economica divenne quindi un mezzo e non il fine dello sviluppo umano), ammettendo comunque che mai un unico indice sarebbe stato in grado di rappresentare completamente un concetto così complesso come lo sviluppo umano. Inoltre si era ben consapevoli di come l’ISU non fosse concettualmente immutabile, ma potesse essere modificato sulla base di critiche e considerazioni costruttive.

In base a tale indice, dal 1990 ad oggi, viene stilata ogni anno una classifica, che vede in graduatoria 174 paesi del mondo (nel primo rapporto del 1990 erano 130), specchio dei risultati conseguiti da ciascuno stato in materia di sviluppo umano.

Indice di sviluppo umano: la genesi…

Come detto l’ISU nasce con il primo “Rapporto sullo sviluppo umano” del 1990 e definito come un indice sintetico (ovvero ottenuto con la media aritmetica) di tre aspetti essenziali della vita umana, calcolati attraverso indicatori basati su dati medi nazionali:

v longevità à speranza di vita alla nascita;

v livello d’istruzione à alfabetizzazione degli adulti;

v livello di vita dignitoso à il logaritmo del reddito pro capite in dollari a parità di potere d’acquisto.

La prima componente, la longevità, è importante di per se stessa per il fatto che misura vari aspetti indiretti della vita di un essere umano, come un’adeguata nutrizione e una buona salute, di solito associati alla speranza di una vita lunga.

Il livello d’istruzione è solo la cruda misura dell’accesso all’istruzione, necessaria quest’ultima per una vita produttiva nella società moderna.

L’ultima componente chiave dello sviluppo umano è lo sfruttamento delle risorse, che garantisce un livello di vita dignitoso ed è più difficile da calcolare. Viene usata una misura, aggiustata secondo il potere d’acquisto di ciascun paese, del reddito pro capite, che grossomodo permette di calcolare le capacità d’acquisto di comodità e quanto delle entrate in un paese vengono poi trasformate in capacità umane.

L’utilizzo del logaritmo e la fissazione di una soglia massima di povertà (fino al 1993 venne calcolata in base alla soglia di povertà dei paesi industrializzati dalla Luxembourg Incombe Study), oltre la quale i redditi vengono posti uguale a zero, permettono di considerare il peso del reddito decrescente rispetto allo sviluppo umano. La formula esplicita dei rendimenti decrescenti è quella di Atkinson:

1

                                            Wy  =                  xy1 - є    

1- є

Wy rappresenta il benessere derivante dal reddito ed є l’estensione dei rendimenti decrescenti. Quindi se є = 0 non ci sono rendimenti, se invece tende ad 1 l’equazione diventa:

Wy = logy

Già in questo primo rapporto si sentiva la necessità di sottolineare il fatto che i tre indicatori non riuscivano ad evidenziare le differenze all’interno dei gruppi sociali di ciascun paese. Problema al quale si cercherà di rimediare negli anni.

Un ulteriore passo verso il calcolo dell’ISU e quello di definire l’indice di privazione. Esso viene relativizzato, cioè messo a rapporto con la differenza fra il massimo ed il minimo della variabile presa in considerazione. Ciò consente di poter confrontare fra loro le tre diverse variabili che compongono l’ISU. la formula è:

(valore max Xij – Xij)

j

                      Iij =

(valore max Xij – valore min Xij)

                                                  j                        j

Iij è l’indice di privazione sofferta del j-esimo paese per la i-esima variabile. I valori massimi e minimi di ciascuna variabile nei primi rapporti cambiavano ogni anno ed erano stabiliti in base ai dati correnti del paese nell’anno in esame.

Ad esso segue il calcolo dell’indice medio di privazione (Ij) per tutte e tre le variabili che così hanno un ugual peso. Ciò si ottiene facendo la semplice media aritmetica dei tre indicatori:

               3

Ij =   1 / 3     ∑   Iij

                 i = 1

L’ultimo passo consiste nell’utilizzo dell’indice di deprivazione di Gini della media Ij per il calcolo dell’ISU:

(ISU)j = (1 – Ij)

Il valore dell’ISU è quindi compreso tra 0 e 1, ed indica quanto ciascun paese si è avvicinato a tre obiettivi:

v una speranza di vita alla nascita di 85 anni;

v accesso all’istruzione per tutti;

v livello dignitoso di reddito.

Il valore teorico massimo dell’ISU (=1) significa che il paese ha conseguito tutti gli obiettivi, e la sua scala è positiva, cioè più cresce l’indice e migliore è la situazione dello sviluppo umano nel paese sotto esame.

Indice di sviluppo umano… aggiustamenti metodologici.

Già nel secondo rapporto del 1991 si procedette ad alcuni aggiustamenti riguardo le variabili utilizzate per il calcolo dell’ISU. L’istruzione raggiunta, per esempio, venne calcolata tramite la combinazione di due indici come l’alfabetizzazione degli adulti ed il numero medio degli anni di scolarizzazione, permettendo così di misurare gli alti livelli di formazione professionale. Ad entrambe sono stati assegnati dei pesi:

E = a1 ALFABETIZZAZIONE + a2 ANNI DI SCOLARITA’

Nell’ISU originario a1 = 1 e a2 = 0, mentre nell’ISU del rapporto del 1991  a1 = 2 / 3 e a2 = 1 / 3.

Per il calcolo dei rendimenti decrescenti del reddito si abbandona il metodo che poneva uguale a zero il peso dei redditi superiori alla soglia della povertà, giudicato troppo drastico, sostituendolo con un sistema che attribuisce un peso progressivamente inferiore ai redditi oltre la soglia della povertà. Con la modifica si è scelto di far aumentare lentamente il valore di є con l’aumentare del reddito. Così si è suddivisa la gamma dei redditi in multipli della soglia di povertà y*. La maggioranza dei paesi si trova fra 0 e y*, alcuni tra y* e 2y*, un numero inferiore tra 2y* e 3y* e così via. Per tutti i paesi poveri per i quali y < y* il valore di є = 0, per cui non esistono redditi decrescenti. Così più i redditi sono oltre la soglia di povertà e più hanno peso i rendimenti decrescenti nel contributo del reddito allo sviluppo umano. Il reddito al di sopra della soglia di povertà ha quindi un effetto marginale, ma è tuttavia sufficiente per differenziare fra loro i paesi ricchi. 

Per un confronto nel tempo dell’ISU nel rapporto del 1991 si è suggerita una modifica:

(Xijt – valore min Xijt)

      jt

                     Zijt

( valore max Xijt– valore min Xijt)

                                               jt                        jt

E’ una somma ponderata dei tassi di crescita delle tre variabili, dove i pesi sono dati dal rapporto tra il valore iniziale di una variabile ed il valore massimo del periodo. Nella formula j rappresenta il paese e t il periodo di tempo. Il denominatore resta immutato per tutti i periodi di tempo e per tutti i paesi poiché il valore massimo viene stabilito in base al più alto raggiunto in un dato arco di tempo da tutti i paesi ed il minimo in base al valore più basso raggiunto da tutti i paesi nello stesso arco di tempo. Quindi l’ISU modificato diventa:

                     3

ISUjt =  1 / 3     ∑   Zijt

                      i = 1

Inoltre nel rapporto del 1991 è stato fatto un primo tentativo di misurare la libertà (ILU), non inclusa nell’ISU, e di correggere l’ISU secondo la distribuzione del reddito e le differenze di genere, scontrandosi però contro la mancanza di dati (si avevano dati parziali solo per 30 paesi). L’ILU (Indice di Libertà Umana) venne elaborato partendo dall’indice di Humana. Esso analizza 88 nazioni in materia di diritti umani in funzione di 40 indicatori basati sui documenti internazionali dei diritti umani, a causa della mancanza dei dati a livello nazionale.

Nel rapporto n° 5 del 1994 si stabilirono valori normativi della speranza di vita, della scolarizzazione e del reddito, sulla base dei valori più estremi registrati su un lungo periodo, ad esempio 60 anni (i min sono quelli osservati storicamente retrocedendo di  30 anni, i max sono quelli previsti 30 anni nel futuro). Inoltre il calcolo del PIL pro capite non venne più eseguito sui dati della Penn World Tables ma sulle stime della Banca Mondiale, ciò comportò alcuni cambiamenti nel valore dell’ISU.

I nuovi limiti normativi da allora sono:

v Speranza di vita à 25 – 85 anni.

v Alfabetizzazione degli adulti à 0% - 100%.

     Media degli anni di scolarizzazione à 0 - 15 anni.

v Reddito à 200 – 40.000 $ppa (il valore della soglia di povertà è di      5.120 $ppa).

Nel rapporto n° 6, dedicato alle donne, finalmente si chiarificano gli aspetti metodologici dell’Indice di Sviluppo di Genere (ISG). Il messaggio del rapporto si condensa in una semplice frase “Lo sviluppo umano, se non è correlato al genere, viene compromesso.” (UNDP, 1995).

Da ciò si è partiti per la costruzione dell’ISG, un indice di genere che misura i livelli conseguiti dagli stati nelle stesse capacità di base dell’ISU, tenendo conto delle disparità di risultati fra uomini e donne.

Le precedenti stime della differenza di genere, che vedevano la correzione dell’ISU secondo la percentuale del valore femminile su quello maschile per ognuna delle tre componenti dell’indice, presentavano infatti due problemi. In primo luogo non rapportavano la differenza di genere al livello dei risultati complessivi all’interno della società. Una comunità può aver raggiunto un’alta uguaglianza fra i sessi ma presentare un rapporto di alfabetizzazione sfavorevole alle donne.

Inoltre per ogni società è quantificabile un valore di “avversione alla disuguaglianza di genere” (Є) che dipende dal punto di partenza di una società e a quali obiettivi si prefigge di arrivare nel campo dell’uguaglianza di genere. Esso varia tra 0, per il quale non c’è considerazione politica per i risultati conseguiti (o non conseguiti) nell’ambito delle disuguaglianze di genere, e + ∞, il quale indica una sensibilità talmente alta che si considerano sempre i risultati più bassi raggiunti. Nelle precedenti pubblicazioni Є = 0, mentre in questo rapporto i calcoli dell’ISG considerano Є = 2 (media armonica), espressione di un grado moderato di avversione alla disuguaglianza. Questo permette di dimostrare che anche con pesi modesti l’andamento della discriminazione di genere nella maggior parte dei paesi è abbastanza negativo.

Per quanto riguarda la speranza di vita si tiene conto del margine biologico per il quale le donne, a parità di alimentazione e di stili di vita, vivono di più degli uomini, ed i margini sono:

v Speranza di vita femminile à 27,5 – 87,5.

v Speranza di vita maschile à 22,5 – 82,5.

Per quanto riguarda l’educazione raggiunta il calcolo resta lo stesso dell’ISU.

Le lacune nei dati della variabile reddito sulla disuguaglianza di genere sono tante nei 130 paesi per i quali è stato calcolato l’ISG. Si quantificano le quote di reddito guadagnato da donne e uomini attraverso il rapporto fra il salario di ciascun sesso e quello nazionale moltiplicato per le rispettive quote di forza lavoro (% di popolazione attiva al di sopra dei 15 anni). Il salario guadagnato viene quindi scontato in proporzione alle popolazioni maschile e femminile. Se c’è disparità di genere nelle quote di reddito guadagnato la media del PIL reale viene ritoccata verso il basso in base al peso di Є.

Poiché la disuguaglianza di genere è presente in ogni paese l’ISG è sempre inferiore all’ISU, ed inoltre è empiricamente verificabile il fatto che l’uguaglianza di genere non dipende dal livello di reddito di un paese.

Si può inoltre calcolare la disuguaglianza di genere di uno stato mettendo a confronto ISG e ISU, mediante il calcolo della riduzione relativa dell’ISG in rapporto all’ISU:

(ISU – ISG)/ISU

Con Є = 2 è come misurare 1 meno il rapporto della media armonica con quella aritmetica (variazione della misura di Atkinson della disuguaglianza).

Un’altra misura dell’attribuzione di genere, presentata nel rapporto n° 6, è la MPG (Misura dell’attribuzione di Potere legata al Genere), un indice calcolato sulla media aritmetica di tre variabili che quantificano la partecipazione delle donne alle decisioni politiche, il loro accesso alle opportunità professionali e la loro capacità di guadagno. Le tre ampie classi di variabili sono:

v Partecipazione delle donne alle decisioni politiche à % di seggi in parlamento per uomini e donne (min 0% - max 50%).

v Accesso alle opportunità professionali à % dei lavoratori classificati come professionali, tecnici, amministrativi e manageriali (min 0% - max 50%).

v Capacità di guadagno à reddito pro capite ppa$ non corretto (min 100$ - max 40.000$).

MPG (Misura dell’attribuzione di Potere legata al Genere) e ISG (dell’Indice di Sviluppo di Genere) considerano il reddito in modo differente. Nell’ISG il reddito è valutato come contributo allo sviluppo umano basilare. Mentre nella MPG il reddito è una sorgente di potere economico che rende libero il percettore di reddito di scegliere fra capacità di livello superiore rispetto a quelle di base. Ecco perché il reddito non viene corretto (sconto progressivo dei redditi oltre la soglia di povertà), come invece avviene nell’ISU e nell’ISG. Anche qui il parametro Є = 2.

In pratica mentre ISG misura l’espansione delle capacità, MPG riguarda l’uso di tali capacità per trarre vantaggi dalle occasioni della vita.

Vi è inoltre nel rapporto n° 6 del 1995 un aggiustamento verso il basso del minimo normativo del reddito per quanto riguarda l’ISU, portato da 200$ a 100$, per mantenere una coerenza di costruzione con l’ISG, dove per tale indice 100ppa$ è il limite inferiore del reddito femminile.

L’altra grande novità comparve nel Rapporto n° 8 del 1997 nel quale venne introdotto l’IPU-1, cioè la misura della povertà nei paesi in via di sviluppo. Esso è l’espressione del grado di privazione nei tre elementi essenziali della vita umana contenuti anche nell’ISU, e cioè longevità, alfabetizzazione ed uno standard di vita dignitoso, calcolati attraverso tre nuove variabili:

v Longevità à % di persone con una speranza di vita inferiore a 40 anni (P1).

v Alfabetizzazione à % di adulti analfabeti (P2).

v Standard di vita dignitoso (P3)à % di persone prive dell’accesso ai servizi sanitari (P31) e all’acqua potabile (P32), e % di bambini sotto i 5 anni sottopeso (P33).

Il passo successivo è il calcolo di P3 attraverso la media aritmetica delle tre variabili che lo compongono:

P31 + P32 + P33

                                         P3 =                          

3

Quindi la formula per il calcolo dell’IPU-1 è:

¨IPU-1= [1/3(P13 + P23 + P33)]1/3

Ad esso si è aggiunto nel rapporto n°9 del 1998 l’IPU-2, che misura la povertà nei paesi industrializzati attraverso le seguenti variabili:

v Longevità à % di popolazione con una speranza di vita inferiore a 60 anni (P21).

v Alfabetizzazione à % di popolazione che non sa leggere e scrivere (P22).

v Reddito à % di popolazione con un reddito disponibile inferiore al 50% del reddito medio nazionale (P23).

v Partecipazione o esclusione à tasso di disoccupazione di lungo periodo (12 mesi e più) (P24).

La formula per il calcolo dell’IPU-2 è simile a quella dell’IPU-1 e cioè:

IPU-2 = [1/4(P213 + P223 + P233 +P243 )]1/3

Indice di sviluppo umano… edizione del 20° Anniversario.

 

Dopo anni nei quali l’indice è rimasto sostanzialmente invariato, nel 2010 venne pubblicata l’edizione del 20° Anniversario.

In essa sono contenute le analisi dei cambiamenti ventennali rilevati dall’ISU, sottolineandone così l’utilissimo carattere descrittivo e di confronto della realtà dei diversi paesi del mondo.

A vent’anni di distanza ormai si riconosce come il successo di un paese o il suo benessere non posso essere misurati solo attraverso il reddito. Pertanto il supporto che l’ISU ha dato negli anni all’analisi delle dinamiche di sviluppo dei singoli paesi censiti è indubbio.

La grande intuizione di Mahbub ul Haq, ideatore dell’ISU, di utilizzare l’approccio dello sviluppo umano per arricchire le misure economiche della crescita si è rivelata molto utile a capire il mondo contemporaneo ed il suo veloce cambiamento, grazie alla sua flessibilità nel valutare e misurare la situazione odierna e le prospettive future del nostro pianeta.

L’ISU permette di affermare che il mondo di oggi, nonostante tutto, è un posto migliore rispetto a 1970. L’ISU medio mondiale è cresciuto del 18% rispetto al 1990 e del 41% rispetto al 1970.

Dei 135 paesi inclusi nel campione, il 92% della popolazione mondiale, solo 3 hanno un ISU più basso rispetto al 1970: Repubblica democratica del Congo; Zambia; Zimbabwe. I paesi dove la crescita è stata più lenta sono quelli dell’area sub-sahariana, che hanno subito i contraccolpi dell’epidemia di HIV/AIDS, e le nuove repubbliche nate dallo scioglimento dell’URSS, le quali hanno pagato un innalzamento del tasso di mortalità degli adulti con un’aspettativa di vita scesa sotto i livelli del 1970.

L’ISU permette di evidenziare anche come lo sviluppo umano è diverso dalla crescita economica. Paesi come lo stato indiano del Kerala, il Costa Rica, Cuba e Sri Lanka hanno conseguito livelli di sviluppo umano maggiori rispetto a quello di altre nazioni con reddito equivalente. Ciò dimostra che nel mondo contemporaneo la crescita economica si è sganciata dai processi che determinano lo sviluppo umano.

Altro risultato dell’ISU è stato quello di evidenziare l’aumento delle diseguaglianze interne ai singoli stati. Si è potuto certificare che, per esempio, nei paesi dell’ex Unione Sovietica le differenze tra i diversi ceti sociali sono andate inasprendosi.

Nell’edizione del 20° anniversario, oltre all’analisi temporale dell’ISU, sono stati introdotti tre nuovi indici oltre a quelli finora elencati e spiegati:

·        Indice dello Sviluppo Umano corretto per la disuguaglianza = viene incorporata, in ognuna delle dimensioni dell’ISU, la disuguaglianza (ISUD). Quindi in condizioni di perfetta uguaglianza ISU e ISUD sono uguali. Con il crescere delle disuguaglianze nel reddito, nell’istruzione e nella salute i due valori divergono;

·        Nuova misura della disuguaglianza di genere = utilizza il medesimo quadro di riferimento di ISU e ISUD, evidenziando però le differenze di distribuzione dei risultati delle tre dimensioni tra uomini e donne (IDG);

·        Nuova misura multidimensionale della povertà = l’indice individua le privazioni nelle note tre dimensioni analizzate dall’ISU, misurando il numero dei poveri e il numero dei sacrifici che gravano sulle famiglie povere.

Queste misure innovative producono molti altri risultati e spunti originali che si spera offrano al dibattito politico ed istituzionale nuovi spunti e progetti di crescita.

L’indice ha dimostrato che il progresso è possibile anche in assenza di grandi risorse finanziarie. La vita delle persone può essere migliorata con i mezzi che la maggior parte dei paesi già dispone. Il successo, o il fallimento, è quindi legato alla lungimiranza, o alla miopia, delle classi politiche al comando e dei poteri economici sovranazionali.

 

Bibliografia

UNDP (1990), “Human Development Report – concept and measurement of human development”, hdr.undp.org/reports/global/1990/en.

UNDP (1991), “Rapporto sullo Sviluppo Umano 2 – per una riforma della spesa sociale”, Rosenberg&Sellier, Torino.

UNDP (1992), “Rapporto sullo Sviluppo Umano 3 – come ridurre le disuguaglianze mondiali”, Rosenberg&Sellier, Torino.

UNDP (1993), “Rapporto sullo Sviluppo Umano 4 – decretare per partecipare”, Rosenberg&Sellier, Torino.

UNDP (1994), “Rapporto sullo Sviluppo Umano 5 – nuove sicurezze”, Rosenberg&Sellier, Torino.

UNDP (1995), “Rapporto sullo Sviluppo Umano 6 – la parte delle donne”, Rosenberg&Sellier, Torino.

UNDP (1996), “Rapporto sullo Sviluppo Umano 7 – il ruolo della crescita economica”, Rosenberg&Sellier, Torino.

UNDP (1997), “Human Development Report – human development to eradicate poverty ”, hdr.undp.org/reports/global/1997/en.

UNDP (1998), “Rapporto sullo Sviluppo Umano 9 – i consumi ineguali”, Rosenberg&Sellier, Torino.

UNDP (2000), “Rapporto sullo Sviluppo Umano 11 – i diritti umani”, Rosenberg&Sellier, Torino.

UNDP (2003), “Human Development Report – millennium development goals: a compact among nations to end human poverty”, hdr.undp.org/reports/global/2003/.

UNDP (2004), “Human Development Report – cultural liberty in today’s diverse world”, hdr.undp.org/reports/global/2004/.

UNDP (2010), “Sommario Rapporto sullo Sviluppo Umano 2010 – edizione del 20° Anniversario – la vera ricchezza delle nazioni: Vie dello sviluppo”, http://hdr.undp.org/sites/default/files/hdr2010-italian-summary.pdf.


¨ [1/(P1 + P2 + P3)]1/nelle note statistiche del rapporto del 1997 si dimostra che il miglior modo per dare il giusto peso a tutti gli indici di privazione è per  = 3.

 

Assunta Sera

 


 

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