migranti economici o rifugiati?
di
Assunta Sera
La
discussione della Comunità Europea in tema di accoglienza ha avuto
finora, come unico traguardo, quello di assegnare delle etichette ai
differenti tipi di flussi migratori. Sono stati creati, infatti, due
gruppi di immigrati: i migranti economici, i quali si spostano dal luogo
di origine liberamente per ragioni di convenienza personale; i
rifugiati, stato che viene riconosciuto giuridicamente a livello
internazionale a chi ha lasciato il proprio paese, in genere per guerra,
per rifugiarsi in un terzo.
Tali
classificazioni nel tempo assomigliano sempre di più a definizioni
arbitrarie e generiche, utilizzate dai paesi occidentali per
giustificare, a livello giuridico, la differenza di trattamento tra le
diverse nazionalità di immigrati. Infatti è ancora da comprendere come
si possa suddividere in maniera così netta manifestazioni diverse dello
stesso fenomeno, ovvero la migrazione.
Esodi di
massa sono sempre avvenuti nel corso della storia ed hanno sconvolto
intere civiltà. Le motivazioni che spingono intere popolazioni ad
abbandonare il proprio luogo di origine sono molteplici, complesse e
fortemente intrecciate tra loro.
Uno
degli esempi più recenti ed attuali è l’evoluzione
climatico-antropologica dell’area della
Mezzaluna Fertile
che ha portato alla recente fuga del popolo siriano dalle proprie terre.
Un infinito intreccio di motivazioni climatiche, economiche e politiche
hanno generato la grande crisi umanitaria che ha messo in enorme
difficoltà le già scarse capacità di accoglienza dell’Occidente.
Le analisi e
le simulazioni con i modelli climatici più avanzati hanno indicato come
la siccità che dall’inverno 2006-2007 colpisce l’area della Mezzaluna
Fertile, abbia innescato un processo che ha generato e sospinto il
conflitto in Siria.
La
conseguenza più grave di questo nuovo trend climatico è stata la fuga
dalle campagne di milioni di agricoltori, costretti ad abbandonare le
proprie terre per mancanza d’acqua. Il progressivo abbassamento delle
falde acquifere non ha avuto solo un’origine climatica ma anche
antropogenica poiché il presidente Hafez al-Assad (1971-2000) favorì una
gestione sconsiderata delle acque sotterranee con un uso delle falde al
di fuori del limite di sostenibilità in nome del progresso agricolo
dell’area.
Nel 2005 il
suo successore Bashar al-Assad tentò di rimediare alla situazione
promulgando una legge che vietasse l’apertura di nuovi pozzi senza
concessione. Purtroppo le falde hanno continuato ad abbassarsi con
grande velocità.
Tale deficit
delle acque sotterranee ha di fatto esposto la Siria ad una
vulnerabilità maggiore nei confronti della siccità iniziata nel
2006-2007, facendo collassare l’intero sistema agricolo. Nell’inverno
più secco che in Siria si sia mai registrato, quello del 2008, la
produzione agricola è calata del 17%, con una drammatica crescita della
malnutrizione dei bambini.
La
popolazione urbana della Siria è passata dagli 8,9 milioni di persone
del 2002 a 13,8 milioni di persone nel 2010, provocando un vero e
proprio stress demografico nelle aree urbane siriane, con un incremento
delle periferie sempre più sovraffollate e spesso focolai delle
agitazioni contro il governo Assad. Tale inquietudine ha sicuramente
favorito il clima di malcontento nei confronti del regime siriano
sfociato nella guerra civile che ha provocato milioni di profughi in
tutto l’occidente.
Il trend
climatico di tutta l’area della Mezzaluna Fertile mostra come la
situazione della vulnerabilità dell’area alla siccità è destinata a
peggiorare, facendo di fatto scomparire la “Mezzaluna Fertile” entro la
fine del 21esimo secolo.
L’esempio
siriano mostra come sia arbitrario stabilire dei confini netti tra
migranti economici e rifugiati ma le citazioni potrebbero essere
molteplici. Tutte le repubbliche centroafricane producono flussi
migratori anch’essi sospinti sia da fattori climatici che
politico-economici. Così come tutte le altre zone del mondo che generano
grandi esodi di esseri umani.
Il fenomeno
è complesso ed in esso rientrano molte categorie e materie di studio.
Capirne la complessità potrebbe condurre a gestioni integrate del
problema, sicuramente più fattibili e condivisibili.
Tutto questo
naturalmente se ci fosse una reale volontà politica.
Assunta Sera
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