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AnnoXVI num. 2
Mar./Apr. 2017

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RADON E AMIANTO NEMICI PUBBLICI NUMERO 1 

 di Sergio Ghibelli

1° MASTER ON-LINE IN GESTIONE E SICUREZZA AMBIENTALE (Tesina finale)

INDICE:

IL RADON……………………………………....…….3                                                                                                                                      
CHE COS'E' IL RADON…………………………………….3                                                                                                             
BREVE STORIA DEL RADON……………………………….………………..4                                                                                                   
LE VIE DELL'ESPOSIZIONE AL RADON…………………………………….5
I RISCHI POSTI DAL RADON……………………………………………..…..5
EFFETTI DEL RADON SULL’UOMO………………………………………….6
PREVENZIONE………………………………………………………………...7
RACCOMANDAZIONI……………………………………………………………8
METODO DI INDAGINE…………………………………………………………10
UN SERIO PROBLEMA PER LA SALUTE PUBBLICA……………………16

COS’É L’AMIANTO…………………………………………………………….17
EFFETTI DELL’AMIANTO SULL’UOMO……………………………………..17
DA DOVE VIENE L’AMIANTO E COME SI È DIFFUSO…………………….18
AMIANTO: SMALTIMENTO, BONIFICA E RISCHI PER LA SALUTE……...19
AMIANTO NORMATIVA E BONIFICA…………………………………………19
(Le procedure di bonifica dell’amianto e le relative agevolazioni )
I COSTI……………………………………………………………………………21

CONCLUSIONI…………………………………………………………………..21

 

IL RADON

Il Radon è un gas radioattivo incolore ed estremamente volatile prodotto dal decadimento di tre nuclidi capostipiti che danno luogo a tre diverse famiglie radioattive; essi sono il Torio 232, l'Uranio 235 e l'Uranio 238. La sequenza del decadimento del nuclide più' abbondante in natura e cioè' l'Uranio 238 responsabile della produzione dell'isotopo Radon 222. Il Thorio 232 e l'uranio 235 producono invece rispettivamente il Rn 220 e Rn 219.

Il Radon è generato continuamente da alcune rocce della crosta terrestre in particolar modo da lave, tufi, pozzolane, alcuni graniti.

Nell’immaginario collettivo si pensa che le concentrazioni di Radon sono maggiori nei materiali di origine vulcanica, ma spesso si riscontrano elevati tenori di radionuclidi anche nelle rocce sedimentarie come marmi, marne. Come gas disciolto esso viene veicolato anche a grandi distanze dal luogo di formazione può essere presente anche nelle falde acquifere. Infine è nota la sua presenza anche in alcuni materiali da costruzione.

Per giungere all'interno delle abitazioni utilizza come via, quella che passa attraverso le fessure e i piccoli fori delle cantine e nei piani seminterrati. Per una valutazione precisa circa l’influenza del Radon sulla qualità dell’aria è importante verificare: il sito dove sorgerà l’abitazione, l'uso di particolari materiali da costruzione, pertanto occorre verificare le tipologie edilizie. A seguito di studi effettuati nell'ultimo decennio, questi hanno dimostrato che l'inalazione di Radon, ovviamente ad alte concentrazioni, va ad aumentare e non di molto il rischio di tumore polmonare. I risultati di questi studi supportano l'opinione che, in alcune regioni europee, il Radon possa essere considerata come la seconda causa in ordine di importanza, di cancro ai polmoni. Abbiamo i mezzi e le conoscenze per contrastare il pericolo ambientale che l'OMC, l'Organizzazione mondiale della Sanità attraverso l'IARC ha inserito nel Gruppo 1 degli agenti cancerogeni conosciuti,
quindi è importante che le autorità locali debbano ricoprire un ruolo essenziale.
Si possono comunque ipotizzare una serie di approcci molto importanti alla problematica legata al Radon ovvero: andare ad approfondire la comprensione della situazione del luogo riguardo i rischi legati alla presenza di radon; fornire delle informazioni alla popolazione in maniera chiara ed univoca; dare il nostro contributo al fine di giungere a soluzioni del problema del Radon non appena esso sia stato identificato.

 

CHE COS'E' IL RADON

Come è già stato detto, il radon si forma in seguito alla disintegrazione dell'uranio, dalla sua disintegrazione, si dà origine ad altri elementi radioattivi fino ad arrivare al piombo, che non è radioattivo.
In termini di classificazione chimica, il radon è uno dei gas rari, come neon, krypton e xeno.
Il radon non reagisce con altri elementi chimici. Esso è il più pesante dei gas conosciuti
(densità 9.72 g/l a 0&Mac176C, 8 volte più denso dell'aria )
Il radon si diffonde nell'aria dal suolo , a volte, dall'acqua (nella quale può disciogliersi, negli spazi aperti, è diluito dalle correnti d'aria e raggiunge  basse concentrazioni, contrariamente al comportamento che ha in un ambiente chiuso, come appunto quello di un'abitazione, dove il radon può accumularsi e quindi raggiungere alte concentrazioni.

 

BREVE STORIA DEL RADON

Gli elementi radioattivi naturali sono stati dalla sua origine presenti, ma gli elementi a vita più breve sono andati via via scomparendo, mentre tra gli elementi radioattivi a vita lunga che ancora sono presenti nel nostro ambiente vi è l'uranio, il quale dà origine al radon.
La radioattività è stata scoperta in tempi relativamente recenti, infatti fu scoperta che nel 1898, quando Marie Curie portò avanti le ricerche sul radon. Nel 1900, il fisico F. Dorn scoprì che i sali di radio producevano un gas radioattivo, il radon, nel sedicesimo secolo, Paracelso aveva notato l'alta mortalità dovuta a malattie polmonari tra i lavoratori delle miniere d'argento nella regione di Schneeberg in Sassonia (Germania), l'incidenza di questa malattia, che in seguito venne chiamata "malattia di Schneeberg", aumentò nei secoli diciassettesimo e diciottesimo, quando l'attività nelle miniere di argento, rame e cobalto si intensificò.
Questa malattia fu riconosciuta come cancro ai polmoni nel 1879. Nel 1901 nelle miniere di Schneeberg vennero fatte delle misure le quali rilevarono un'alta concentrazione di radon, con questo risultato, fu ben presto formulata l'ipotesi di un rapporto causa-effetto tra alti livelli di radon e cancro ai polmoni. Questa ipotesi venne poi rafforzata da più accurate misure del radon che furono effettuate nel 1902 sia nella miniere di Schneeberg che in altre, in particolare quelle di Jachymov in Boemia, da dove provenivano i minerali usati da Marie Curie.

Nonostante questi dati, essi non bastarono a convincere tutti, e alcuni scienziati ancora attribuiscono per questi tumori ai polmoni come causa altri fattori. L'attività nelle miniere di uranio venne intensificata dal 1940, però i livelli di radon non furono misurati in maniera regolare, tutto ciò fino al 1950. Alcuni esperimenti su animali vennero compiuti nel 1951, ed essi dimostrarono la potenziale carcinogenità del radon per i polmoni sulle specie testate.
Infine attraverso rilevamenti epidemiologici tra i minatori di uranio, dalla metà degli anni sessanta, hanno confermato questo potenziale rischio anche sull'uomo. Nel 1967 il Congresso Federale per la Ricerca degli Stati Uniti ha proposto delle raccomandazioni per controllare i rischi correlati alle radiazioni in miniera, ma nonostante non ci fossero più dubbi sulla realtà del pericolo (l'Organizzazione Mondiale per la Salute confermò ciò nel 1988), fu ancora necessario quantificare il rischio in termini di intensità di esposizione, al fine di definire appropriati livelli di protezione.
a tal proposito, numerosi rilevamenti epidemiologici furono effettuati negli anni '80 in varie nazioni, e non solo tra lavoratori di miniere di uranio, ma anche di stagno e di ferro, i rilevamenti portarono a conclusioni convergenti. Tuttavia, alcune questioni (come la rispettiva influenza della durata e dell'intensità dell'esposizione, l'influenza dell'età e precise quantificazioni del rischio), non sono ancora state risolte e richiedono ulteriori studi. Nonostante il premio Nobel per la fisica Ernest Rutheford fece notare sin dal 1907 che ognuno inala del radon ogni giorno, le misure di radon nelle case non vennero fatte prima del 1956 (in Svezia).
Nonostante un alto livello di radon rilevato in alcune abitazioni, il caso non riscosse molto interesse in campo internazionale, in quanto il problema fu considerato solo ed esclusivamente locale, soltanto 20 anni dopo si iniziarono studi sistematici e su larga scala in numerose nazioni, che mostrarono che non solo l'esposizione era generale, ma si potevano raggiungere livelli molto alti, comparabili addirittura con quelli delle miniere.

La Commissione Internazionale per la Protezione Radiologica (ICRP) sottolineò la vastità del problema per la salute pubblica e formulò specifiche raccomandazioni sulla pubblicazione numero 65 del 1993.

All’ inizio del ventesimo secolo, fu formulata l'ipotesi circa un legame scaturito dalle alte concentrazioni di radon e cancro, anche se la dimostrazione scientifica di questo legame è molto recente, risulta essere definitiva, però soltanto negli ultimi 10 anni abbiamo potuto affermare che il radon può essere alla base dei più grandi problemi di salute pubblica ed infatti sarebbe necessario per le autorità locali, che esse vengano sostenute dalle autorità responsabili della salute pubblica analizzando e valutando  l'entità del problema alla luce dell'architettura locale e delle condizioni geologiche, atte poi ad aiutare a realizzare misure preventive per ridurre il rischio.

 

LE VIE DELL'ESPOSIZIONE AL RADON

Appurato che la concentrazione del radon all'aria aperta è bassa, e calcolando che in media la popolazione Europea trascorre la maggior parte del suo tempo in casa, il rischio per la salute pubblica scaturito dal radon è di fatto correlato alla sua esposizione all'interno delle abitazioni.

Molti suoli contengono naturalmente una quantità variabile di uranio, che regola la quantità di radon rilasciata pertanto il radon, come accennato in precedenza, si diffonde attraverso i pori e le spaccature del suolo e viene trasportato o dall'aria o dall'acqua (nella quale è solubile).
Se consideriamo un certo contenuto di radon nel suolo, la quantità di gas che viene rilasciata varia in dipendenza della permeabilità del suolo (densità, porosità, granulometria), del suo stato (secco, impregnato d'acqua, gelato o coperto di neve) e anche dalle condizioni meteorologiche (temperature del suolo e dell'aria, pressione barometrica, velocità e direzione del vento).
Da tenere in considerazione che la concentrazione di radon decresce rapidamente con l'altitudine.

L'acqua sotterranea, i gas naturali, il carbone e gli oceani sono fonti minori di radiazioni, quindi appare chiaro che il radon è universalmente presente, ma la velocità di emissione varia in maniera significativa nel tempo, anche per uno stesso luogo. A livello regionale o locale, indipendentemente dalle condizioni prevalenti in un certo periodo, il fattore che di più influenza il rilascio di radon è la geologia (per esempio il contenuto di uranio delle rocce) riassumendo è più facile che il Radon sia contenuto in terreni granitici e vulcanici, così come un terreno argilloso contenga alluminio, tuttavia ci sono eccezioni a tutto ciò, infatti si possono trovare delle miniere di uranio in terreni sedimentari, o il radon in suoli calcarei.

La maggior parte del radon che è presente in una casa ha come provenienza il suolo sulla quale essa è costruita, quindi se il basamento della casa ha un pavimento di fango, il radon può penetrare facilmente, se il pavimento è in cemento, il radon penetra comunque sia attraverso le spaccature che si formano con il tempo, sia lungo le tubature oppure attraverso le giunture tra i muri, il radon può anche provenire, anche se in misura minore, dai muri, se questi sono stati edificati utilizzando materiali radioattivi (ad esempio i tufi vulcanici) o anche dai rubinetti, se l'acqua che vi scorre, contiene del radon disciolto, fattore da non sottovalutare è che il radon emesso all'interno di una casa tende a restare lì, quindi se non si prendono misure speciali, calcolando che la pressione all'interno di una casa è leggermente più bassa che all'esterno, l'aria interna tende a stagnare piuttosto che a rinnovarsi, questo fenomeno si verifica nei mesi invernali, di fatti se noi  poniamo la mano vicino allo stipite di una finestra, noteremo come una corrente di aria fresca, più o meno intensa secondo la larghezza della fessura, si può chiaramente percepire all'interno della casa, ma non all'esterno.

Per esempio in un terreno qualsiasi, indipendentemente dal tempo inteso non in senso meteorologico, la concentrazione finale di radon all’interno di  una casa è dipendente dal tipo di costruzione, materiali usati per edificarla, ed in larga misura, dalla sua ventilazione, sia passiva (cattivo isolamento) che attiva (aprire le finestre a intervalli lunghi o brevi),
un ruolo molto importante è ricoperto dalle condizioni meteorologiche (vento, pressione barometrica, umidità) perché spiega non solo le variazioni stagionali della concentrazione di radon in una data casa, ma anche le differenze osservate tra i livelli diurni e notturni.

 

I RISCHI POSTI DAL RADON

Sia gli studi sull'uomo (studi epidemiologici) che quelli sugli animali (studi sperimentali) hanno approdato a una conclusione evidente: il rischio posto dal radon è quello di cancro ai polmoni.
Di notevole importanza il fatto che lo sviluppo delle industrie, sia quella bellica che dell'energia nucleare, al termine della Seconda Guerra Mondiale ha fatto sì che molti paesi si cominciasse l'estrazione mineraria dell'uranio, questo ha fatto si che molti lavoratori fossero esposti al radon, anche i lavoratori di altri tipi di miniere (di ferro in Svezia o di stagno in Cina) sono stati esposti largamente al radon quando si sono trovati ad operare in strati geologici ricchi in uranio, sulla base di questi dati sono stati realizzati numerosi studi circa lo stato di salute di questi lavoratori, tenendo conto in maniera determinante per il risultato di suddetti studi della loro esposizione al radon per vari decenni, fino a  raggiungere conclusioni convergenti: il radon senza ombra di dubbio aumenta il rischio di tumore ai polmoni nei minatori, inoltre, andando a misurare i livelli di esposizione raggiunti da questi lavoratori, è stato possibile stimare in che misura il rischio di tumore ai polmoni aumenta con l'esposizione.

Chiaramente gli studi eseguiti sui minatori coprono una fascia particolare di popolazione, ovvero quella degli uomini che in età adulta sono stati esposti per periodi relativamente brevi (per esempio 40 ore a settimana) e per un numero limitato di anni inoltre i minatori sono esposti ad altri fattori che possono ricoprire un ruolo nell'incidenza di tumore ai polmoni, perché essi, per definizione, lavorano in atmosfera carica di polveri, ultima considerazione è che i minatori studiati erano frequentemente fumatori, e quindi è noto il rischio di cancro ai polmoni legato al fumo. Di contro, la popolazione analizzata (entrambi i sessi e tutte le età) sono continuamente esposti al radon anche se in media, fumano meno e respirano aria più pura, tutte queste differenze vanno a giustificare lo studio dei rischi collegati alla presenza di radon nelle case, perché il grado e l'urgenza delle misure preventive, che devono essere prese, dipendono dalla grandezza del rischio che un determinato livello di esposizione implica (quindi si tiene conto dell'età, del sesso e di altri fattori).

Questi studi sono in corso in molti Paesi. (Sono particolarmente complessi, e ciò spiega i risultati a volte contraddittori. In capo a pochi anni disporremo di una quantità di nuovi risultati che offriranno una risposta alle domande ancora aperte.).

E' stato dimostrato maniera molto ampia che il fumo di tabacco è responsabile della gran parte dei tumori ai polmoni sia negli uomini e nelle donne, degli studi sugli effetti combinati dell'esposizione sia al radon che al fumo delle sigarette hanno mostrato che l'effetto totale di tali esposizioni è molto maggiore della somma dei due effetti. Quindi in altri termini il fumo aumenta considerevolmente il rischio di tumore ai polmoni in correlazione al radon, e viceversa, inoltre il radon da solo è la seconda causa di cancro al polmone dopo il tabacco.

 

EFFETTI DEL RADON SULL’UOMO

 La pericolosità del radon è dovuta alle sue peculiarità chimico-fisiche, essendo esso un gas inerte ed elettricamente privo di carica elettrica è come caratteristica una grande mobilità (al contrario di elementi come il radio o l’uranio che restano vincolati nel materiale in cui si trovano).
In effetti il radon è un gas che può facilmente penetrare all’interno dei polmoni e qui esplicare la sua azione degenerativa, considerando la sua instabilità, una volta che è giunto all’interno dell’apparato respiratorio può dare vita al processo di decadimento radioattivo, anche gli atomi radioattivi che si generano a seguito al decadimento del radon all’aria aperta (la cosiddetta “progenie del radon”) possono penetrare all’interno dei polmoni: questi essendo elettricamente carichi possono aderire al particolato aero disperso e, tramite questo, giungere a contatto con le cellule dell’epitelio polmonare.

All’ interno dei polmoni le particelle alfa che si liberano in seguito al decadimento del radon, e della sua progenie possono danneggiare il DNA e l’RNA delle cellule infatti qualora i naturali meccanismi di riparazione degli acidi nucleici (DNA e RNA) non sono in grado di riparare tutti i danni causati da queste radiazioni alfa vi è la possibilità che il tutto possa portare alla formazione di un tumore ai polmoni, va detto che al momento non si ritiene possibile l’insorgenza di tumore in altri organi del corpo in quanto le radiazioni alfa percorrono delle distanze relativamente brevi e quindi insufficienti a raggiungere altre zone corporee, Infine per quanto riguarda la presenza del radon nell’acqua, finora non risulta alcuna evidenza scientifica, che alle comuni concentrazioni presenti in natura esso possa provocare l’insorgenza di un tumore all’apparato digestivo.

Concludendo, anche se è estremamente difficile valutare l’incidenza nei casi di cancro ai polmoni del radon, si può però ipotizzare che circa il 10% dei tumori di questo tipo sia dovuta al radon.
L’Agenzia per la Protezione Ambientale americana (EPA), ritiene che il radon che si concentra negli ambienti confinati (indoor) provochi fra i 15000 e i 22000 casi di cancro ai polmoni all’anno solo negli USA, nel nostro paese data la maggiore radioattività naturale del suolo (quasi doppia), si può ipotizzare che i soggetti colpiti oscillino fra i 1500 e i 4500 all’anno.

Al fine di prevenire il rischio di contrarre questa malattia, molte organizzazioni internazionali scientifiche hanno fissato dei livelli di riferimento sia per le abitazioni che per gli ambienti di lavoro al di sotto dei quali si ritiene che rischio che c’è è di natura accettabile, ovviamente data la loro natura, per le sostanze radioattive il rischio non può mai essere ridotto a zero, la maggior parte di questi valori sono diventati dei limiti di legge.

Tutte ciò non deve comunque creare degli allarmismi ingiustificati perché, se si ritiene di vivere in un ambiente a rischio è spesso sufficiente aerare bene gli ambienti in cui si vive e sigillare il terreno su cui sorge la casa; solo poche situazioni critiche richiedono l'intervento di personale specializzato.

Il radon che è presente nell’aria viene inalato ed in gran parte espirato, chi preoccupa sono i prodotti di decadimento del radon, perché essi si trovano nel particolato atmosferico presente negli ambienti chiusi, e vengono trattenuti a livello bronchiale.

Il radon e i suoi “figli” possono generare un danno al DNA dei tessuti polmonari a causa dell’energia che viene rilasciata dalle particelle alfa emesse nel processo di decadimento, mentre una buona parte dei danni al DNA viene riparata grazie ad appositi meccanismi cellulari, la parte di DNA che rimane danneggiata col tempo può trasformarsi in tumore, pertanto maggiore è la quantità di radon e dei suoi “figli” che viene inalata, maggiore è il rischio che qualche danno non venga riparato e che quindi si trasformi in tumore; e bene ribadire come il rischio aumenta se il danno alle cellule è associato a quello da fumo di tabacco.

Considerando che tra il danno ricevuto dal tessuto polmonare e l’insorgere di un tumore possono trascorrere anni o decenni, l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro dell’OMS nel 1988 ha classificato il radon e i suoi prodotti di decadimento fra le sostanze per le quali vi è la massima evidenza di cancerogenicità per l’uomo (gruppo 1). Ad oggi la percentuale di tumori polmonari correlati al radon, che come già ampiamente detto, è la seconda causa di tumore polmonare, dopo il fumo di sigaretta, l’Istituto Superiore di Sanità ha stimato che in Italia, a seguito degli studi epidemiologici più recenti, il numero di casi di tumore polmonare attribuibili al radon è il 10% del totale di circa 32.000 tumori polmonari che si verificano ogni anno; l’intervallo di confidenza va dal 3% al 16%,  a seconda della concentrazione media nazionale, e che il rischio per i fumatori è 25 volte più alto che per i non fumatori, ma il radon è comunque la prima causa di tumore polmonare fra le persone che non hanno mai fumato, da sottolineare in maniera decisa che il rischio è statisticamente significativo anche per esposizioni prolungate a concentrazioni di radon medio-basse, che non superano 200 Bq/m3 e che sono molto comuni sul nostro territorio.
Inoltre è bene ribadire con forza, che non è possibile stabilire una soglia al di sotto della quale il rischio è nullo. Una ultima importante considerazione che non può essere sottovalutata è che la maggior parte dei tumori polmonari è causata da concentrazioni medie e basse, piuttosto che alte, perché un numero di persone molto basso è quello esposto a valori elevati della concentrazione di radon, mentre la maggior parte della popolazione è esposta a concentrazioni medio basse.

Un rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità sul Rischio di tumore polmonare attribuibile all’esposizione al radon nelle abitazioni delle Regioni italiane, che è stato pubblicato nel 2010, fornisce una prima stima del numero di casi di tumore polmonare per anno che posso essere attribuiti all’esposizione al radon, regione per regione. Le valutazioni sono basate su risultati dell’Indagine Nazionale sull’esposizione alla radioattività naturale nelle abitazioni.

 

PREVENZIONE

Prima di costruire un edificio, bisogna tener conto del rischio legato al radon. Le regole principali possono essere nazionali, regionali o locali. Devono essere fatte rispettare.

 Per vecchie case, si può prendere un insieme di misure correttiva di varia semplicità e costo, in dipendenza della concentrazione di radon in una particolare casa. Queste misure sono descritte in dettaglio tra i dati tecnici annessi.

 Le concentrazioni di radon che devono essere raggiunte tramite misure correttive o preventive possono differire, secondo se un edificio esiste già o è in fase di progetto. Ci sono "valori raccomandati", "valori guida" o "livelli d'azione", che variano da un Paese all'altro. Le stesse regolamentazioni possono essere applicate a edifici non abitati permanentemente (posti di lavoro e scuole), tranne che per il fatto che i livelli di azione devono essere valutati in termini di tempo massimo di occupazione.

 Si stima che la cittadinanza europea in media trascorra 19.2 ore al giorno (l'80% del suo tempo) all'interno! E' dunque legittimo interrogarsi riguardo l'opportunità di applicare le stesse regole agli ambienti nei quali le persone trascorrono non più di alcune ore ogni giorno. In pratica, la Commissione Internazionale per la Protezione Radiologica consiglia di applicare identici livelli di azione alle case e agli edifici pubblici dove la gente trascorre un tempo apprezzabile (scuole, ospedali, centri residenziali). D'altra parte, quando il tempo trascorso dalla gente in un luogo è limitato, come in uffici, librerie e teatri, non sono richiesti particolari provvedimenti.

 

RACCOMANDAZIONI

Si può procedere in maniera ordinata, evitando di allarmare la popolazione non fornendo vie pratiche per risolvere il problema. Il primo passo è quindi la stima della serietà del problema, e l'incoraggiamento ad altri a fare ciò. L'iniziativa può essere a livello nazionale, locale o individuale. In tutti i casi la cittadinanza deve essere informata.

Raccomandazione 1: Valutazione dell'esposizione

Studi cartografici nazionali o regionali possono fornire dati utilizzabili a livello locale. Tuttavia, in alcuni casi, questi dati possono essere inesistenti o inadeguati. Soltanto un gruppo di specialisti può decidere se sono necessarie ulteriori misure per ricavare statisticamente conclusioni valide a livello locale. Le autorità per la salute locale o gli istituti nazionali di ricerca hanno tali gruppi di specialisti disponibili.
 In una stessa località, la situazione più variare considerevolmente da un edificio a un altro. Nelle aree valutate a rischio geologico, più essere necessario effettuare misure nelle singole case. E' compito delle autorità locali incoraggiare i privati a provvedere nelle loro case, fornendo loro gli indirizzi delle compagnie specializzate.

Raccomandazione 2: Prevenzione e correzione

E' spesso più economico analizzare i problemi che il radon può porre prima di costruire un edificio. Le precauzioni da prendere varieranno, secondo la natura del suolo e del sottosuolo. Ogni autorità locale dovrebbe avere una lista di esperti da consultare prima di iniziare i lavori di costruzione. Quando si rileva una alta concentrazione di radon in un edificio già esistente, le sue vie di accesso devono essere identificate ed eliminate.

 Il ruolo dell'autorità locale in questo caso è:

 - tenere una lista di individui qualificati ad identificare i punti di entrata del radon nelle case e compiere i lavori necessari;
 - incoraggiare i privati ad effettuare i lavori necessari;
 - analizzare e, se necessario, ridurre le concentrazioni di radon negli edifici di cui è responsabile.

Raccomandazione 3: Informazione

Se gli studi mostrano un rischio collegato al radon inusualmente elevato, la cittadinanza deve esserne informata. Bisogna ricordare che il rischio, anche in una casa in cui la concentrazione sia particolarmente elevata, è funzione del tempo di esposizione. In altre parole, gli abitanti di tale casa devono essere avvisati dei rischi che corrono, ma non è necessario che la casa sia evacuata immediatamente: il rischio consiste nella grandezza della dose complessiva ricevuta in un lungo periodo. Bisogna dare il giusto impulso, con l'aiuto di specialisti, perché la gente entri in azione, senza causare ingiustificati allarmismi.

 

METODO DI INDAGINE

Il monitoraggio in ambienti confinati o esterni del RADON si effettua con l'ausilio di un dispositivo specifico per questo gas. Tale dispositivo portatile può essere facilmente installato negli ambienti da monitorare e registra il valore istantaneo o nel tempo della concentrazione. Chiunque abiti in una zona presumibilmente a rischio dovrebbe effettuare una verifica della concentrazione di Radon nell'ambiente domestico. Dal momento che elevate concentrazioni di Radon sono particolarmente dannose per i bambini sarebbe auspicabile che anche nel nostro paese, le scuole di ogni ordine, ma in particolare le materne, elementari e medie, fossero monitorate come già' accade in altri paesi.
 La conoscenza della distribuzione di Radon nei gas del suolo consente la predisposizione di vere e proprie mappe di rischio. Tali mappe sono state elaborate per esempio in Svezia e di fatto sono state inserite nel contesto della pianificazione Urbanistica del Territorio. In particolare le aree più' a rischio sono prevalentemente quelle di origine Vulcanica con profonde faglie tettoniche (come ad esempio l'area dei Castelli Romani) e falde acquifere a servizio di uno o più' Comuni e quindi di grande rilevanza sulla sanità' pubblica in caso di contaminazione.

Concentrazione di radon ed entità del rischio

Il radon, dunque, che entra nelle nostre case dal suolo e sottosuolo e, in misura molto minore, dai materiali da costruzione, è pericoloso. Ma quanto pericoloso?
Quanto è giustificato l'appellativo di “killer silenzioso” col quale talvolta compare su riviste e giornali?

Tutti noi abbiamo modi differenti, a volte molto soggettivi, di percepire il rischio: in termini di probabilità di incidenti mortali, ad esempio, è molto più rischioso viaggiare in automobile che in aereo, eppure c'è molta gente che ha paura di volare e che magari tiene il bambino in braccio sul sedile anteriore. Dunque, per inquadrare il rischio radon, dobbiamo andare al di là della prima percezione emotiva e confrontarlo con altri rischi noti o comunemente accettati, per esempio le radiazioni che riceviamo in media per accertamenti medici. Per poter eseguire questo confronto è necessario introdurre alcune definizioni. La grandezza che viene utilizzata come indice del potenziale danno biologico dovuto all'esposizione alle radiazioni prende il nome di dose efficace e la sua unità di misura è il milliSievert (mSv) Vediamo dunque, a titolo di confronto, l'entità della dose efficace ricevuta abitualmente da differenti sorgenti di radiazioni.

Dosi annue da differenti fonti di radiazioni, in mSv/anno

2Fonte

Dose media mondiale

Dose media paesi industrializzati

Fondo naturale

2,4

 

Diagnostica Medica
(In più rispetto al fondo naturale)

0,33

1,1

Fall-out esperimenti militari
(in più rispetto al fondo naturale)

0,022

 

 

Sempre a titolo di confronto, la dose efficace media italiana nel primo anno successivo all'incidente di Chernobyl è stata di 0.5 mSv.

La domanda a cui ci interessa rispondere è:
quanto radon è presente nell'ambiente in cui risiedo o lavoro e quanti mSv di dose mi fornisce? e quanto è pericoloso, cioè questi mSv a quale rischio per la mia salute corrispondono?

A quest'ultima domanda si risponde con una stima di massima (le stime di dose, per la loro natura probabilistica, hanno sempre un notevole grado di incertezza, come detto prima)
 

Schematizzando e semplificando, le stime attuali ci dicono che:

Se la durata della esposizione a
radiazioni è di:

La dose ricevuta
in mSv è:

Le probabilità su 1 milione di ammalarsi di tumore letale sono:

1 anno

1

50

1 anno

2,4 (fondo naturale)

120

Nota: la probabilità su 1 milione di ammalarsi indica il numero di persone che si ammaleranno su 1 milione di persone che sono state esposte a radiazioni.

Ora, mentre la dose efficace, e quindi il rischio da radiazioni, si esprime in MilliSievert, il rischio da radon si esprime, in prima istanza, in un’altra unità di misura, per le ragioni che vengono spiegate subito sotto. La grandezza che quantifica la presenza di radon in un ambiente è la sua concentrazione di attività in aria, che si esprime in Becquerel al metro cubo (simbolo Bq m-3)
 

Henri Becquerel è stato il primo scopritore del fenomeno della radioattività e 1 Bq rappresenta una disintegrazione radioattiva al secondo, mentre 1 Bq m-3 rappresenta 1 disintegrazione radioattiva al secondo in 1 metro cubo di aria. Le prescrizioni di legge che indicano i valori limite usano questa unità.

Domanda:
Se nella mia casa misuro 1 Bq m-3 di radon, che dose ricevo e che rischio corro per la mia salute?
Risposta:
non dipende solo dalla concentrazione di attività di radon, ma anche dalla durata dell'esposizione, ossia per quanto tempo respiro aria contaminata.
Le stime attuali dicono che:

  • Se resto costantemente esposto a 1 Bq m-3 per un anno
    ricevo 0.02 mSv e ciò corrisponde a
    1 probabilità su 1 milione di ammalarmi in futuro;

  • Se misuro 500 Bq m-3 e vi resto esposto 24 ore su 24 per 1 anno ricevo 10 mSv
    e ho 500 probabilità su 1 milione (o 0.5 su mille) di ammalarmi in futuro;

  • Se resto esposto per dieci anni
    anche la probabilità di ammalarmi si moltiplica per 10, ecc.

E’ chiaro che:

A parità di concentrazione, la dose che effettivamente si riceve dipende, in modo direttamente proporzionale, dal tempo che si passa in quell’ambiente a contatto col radon; a parità di tempo trascorso la dose dipende direttamente dalla concentrazione: ecco perché, quando si parla di radon in ambienti chiusi, si preferisce esprimerlo in Bq m-3 anziché in mSv.

Persone a rischio radon

Una volta che il radon è penetrato in un ambiente, la sua maggiore o minore pericolosità dipende, ovviamente, dal grado di occupazione di quell'ambiente da parte di persone. E' chiaro che se in cantina ci tengo solo i salami e il vino, può starci tutto il radon che vuole, salami e vino non ne risentono minimamente (per quanto forse sul salame si potrebbe aprire un discorso). Se invece io faccio una bella cameretta al figlio nel seminterrato, o uso abitualmente la taverna come sala da pranzo, o adibisco i locali interrati della mia azienda a luogo di lavoro allora è il caso di verificare bene che aria si respira. In sostanza, la destinazione degli ambienti gioca un ruolo fondamentale.

Quali sono le categorie di persone a rischio per il radon indoor?

Sono certamente a rischio i lavoratori che svolgono le loro mansioni in luoghi di lavoro sotterranei o, in zone particolari, anche solo semiinterrati.

Una categoria presa in attenta considerazione dalla normativa vigente è quella dei bambini dall'asilo alla fine dell'obbligo scolastico: asili e scuole, infatti, utilizzano spesso locali interrati o semiinterrati per mense, palestre, teatri, più raramente per aule di attività.

Invece, per quanto riguarda le abitazioni, il caso più eclatante è quello della casalinga, che trascorre in casa una notevole quota del suo tempo per un arco di anni molto lungo. Altre categorie sono bambini piccoli e anziani che trascorrono in casa la maggior parte del tempo, sia pure per un arco di anni di vita più ridotto: teniamo presente che, per quanto riguarda i bambini, l'esposizione può essere maggiore che per gli adulti perché, come avviene all'anidride carbonica, il radon tende a stratificarsi in basso a causa del suo peso.

Non dimentichiamo infine che il fumo di sigaretta attivo potenzia significativamente l'effetto dannoso del radon: i due effetti non si sommano semplicemente, ma in qualche misura si moltiplicano. Quindi, ad esempio, una casalinga fumatrice è sicuramente soggetta a un rischio radon molto maggiore (fino a 10 volte) di una non fumatrice. Il discorso non è altrettanto netto nel caso di fumo passivo, ci sono minori evidenze sperimentali.

Misure lunghe

Il metodo di misura per le misure di lunga durata, obbligatorie per i luoghi di lavoro, normalmente adottato dalla Dott.ssa Albini è quello più economico e attualmente considerato il più affidabile per le misure di lunga durata, che fa uso di piastrine di un materiale plastico, denominato CR-39, alloggiate in opportuni contenitori, detti camere di diffusione.
Il contenitore viene posizionato secondo precisi criteri prescritti dalle
Linee Guida della Conferenza delle Regioni e Province Autonome nell’ambiente da misurare e il radon ivi presente, penetrando nel contenitore, lascia sul CR-39 delle tracce in numero proporzionale alla concentrazione di radon: un misuratore di questo tipo viene detto passivo, in quanto non necessita di alimentazione elettrica né di interventi esterni durante la misura.
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La piastrina, prelevata dal suo contenitore, viene posta in un bagno di sviluppo che ingrandisce le tracce e le rende leggibili con un microscopio ottico. Dal numero di tracce che vengono contate è possibile risalire, tramite un opportuno fattore di calibrazione, alla concentrazione media di radon nell’ambiente.
A norma di legge, il trattamento e la lettura delle piastrine vengono eseguiti da un laboratorio idoneamente attrezzato, rispondente a precise caratteristiche prescritte dalle Linee Guida della Conferenza delle Regioni e Province Autonome, che rilascia certificazione di RAC (Radon Air Concentration) avente valore legale per le misure obbligatorie.

 

 

Misure brevi

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Per le misure brevi, indicate per indagini conoscitive in abitazioni, la Dott.ssa Albini dispone di un sistema di misura ad elettrete E-Perm©, abbinato a un contatore proporzionale per la discriminazione del fondo gamma. Anche in questo caso si tratta di un misuratore passivo, che viene posizionato nell'ambiente da misurare nella propria camera di diffusione. Al termine del periodo di misura l'elettrete viene letto tramite un voltmetro, la cui risposta, analizzata da un software dedicato, fornisce il valore di concentrazione media.
Tutta la catena della misura risponde anche in questo caso ai requisiti di laboratorio idoneamente attrezzato più sotto riportati.

Misure in tempo reale

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Per le misure istantanee, indicate per la mappatura di locali, ai fini dell'individuazione dei punti di ingresso del radon, e per il monitoraggio sequenziale della concentrazione, per studiarne l'andamento temporale (orario o giornaliero) in dipendenza, ad esempio, delle condizioni di funzionamento dell'impianto di ventilazione oppure dei parametri meteorologici o microclimatici, per la rilevazione delle particelle alfa emesse dal radon e progenie.

Una nota sulla qualità della misura

Sul web sono reperibili in vendita apparecchietti elettronici per misure "fai da te" della concentrazione istantanea di radon: senza entrare nel merito della qualità intrinseca di questi misuratori, è importante sapere che:

  • la concentrazione istantanea ha scarso o nullo significato ai fini di sapere se la casa in cui abitiamo è libera o no dal radon: la variabilità giorno/notte e stagionale, combinata con la sensibilità degli strumenti, è tale per cui solo un valore mediato su un periodo sufficientemente lungo (una settimana è un limite al di sotto del quale non ha senso scendere, meglio se almeno un mese) può fornire indicazioni, da commisurare con la stagione in cui viene misurato, sulla reale presenza di radon e sulla necessità o meno di intraprendere azioni di rimedio;

  • La misura è intrinsecamente valida solo se eseguita con precise modalità e dopo attenta valutazione da parte di persona competente dell'ambiente da misurare;

  • L'interpretazione del risultato della misura è anch'essa operazione che non si improvvisa, ma che va affidata a persona preparata e competente in materia.

 

Azioni di rimedio

Effettuata la misura, se il livello di radon supera i valori raccomandati, si devono decidere le azioni di rimedio, in relazione sia alla concentrazione in aria, sia all'esposizione di persone.
Le domande da porsi sono di due tipi:

  1. Da dove entra il radon? si può sigillare? si può ventilare?

  2. Per quanto tempo il locale è occupato da persone? si può ridurre? si può destinare la stanza ad altro uso?

La risposta alla prima categoria di domande ha un grado di complessità estremamente variabile, come a dire, bisogna vedere caso per caso. In genere gli interventi che si possono fare (dopo aver accuratamente verificato quali sono le vie di ingresso) comprendono sigillature eseguite a regola d’arte, installazione di porte con guarnizioni a tenuta, impianti di ventilazione anche molto semplici, come piccole ventole, ma che in taluni casi possono essere complessi, con prese d’aria sotto le fondazioni e camini esterni.

Una volta eseguita l’azione di rimedio, va rifatta la misura annua per verificarne l’efficacia ed eventualmente intraprendere ulteriori misure di rimedio: dall’esperienza maturata in questi anni dalla Provincia autonoma di Bolzano, che attualmente è la più avanti in Italia nell’azione di informazione e di assistenza ai cittadini, si stima che siano necessari da 2 a 4 anni per poter dire di aver bonificato in maniera soddisfacente.

Complementare o eventualmente alternativo alla bonifica vera e propria è l’intervento sui tempi di occupazione dell’ambiente contaminato da radon, in funzione della struttura dell’edificio e della sua funzione, lavorativa o abitativa. Per quanto riguarda le abitazioni, una buona, sana regola sempre valida è ventilare frequentemente l’appartamento, anche se non sempre è facile e, soprattutto, spesso non è risolutivo. Cambiare spesso l’aria è un provvedimento che costa poco ed è sempre più necessario nelle nostre case super-sigillate e piene di sostanze sospette, dai detersivi alle sostanze trattanti dei mobili, dagli acari alle muffe: è vero che spesso l’aria che entra è più cattiva di quella che vogliamo far uscire, e di questo dobbiamo chiedere conto a chi progetta e amministra le nostre città.
Ma è anche vero che comunque in casa non c’è solo il radon, ma vi sono molti altri agenti inquinanti, compresi i batteri che proliferano nei filtri degli impianti di condizionamento dell’aria. La qualità dell’aria che respiriamo, insomma, dipende anche, e molto, dai nostri stili di vita: è sempre più evidente che affidarsi solo a soluzioni di tipo tecnologico, come potrebbe essere un impianto di condizionamento o di depurazione e filtrazione, spesso causa più problemi di quanti ne risolva.

Misure di radon obbligatorie nei luoghi di lavoro e scuole

La misura di concentrazione media annua di radon in aria è obbligatoria solo nei locali interrati ed eventualmente semiinterrati dei luoghi di lavoro, degli asili nido e scuole materne e dell’obbligo.
Secondo quanto stabilito dalla
normativa vigente, l’esercente di attività che si svolgono in luoghi di lavoro sotterranei o, in aree particolari individuate dalle Regioni, semi-sotterranei o a piano terra ha l’obbligo di effettuare la determinazione della concentrazione media annua di radon in aria e, se del caso, far valutare la dose ai lavoratori esposti, secondo quanto precisato nella sezione Normativa riguardante la radioattività naturale. In questi casi la misura ha obbligatoriamente la durata di 1 anno, perché solo così è possibile tenere conto delle variazioni stagionali nella emissione di radon da suolo e sottosuolo (vedi sezione Radon negli edifici).
Non esistono obblighi e limiti di legge per le abitazioni, a carico, per esempio, del costruttore o del proprietario che dà in affitto.


Vi sono però dei valori indicativi a cui ci si può riferire, anche se non univoci a livello internazionale: in altre nazioni vi sono valori limite raccomandati (ma non obbligatori, almeno nella maggior parte dei casi: fanno eccezione Svezia, Danimarca e Svizzera), che variano dai 150 Bq m-3 medi annui degli Stati Uniti ai 750 del Canada, al di sopra dei quali si raccomanda di intraprendere azioni di rimedio per ridurre la concentrazione di radon nelle abitazioni.
Il Piano Nazionale Radon, pubblicato nel 2002 a cura del Ministero della Salute, proponeva che l’Italia recepisse una Raccomandazione dell’Unione Europea (143/90) e adottasse una normativa che recante come valori limite medi annui raccomandati 400 Bq m-3 per le case esistenti e 200 Bq m-3 per quelle da costruire (questo perché naturalmente è più costoso eseguire interventi correttivi su case già costruite che studiarli in fase di progetto).
Peraltro, una più recente pubblicazione dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO Handbook on Indoor Radon - a public health perspective, 2009) propone che i singoli stati adottino un limite per le abitazioni di 100 Bq/m-3 o comunque, in considerazione di situazioni specifiche, non superiore a 300 Bq/m-3, raccomandando nel contempo l'adozione di efficaci politiche volte a incentivare presso i privati la misura e l'eventuale adozione di azioni di riduzione della concentrazione.

Attualmente è in discussione a livello europeo una revisione della Raccomandazione citata (revisione adottata il 30.5.2012 dalla Commissione Europea come Proposta COM(2012) 242 final) che indica quali sono i livelli di concentrazione di radon in ambienti chiusi da considerare come valori limite per le normative nazionali (le quali hanno facoltà, in considerazione di situazioni specifiche, di abbassarli ulteriormente, ma non di alzarli):

200 Bq /m-3 per le nuove abitazioni;
300 Bq /m-3 per le abitazioni esistenti.

Anche nel caso in cui la misura venga richiesta al di fuori degli obblighi di legge (per esempio, un privato che voglia eseguire un'indagine nella propria abitazione), è comunque evidente che essa sarà tanto più realistica quanto più la sua durata si avvicinerà all'anno: una misura istantanea della concentrazione di radon, anche se tecnicamente possibile, non è sufficientemente indicativa della esposizione a cui una persona possa essere effettivamente soggetta nell'ambiente misurato.

 

Normativa in Italia

La normativa riguardante la radioattività’ naturale: a tutela della salute dei lavoratori e dei minori in età scolare

I Decreti Legislativi n. 230/1995 e n. 241/2000 fanno obbligo ai datori di lavoro, che impieghino personale in ambienti di lavoro sotterranei, di far valutare la dose ricevuta da tali lavoratori per inalazione di radon. Se tutta o parte dell’attività di una ditta si svolge in ambiente sotterraneo (officina, autorimessa, magazzino, uffici a vario titolo) e vi sono uno o più dipendenti che vi prestano la loro opera per più di 10 ore al mese, il caso ricade sotto la normativa, che prescrive valori limite per la concentrazione di radon nell’aria degli ambienti interessati.
Sono soggetti a questa prescrizione anche gli asili nido, le scuole materne e le scuole dell’obbligo elementare e medio, se ubicati anche in parte in luoghi sotterranei.
E’ esplicitamente esclusa la sua applicazione alle abitazioni.
Le misure devono essere eseguite da un laboratorio idoneamente attrezzato e le valutazioni di dose alle persone devono essere fatte da un esperto qualificato della radioprotezione.

Decreto Legislativo del Governo 17 marzo 1995 n° 230 e successive integrazioni e modifiche (D.Lgs.241/2000, D.Lgs.257/2001) (estratto):

Il presente decreto non si applica all'esposizione al radon nelle abitazioni o al fondo naturale di radiazione, ossia non si applica né ai radionuclidi contenuti nell'organismo umano, né alla radiazione cosmica presente al livello del suolo, né all'esposizione in superficie ai radionuclidi presenti nella crosta terrestre non perturbata”.

…”Le disposizioni del presente capo si applicano alle attività lavorative nelle quali la presenza di sorgenti di radiazioni naturali conduce ad un significativo aumento dell'esposizione dei lavoratori o di persone del pubblico, che non può essere trascurato dal punto di vista della radioprotezione”…:
Art. 10-bis, comma 1:
a) attività lavorative durante le quali i lavoratori e, eventualmente, persone del pubblico sono esposti a prodotti di decadimento del radon o del toron o a radiazioni gamma o a ogni altra esposizione in particolari luoghi di lavoro quali tunnel, sottopassaggi, catacombe, grotte e, comunque, in tutti i luoghi di lavoro sotterranei;
b) attività lavorative durante le quali i lavoratori e, eventualmente, persone del pubblico sono esposti a prodotti di decadimento del radon o del toron, o a radiazioni gamma o a ogni altra esposizione in luoghi di lavoro diversi da quelli di cui alla lettera a) in zone ben individuate o con caratteristiche determinate……..

Art. 10-ter Obblighi dell'esercente
1. Nei luoghi di lavoro nei quali si svolgono le attività lavorative di cui all'articolo 10-bis, comma 1, lettera a), l'esercente, entro ventiquattro mesi dall'inizio dell'attività, procede alle misurazioni di cui all'allegato I-bis, secondo le linee guida emanate dalla Commissione
2. Nei luoghi di lavoro nei quali si svolgono le attività lavorative di cui all'articolo 10-bis, comma 1, lettera b), in zone o luoghi di lavoro con caratteristiche determinate individuati dalle regioni e province autonome ad elevata probabilità di alte concentrazioni di attività di radon, l'esercente procede, entro ventiquattro mesi dall'individuazione o dall'inizio dell'attività, se posteriore, alle misurazioni  secondo le linee guida emanate dalla Commissione ………… e a partire dai locali seminterrati o al piano terreno.
3 Nel caso in cui le esposizioni valutate non superino il livello di azione…, l'esercente non è tenuto a nessun altro obbligo eccettuata la ripetizione delle valutazioni con cadenza triennale o nel caso di variazioni significative del ciclo produttivo. Nel caso in cui risulti superato il livello di azione, l'esercente è tenuto ad effettuare l'analisi dei processi lavorativi impiegati, ai fini della valutazione dell'esposizione alle radiazioni ionizzanti dei lavoratori, ed eventualmente di gruppi di riferimento della popolazione, sulla base della normativa vigente, delle norme di buona tecnica e, in particolare, degli orientamenti tecnici emanati in sede comunitaria. Nel caso in cui risulti superato l'80 per cento del livello di azione in un qualsiasi ambiente cui le valutazioni si riferiscano, l'esercente è tenuto a ripetere con cadenza annuale le valutazioni secondo le indicazioni e le linee guida emanate dalla Commissione di cui all'articolo 10-septies.
4. Per le misurazioni previste dai commi 1 e 2, l'esercente si avvale di organismi riconosciuti o nelle more dei riconoscimenti, di organismi idoneamente attrezzati, che rilasciano una relazione tecnica contenente il risultato della misurazione.
…………………………
Art. 10-quinquies Livelli di azione
1. Per i luoghi di lavoro di cui all'articolo 10-bis, comma 1, lettere a) e b), le grandezze misurate non devono superare il livello di azione di 500 Bq m³ di concentrazione media annua.
2. Nel caso in cui le grandezze di cui al comma 1 non superino il livello di azione ma siano superiori all'80 per cento del livello di azione, l'esercente assicura nuove misurazioni nel corso dell'anno successivo.
3. Nel caso di superamento del livello di azione… l'esercente, avvalendosi dell'esperto qualificato, pone in essere azioni di rimedio idonee a ridurre le grandezze misurate al di sotto del predetto livello, tenendo conto del principio di ottimizzazione, e procede nuovamente alla misurazione al fine di verificare l'efficacia delle suddette azioni.
…………………………………..
5. L'esercente non è tenuto alle azioni di rimedio di cui al comma 3 se dimostra, avvalendosi dell'esperto qualificato, che nessun lavoratore è esposto ad una dose superiore a quella indicata nell'allegato I-bis; questa disposizione non si applica agli esercenti di asili-nido, di scuola materna o di scuola dell'obbligo.
……………………………
Art. 142-bis Contravvenzioni al capo III-bis
1. L'esercente che viola gli obblighi di cui agli articoli 10-ter, 10-quater e 10-quinquies è punito con l'arresto sino a tre mesi o con l'ammenda da lire cinque milioni a lire venti milioni.

 

UN SERIO PROBLEMA PER LA SALUTE PUBBLICA

Ci sono ancora aree di incertezza:

 - L'influenza dell'età sul tempo di esposizione: sono forse le persone più giovani più sensibili delle più anziane?
 - Le stime correnti del rischio per un dato livello di esposizione, al di l‡ del fattore età, possono variare di un fattore tre, secondo lo studio.
 - La rispettiva influenza della durata e dell'intensità dell'esposizione non è ancora chiaramente quantificata. Non è certo che essere esposti a 400 Bq/m3 per 10 anni comporti gli stessi rischi che essere esposti a 4000 Bq/m3 per un anno.  I risultati degli studi in corso potrebbero, tra pochi anni, fornire una risposta ad alcune di queste domande.

Nondimeno, possiamo ora concludere, sulla base delle conoscenze attuali, che l'esposizione al radon nelle case pone un considerevole problema per la salute pubblica. In un Paese come la Francia, dove la concentrazione media di radon è a un livello intermedio rispetto agli altri Paesi europei, si stima che il 10% dei decessi per cancro ai polmoni sia dovuto al radon.

 In fatti, in dipendenza dalle assunzioni fatte e dai metodi di calcolo usati, tra 1000 e 6000 decessi ogni anno potrebbero essere attribuibili all'esposizione al radon in Francia. Le autorità britanniche, dal canto loro, stimano che ogni anno circa 2000 decessi per cancro ai polmoni sono dovuta al radon nel Regno Unito, dove la concentrazione media di radon è inferiore ma il tumore ai polmoni è più frequente.  Non possiamo quindi tentare di dissipare questi dubbi, ma ci sono strade relativamente semplici ed economiche per ridurre di molto la concentrazione di radon nelle case e ridurre il rischio.

 

CHE COS’ È L’AMIANTO

Iniziamo dal nome: il termine greco ‘amianto’ significa letteralmente inattaccabile, incorruttibile, e serve ad indicare un gruppo di minerali formati da silicato di magnesio, calcio e ferro. L’amianto è anche detto asbesto (letteralmente “che non brucia”). Come tutti i minerali presenti in natura viene estratto da cave e miniere tramite frantumazione della roccia madre, da cui si ottiene la fibra purificata.

Oltre alla duttilità ed ai bassi costi di produzione, la principale caratteristica di questa fibra mineraria consiste nella sua incredibile resistenza alle temperature elevate, alla trazione e all’usura. Tutte caratteristiche che ne hanno fatto, per molti decenni, uno dei materiali più utilizzati nell’industria siderurgica, automobilistica, meccanica ed edile (Fonte: Ministero della Salute). E perfino come tessuto per indumenti e tute da lavoro ignifughe.

Ma l’accertamento della sua nocività per la salute dell’uomo ne ha imposto il divieto in moltissimi paesi, tra i quali l’Italia. Nel nostro Paese ne è bandito l’utilizzo a partire dal 1992.

 

Rischio amianto: quali malattie e danni per la salute comporta

La pericolosità dell’amianto consiste soprattutto nel fatto che le sue fibre si liberano facilmente nell’aria e sono potenzialmente inalabili. Specialmente le particelle sprigionate durante la lavorazione o per qualsiasi sollecitazione esterna (manipolazione, vibrazioni, correnti d’aria, infiltrazioni di umidità etc.). Un pericolo altissimo, visto che l’asbesto, come tutti i materiali fibrosi, è molto friabile, una volta respirato, tende ad accumularsi nei bronchi e negli alveoli polmonari provocando danni irreversibili ai tessuti, spesso di natura cancerogena, tra le patologie e le forme tumorali accertate derivanti dall’inalazione di particelle di amianto, quelle più pericolose e diffuse sono l’asbestosi, il mesotelioma pleurico-peritoneale ed il cancro ai polmoni, oltre a varie forme di cancro del tratto gastro-intestinale e della laringe.

Ovviamente, più sale l’esposizione alle polveri di amianto, più alta è la mortalità indotta dall’insorgenza di queste patologie, i cui periodi di incubazione che possono arrivare a 40 anni. Ma vediamo nello specifico di cosa si tratta.

L’asbestosi consiste in un processo degenerativo polmonare che si manifesta con la formazione di cicatrici fibrose sempre più estese, e a lungo andare provocano un ispessimento del tessuto polmonare, nel tempo provoca un’insufficienza respiratoria gravissima, per questa patologia non è stata ancora individuata una terapia specifica, pur essendo in via di esaurimento, i casi di asbestosi sono quelli più diffusi tra i lavoratori che hanno subito esposizioni medio-alte per 10-15 anni, altra forma tumorale maligna che può colpire i polmoni in seguito all’inalazione di polveri di amianto è il mesotelioma pleurico-peritoneale, questo tumore può insorgere anche per esposizioni specifiche relativamente limitate, i tempi di manifestazione della malattia si aggirano intorno ai 25-40 anni, anche in questo caso, non esistono terapie efficaci.

La speranza di vita alla scoperta della malattia non supera un anno; discorso a parte per il cancro ai polmoni, infatti si tratta dell’unica delle forme tumorali ad insorgere per esposizioni non specifiche, ovvero per la combinazione di più fattori decisivi come, ad esempio, l’inalazione di particelle cancerogene e il fumo di sigaretta (che ne aumenta di 50 volte le probabilità), il tumore polmonare resta silente per 15-20 anni, ma le probabilità di sopravvivenza sono leggermente più alte rispetto agli altri casi. In Italia, le morti accertate dal Ministero della Salute per esposizione all’amianto sono circa 1.000 all’anno, in particolare, tra il 1988 e il 1997 si sono registrati 9.094 decessi (5.942 uomini e 3.152 donne) per tumore maligno della pleura; secondo un recente rapporto dell’Istituto Superiore della Sanità (La mortalità per tumore maligno della pleura nei comuni italiani) nel corso degli anni Novanta molti paesi europei hanno registrato un sensibile aumento della mortalità per tumore della pleura. Questo fenomeno è messo in relazione soprattutto alla diffusione dell’amianto avvenuta negli anni Cinquanta e Sessanta.

Davanti a queste cifre e a queste informazioni, è evidente che l’amianto e il fibrocemento sono materiali estremamente pericolosi. Ma com’è stato possibile che si sia diffuso in questo modo? Per rispondere a quest’ultima domanda, vi invitiamo alla lettura attenta del capitolo dedicato.

 

EFFETTI DELL’AMIANTO SULL’UOMO

La presenza delle fibre di asbesto nell’ambiente comporta inevitabilmente dei danni a carico della salute. L’esposizione può avvenire essenzialmente per ingestione o per inalazione, anche se una quantità ridottissima di fibre può penetrare nel corpo anche per contatto cutaneo.

Le fibre ingerite vengono quasi tutte eliminate nel giro di pochi giorni per escrezione nelle feci, alcune possono però penetrare nelle cellule dell’apparato gastro-intestinale ed altre possono finire addirittura nel sangue; una certa quantità di fibre può rimanere intrappolata nei vari tessuti con cui vengono a contatto, mentre altre sono escrete con le urine, gli effetti sulla salute dovuti all’ingestione di fibre di asbesto non sono ancora perfettamente chiari, anche se delle ricerche in merito dimostrano che alcuni gruppi di persone esposte alle fibre per assunzione di acqua potabile contaminata, presentano una media di morti per tumore all’esofago, allo stomaco e all’intestino, maggiori della media riscontrata nella popolazione.
I pericoli maggiori sono comunque dovuti alla presenza delle fibre nell’aria, esse infatti una volta inalate,
si possono depositare all’interno delle vie aeree e sulle cellule polmonari, la maggior parte delle fibre viene rimossa dai polmoni nel giro di poche ore venendo eliminata con la tosse e dilavata dal muco prodotto nell’apparato respiratorio che la trasporta fino in gola e quindi nello stomaco; invece le fibre che si sono depositate nelle parti più profonde del polmone vengono rimosse più lentamente, alcune fibre possono rimanere nei polmoni per diversi anni, altre per tutta la vita.
La presenza di queste fibre estranee all’interno dei polmoni può comportare l’insorgenza di malattie come l’asbestosi, il mesotelioma ed il tumore dei polmoni.
L’asbestosi è una malattia che colpisce prevalentemente le persone che sono state esposte nei luoghi di lavoro ad alte concentrazioni di fibre aero disperse, in genere compare dopo 10-15 anni dall’inizio del periodo di esposizione e consiste in una lenta crescita di tessuto fibroso nei polmoni e nella membrana che circonda i polmoni; questo tessuto rende difficoltosa la respirazione dato che non si espande e non si contrae come il normale tessuto polmonare, anche il flusso di sangue ai polmoni può diminuire e questo provoca un ingrossamento del cuore, il respiro diviene corto ed è spesso accompagnato da tosse; la malattia è incurabile e, in alcuni casi, può condurre alla morte.  

Il mesotelioma è un tipo di tumore che si sviluppa a carico della membrana che riveste i polmoni e gli altri organi interni, la sua casistica è fortemente relazionata alla presenza di asbesto aero disperso e la sua comparsa avviene solitamente a 30 anni di distanza dall’inizio dell’esposizione, ogni anno ve ne sono circa un migliaio di casi solo in Italia; come il mesotelioma, anche il cancro polmonare compare solitamente a molti anni di distanza dall’inizio dell’esposizione e può insorgere anche per esposizione a bassi livelli di asbesto; per quanto riguarda la diversa pericolosità dei vari tipi di amianto sembra che gli anfiboli (tremolite, amosite e specialmente crocidolite) siano più pericolosi del crisotile. Molte ricerche indicano che le fibre lunghe (più grandi di 5 micrometri) sono le maggiori imputate nel causare un danno rispetto a quelle più corte (meno di 2,5 micrometri). In genere, le fibre più piccole sono associate con il mesotelioma, mentre quelle più grandi sono associate con il cancro ai polmoni

 

DA DOVE VIENE L’AMIANTO E COME SI È DIFFUSO

Il massiccio impiego dell’amianto nei più svariati settori produttivi, soprattutto tra gli anni ’40 e ’80, inizia a partire dal 1901, in questo anno, l’austriaco Ludwig Hatschek brevetta per la prima volta una miscela di cemento rinforzata con fibre di amianto. Verrà commercializzata con il marchio Eternit dall’azienda svizzera Schweizerische Eternitwerke AG (di proprietà del commerciante Alois Steinmann) che nel 1923 cambiò nome in Eternit AG, associandolo indelebilmente al fibrocemento.

Questo materiale ha caratteristiche di forte attrattiva per le aziende ovvero: l’incredibile resistenza alla trazione, alla corrosione, all’usura (non a caso, il termine eternit deriva dal latino aeternitas e significa “eterno”). Inoltre, possiede un intrinseca leggerezza che lo rende facilmente lavorabile e adattabile a qualsiasi tipo di manufatto. Queste proprietà – insieme all’eccezionale resistenza al calore – hanno portato alla diffusione dell’amianto, che all’inizio del suo utilizzo, va a sostituire o ricoprire i materiali infiammabili.

Il successo dell’eternit fu immediato, infatti già dal 1911 divenne il materiale più utilizzato soprattutto in edilizia, sia per la produzione di lastre e tegole, nonché per la realizzazione di tubi destinati alla costruzione di acquedotti che fino agli anni Settanta rappresenteranno lo standard di riferimento per tutto il comparto! Provate quindi solo per un attimo ad immaginare quanto ne siamo stati inondati…

Qualche anno prima, nel 1907, nacque lo stabilimento Eternit di Casale Monferrato. Per molti anni rappresentò il più grande centro di manufatti in fibrocemento d’Europa. Indimenticabili sono le fioriere che fecero la loro comparsa nelle città di mezza Italia a partire dal 1915. Oppure le lastre ondulate (1933) impiegate per la copertura di capannoni o tetti e visibili, purtroppo presenti ancora oggi in molte località italiane. Nello stesso anno Max Schmidheiny entra nel consiglio direttivo della Eternit, divenendone in pochi anni il proprietario. Oggi i suoi eredi sono implicati nel processo torinese.

Ma l’oggetto di uso comune forse più celebre è la sedia da spiaggia Willy Guhl. Un’opera che dimostra, una volta di più l’incredibile diffusione del fibrocemento nei settori produttivi più disparati. In tal senso, l’ultima svolta avviene nel 1963 quando l’eternit poté essere ‘finalmente’ prodotto in varie colorazioni e, questo portò come conseguenza l’allargamento delle potenziali applicazioni.

L’amianto è stato largamente utilizzato anche nell’industria termica e navale, soprattutto come isolante delle tubature e degli ingranaggi dell’oleodinamica. Inutile sottolineare che i lavoratori dei grandi stabilimenti e dei cantieri non abbiano mai avuto nessun tipo di protezione dall’inalazione pericolosa di queste polveri, per dare rilievo a questa affermazione, basti pensare al numero di operai morti nei capannoni della Fincantieri di Genova, La Spezia e Palermo, dove appunto le vibrazioni degli ingranaggi durante la lavorazione causavano il distacco dei rivestimenti in amianto dalle tubature facendole circolare nell’aria.

A questo punto, è chiaro che l’eternit è altamente diffuso dappertutto. E’ presente nelle nostre case, nelle città e nei luoghi di lavoro, per non parlare dei depositi come quello di Pomezia (Roma) che è stato teatro dell’incidente causato dall’incendio nel deposito di rifiuti riciclabili, e delle discariche abusive in cui è abbandonato senza nessuna protezione.

 

AMIANTO: SMALTIMENTO, BONIFICA E RISCHI PER LA SALUTE

L’amianto, il killer invisibile, come lo definiscono i giornali. Ma che cos’è veramente, e cosa bisogna fare con l’amianto per smaltirlo?

Iniziamo con la storia dell’amianto fino all’inizio degli anni ottanta, l’amianto era praticamente ovunque e circondava tutti, lo si trovava nelle strade, fungeva da copertura e coibentava case e palazzi.
Il suo nome era accattivante: Eternit, che in latino vuol dire eternità, da qui un uso non proprio conforme,
infatti negli ultimi giorni, specialmente a seguito delle catastrofe di Pomezia (Roma), si è tornati a parlare dell’amianto, sottolineando la sua enorme pericolosità e quanto sia ancora diffuso in Italia e nel mondo.

Proveremo a fare un quadro approssimativo della situazione in Italia oggi, quindi illustreremo quali interventi di bonifica ambientale sono necessari per smaltire questo killer invisibile.

 

AMIANTO NORMATIVA E BONIFICA

Abbiamo detto in precedenza come solo nel 1992 si sia arrivati a bandire l’amianto nel nostro Paese, una volta accertata la sua pericolosità per la salute dell’uomo.

In realtà, già dagli anni trenta dello scorso secolo, il fibrocemento era considerato dannoso per l’uomo e numerose ricerche degli anni ’50 lo indicavano come cancerogeno. Come sempre, però, la normativa giunge con parecchio ritardo e solo la legge n. 257 del ’92 ha regolamentato per la prima volta qualsiasi attività di commercializzazione, utilizzo e smaltimento del minerale sul territorio nazionale.

Obiettivo principale della legge è la limitazione dell’uso dell’amianto in qualsiasi settore produttivo, il divieto di introdurlo in svariate categorie merceologiche e la messa a punto di una normativa di sicurezza adeguata per la bonifica delle aree contaminate.

Il provvedimento, inoltre, vieta l’estrazione, l’importazione, l’esportazione e la produzione di manufatti contenti asbesto, fissando un tetto di 800 kg laddove l’amianto non sia sostituibile con materie prime affini.

Oltre alla legge 257 sono stati emanati alcuni decreti e circolari applicative che mirano a gestire e prevenire in maniera più rigorosa il pericolo connesso alla presenza di amianto in edifici, manufatti, coperture e nei luoghi di lavoro. Tra le tante, legge 271/1993 che emana disposizioni urgenti per tutti quei lavoratori che lavorano (o hanno lavorato) in industrie ed aziende dedite alla lavorazione dell’amianto e il decreto 20/1999 contenente normative e metodiche per la bonifica e lo smaltimento.

Sempre a partire dal 1992, è stata istituita la Commissione nazionale amianto (prevista dall’articolo 4 della legge 257), insediata presso il Ministero della Salute e incaricata di svolgere attività di ricerca sul trattamento dell’amianto in fase di bonifica e di redigere documenti-guida sulla valutazione, il contenimento e l’eliminazione di materiali contenenti asbesto. Nonostante questo, in Italia sono ancora 2 miliardi i metri cubi di coperture in fibrocemento. 

Con il tempo e l’azione usurante indotta dagli agenti atmosferici, tendono a sfaldarsi in minuscoli frammenti pericolosissimi per la salute delle persone esposte all’inalazione.
Qualche tempo fa, l’Espresso ha pubblicato una 
mappa dei siti ancora contaminati presenti su tutto il territorio italiano, evidenziando ben 57 aree critiche ancora da bonificare, per un rischio complessivo che coinvolge 6 milioni di cittadini.
Secondo l’Istituto Superiore della Sanità, inoltre, nelle zone contaminate i casi di tumore sono 4 volte superiori alla media nazionale.

 

Le procedure di bonifica dell’amianto e le relative agevolazioni

Ma come si decontaminano le aree a rischio e quali sono le procedure di bonifica previste dalla legge? Come funzionano le agevolazioni per imprese e cittadini? Per rispondere a queste domande è essenziale sapere che lo smaltimento dell’amianto – laddove sia presente sotto forma di materiale friabile – deve essere affidato a ditte specializzate il cui elenco è depositato presso le Camere di Commercio. In generale, le bonifiche possono essere effettuate secondo tre metodiche: incapsulamento, confinamento, rimozione.

L’incapsulamento consiste nel trattamento delle lastre esposte con sostanze e vernici sintetiche speciali. Queste sono in grado di inglobare e rinsaldare le fibre di amianto presenti nella matrice cementizia ed impedirne la dispersione nell’ambiente.

Tali sostanze creano una sorta di film protettivo uniforme e ben distribuito che funge da membrana e preserva la copertura dall’azione logorante degli agenti atmosferici.

Il confinamento, detto anche sovracopertura, consiste nell’installazione di una barriera a tenuta per isolare le aree dell’edificio contaminate da quelle salubri. Adottata soprattutto nel caso di superfici particolarmente ampie, la tecnica del confinamento è la soluzione più pratica ed economica.

Precondizione è che l’area da bonificare sia facilmente circoscrivibile e che la struttura dell’edificio permetta l’installazione della sovracopertura, che il più delle volte, comporta l’abbassamento dei soffitti. Tale bonifica può essere associata all’incapsulamento per evitare che le particelle continuino a disperdersi nelle intercapedini isolate. E’ comunque bene ricordare che entrambe le tecniche non possono considerarsi definitive, pur presentando il vantaggio di non produrre, almeno nell’immediato, materiale di difficile smaltimento.

Nei casi in cui l’incapsulamento o il confinamento non siano praticabili, la rimozione definitiva è l’unica alternativa possibile. Se la stima delle particelle disperse e disperdibili nell’ambiente è troppo alta, infatti, è necessario procedere con la sostituzione delle parti da smaltire con materiali di nuova concezione. In questo caso è essenziale che venga posta la massima attenzione alle procedure di sicurezza in tutte le fasi dell’operazione, soprattutto per non mettere a rischio la salute dei lavoratori. In tal senso, le disposizioni legislative che regolano la rimozione dell’amianto sono stringenti, sia per il produttore che per il trasportatore e lo smaltitore coinvolti nell’operazione (articolo 34 del decreto legislativo 277/1991).

La rimozione dell’amianto deve avvenire in condizioni di umidità elevata. Occorre, dunque, bagnare la superficie e procedere alla rimozione partendo dal punto più lontano dagli estrattori e seguendo la direzione del flusso dell’aria, in modo che le fibre liberate non vadano a depositarsi sulle aree già isolate. Una volta rimosso, l’amianto deve essere immediatamente insaccato e sigillato, prima che abbia il tempo di asciugare. Terminata la rimozione, l’area bonificata deve essere trattata con prodotti sigillanti per fissare le fibre liberate, mentre l’imballaggio e l’allontanamento del materiale dovrà essere effettuato secondo rigidi standard di sicurezza volti a impedire la contaminazione dell’ambiente esterno.

Non meno complesso è il problema relativo allo stoccaggio e allo smaltimento dell’amianto. Il nodo centrale è dove depositare il materiale pericoloso, posto che un luogo completamente isolato ed ‘ermetico’ non esiste. Le discariche per rifiuti pericolosi, infatti, rappresentano una soluzione temporanea, di difficile gestione e molto onerosa. Ecco perché negli ultimi anni si stanno sperimentando studi e prove di laboratorio basati sulla distruzione termica, chimica o meccanica dei rifiuti contenenti amianto e la loro trasformazione in prodotti inorganici riciclabili come materie prime secondarie, in conformità con quanto stabilito dalla normativa europea e dal decreto legislativo 152 del 2006. I lavori di smaltimento di elementi in amianto vanno eseguiti esclusivamente da personale qualificato e dotato di apposite attrezzature.

 

I COSTI

I costi per la rimozione e il trattamento dell’amianto oscillano tra gli 8 e i 16 euro al metro quadro.
Ad incidere sull’esborso totale è la quantità di sostanza da smaltire, la distanza dal cantiere, la struttura dello stabile, eventuali difficoltà e imprevisti di natura tecnica non preventivabili, la distanza dalle discariche autorizzate.

Gli sgravi fiscali previsti sono pari al 36% per la messa in sicurezza e ristrutturazione degli edifici contenenti parti in amianto; tali benefici sono stati estesi anche all’acquisto di complessi da ristrutturare e bonificare.

Le detrazioni ottenibili vengono dilazionate nell’arco di 10 anni, il tetto massimo è di 48.000 euro e per quanto riguarda la manutenzione ordinaria e straordinaria è prevista una riduzione dell’Iva al 10%.
Alcune forme di tutela e agevolazioni economiche sono state varate anche per i lavoratori che sono o sono stati esposti all’inalazione di amianto. I benefici previdenziali sono contenuti nel decreto 269/2003 che sancisce che i periodi di esposizione all’asbesto devono essere moltiplicati per 1,25 rispetto all’importo pensionistico complessivo emesso dall’INAIL. È prevista anche l’anticipazione dell’età minima pensionabile e una serie di provvedimenti legati all’insorgenza di malattie dovute all’inalazione di microfibre nocive.

Tali provvedimenti sono stati varati pensando soprattutto ai lavoratori della zona di Casale Monferrato, a quelli dell’ILVA di Taranto e ai tanti operai dei cantieri navali della Fincantieri di Genova. Tutti siti in cui si è registrato un tasso di mortalità per l’effetto cancerogeno dell’amianto mai conosciuto prima.

È inutile ricordare che tutti coloro che non l’hanno già fatto devo assolutamente provvedere alla bonifica del proprio stabile. Il pericolo è serio, concreto, micidiale e la sua risoluzione non può essere rimandata. Liberarsi dell’amianto nei termini e nelle modalità previste dalla legge è un impegno inderogabile verso noi stessi, l’ambiente e la società in cui viviamo. Ed è anche l’unica maniera per evitare che la lista nera dei morti per amianto si allunghi ulteriormente.

 

CONCLUSIONI

Questa tesi è nata, innanzitutto perché con il mio lavoro, sono un Tecnico di Fisica Sanitaria, sono spesso a contatto con elementi simili al Radon, perché radionuclidi figli del decadimento dell’Uranio, e poi dell’Amianto perché lavorando nel settore del decommissioning   molti edifici che appartenevano alle vecchie centrali nucleari, oppure impianti erano costruiti anche con l’amianto soprattutto i pavimenti.

Il tutto però è stato possibile anche perché il Master mi ha dato la possibilità di fare delle analisi più mirate, ti vedere il problema sicurezza ambientale da più punti di vista ma, come ho spiegato nelle prime righe, il mio ambito lavorativo l’ha fatta da padrone quindi mi sono orientato su due elementi che occupano la mia vita lavorativa  oltre alla mia vita di tutti i giorni, il Radon perché abitando a ridosso della zona della Tuscia Viterbese è presente in importanti concentrazioni, e l’amianto per una stretta correlazione in ambito lavorativo.

(Giu.2017)

 

Sergio Ghibelli

 

 


 

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|Anno XVI num. 2 - Mar./Apr. 2017| - Per informazioni e contatti e-mail: redazione1@spaziomotori.it

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