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LO SCRITTORE

di Donato Prencipe

Lo scrittore

Lo scrittore! Senza questa figura affascinante, emblematica, a tratti controversa non potrebbe esistere l’editoria. È senza dubbio la parte principale di quest’industria del piacere, così come mi piace definirla. Perché per me è così, è un piacere sedermi e leggere un libro, il quotidiano, una rivista: farlo mi fa sentire bene, mi permette di vivere meglio, come se avessi in quel momento liberato le mie angosce, abbattuto il muro che mi divide dal mondo, per poter iniziare al meglio la mia giornata.

E se leggere mi fa stare bene, scrivere... mi rende buono con me stesso, mi fa stare in pace con quella parte di me che non trova ascolto e si trova per questo in imbarazzo, non a proprio agio nel mondo, e così cerca disperatamente che qualcuno gli permetta di gridare il suo dolore.

Ecco cos’è per me scrivere: donare al mondo un pezzo della propria anima, attraverso le parole e le emozioni che celano come se stessero proteggendo qualcosa di sacro. Scrivere ti rende libero di osare, di fare ciò che magari non saresti in grado di compiere con facilità. Adoro la frase di Primo Levi impressa nel suo crudo capolavoro “Se questo è un uomo”, citarla è per me d’obbligo: “Scrivo quello che non saprei dire a nessuno”. Penso sia riuscito in una brevissima frase telegrafica a esprimere cosa significhi realmente essere uno scrittore.

A qualsiasi categoria appartenga, qualsiasi siano i suoi orientamenti letterari, qualunque sia la sua vita fino a quel fatidico momento, ciò che fa uno scrittore è raccontare una storia che altrimenti non avrebbe voce, non esisterebbe. Io non sarei in grado di dire ti amo ma saprei o meglio proverei a farlo in mille modi davanti a un computer, su un taccuino, un foglio di carta mezzo stropicciato e macchiato di caffè, con qualunque mezzo a disposizione. Perché è ciò che sono, uno scrittore. All’interno di un manoscritto descriverei minuziosamente ciò che provo quando guardo la donna che amo, al contrario non sarei in grado di aprire bocca se dovessi dirlo a voce mentre le scruto gli occhi, le tengo la mano.

E così anche se dovessi parlare di sesso, di politica, della morte. Scrivere mi permette di compiere qualcosa che altrimenti non riuscirei mai a fare. E per fare ciò abbiamo la possibilità di usare personaggi inventati di sana pianta, nostri alter ego, camuffamenti che esprimono in realtà bisogni reali, il più delle volte molto vicini a noi stessi, anzi parte di noi.

Molti sono soliti dire che gli scrittori sono dei grandi affabulatori, brillanti oratori, io non credo sia così o meglio non penso si avvicini al mio modo di intendere colui che scrive. Non credo abbia bisogno di un microfono per esprimersi ma solo di un foglio bianco, è quella la sua terra di conquista.

Non ha bisogno di altro. È pur vero anche che oggigiorno c’è bisogno di fare marketing, parola cara a chi poi si trova a dover vendere il tuo libro e allora ecco che si spinge a rendere lo scrittore quasi come un attore teatrale che porta fisicamente in scena la sua opera evitando di restare nell’ombra. Non più solo figure astratte capaci di arrivare ovunque con la propria voce senza averla mai sentita realmente, ma vere e proprie macchine che spingono attraverso presentazioni, apparizioni un po’ qua e un po’ la, a rendere visibile la propria creatura.

L’evoluzione fa parte della vita, entra in ogni settore, in questo caso forse oltre a portare scompiglio riformulando il presente ruba quella sana magia che da sempre ha accompagnato questa icona del mondo editoriale, spogliandola del suo misticismo fantasioso per plasmarla in carne e ossa e visibile a tutti. Un po’ come fece Victor Frankenstein con il suo Prometeo, dimenticando un aspetto determinante: qual era il suo posto nel mondo.  

 

Donato Prencipe

 


 

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