Inquinamento atmosferico e microinquinanti organici
persistenti (POPs)
di
Serena Palombi
L’ambiente nel corso degli ultimi due secoli è stato
sottoposto a un rapido sviluppo economico, industriale e demografico che
ha portato oltre a un indubbio miglioramento della qualità della vita
dell’uomo, a profonde alterazioni in tutte le sue componenti.
L’inquinamento atmosferico è riconosciuto come uno dei principali
fattori di rischio ambientale per la salute umana.
Una definizione esauriente di “inquinamento
atmosferico” che tiene conto delle conseguenze sull’uomo e
sull’ambiente intero è riportata nel DPR 203/88 ed è la seguente
“ogni modificazione della normale composizione o stato
fisico dell'aria atmosferica, dovuta alla presenza nella stessa di una o
più sostanze in quantità e con caratteristiche tali da alterare le
normali condizioni ambientali e di salubrità dell'aria; da costituire
pericolo ovvero pregiudizio diretto o indiretto per la salute dell'uomo;
da compromettere le attività ricreative e gli altri usi legittimi
dell'ambiente; alterare le risorse biologiche e gli ecosistemi ed i beni
materiali pubblici e privati”.
L’inquinamento atmosferico è un fenomeno estremamente
complesso e determinato, oltre che dal carico emissivo conseguente
all’antropizzazione del territorio che ne è ovviamente la causa prima,
da interazioni chimico-fisiche che avvengono tra sostanze in atmosfera e
dalle condizioni meteorologiche che hanno un ruolo fondamentale nella
dinamica degli inquinanti atmosferici. In particolare, mentre nel
periodo estivo il forte irraggiamento solare provoca il riscaldamento
delle masse d’aria a contatto con il suolo e di conseguenza si verifica
un rimescolamento dell’atmosfera a causa di moti convettivi, con
risalita dell’aria più calda che trascina con sé gli inquinanti
presenti, durante l’inverno, in assenza di vento e di pioggia, le basse
temperature provocano un ristagno delle masse d’aria al suolo con
conseguente accumulo delle sostanze inquinanti prodotte da traffico,
impianti termici e industriali.
Il
ciclo vitale delle sostanze chimiche nella troposfera è determinato
dalla distribuzione territoriale e dall’intensità emissiva delle
sorgenti primarie, dai processi di veicolazione attraverso i venti, le
acque superficiali e sotterranee e l’intervento dell’uomo ed infine dai
meccanismi di conversione chimica e rimozione.
La massiccia immissione
d’inquinanti dovuta all’attività dell’uomo e specialmente all’uso ed al
trattamento di enormi quantità di materiale combustibile, all’industria
pesante e mineraria, all’impiego di prodotti chimici quali
antiparassitari o fertilizzanti, contribuisce ad alterare sensibilmente
i cicli naturali, causando l’insorgenza di complessi fenomeni che
portano alla modificazione del clima e della biosfera su scala regionale
(attraverso la formazione delle nebbie, la produzione di ossidanti
fotochimici o l’acidificazione dell’atmosfera), ed anche su scala
globale (riscaldamento del pianeta, desertificazione, alluvioni, ecc.).
Tra
gli inquinanti più diffusi troviamo
i microinquinanti organici persistenti (POPs, Persistent
Organic Pollutants) un gruppo eterogeneo di composti organici che per le
loro caratteristiche chimico-fisiche, una volta rilasciati
nell’ambiente, risultano avere un persistenza per tempi molto lunghi. La
produzione intenzionale dei POPs ha avuto inizio con lo sviluppo
dell’industria organica di sintesi durante la prima parte del ventesimo
secolo. La produzione commerciale dei Poli Cloro Bifenili ( PCB) è
iniziata nel 1929, il DDT è stato prodotto a livello industriale a
partire dal 1939 mentre i dieni ciclici clorurati (aldrin, dieldrin,
endrin, clordano, eptacloro e mirex),sono stati introdotti come
pesticidi tra la fine degli anni 40 e l’inizio degli anni 50. Nonostante
l’ampia varietà di caratteristiche chimico-fisiche e le differenze nelle
modalità di utilizzo, la loro storia ha avuto un andamento molto simile.
La sintesi di queste sostanze è stata immediatamente
seguita da un loro largo impiego in Europa e Nord America. Negli anni
60-70 è iniziata la limitazione nell’uso e infine, a partire dalla fine
degli anni 70, la loro progressiva messa al bando. Contemporaneamente
alla messa al bando nei paesi industrializzati, si è assistito però allo
spostamento dei siti di produzione e ad un incremento nell’utilizzo di
molte di queste sostanze nei paesi in via di sviluppo, portando ad una
situazione a livello mondiale
più complessa e variegata.
L’origine di queste sostanze è spesso attribuibile ad
attività umane (origine antropica) quali il traffico autoveicolare,
l’utilizzo degli impianti termici, la presenza di insediamenti
industriali o artigianali che impiegano svariati prodotti nei cicli
produttivi.
La maggior parte dei POPs sono composti clorurati
caratterizzati da legame carbonio-cloro nella loro struttura, grazie
alla stabilità del legame carbonio-cloro i POPs hanno una forte capacità
di resistenza alla degradazione biologica, chimica e fotolitica. La loro
proprietà di semi-volatilità li rende soggetti al trasporto su lunghe
distanze soprattutto da parte di venti e acque marine anche se a basse
concentrazioni,
il risultato è una distribuzione diffusa dei POPs in
tutto il mondo
Dopo
essersi disperse in aria, le specie chimiche in generale e quelle
organiche in particolare subiscono in genere processi di ossidazione
nell’atmosfera e vengono infine rimosse attraverso le precipitazioni o
per assorbimento/adsorbimento sulla superficie terrestre. La maggior
parte delle specie chimiche rilasciate nella troposfera da sorgenti
naturali ed antropiche è rimossa per reazione con il radicale ossidrile
(.OH). La sorgente primaria di questo radicale è il
processo di fotolisi dell’ozono troposferico (<10% dell’ozono presente
nell’intera atmosfera) in presenza di vapor d’acqua e radiazione solare.
Altre importanti specie ossidanti, oltre al radicale ossidrile e
all’ozono, sono l’ossigeno atomico (O), il radicale idroperossile (HO2.)
e il radicale nitrato (NO3.).
Le
possibili vie di rimozione atmosferica cui sono soggetti i composti
organici, tossici e non, sono: la fotolisi diretta (innescata dalla
radiazione luminosa), la reazione con ozono (che avviene solo se sono
presenti legami insaturi nella molecola), l’attacco diurno da parte del
radicale .OH e quello notturno da parte del radicale
nitrato.
Quindi è necessario acquisire estese conoscenze delle proprietà chimico-fisico-biologiche delle specie chimiche presenti in atmosfera,
al fine di valutarne l’effettivo impatto tossicologico in funzione della
persistenza ambientale, e di relazionare le diverse emissioni
artificiali e naturali con gli effetti sugli ecosistemi e sulla salute
umana.
I POPs risultano inoltre essere poco solubili in acqua e
caratterizzati da una elevata lipofilicilità, tendendo quindi ad
attraversare le
strutture fosfolipidiche delle membrane biologiche
e ad accumulare
negli organismi
viventi,
facendo accendere la
crescente minaccia per la salute umana e per la fauna
selvatica poiché il bioaccumulo porta ad elevate concentrazioni e quindi
elevate esposizioni nei livelli più elevati delle catene trofiche
ottenendo la cosiddetta biomagnificazione.
Sulla
base di queste conoscenze, sarà possibile formulare ed attuare strategie
di controllo e riduzione delle emissioni globali, o almeno l’esposizione
dell’uomo alle sostanze nocive.
(07-2017. Tutti i diritti riservati)
Serena Palombi
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