NAVE CONCORDIA, DAL DISASTRO AL SUCCESSO TECNOLOGICO AL GRANDE SILENZIO
AMBIENTALE
di
Salvatore Pecorella
Del
naufragio della Costa Concordia del 13 gennaio 2012 ne hanno parlato in
tutto il mondo sia i telegiornali che le testate giornalistiche. È
ancora vivo il ricordo delle persone che hanno perso la vita, n. 34 per
l’esattezza, e del successo tecnologico legato alle operazioni di
raddrizzamento della nave prima e del suo trasferimento a Genova dopo.
Non
risulta, almeno non è molto chiaro, il danno ambientale legato alle fasi
che hanno condotto la nave al naufragio.
Un
articolo di Panorama successivo al naufragio, di Carlo Piano, riporta “la
catastrofe ecologica, temuta dalle associazioni ambientaliste, è stata
evitata”. Sono un subacqueo ormai datato e, tra le mie innumerevoli
siti di immersioni esplorati, mi sono immerso nel tratto di costa del
Giglio dove la Concordia ha urtato l’isola, non lo scoglio di cui si
parla, è l’isola del Giglio.
Parlare dopo sei anni può apparire retorico ma, osservando con
retrospezione, posso affermare che il disastro ambientale è stato
soffocato dalla tragedia umana.
Non
condanno ne assolvo nessuno ma vorrei conoscere chi ha preso in
considerazione l’ambiente, la fauna e la flora dello specchio d’acqua
del naufragio prima e del Mar Tirreno dopo.
In
pochi hanno parlato di quello che abbiamo perso, di quello che ha perso
l’isola del Giglio e di quanto ha guadagnato l’isola dal turismo
macabro, dei selfie e di quanti turisti hanno raggiunto l’isola, non per
le sue peculiarità, ma per la “nave” e per i souvenir da acquistare.
Cosa
ha lasciato la nave in mare? A detta dei telegiornali e giornali, niente
e, tanto per dare un’idea, delle 2400 tonnellate di olio combustibile
(Bunker/IFO-380) e 200 tonnellate di gasolio leggero, a questo punto,
sono state tutte travasate in recipienti per essere trasportati a terra.
Diciamo che, di queste tonnellate di combustibile, almeno il 5-10% si è
riversato in mare e l'impatto ambientale, a mio avviso, è stato enorme e
giustificabile dall’orientamento mediatico.
Che
cosa può essere ancora fuoriuscito dalla nave? Dalle cucine dei 5
ristoranti non è uscito niente? Cosa davano da mangiare alle 4229
persone a bordo? Nel momento in cui si è piegata si sono sversati prima
sul pavimento e dopo in mare tutto quello che era contenuto in frighi,
magazzini, i detersivi per la pulizia delle cucine, gli oli ed altro
che, hanno invaso istantaneamente, meglio inquinato, tutto il bacino di
acqua antistante il porto del Giglio.
Dalle
ricerche su internet, ho ricavato i dati riguardanti i danni, visibili,
subiti dallo scafo dall’impatto con l’isola, consistenti in uno squarcio
di 72 metri di lunghezza e 7,3 metri di altezza (circa il 20% della
lunghezza della nave). Se il calcolo matematico è esatto, stiamo
parlando di uno squarcio di 525,6 metri quadri. Che cosa ha allagato?
Cosa contenevano i locali sottoposti ad una massiccia ondata di acqua
marina?
Lo
squarcio, ha posto fuori uso i
motori
elettrici principali e i generatori a gasolio, in breve tempo sono stati
completamente allagati i compartimenti 4, 5, 6 e 7 sino all'altezza del
ponte 0 (venendo così sommersi il
quadro elettrico
principale, i motori elettrici principali e tutti i generatori diesel);
in questi locali, è impensabile, l’assenza di combustibili di vario
genere, oli, acqua sporca ed altro che si sono riversati in mare e
ancora molto lontano dall’ingresso del porto del Giglio.
Conoscendo le acque dell’isola del Giglio, Giannutri e dello spazio
d’acqua compreso tra le isole e la Toscana è inverosimile pensare che
non ha avuto effetti collaterali devastanti, le praterie di posidonia
oceanica che circondavano il Giglio che fine hanno fatto? Forse a
distanza di sei anni qualcosa è ricresciuto come è probabile che
l’ossigenazione di quel tratto di mare è in sofferenza a causa della
posidonia. La fauna locale ha, senza dubbio, risentito di questa
variazione e la conseguenza inevitabile è stata la morte oppure, per chi
può, il trasferimento in altre zone vivibili.
Solitamente quando parliamo di inquinamento da idrocarburi si prende in
considerazione quello superficiale, quello visibile sulla superficie del
mare, non considerando quello che, più pesante dell’acqua, si deposita
sul fondale marino e stratifica provocando la totale distruzione di
tutti gli organismi viventi dell’area invasa (bentonica).
La
marea nera che la Concordia ha cominciato a sversare in mare dopo
l’impatto con l’isola da quei 72 metri di falla non è stata registrata,
si è preso in considerazione il relitto solamente dopo che si è adagiato
sul fianco, dopo la conta dei superstiti e la ricerca dei dispersi, il
giorno dopo, si è parlato di disastro ambientale da parte di alcune
associazioni ambientaliste e successivamente tranquillizzate da una
dichiarazione dell’ARPAT e dal Ministro Clini, a seguito di analisi, di
un disastro ambientale evitato.
A
quasi sette anni dalla tragedia tutto tace, non si parla più del
disastro, è stato trasferito il relitto, quindi, non sussistono
problematiche ambientali. Non sono convinto che tutto sia risolto,
purtroppo gli idrocarburi contaminano tanto e, nel giro di poco tempo
entrano a far parte del ciclo alimentare.
L’area della tragedia si trova nelle vicinanze del santuario dei cetacei
che deve essere tutelato e considerato patrimonio dell’umanità. Nella
stessa area di mare, a largo di Genova, è inabissata nel 1991 Amoco
Milford Haven provocando, tuttora, un continuo sversamento di petrolio
da una profondità di 80 metri circa.
Al
solo scopo di manifestare la gravità della situazione e confermare
quanto ho precedentemente scritto sul disastro della Concordia:
“da
LA STAMPA ECONOMIA del 2015” di Luigi Grassia
C’è nel mondo una specie di Triangolo delle Bermuda diffuso su tutti i
mari e tutti gli oceani che ogni anno fa sparire un centinaio di navi,
senza contare i barchini. Nel 2015 le grandi navi (con stazza lorda
superiore alle 100 tonnellate) che sono affondate sono state addirittura
85. Giornali e tv non ne parlano spesso, all’attenzione del pubblico
arrivano solo pochi casi eclatanti, ma l’ecatombe è permanente.
L’articolo continua con altri dettagli, purtroppo la situazione non
cambia e, se dovessimo fare una media, potremmo affermare che, ogni 4
giorni nei mari o laghi affonda una nave di stazza superiore alle
100.000 tonnellate. Questo riferimento è circoscritto al tonnellaggio
della nave non al carico e alla sua potenzialità nociva, solo alla una
notevole quantità di idrocarburi di vario genere che trasporta.
Informazioni scientifiche di settore, affermano, che centimetro cubo di
carburante inquina un tratto di mare di un chilometro quadrato. Quanto
avrebbe inquinato 2.400 tonnellate di olio combustibile della Concordia?
Ultima in ordine di tempo è la collisione tra il traghetto tunisino
Ro-Ro di nome Ulysse e la nave, in rada, porta container cipriota Cls
Virginia. Dalla seconda, una stima riportata sui giornali, si suppone
che la fuoriuscita di “fuel oil” (olio combustibile) sia di 600 metri
cubi e la chiazza, visibile in mare, abbia raggiunto i 20 chilometri
quadrati. I 600 metri cubi non rendono chiara l’idea, alla comunità, di
quanto è l’equivalente in litri di combustibile sversato. 1 metro cubo
è, espresso in litri, l’equivalente di 1000 litri che, moltiplicato per
600 danno un risultato do 600.000 litri di olio combustibile.
Volendo fornire ulteriori dati, ho effettuato una ricerca di dettaglio
sulla tipologia di “fuel oil” impiegato per la trazione delle navi.
L’IFO-380 è il combustibile utilizzato e, sempre per deformazione
professionale, ho scaricato da internet la “scheda di sicurezza”,
aggiornata al 2012, nella quale sono riportate alcune indicazioni di
sicurezza, alla sezione 3, ed è distribuita dalla Kuwait Petroleum
Corporation:
Classificazione
secondo il regolamento (CE) n. 1272/2008 [CLP/GHS] |
avvertenze |
pericoloso |
dichiarazione di
pericolo |
H332 Nocivo se è
inalato
H350 Può
provocare il cancro
H361fd
Sospettato di nuocere alla fertilità. Sospettato di danneggiare
il
nascituro
H373 Può
provocare danni agli organi in caso di esposizione
prolungata o ripetuta
H410 Molto
tossico per la vita acquatica con effetti di lunga durata |
*Liberamente tradotto dall’inglese dallo scrivente
Naturalmente considero superfluo continuare con altre informazioni sulla
SDS ma, al culmine del mio discorso, ritengo necessario formulare alcune
domande fondamentali per chiarire la strada da intraprendere se vogliamo
conservare l’ecosistema che abbiamo che, per quanto già fortemente
deteriorato, resta l’unico disponibile:
·
È possibile che nel 2018 accadano, con tanta
superficialità, tragedie del genere?
·
È possibile continuare ad inquinare deliberatamente senza
responsabilità soggettiva?
·
Il mediterraneo è un mare fondamentalmente chiuso, ogni
litro di sostanza inquinante non sarà dispersa rapidamente, come negli
oceani, quindi, per quanto in ritardo, perché non proteggiamo il nostro
Mediterraneo e tutto l’ambiente incondizionatamente?
·
Proteggere l’ambiente, il pianeta, la natura è un dovere
morale di ogni essere umano e non di pochi, quindi, è ora di indicare la
giusta via ai governi e all’ONU se vogliamo dare un futuro, vivibile,
alle prossime generazioni.
Grazie.
(Martellago
(VE), 25.10.2018)
Salvatore Pecorella |