Navigando su questo sito web si accettano i cookie utilizzati per fornire i Nostri servizi. Per maggiori informazioni leggere l'informativa sui cookie

SPAZIO MOTORI HOME PAGE- Testata giornalistica telematica autorizzata dal Tribunale di Napoli con n.5141-Dir. Resp. Dott.Massimiliano Giovine  Il primo periodico telematico di informazioni ed inserzioni auto,moto,nautica,trasporti,viabilità,ambiente,sicurezza stradale,ecc.Testata Giornalistica autorizzata dal Tribunale di Napoli-registraz.n.5141-Provv.del 27/6/2000-Direttore Responsabile Dott.Massimiliano Giovine - © Tutti i diritti riservati

|HOME|

|Presentazione|

|Note/GeRENZA| Cookie |

|Lettere|

|Spazio Motori "Ambiente"|

|Inserzioni gratis|

|Links auto|

|Links moto|

|Links utili|

|Assicuraz. web|

Anno XV num.1
Gen/Feb. 2016

|C E R C A|

 

ARTICOLI di questo numero

 

SEGNALAZIONI LE SEGNALAZIONI DEI LETTORI. Scrivi anche Tu!

 
Pillole/News
 
Rubrica "Spazio AMBIENTE"
 
ARCHIVIO articoli
Scrivi a:redazione1@spaziomotori.it

 

Scrivici

Torna alla Home page

 | Gerenza |

 

BREVE PROFILO DELL'EDITORIA ITALIANA DEL NOVECENTO

di Maria Chiara Morighi

La storia dell’editoria è strettamente connessa alla storia della cultura e risente fortemente della situazione sociale e politica di un determinato periodo storico. È noto infatti che «ogni società letteraria individua una serie di canoni e un thesaurus testuale. Sulla base di questi «apre» o «chiude» la produzione – e quindi anche la circolazione – dei testi[1]»: per questo può essere interessante tracciare un breve profilo dell’editoria italiana del Novecento, che non ha la pretesa di essere una rappresentazione esaustiva ma solo quella di illustrare, nelle loro linee principali, alcuni degli approcci editoriali che sono stati protagonisti del XX secolo.

Sebbene sul trascolorare del XIX secolo si fossero registrati notevoli sviluppi nel mondo editoriale in Italia (basti pensare alla tutela dei vari diritti  –  d’autore, di stampa, di traduzione – a quest’altezza cronologica ormai pienamente riconosciuti) il Novecento si apre all’insegna di un fervore culturale che rende la situazione italiana molto eterogenea. Almeno fino al 1905 si registra infatti una stagnazione nella produzione libraria anche se, nello stesso momento, il ruolo delle riviste diviene sempre più centrale all’interno del dibattito intellettuale. Città come Firenze e Milano sono, a quest’altezza cronologica, centri fondamentali di propagazione della cultura: la prima accoglie nel suo seno le redazioni delle più grandi riviste del secolo («La Voce», «Lacerba», la «Ronda» e «Solaria» per citarne solo alcune) sulle cui pagine prendono corpo i più vivi dibattiti culturali del momento, nonché si esprimono i primi vagiti della grande avanguardia italiana, il Futurismo[2]; la seconda in quanto sede delle maggiori case editrici, da Treves a Mondadori, da Rizzoli a Sonzogno e Vallardi, l’attività delle quali ha ritmi talmente sostenuti che da sole sono responsabili del 40% dei titoli in commercio. Nonostante già a partire dalla fine dell’Ottocento si fosse verificata una sostanziale crescita dei lettori in Italia (seppur ancora trascurabile rispetto a quelli degli altri paesi europei) con una conseguente massificazione del pubblico, nella penisola si mantenne ancora forte la distinzione (antico vizio tipico della nostra cultura) tra una produzione d’élite ed una di consumo. Conseguenza di tale iato sarebbe stata una produzione fortemente differenziata che avrebbe visto, per stare all’analisi di Renato Serra[3], editori perlopiù stanziati nell’Italia settentrionale come Treves, Puccini e Castoldi dedicarsi al grande romanzo mentre piccole case (spesso sorte in zone del Meridione) come Laterza e Bocca rivolgersi prevalentemente ad un pubblico “esperto”,  proponendo collane dal carattere più specificamente erudito o saggistico (da I classici della filosofia moderna a Gli scrittori d’Italia), nonché avvalendosi della collaborazione di intellettuali allora molto attivi e fecondi (si pensi a quella di Papini con Carabba) o proponendo linee editoriali di un certo livello e prestigio (come Sommaruga).  Ragone, ad esempio, ricorda come la politica dell’editore triestino Treves fosse concepita per un «consumo di massa», obiettivo della quale era individuare la «formula adatta per un largo pubblico medio [...] predisposto al consumo[4]». Da qui la scelta di stampare opere particolarmente “appetibili” come Cuore di De Amicis (che raggiunse nell’arco di un ventennio le 330.000 copie) oppure Il piacere dannunziano, che in brevissimo tempo superò le 50.000 copie vendute. Approccio molto simile quello di Sonzogno, interessato ai generi «più bassi e “popolari” (storie di omicidi, manuali “pratici”, almanacchi popolari)[5]» nonché alla stampa periodica, che andò via via configurandosi come un’estensione del circuito editoriale tradizionale (si pensi a tale proposito ad iniziative come «Il romanziere illustrato», destinato ai romanzi a puntate). L’editoria ante guerra fu protagonista di una crescita e di uno sviluppo che si concretizzarono anche nell’attenzione ai mezzi di comunicazione e ai nuovi strumenti di stampa, nonché nella nascita, nel 1913, delle Messaggerie italiane, espressione di un modello distributivo su larga scala promosso dalle maggiori case editrici.

Con la prima Guerra Mondiale si assiste ad un momento di forte crisi produttiva, dovuta anche a fattori contingenti come l’aumento del prezzo della carta, a causa del quale si dimezzò la produzione libraria nella penisola. Ragone illustra la situazione italiana di questi anni con una riflessione molto affine a quella realizzata da Serra nel 1913 all’interno de Le lettere, individuando quattro settori principali su cui l’editoria si sarebbe espressa: una prima tipologia di produzione, ascrivibile ad alcune regioni dell’Italia settentrionale, interessata prevalentemente alla diffusione di testi a carattere scientifico e didattico (con editori quali Paravia, Chiantore-Loescher, Zanichelli, Cappelli, Hoepli); una seconda più specificamente erudita (Vallecchi, Laterza, Formiggini); una terza sostanzialmente orientata alla diffusione di prodotti di larga fruibilità e tipicamente “borghesi” (Bemporad, Treves, Mondadori) ed infine tutta quella produzione espressione di un interesse avulso da qualsiasi intento letterario, tipica del romanzo scandalistico diffuso da case editrici quali Bietti e Sonzogno.

Se da un lato il regime promosse una produzione libraria interessata a sviluppare il lato didattico-educativo e pedagogico del Paese, non lesinando interventi fiscali volti ad incentivare determinate attività editoriali, dall’altro esercitò un notevole controllo su queste, concretizzato nelle forme della censura, dell’“ostentata presenza” (si pensi all’indicazione dell’anno fascista apposta ai testi stampati a partire dal 1926),  del sequestro (sia preventivo che non) ed avvalendosi di personalità vicine al fascismo per la propria politica culturale (emblematico il  ruolo di Gentile, Ministro dell’Istruzione, fondatore dell’Istituto dell’Enciclopedia Italiana e coproprietario di quote di alcune case editrici quali Zanichelli, Bemporad e Treves).

La Mondadori non soltanto riuscì a sopravvivere ma rafforzò ulteriormente la propria egemonia nel mondo dell’editoria, grazie anche ad oculate strategie di marketing (pubblicitarie ed autopromozionali) e fruttuose compromissioni finanziarie ed economiche. Puntando su un lettore che non fosse né specializzato né indirizzato verso un determinato ed esclusivo prodotto, la casa editrice milanese dilatò la propria produzione a tutti i settori (narrativa, intrattenimento, fumetti, gialli, saggistica, periodici etc.), diminuendo così la probabilità di insuccesso tipica di chi scelse al contrario di puntare esclusivamente in una determinata direzione. L’espansione di cui fu protagonista la Mondadori portò l’azienda (ormai raggiunto a tutti gli effetti un livello industriale) all’acquisizione di alcuni quotidiani quali il «Secolo» e alla realizzazione (tra gli anni Venti e Trenta) di felici strategie editoriali, come la pubblicazione dell’Opera Omnia di d’Annunzio, la collana dei Libri gialli, la Medusa (prima collana tascabile) e l’acquisto dei diritti relativi alla produzione di autori come Ada Negri, Panzini, Pirandello, Moretti, Tozzi, Marinetti ed altri.

Non bisogna dimenticare il ruolo svolto dal cinema a partire dagli anni Trenta e di alcune scelte editoriali sempre volte ad accattivarsi un pubblico più ampio possibile, che trova riscontro nel grande successo registrato dalla pubblicazione di rotocalchi quali «Topolino», «Il corriere dei piccoli» e di riviste di esclusiva fruizione femminile, come «Gioia» o «Grazia». Tuttavia le iniziative editoriali non possono dirsi completamente uniformi perché, nonostante le direttive del regime e la promozione di una produzione orientata verso un determinato senso, alcuni editori decisero di adottare linee alternative, come Dall’Oglio, Treves, Bompiani e Gobetti[6], interessati alla diffusione del romanzo europeo in Italia (incoraggiando in tal modo la pubblicazione di scrittori come Thomas Mann), o Einaudi e Laterza, le cui scelte politiche ed editoriali (posizioni antifasciste, collaborazione con autori di origine ebrea) compromisero fortemente la loro presenza sul panorama culturale italiano, per vederla poi rafforzata negli anni della Resistenza.

Negli anni Quaranta il panorama culturale fu sostanzialmente gestito dai grandi colossi editoriali: Mondadori rafforzò ulteriormente la propria posizione attraverso fruttuose iniziative, quali la fondazione della collana I classici contemporanei italiani e de I classici contemporanei stranieri (1946), che vide la pubblicazione di autori internazionali quali Dos Passos e Mann; Garzanti acquisì Treves; Rizzoli puntò sui romanzi rosa e promosse la diffusione di classici tascabili tramite la collana BUR (1949); Bompiani si focalizzò sulla produzione narrativa e su quella saggistica; Einaudi, grazie alla pubblicazione di autori come Vittorini, Pavese, Sciascia, Fenoglio, Rigoni Stern, divenne protagonista di una politica culturale “di sinistra” e, nel decennio successivo, creò a sua volta una nuova collana, I gettoni.

Alla fine degli anni Cinquanta fu fondato il Club degli Editori (1959) e si delinearono in maniera sempre più netta i ruoli delle varie case editrici nel panorama italiano: da un lato le già citate macro-case (Mondadori, Einaudi, Garzanti, Rizzoli, UTET, Bompiani, Sansoni); dall’altro quelle di medie dimensioni (Feltrinelli, Longanesi e Mursia) ed infine le piccole ma raffinate Morcelliana e Nostri-Lischi; Le Monnier, Paravia, Zanichelli e La Scuola, si specializzarono ulteriormente nella diffusione di testi a carattere scolastico-didattico e Laterza si interessò alla saggistica.

A cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta l’editoria visse la sua epoca d’oro godendo delle ripercussioni del boom, individuabili non solo nel miglioramento delle condizioni economiche ma anche di una più diffusa alfabetizzazione. Ciononostante il divario tra un pubblico colto (si pensi anche al ruolo ricoperto in questo momento dall’istruzione universitaria, veicolata da case editrici quali Marsilio, Laterza, Editori Riuniti e Einaudi) e un pubblico medio (quest’ultimo facilmente manipolabile quanto a gusto e inclinazioni) andò ulteriormente definendosi come una caratteristica peculiare della situazione culturale italiana, nonostante scelte editoriali “di compromesso” come gli Oscar Mondadori, oppure  l’individuazione di “casi letterari” (Il Gattopardo, i romanzi di Buzzati, Calvino e Moravia) o ancora la promozione di un ritorno alla narrativa con testi come La storia di Elsa Morante negli anni Settanta. Se da una parte alcune piccole case editrici non sopravvissero, dall’altra ne sorsero di nuove (Adelphi, Bibliopolis, La Coccinella, Ubulibri solo per citarne alcune).

Gli anni Ottanta videro la scomparsa dei fondatori delle grande case editrici che avevano dominato l’intero panorama culturale dei decenni precedenti: Giulio Einaudi, Arnoldo Mondadori, Valentino Bompiani ed Angelo Rizzoli lasciarono la loro eredità a gruppi amministrativi coinvolti in dinamiche economiche di larga scala, che si concentrarono progressivamente intorno ai due poli principali IFIL-FIAT e Fininvest. Il ritmo di produzione divenne sempre più sostenuto, favorendo la pubblicazione di articoli caratterizzati da un’intrinseca volatilità come il bestseller[7], destinato a sopravvivere il tempo di una “moda”, per poi essere velocemente sostituito da un altro prodotto.

Contemporaneamente si rafforzano grandi marchi editoriali in franchising come Feltrinelli, mentre la diffusione libraria tramite il canale delle edicole sopravvisse per lo più attraverso i testi dati in omaggio assieme ad alcune riviste come «L’Unità» o «L’Espresso», che acquisirono sempre maggiore importanza come mezzi di diffusione culturale. Nonostante alcuni scrittori del periodo registrarono un grande successo, come Enzo Biagi, Susanna Tamaro, Aldo Busi, Alessandro Baricco per citarne alcuni, tra gli anni Ottanta e Novanta si verifica un calo del numero dei lettori, vuoi per la progressiva diffusione dei prodotti multimediali, vuoi per un sostanziale scarso interesse per la lettura, al quale le grandi case editrici tentarono di rispondere incoraggiando una produzione tascabile (scelta abbracciata, tra gli altri, dalla Newton-Compton). Anche i circuiti di distribuzione cambiarono notevolmente, affiancandosi in maniera sempre più massiccia a quelli tradizionali.

L’avvento di internet ha oggi mutato radicalmente la diffusione del testo scritto, ma anche la presenza di nuovi contesti di vendita come il supermercato o il mercatino di seconda mano hanno ampliato le modalità di contatto con il libro da parte di un fruitore che ha in tal modo maggiore possibilità di accedere ad un articolo attraverso canali vari ed eterogenei. Non soltanto: la sempre progressiva osmosi tra editoria, pubblicità, marketing ha reso il lettore un semplice consumatore, un utente da sedurre e indirizzare nelle scelte del mercato. Si inizia, tra gli anni Ottanta e Novanta, a parlare di Editoria Multimediale quando alcune case editrici come De Agostini, Utet e Giuffré[8] cominciano ad avvalersi di supporti informatici (CD rom, computer), proponendo una fruizione volta a far dialogare il testo con l’ipertesto e promuovendo un approccio interattivo che sarà tipico degli anni a venire.

Attualmente l’informatizzazione ha investito tutti gli ambiti del mondo editoriale ed è ormai un aspetto imprescindibile di questo (dai servizi di editng online all’e-commerce). Essa ha portato novità positive ma ha anche in parte depauperato ruoli e funzioni tradizionali, spersonalizzando alcuni processi che tendono ormai a scomparire. Se è vero che ci si sta avviando verso un’organizzazione di print on demand[9] con tutto quello che di positivo tale approccio determina – ad iniziare da una più controllata gestione delle risorse primarie (prima fra tutte la carta) nonché all’accessibilità di materiali potenzialmente illimitati (che spesso rischiano di sfuggire al controllo), democraticizzando la fruizione e il consumo – è anche evidente che il mondo editoriale è sempre più compromesso con quello manageriale tout court, meno attento, rispetto ad un tempo, alla qualità del proprio prodotto (si pensi al self-publishing) e più alla commerciabilità dello stesso, tanto che Schiffrin ha parlato di «editoria senza editori[10]».

 Da una parte infatti si rende possibile il reperimento di testi ed opere che altrimenti sarebbero scarsamente fruibili (aspetto che ha interessanti ripercussioni anche a livello di mantenimento materiale di documenti antichi che, una volta digitalizzati, sono sottratti al rischio di non essere più facilmente consultabili o di scomparire in seguito al naturale deterioramento che si registra nel corso del tempo), dall’altra viene meno l’approccio tradizionale al testo, il suo intrinseco valore di prodotto con una storia editoriale che può essere stata lunga e travagliata. La virtualità ha dunque dei pregi e dei difetti e forse, dalla nostra prospettiva, non siamo ancora in grado di valutarli adeguatamente.

Bibliografia

 

GUGLIELMINO S. - GROSSER H., Il sistema letterario. Ottocento e Novecento, Principato, Milano, 2000.

MAIORINO G., Sviluppi storici dell’editoria italiana. Dal XV secolo al “print on demand” (reperito online).

PANETTA M., Panorama storico-critico dell’editoria italiana del Novecento (reperito online).

RAK M., Lecito e proibito. Di alcune regole degli immaginari e delle società letterarie in La società letteraria: scrittori e librai, stampatori e pubblico nell’Italia dell’industrialismo, Marsilio Editori, Venezia, 1990.


 

[1] RAK M., Lecito e proibito. Di alcune regole degli immaginari e delle società letterarie in La società letteraria: scrittori e librai, stampatori e pubblico nell’Italia dell’industrialismo, Marsilio Editori, Venezia, 1990; p. 43.

[2] Non è un caso se il più grande movimento d’avanguardia italiano si svilupperà proprio tra queste due città, Firenze e Milano; oltre alle riviste più note si ricordino, a tale proposito, le Edizioni futuriste di poesia.

[3] La riflessione è contenuta ne Le lettere.

[4] Ripreso da GUGLIELMINO S. - GROSSER H., Il sistema letterario. Ottocento e Novecento, Principato, Milano, 2000, p. 28.

[5] Ibid.

[6] Ricordiamo che Gobetti pubblicò nel 1925 gli Ossi di seppia montaliani.

[7] Da notare come, andando avanti nel tempo, la maggior parte degli autori di bestseller non provenga più dai circuiti “ufficiali” della letteratura ma ne sia sempre più spesso estranea (da Io speriamo che me la cavo di Marcello D’Orta al successo dei romanzi di personalità dello spettacolo come Fabio Volo).

[8] Gli argomenti diffusi in queste modalità vanno dalla giurisprudenza (Giuffré, De Agostini e Utet) all’arte ((Edizioni La Repubblica e Giunti Multimedia) alle enciclopedie multimediali (Omnia, Encarta, Zanichelli).

[9] Tale sistema è attualmente utilizzato anche da Università come Firenze, Bari e Roma.

[10] Ripreso da PANETTA M., Panorama storico-critico dell’editoria italiana del Novecento.

 

Maria Chiara Morighi

 


 

Home pageCopyright 2000/2016 © - Tutti i diritti riservati - All rights reserved - Testata giornalistica autorizzata dal Tribunale di Napoli-registr. n. 5141-Provv.del 27-06-2000.

Editore: associazione culturale no-profit "Confgiovani"- Iscr. ROC n.19181. Direttore Resp. Dott.Massimiliano Giovine - giornalista (Tes. Prof. n.120448, già n.84715).

Direzione, Redazione: via D. De Dominicis, 20 c/o Giovine-cap. 80128 Napoli. E' vietata la riproduzione o trasmissione anche parziale, in qualsiasi forma, di testi, immagini, loghi ed ogni altra parte contenuta in questo sito web senza autorizzazione.

La Redazione non è responsabile di eventuali errori imputabili a terzi, nè del contenuto delle inserzioni riservandosene, pertanto, la pubblicazione.

Nomi e numeri sono citati a puro titolo informativo, per offrire un servizio al lettore. Proprietà artistica e letteraria riservata ©. Vedi gerenza e note legali/tecniche.

|Anno XV num.1 - Gen./Feb.2016| - Per informazioni e contatti e-mail: redazione1@spaziomotori.it

Sito web ottimizzato per "Firefox", Internet "Explorer 5.0" o superiore - Risoluzione schermo consigliata: 1024 x 768 pixel - >>Privacy/Cookie<<