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		INQUINANTI 
		ATMOSFERICI 
		Influenza degli inquinanti atmosferici 
		sull’ambiente 
		di Rosa 
		Capone 
			
			  
			•Particolato
			atmosferico   
			Il
			particolato si
			riferisce ad
			una miscela
			di particelle
			solide e
			goccioline 
			liquide nell’aria,
			con proprietà 
			fisiche e chimiche variabili. Il particolato atmosferico non è un 
			inquinante dalle caratteristiche ben definite, come la gran parte 
			degli inquinanti gassosi, ma piuttosto una miscela polidispersa di 
			inquinanti che interagiscono tra loro, una parte della quale 
			possiede le caratteristiche tipiche degli inquinanti primari (in 
			particolare la stretta correlazione con le sorgenti di emissione) e 
			un'altra parte manifesta 
			invece le
			caratteristiche 
			degli inquinanti
			secondari 
			(correlazione indiretta
			con le
			sorgenti di 
			emissione, formazione in tempi e luoghi anche lontani dalle 
			emissioni primarie). La composizione caratteristica di queste 
			particelle è data infatti da
			ioni inorganici solubili, materiale carbonioso, composti
			organici, composti
			inorganici di
			origine crostale
			e/o marina,
			metalli in
			tracce, frammenti
			di origine vegetale e gas adsorbiti sulle particelle. Il 
			particolato atmosferico può essere classificato come: 
			
			-                   
			
			
			PM10: frazione di materiale particolato 
			sospeso in aria ambiente che passa attraverso un sistema
			specifico di
			campionamento in
			grado di
			selezionare il
			materiale 
			particolato avente
			un diametro aerodinamico equivalente inferiore o uguale a 10 
			µm, con una efficienza di campionamento pari al
			50%. 
			
			-                   
			
			
			PM2.5: frazione di materiale particolato 
			sospeso in aria ambiente che passa attraverso un sistema 
			di separazione in grado di selezionare il materiale particolato 
			avente un diametro aerodinamico equivalente inferiore o uguale a 2.5 
			µm, con una efficienza di campionamento pari al
			50%.[ 
			La frazione di particolato dominante 
			emessa nell’atmosfera è costituita da materiale carbonioso, che è 
			composto da carbonio organico (OC) e carbonio elementare (EC). 
			 Il carbonio totale (TC) contiene il
			carbonio organico,
			il carbonio
			elementare e
			il carbonio
			carbonatico (CC),
			ovvero TC=
			OC +
			EC 
			+CC. Il carbonio elementare è un 
			composto primario. Esso viene emesso durante le combustioni ed è
			utilizzato 
			generalmente come
			marker per
			l’inquinamento da
			traffico 
			veicolare. Il
			carbonio organico invece ha caratteristiche sia primarie che 
			secondarie: può essere emesso dalla combustione di combustibili 
			fossili e di biomassa piuttosto che essere originato come aerosol 
			organico secondario (SOA). Mentre il carbonio carbonatico (CC) 
			rappresenta al massimo il 5% del carbonio totale ed è costituito 
			principalmente da composti di origine crostale. 
			Le specie carboniose influenzano il 
			bilancio delle radiazioni della terra: mentre il black carbon
			(BC) assorbe la radiazione solare in entrata contribuendo 
			all’aumento delle temperature atmosferiche, il OC raffredda 
			l’atmosfera disperdendo la radiazione solare. Queste particelle 
			presenti nel particolato atmosferico possono efficientemente agire 
			come nuclei di condensazione (CCN), avendo influenze sulla 
			formazione delle nubi e sulle loro proprietà.
			 
			La componente principale della massa 
			carboniosa submicrometrica del fumo è la frazione organica di
			aerosol che
			può arrivare
			fino al
			90%. Si
			stima che
			l'emissione 
			globale annua
			di OC
			e di
			BC emessa in 
			eventi a fuoco aperto sia rispettivamente del 70% e del 40% circa. 
			Un’importante
			frazione del
			carbonio organico
			presente negli
			aerosol 
			atmosferici è
			rappresentata 
			dagli zuccheri anidri che risultano essere solubili in acqua. Essi 
			vengono prodotti dalla degradazione termica di cellulosa ed 
			emicellulosa e possono essere usati come marker per il contributo 
			della combustione di biomassa alle emissioni di aerosol primario. 
			  
			• Proprietà fisiche delle 
			particelle di fumo 
			  
			Gli studi hanno confermato che la 
			combustione di biomassa è una delle principali fonti di particelle 
			fini nell'atmosfera, e la distribuzione dimensionale delle 
			particelle di fumo appena emesse risiede principalmente all'interno 
			della modalità di accumulo con diametro geometrico medio (GMD) a 50 
			- 200 nm. Sono state riportate distribuzioni unimodali e bimodali in 
			concentrazione volumetrica, e la discrepanza del GMD e del modello 
			di distribuzione si riferisce al tipo di combustibile, all'ambiente 
			di combustione, alle condizioni di combustione, alle tecnologie di 
			misurazione e anche all'entità dell'invecchiamento delle colonne di 
			fumo. La rapida crescita delle dimensioni si verifica immediatamente 
			dopo l'emissione di particelle 
			di fumo, ed è stato osservato un incremento di dimensioni di 
			decine di nanometri per ora nel modello GMD. È stato anche rilevato 
			che la coagulazione è
			il meccanismo
			dominante che
			contribuisce alla
			crescita delle
			particelle e
			che l'umidità 
			facilita il processo. 
			Le dimensioni ultra fini consentono alle 
			particelle di fumo di essere efficienti nuclei di condensazione e di 
			depositarsi anche più in profondità nel sistema respiratorio 
			presentando rispettivamente potenziali effetti climatici e rischi 
			per la salute umana, mentre i cambiamenti nella distribuzione delle 
			dimensioni alterano le loro proprietà ottiche, aumentando l'albedo a 
			diffusione singola (SSA) man mano che le particelle di fumo 
			aumentano verso dimensioni dove la diffusione è più efficiente. 
			L'igroscopicità
			delle particelle
			di fumo
			è stata
			caratterizzata 
			utilizzando tecniche
			di insieme
			e tecniche a 
			singola particella per derivare il fattore di crescita igroscopico 
			(GF) e il parametro di igroscopicità κ. Il parametro κ è comunemente 
			usato per collegare l'igroscopicità e l'attività come nuclei di 
			condensazione (CCN)
			delle particelle,
			che si
			presentano in
			funzione della
			dimensione delle
			particelle e della composizione chimica. Le particelle di 
			fumo vanno da debolmente igroscopiche (κ ~ 0,02) a fortemente 
			igroscopiche (κ ~ 0,80) e i valori variano a seconda del tipo di 
			combustibile e delle condizioni
			di combustione.
			La combustione
			della biomassa
			in maggiore
			percentuale 
			aerosol organici 
			idrofobici, mentre le particelle emesse dalla fase di combustione a 
			temperature più elevate contengono più sali inorganici, con una 
			igroscopicità maggiore. La volatilità è una proprietà importante dei 
			materiali organici e determina la formazione di aerosol organico 
			secondario (SOA) e la divisione tra le fasi gassosa e particellare. 
			Le volatilità dipendono dalle dimensioni e dal tipo di combustibile, 
			con materiali organici più volatili che hanno una minore densità e 
			rapporti OM/OC (materia organica rispetto al carbonio organico) più 
			bassi nelle particelle di fumo miscelate esternamente.
			 
			Le
			particelle di
			fumo contengono
			i principali
			materiali 
			organici (in
			media oltre
			il 70
			% in
			peso) e
			una notevole quantità di sali inorganici, che presentano 
			proprietà ottiche nettamente diverse.
			 
			I
			materiali a
			base di
			carbonio, come
			le particelle
			di fuliggine
			(BC), sono
			i principali
			assorbitori di
			luce su tutto
			lo spettro
			visibile. 
			L'arricchimento del
			fumo
			nei componenti
			di assorbimento
			della luce
			(come le specie umiche, gli IPA e la lignina, ecc.) fa sì che 
			il resto della materia organica del fumo sia carbonio marrone con 
			efficienza di assorbimento della luce accanto al BC. La maggior
			parte dell'assorbimento da parte del carbonio bruno avviene 
			nella banda UV e alle basse lunghezze d'onda visibile
			a causa
			della presenza
			di strutture
			ad anello
			risonante mentre
			i sali
			inorganici, come
			solfato e 
			nitrato, mostrano un carattere specifico di diffusione della luce, 
			che può raffreddare l'atmosfera aumentando la riflettività della 
			Terra.    
			• Ioni
			inorganici 
			  
			Gli ioni inorganici costituiscono uno 
			dei maggiori componenti del particolato atmosferico e
			proprio 
			
			per
			questo motivo
			risulta 
			interessante e
			utile la
			loro 
			identificazione e
			quantificazione. 
			Le sorgenti
			che danno origine alla componente inorganica sono molteplici: 
			gli ioni inorganici possono essere di origine primaria o secondaria, 
			antropica o naturale. 
			I principali ioni di origine primaria 
			sono: 
			
			-                   
			
			Cloruri (Cl-): 
			la cui sorgente naturale primaria è l’aerosol marino, mentre le 
			sorgenti antropiche sono
			le emissioni
			da inceneritori
			di rifiuti
			(esempio: 
			plastiche) e
			la combustione
			di carbone. 
			-                   
			Sodio (Na+): 
			di origine naturale, proveniente da aerosol marino ed in parte dal
			suolo. 
			
			-                   
			
			Calcio (Ca2+): 
			principalmente di origine crostale derivante dall’erosione meccanica 
			e dal trasporto da
			parte del
			vento; proveniente
			da attività
			di agricoltura,
			da eruzioni
			vulcaniche e
			da processi 
			industriali. 
			
			-                   
			
			Magnesio (Mg2+): 
			principalmente di origine crostale e, in piccolissima parte, 
			proveniente anche da aerosol
			marini. 
			
			-                   
			
			Potassio (K+): 
			rappresenta uno dei maggiori componenti della crosta terrestre; la 
			maggior sorgente antropica è legata alla concimazione, mala 
			combustione di biomassa rappresenta, comunque, una delle principali
			sorgenti. 
			-                   
			Bromo (Br-): 
			di origine antropica (traffico
			veicolare). 
			  
			  
			
			I
			principali ioni
			inorganici di
			origine 
			secondaria sono
			gli ioni
			ammonio (NH4+),
			solfati (SO42-),
			nitrati (NO3-); questi sono dovuti alle 
			reazioni di acido solforico ed acido nitrico con composti basici 
			come l’ammoniaca (NH3) con la produzione di sali quali il 
			nitrato d’ammonio ed il solfato d’ammonio o con altri cationi 
			di metalli alcalini o alcalino terrosi. I precursori del particolato 
			secondario sono: 
			
			-                   
			
			
			Gli ossidi di azoto (NOx) originati 
			principalmente dalla combustione ad alta temperatura 
			di combustibili
			fossili 
			
			-                   
			
			
			Gli ossidi di zolfo (SOx) prodotti 
			principalmente dai processi di combustione di carbone e petrolio
			contenenti zolfo.
			Di minore
			importanza sono
			le emissioni
			da sorgenti
			naturali dovute a 
			emissioni di tipo vulcanico e da decomposizioni di organismi
			acquatici 
			
			-                   
			
			
			L’ammoniaca (NH3) in parte derivante da 
			attività metaboliche di microrganismi del suolo e di 
			organismi marini, e in parte prodotta industrialmente.
			 
			
			• Inquinanti gassosi e
			IPA 
			  
			La combustione di biomassa è 
			un'importante fonte di composti organici volatili (COV) e monossido
			di carbonio (CO), i 
			quali sono precursori dell'ozono (O3) e dell'aerosol 
			organico secondario (SOA), che rappresentano un danno per la 
			qualità dell'aria e la salute umana. 
			
			I
			gas serra
			(GHG) emessi,
			come CO2,
			CH4 e
			N2O, 
			portano al
			riscaldamento 
			globale inibendo
			la perdita di 
			calore della superficie terrestre. Hanno anche un profondo effetto 
			sulla capacità ossidante della 
			troposfera che
			porta alla
			produzione 
			fotochimica di
			O3, 
			mentre il
			cloruro di
			metile (CH3Cl)
			è la
			fonte di cloro nell’atmosfera e ha un impatto 
			significativo sull’esaurimento stratosferico
			dell’ozono. 
			Il cloruro di metile viene prodotto da 
			processi biologici negli oceani ed anche dalla combustione di 
			biomasse. 
			Inoltre, i composti del bromo, in 
			particolare il bromuro di metile, vengono emessi nell’atmosfera 
			quando la
			biomassa viene
			bruciata e
			ricopre un
			ruolo importante
			come catalizzatore
			nella distruzione
			chimica dell’ozono 
			stratosferico. È circa 40 volte più efficace nel distruggere
			O3 rispetto 
			al cloro. Il particolato prodotto dalla biomassa perturba il 
			trasferimento della radiazione solare in entrata attraverso la 
			troposfera, quindi di conseguenza influenza il clima.
			   
		Gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA)
		sono una classe di inquinanti atmosferici pericolosi, composti 
		contenenti tipicamente due o più anelli di carbonio fusi prodotti 
		prevalentemente dalla combustione incompleta di materiali organici, ad 
		esempio carbone, legno e altre biomasse e da fonti antropiche che 
		prevedono fenomeni di combustione di combustibili fossili. La 
		combustione di biomassa per lo smaltimento dei residui agricoli ha 
		prodotto molti tipi diversi di IPA ed è stata considerata una delle 
		principali fonti antropogeniche per questa classe di inquinanti 
		atmosferici. 
		Nella figura 2.1 è possibile vedere la 
		diversa percentuale di concentrazione di massa dei composti organici 
		volatili in diversi tipi di 
		biomassa. Poiché gli IPA sono classificati come cancerogeni, l’agenzia 
		per la protezione dell’ambiente degli Stati Uniti (United States 
		Environmental Protection Agency,
		US-EPA) ha
		emesso un
		elenco di
		16 idrocarburi
		policiclici aromatici
		prioritari da
		monitorare nelle 
		esercitazioni di
		valutazione del
		rischio (Tabella
		2.1). Gli
		IPA a
		quattro, cinque
		e sei
		anelli hanno effetti 
		cancerogeni maggiori rispetto a quelli a due, tre e otto e nove
		anelli (nov. 2020).  Rosa Capone   |