IL "TRIANGOLO
DELLA MORTE": L'INQUINAMENTO AMBIENTALE IN SICILIA
di Deni
Zovko
L’inquinamento ambientale è sicuramente un problema enorme e drammatico
al giorno d’oggi, che ha assunto dimensioni incalcolabili in Sicilia ed
in particolare nella zona sud-est, tra Augusta-Priolo-Melilli. Questa
zona ha assunto il non raccomandabile nome di “triangolo della morte”, a
causa dei numerosi decessi per tumore e malattie cardiovascolari
rispetto al resto del paese.
Le emissioni
rilasciate dalle industrie di questa zona vengono monitorate con sistemi
tradizionali, che nella maggior parte dei casi non rilevano nell’aria i
cosiddetti macroinquinanti, quindi sfuggendo ai controlli continuano ad
inquinare l’aria, il mare e il territorio siracusano.
Questo vuol
dire che l’analisi del territorio sviluppata mediante metodi
tradizionali è molto superficiale, quindi dovrebbero essere utilizzate
attrezzature più specializzate e procedure particolareggiate.
La provincia
di Siracusa è considerata al settimo posto tra quelle in Italia a più
alto rischio ambientale, per le elevate emissioni industriali, con
patologie che colpiscono soprattutto i polmoni, fegato, pancreas, colon
ecc.
Ma l’aspetto
più preoccupante è probabilmente la scarsa informazione riguardo il
problema della salute del territorio siracusano, si percepisce un
indifferenza da parte dei sindacati e delle istituzioni provinciali e
regionali, preferendo non toccare gli interessi economico-finanziari che
le grandi lobby del petrolio portano nel territorio, creando un
intreccio tra politica-sindacato-petrolieri.
Sarebbe
consigliabile iniziare un progetto di bonifica e risanamento del
territorio, chiedendo l’intervento di persone specializzate nel settore.
Dati alla mano la mortalità per i soli uomini, di malattie
cardiovascolari o tumorali è addirittura del 24% superiore rispetto al
resto della Sicilia, per quanto riguarda l’avvelenamento si sale al 32%.
Gli studiosi hanno provato che l’inquinamento arriva anche nelle nostre
tavole, quindi ciò che noi mangiamo non è più sicuro, soprattutto se si
consumano pesci o carni allevate in zona.
Sono state
riscontrate presenze di metalli pesanti nel pesce venduto nelle
bancarelle, materiale molto pericoloso come mercurio, piombo, alluminio,
stronzio, ecc.
L’inquinamento quindi non è solo ambientale ma è dell’intera matrice
alimentare, con conseguenze che possono essere tragiche, perché il
problema non è solo ciò che respiriamo ma anche ciò che mangiamo. Molto
spesso i pesci deformati finiscono nelle bancarelle dei pescatori. Un
altro record poco edificante si è verificato a Melilli, dove il cimitero
è stato ampliato tre volte negli ultimi dieci anni, stiamo parlando di
un comune di circa 7000 abitanti, quindi parliamo di cifre spaventose.
Una zona
costiera meravigliosa, rovinata da sessant’anni di mal governo e spese
folli così possiamo riassumere in poche righe ciò che sta avvenendo nel
territorio siracusano, infatti procedendo di notte, quando gli impianti
sono illuminati, danno ancora un’illusione di potenza, invece di giorno
si vedono i capannoni abbandonati, la ruggine e molti stabilimenti
chiusi.
Oggi il polo
petrolchimico che per decenni ha inquinato e fatto lavorare la zona è
fermo, in quanto gran parte dell’industria chimica ha chiuso, così pure
le fabbriche meccaniche che avevano prosperato accanto alla chimica.
Restano attive solo le raffinerie di petrolio, che estraggono il
petrolio nel canale di Sicilia, infatti in Sicilia si raffina circa un
terzo dei prodotti petroliferi destinati al mercato italiano, anche se
ormai c’è un totale disimpegno da parte della politica e i processi di
manutenzione sono ridotti al minimo, giusto lo stretto necessario per
continuare l’attività. L’occupazione nel settore continua a diminuire,
quindi oltre al danno ambientale è scomparso anche il lavoro in fabbrica
oltre a quello nei campi ormai inquinati dai gas tossici.
Un tempo
industrie e petrolchimico erano il fior all’occhiello di una Sicilia che
progrediva, inoltre era un buon mezzo per non dover emigrare, in quanto
si creava benessere e speranza. L’inquinamento chiaramente non apparse
subito, ma dopo qualche decennio, dapprima come già detto con una grande
moria di pesci e poi con l’aumento di nascite di bambini con
deformazioni congenite. Questo fu il risultato delle polveri tossiche e
dei fumi dispersi nell’aria durante tutti questi anni ed ormai gli
effetti sono ben visibili nel territorio. Oggi l’area che va da Siracusa
fino ad Augusta è stata dichiarata sito di interesse nazionale per la
bonifica. Il sito include stabilimenti chimici, petrolchimici,
raffinerie, un inceneritore per rifiuti speciali e un’area portuale.
Certo, oggi
il fumo nero non esce più dai camini industriali come avveniva venti o
trent’anni fa, l’inquinamento atmosferico è sicuramente diminuito, ma la
contaminazione dei suoli e della falda idrica resta alta, quindi anche
della catena alimentare, da questo deriva la necessità di accelerare
l’opera di bonifica del territorio.
La
bonifica invece è una storia infinita, in quanto molto spesso mancano i
fondi per progettarla e realizzarla, lasciando la popolazione in balia
degli eventi. Il paradosso che si è venuto a creare è tale che si è
aperta una “guerra” tra l’operaio in cerca di lavoro e gli abitanti in
rivolta contro i veleni e rifiuti tossici.
Del resto
però anche i lavoratori abitano in quelle zone e dovrebbe essere anche
loro interesse crescere i propri figli e nipoti in un area pulita e
senza contaminazioni. Basterebbe avviare attività industriali pulite,
che si basano su energie rinnovabili ed ecocompatibili. Molto spesso
però la prospettiva del lavoro e della ecocompatibilità si scontrano. In
fondo quello del cittadino non è un rifiuto totale dell’industria, ma è
una proposta di investire sulle rinnovabili e sull’innovazione nel
rispetto delle risorse naturali. Oggi troppo spesso le industrie non
investono e non rischiano su tecnologie avanzate. Tutto ruota intorno al
fatto di far diventare il sito una “bioraffineria” per produrre “diesel
verde”, senza che tutto ciò si traduca in mancanza di posti di lavoro.
Questa è
sicuramente una città a vocazione industriale, padri operai, figli
operai, un patrimonio di professionalità, generazioni che hanno lottato
per il proprio posto di lavoro e affinchè le grandi corporazioni
petrolifere non lasciassero questi territori per emigrare in altre “oasi
felici”. Tutto ciò che lavoratori e cittadini chiedono è un’industria
ecocompatibile, per permettere alle generazioni future di crescere in
un’area non contaminata e che il lavoro resti qui, dunque senza la
necessita di emigrare e cercare fortune altrove.
Quello che resta da
fare è trovare un accordo o un punto d’incontro tra le due posizioni,
per fare ciò sindacati, politica e grandi lobby dovrebbero sedersi
attorno ad un tavolo e tracciare la strada da seguire, in modo da
soddisfare tutti.
Deni Zovko
|