LE
BIOTECNOLOGIE AMBIENTALI
di
Manrica Cresci
BIORISANAMENTO
Con il
termine biotecnologie si intende l'insieme di tecniche che utilizzano
organismi viventi, o parti di essi, per la realizzazione e lo sviluppo
di processi o prodotti utili. Gli organismi geneticamente modificati
(OGM) sono organismi il cui assetto genetico è stato modificato
attraverso l'ingegneria genetica (un insieme di tecniche che permette di
ottenere e manipolare il DNA ricombinante che è il DNA in cui è presente
un'informazione genetica proveniente da due o più organismi differenti).
Le biotecnologie trovano un vasto campo in tanti settori tra cui quello
ambientale. Le biotecnologie ambientali trovano un ampio riscontro nel
settore della tutela dell'ambiente, soprattutto nel settore del recupero
di terreni e bacini idrici inquinati dagli sversamenti di natura
industriale e civile.
Il primo
caso di utilizzo di metodi innovativi basati sulle biotecnologie in
campo ambientale si è avuto nel 1989, il 24 marzo, quando la petroliera
Exxon Valdez in seguito ad incidente in prossimità delle coste
dell'Alaska riversò in mare 270.000 barili (oltre 40.000 metri cubi di
petrolio), contaminando l'area costiera per 1500 km. In quella occasione
vennero utilizzati microrganismi presenti naturalmente nell'ambiente al
fine di rimuovere sostanze inquinanti.
Per
facilitare la proliferazione di queste specie di batteri naturali che
hanno la caratteristica particolare di degradare le sostanze organiche
(con liberazione di acqua e anidride carbonica), vennero immesse
nell'area di interesse fertilizzanti, con il risultato che in soli tre
anni l'area totale venne bonificata a dispetto delle tecniche
tradizionali che avrebbero impiegato un tempo dieci volte maggiore.
Questa tecnica, che è stata chiamata biorisanamento, da allora è stata
utilizzata e perfezionata.
Vengono
utilizzati i batteri perché sono il gruppo di organismi viventi più
adattabile e versatile che esista (riescono a vivere in qualsiasi
ambiente per quanto inospitale); infatti i batteri hanno trovato il modo
di colonizzare gli ambienti rendendoli compatibili con la loro
esistenza; ci sono batteri che vivono nelle sorgenti calde dei geyser,
nelle sorgenti termali a notevoli profondità, nei mari e nei laghi più
salati come il Mar Morto o nelle miniere ricche di minerali
potenzialmente tossici. Utilizzare soltanto i microrganismi naturali ha
però i suoi limiti, infatti queste sono le soluzioni che la selezione
naturale ha favorito in determinati ambienti; ed è per questo che le
biotecnologie in questo settore lavorano per aumentare la capacità di
adattamento e flessibilità di questi batteri.
BIOFILTRI E BIOSENSORI
Una tecnica
similare viene utilizzata anche per il trattamento delle acque reflue
delle industrie o degli scarichi fognari. I metalli pesanti come
mercurio, piombo o cadmio, rilasciati dagli scarichi industriali, sono
tra gli inquinanti più pericolosi e difficili da smaltire e spesso
inquinano le falde acquifere. Il mercurio provoca sintomi a carico del
sistema nervoso centrale e, in seguito a esposizioni maggiori, quadri
clinici di flogosi acuta della bocca, dello stomaco, dell'intestino e
insufficienza renale.
L'attività
tossica del piombo avviene a carico dell'emopoiesi e delle funzioni
nervose superiori; nel caso di esposizioni severe si manifestano i
sintomi della classica intossicazione saturnina: anemia, encefalopatia,
paralisi periferiche, coliche intestinali. L'intossicazione cronica di
cadmio ha come primo segno l'eliminazione urinaria di proteine di basso
peso molecolare, segno di danno tubulare, poi di proteine di peso
molecolare elevato per danno glomerulare. Per livelli maggiori di
intossicazione il danno renale determina squilibri nel bilancio proteico
e elettrolitico soprattutto a livello del calcio e del fosforo,
determinando demineralizzazione, osteomalacia e pseudofratture.
Per poter
contrastare questa tipologia di inquinamento da metalli pesanti sono
sotto studio batteri modificati geneticamente in grado di eliminare tali
sostanze. Sono stati inseriti in alcuni batteri (come Escherichia
coli) sia geni che codificano per un sistema di trasporto per il
mercurio attraverso la membrana della cellula batterica, sia il gene per
la metionina di lievito che codifica per una proteina capace di legare
il mercurio e quindi impedire a questo di uscire dalla cellula. Questa
tipologia di batteri può essere fissata su un supporto solido e creare
così i biofiltri in grado di assorbire il mercurio presente. Inoltre
inserendo nei batteri un gene per la proteina fluorescente, ottenuta
dalle meduse, è possibile creare dei biosensori batterici in grado di
indicare la presenza di contaminanti nell'acqua o nel suolo. Quando è
presente un certo inquinante l'espressione del gene si attiva e la
produzione della proteina determina la bioluminescenza del batterio e
quindi l'evidenza della presenza del contaminante.
BIOPILE
Attraverso
il flusso di elettroni che avviene nelle reazioni redox (reazioni che
sono alla base del metabolismo degli esseri viventi) è possibile
produrre energia elettrica nelle biopile batteriche (costituite da due
scomparti:nel primo troviamo l'anodo in cui si trovano i batteri
anaerobi e nel secondo il catodo). Introducendo nel primo scomparto un
combustibile organico i batteri lo ossidano e si crea un flusso di
elettroni che viene utilizzato per produrre corrente elettrica che può
poi essere sfruttata. Una biopila è in grado di generare 1kWh di energia
elettrica a partire da una sostanza organica di scarto.
Il
COMPOSTAGGIO
Una delle
applicazioni più utilizzate è la trasformazione della frazione umida dei
rifiuti solidi urbani e degli scarti della produzione agricola in
terriccio, chiamato compost, da utilizzare come fertilizzante. Questa
tecnica si chiama compostaggio e avviene in bioreattori grazie all'opera
di batteri mesofili prima e batteri termofili dopo; al termine di questo
processo, infine, soprattutto grazie ai funghi, viene prodotto il
compost (il prodotto finale).
I
BIOCARBURANTI
Un'alternativa ai combustibili fossili (carbone e petrolio), che sono
fonti non rinnovabili e considerati responsabili dell'immissione di
anidride carbonica nell'atmosfera con i relativi effetti negativi di
surriscaldamento del pianeta, sono i biocombustibili (bioetanolo e il
biodiesel). Quest'ultimi sono prodotti attraverso i processi
fermentativi a partire da masse vegetali. I biocombustibili hanno il
merito di avere un impatto sul livello di anidride carbonica nullo in
quanto liberano solo l'anidride fissata durante la vita della pianta. Il
bioetanolo viene sintetizzato dal processo di fermentazione degli
zuccheri a partire da mais, sorgo o canna da zucchero, mentre il
biodiesel viene sintetizzato dalla raffinazione di oli vegetali come ad
esempio l'olio di palma.
Una fonte
utilizzata per la produzione di biocarburanti è data dalle biomasse di
rifiuto rappresentate dai prodotti di scarto come ad esempio quelli
derivati dalla lavorazione del legno, raccolta di mais, buccia dei
frutti. Queste biomasse sono ricche di carboidrati ma anche di cellulosa
e emicellulosa: sono stati generati speciali batteri geneticamente
modificati che operano sia la degradazione della cellulosa delle masse
vegetali di scarto sia la fermentazione, producendo biocombustibile.
CONCLUSIONI
Se la
società utilizzasse i principi che sono alla base dei processi naturali
come guida per la produzione e sviluppo di nuovi materiali e processi di
lavorazione, si arriverebbe a diversi vantaggi che vanno dalla
protezione delle risorse naturali, alla riduzione del degrado
ambientale, tutto ciò attraverso la drastica diminuzione della quantità
dei rifiuti e la rimozione delle sostanze tossiche rischiose.
(Giu.2018)
Manrica Cresci |