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RADON E AMIANTO NEMICI PUBBLICI NUMERO 1
di
Sergio Ghibelli
1°
MASTER ON-LINE IN GESTIONE E SICUREZZA AMBIENTALE (Tesina
finale)
INDICE:
IL
RADON……………………………………....…….3
CHE COS'E' IL
RADON…………………………………….3
BREVE STORIA DEL
RADON……………………………….………………..4
LE VIE DELL'ESPOSIZIONE AL RADON…………………………………….5
I RISCHI POSTI DAL RADON……………………………………………..…..5
EFFETTI DEL RADON SULL’UOMO………………………………………….6
PREVENZIONE………………………………………………………………...7
RACCOMANDAZIONI……………………………………………………………8
METODO DI INDAGINE…………………………………………………………10
UN SERIO PROBLEMA PER LA SALUTE PUBBLICA……………………16
COS’É
L’AMIANTO…………………………………………………………….17
EFFETTI DELL’AMIANTO SULL’UOMO……………………………………..17
DA DOVE VIENE L’AMIANTO E COME SI È DIFFUSO…………………….18
AMIANTO: SMALTIMENTO, BONIFICA E RISCHI PER LA SALUTE……...19
AMIANTO NORMATIVA E BONIFICA…………………………………………19
(Le procedure di bonifica dell’amianto e le relative agevolazioni )
I COSTI……………………………………………………………………………21
CONCLUSIONI…………………………………………………………………..21
IL
RADON
Il Radon è un gas
radioattivo incolore ed estremamente volatile prodotto dal decadimento
di tre nuclidi capostipiti che danno luogo a tre diverse famiglie
radioattive; essi sono il Torio 232, l'Uranio 235 e l'Uranio 238. La
sequenza del decadimento del nuclide più' abbondante in natura e cioè'
l'Uranio 238 responsabile della produzione dell'isotopo Radon 222. Il
Thorio 232 e l'uranio 235 producono invece rispettivamente il Rn 220 e
Rn 219.
Il Radon è generato
continuamente da alcune rocce della crosta terrestre in particolar modo
da lave, tufi, pozzolane, alcuni graniti.
Nell’immaginario
collettivo si pensa che le concentrazioni di Radon sono maggiori nei
materiali di origine vulcanica, ma spesso si riscontrano elevati tenori
di radionuclidi anche nelle rocce sedimentarie come marmi, marne. Come
gas disciolto esso viene veicolato anche a grandi distanze dal luogo di
formazione può essere presente anche nelle falde acquifere. Infine è
nota la sua presenza anche in alcuni materiali da costruzione.
Per giungere all'interno
delle abitazioni utilizza come via, quella che passa attraverso le
fessure e i piccoli fori delle cantine e nei piani seminterrati. Per una
valutazione precisa circa l’influenza del Radon sulla qualità dell’aria
è importante verificare: il sito dove sorgerà l’abitazione, l'uso di
particolari materiali da costruzione, pertanto occorre verificare le
tipologie edilizie. A seguito di studi effettuati nell'ultimo decennio,
questi hanno dimostrato che l'inalazione di Radon, ovviamente ad alte
concentrazioni, va ad aumentare e non di molto il rischio di tumore
polmonare. I risultati di questi studi supportano l'opinione che, in
alcune regioni europee, il Radon possa essere considerata come la
seconda causa in ordine di importanza, di cancro ai polmoni. Abbiamo i
mezzi e le conoscenze per contrastare il pericolo ambientale che l'OMC,
l'Organizzazione mondiale della Sanità attraverso l'IARC ha inserito nel
Gruppo 1 degli agenti cancerogeni conosciuti,
quindi è importante che le autorità locali debbano ricoprire un ruolo
essenziale.
Si possono comunque ipotizzare una serie di approcci molto importanti
alla problematica legata al Radon ovvero: andare ad approfondire la
comprensione della situazione del luogo riguardo i rischi legati alla
presenza di radon; fornire delle informazioni alla popolazione in
maniera chiara ed univoca; dare il nostro contributo al fine di giungere
a soluzioni del problema del Radon non appena esso sia stato
identificato.
CHE
COS'E' IL RADON
Come è già stato detto,
il radon si forma in seguito alla disintegrazione dell'uranio, dalla sua
disintegrazione, si dà origine ad altri elementi radioattivi fino ad
arrivare al piombo, che non è radioattivo.
In termini di classificazione chimica, il radon è uno dei gas rari, come
neon, krypton e xeno.
Il radon non reagisce con altri elementi chimici. Esso è il più pesante
dei gas conosciuti
(densità 9.72 g/l a 0&Mac176C, 8 volte più denso dell'aria )
Il radon si diffonde nell'aria dal suolo , a volte, dall'acqua (nella
quale può disciogliersi, negli spazi aperti, è diluito dalle correnti
d'aria e raggiunge basse concentrazioni, contrariamente al
comportamento che ha in un ambiente chiuso, come appunto quello di
un'abitazione, dove il radon può accumularsi e quindi raggiungere alte
concentrazioni.
BREVE STORIA DEL
RADON
Gli elementi radioattivi
naturali sono stati dalla sua origine presenti, ma gli elementi a vita
più breve sono andati via via scomparendo, mentre tra gli elementi
radioattivi a vita lunga che ancora sono presenti nel nostro ambiente vi
è l'uranio, il quale dà origine al radon.
La radioattività è stata scoperta in tempi relativamente recenti,
infatti fu scoperta che nel 1898, quando Marie Curie portò avanti le
ricerche sul radon. Nel 1900, il fisico F. Dorn scoprì che i sali di
radio producevano un gas radioattivo, il radon, nel sedicesimo secolo,
Paracelso aveva notato l'alta mortalità dovuta a malattie polmonari tra
i lavoratori delle miniere d'argento nella regione di Schneeberg in
Sassonia (Germania), l'incidenza di questa malattia, che in seguito
venne chiamata "malattia di Schneeberg", aumentò nei secoli
diciassettesimo e diciottesimo, quando l'attività nelle miniere di
argento, rame e cobalto si intensificò.
Questa malattia fu riconosciuta come cancro ai polmoni nel 1879. Nel
1901 nelle miniere di Schneeberg vennero fatte delle misure le quali
rilevarono un'alta concentrazione di radon, con questo risultato, fu ben
presto formulata l'ipotesi di un rapporto causa-effetto tra alti livelli
di radon e cancro ai polmoni. Questa ipotesi venne poi rafforzata da più
accurate misure del radon che furono effettuate nel 1902 sia nella
miniere di Schneeberg che in altre, in particolare quelle di Jachymov in
Boemia, da dove provenivano i minerali usati da Marie Curie.
Nonostante questi dati,
essi non bastarono a convincere tutti, e alcuni scienziati ancora
attribuiscono per questi tumori ai polmoni come causa altri fattori.
L'attività nelle miniere di uranio venne intensificata dal 1940, però i
livelli di radon non furono misurati in maniera regolare, tutto ciò fino
al 1950. Alcuni esperimenti su animali vennero compiuti nel 1951, ed
essi dimostrarono la potenziale carcinogenità del radon per i polmoni
sulle specie testate.
Infine attraverso rilevamenti epidemiologici tra i minatori di uranio,
dalla metà degli anni sessanta, hanno confermato questo potenziale
rischio anche sull'uomo. Nel 1967 il Congresso Federale per la Ricerca
degli Stati Uniti ha proposto delle raccomandazioni per controllare i
rischi correlati alle radiazioni in miniera, ma nonostante non ci
fossero più dubbi sulla realtà del pericolo (l'Organizzazione Mondiale
per la Salute confermò ciò nel 1988), fu ancora necessario quantificare
il rischio in termini di intensità di esposizione, al fine di definire
appropriati livelli di protezione.
a tal proposito, numerosi rilevamenti epidemiologici furono effettuati
negli anni '80 in varie nazioni, e non solo tra lavoratori di miniere di
uranio, ma anche di stagno e di ferro, i rilevamenti portarono a
conclusioni convergenti. Tuttavia, alcune questioni (come la rispettiva
influenza della durata e dell'intensità dell'esposizione, l'influenza
dell'età e precise quantificazioni del rischio), non sono ancora state
risolte e richiedono ulteriori studi. Nonostante il premio Nobel per la
fisica Ernest Rutheford fece notare sin dal 1907 che ognuno inala del
radon ogni giorno, le misure di radon nelle case non vennero fatte prima
del 1956 (in Svezia).
Nonostante un alto livello di radon rilevato in alcune abitazioni, il
caso non riscosse molto interesse in campo internazionale, in quanto il
problema fu considerato solo ed esclusivamente locale, soltanto 20 anni
dopo si iniziarono studi sistematici e su larga scala in numerose
nazioni, che mostrarono che non solo l'esposizione era generale, ma si
potevano raggiungere livelli molto alti, comparabili addirittura con
quelli delle miniere.
La Commissione
Internazionale per la Protezione Radiologica (ICRP) sottolineò la
vastità del problema per la salute pubblica e formulò specifiche
raccomandazioni sulla pubblicazione numero 65 del 1993.
All’ inizio del
ventesimo secolo, fu formulata l'ipotesi circa un legame scaturito dalle
alte concentrazioni di radon e cancro, anche se la dimostrazione
scientifica di questo legame è molto recente, risulta essere definitiva,
però soltanto negli ultimi 10 anni abbiamo potuto affermare che il radon
può essere alla base dei più grandi problemi di salute pubblica ed
infatti sarebbe necessario per le autorità locali, che esse vengano
sostenute dalle autorità responsabili della salute pubblica analizzando
e valutando l'entità del problema alla luce dell'architettura locale e
delle condizioni geologiche, atte poi ad aiutare a realizzare misure
preventive per ridurre il rischio.
LE
VIE DELL'ESPOSIZIONE AL RADON
Appurato che la
concentrazione del radon all'aria aperta è bassa, e calcolando che in
media la popolazione Europea trascorre la maggior parte del suo tempo in
casa, il rischio per la salute pubblica scaturito dal radon è di fatto
correlato alla sua esposizione all'interno delle abitazioni.
Molti suoli contengono
naturalmente una quantità variabile di uranio, che regola la quantità di
radon rilasciata pertanto il radon, come accennato in precedenza, si
diffonde attraverso i pori e le
spaccature del
suolo e viene trasportato o dall'aria o dall'acqua (nella
quale è solubile).
Se consideriamo un certo contenuto di radon nel suolo, la quantità di
gas che viene rilasciata varia in dipendenza della permeabilità del
suolo (densità, porosità, granulometria), del suo stato (secco,
impregnato d'acqua, gelato o coperto di neve) e anche dalle condizioni
meteorologiche (temperature del suolo e dell'aria, pressione
barometrica, velocità e direzione del vento).
Da tenere in considerazione che la concentrazione di radon decresce
rapidamente con l'altitudine.
L'acqua sotterranea, i
gas naturali, il carbone e gli oceani sono fonti minori di radiazioni,
quindi appare chiaro che il radon è universalmente presente, ma la
velocità di emissione varia in maniera significativa nel tempo, anche
per uno stesso luogo. A livello regionale o locale, indipendentemente
dalle condizioni prevalenti in un certo periodo, il fattore che di più
influenza il rilascio di radon è la geologia (per esempio il contenuto
di uranio delle rocce) riassumendo è più facile che il Radon sia
contenuto in terreni granitici e vulcanici, così come un terreno
argilloso contenga alluminio, tuttavia ci sono eccezioni a tutto ciò,
infatti si possono trovare delle miniere di uranio in terreni
sedimentari, o il radon in suoli calcarei.
La maggior parte del
radon che è presente in una casa ha come provenienza il suolo sulla
quale essa è costruita, quindi se il basamento della casa ha un
pavimento di fango, il radon può penetrare facilmente, se il pavimento è
in cemento, il radon penetra comunque sia attraverso le spaccature che
si formano con il tempo, sia lungo le tubature oppure attraverso le
giunture tra i muri, il radon può anche provenire, anche se in misura
minore, dai muri, se questi sono stati edificati utilizzando materiali
radioattivi (ad esempio i tufi vulcanici) o anche dai rubinetti, se
l'acqua che vi scorre, contiene del radon disciolto, fattore da non
sottovalutare è che il radon emesso all'interno di una casa tende a
restare lì, quindi se non si prendono misure speciali, calcolando che la
pressione all'interno di una casa è leggermente più bassa che
all'esterno, l'aria interna tende a stagnare piuttosto che a rinnovarsi,
questo fenomeno si verifica nei mesi invernali, di fatti se noi poniamo
la mano vicino allo stipite di una finestra, noteremo come una corrente
di aria fresca, più o meno intensa secondo la larghezza della fessura,
si può chiaramente percepire all'interno della casa, ma non all'esterno.
Per esempio in un
terreno qualsiasi, indipendentemente dal tempo inteso non in senso
meteorologico, la concentrazione finale di radon all’interno di una
casa è dipendente dal tipo di costruzione, materiali usati per
edificarla, ed in larga misura, dalla sua ventilazione, sia passiva
(cattivo isolamento) che attiva (aprire le finestre a intervalli lunghi
o brevi),
un ruolo molto importante è ricoperto dalle condizioni meteorologiche
(vento, pressione barometrica, umidità) perché spiega non solo le
variazioni stagionali della concentrazione di radon in una data casa, ma
anche le differenze osservate tra i livelli diurni e notturni.
I
RISCHI POSTI DAL RADON
Sia gli studi sull'uomo
(studi epidemiologici) che quelli sugli animali (studi sperimentali)
hanno approdato a una conclusione evidente: il rischio posto dal radon è
quello di cancro ai polmoni.
Di notevole importanza il fatto che lo sviluppo delle industrie, sia
quella bellica che dell'energia nucleare, al termine della Seconda
Guerra Mondiale ha fatto sì che molti paesi si cominciasse l'estrazione
mineraria dell'uranio, questo ha fatto si che molti lavoratori fossero
esposti al radon, anche i lavoratori di altri tipi di miniere (di ferro
in Svezia o di stagno in Cina) sono stati esposti largamente al radon
quando si sono trovati ad operare in strati geologici ricchi in uranio,
sulla base di questi dati sono stati realizzati numerosi studi circa lo
stato di salute di questi lavoratori, tenendo conto in maniera
determinante per il risultato di suddetti studi della loro esposizione
al radon per vari decenni, fino a raggiungere conclusioni convergenti:
il radon senza ombra di dubbio aumenta il rischio di tumore ai polmoni
nei minatori, inoltre, andando a misurare i livelli di esposizione
raggiunti da questi lavoratori, è stato possibile stimare in che misura
il rischio di tumore ai polmoni aumenta con l'esposizione.
Chiaramente gli studi
eseguiti sui minatori coprono una fascia particolare di popolazione,
ovvero quella degli uomini che in età adulta sono stati esposti per
periodi relativamente brevi (per esempio
40 ore a
settimana) e per un numero limitato di anni inoltre i minatori sono
esposti ad altri fattori che possono ricoprire un ruolo nell'incidenza
di tumore ai polmoni, perché essi, per definizione, lavorano in
atmosfera carica di polveri, ultima considerazione è che i minatori
studiati erano frequentemente fumatori, e quindi è noto il rischio di
cancro ai polmoni legato al fumo. Di contro, la popolazione analizzata
(entrambi i sessi e tutte le età) sono continuamente esposti al radon
anche se in media, fumano meno e respirano aria più pura, tutte queste
differenze vanno a giustificare lo studio dei rischi collegati alla
presenza di radon nelle case, perché il grado e l'urgenza delle misure
preventive, che devono essere prese, dipendono dalla grandezza del
rischio che un determinato livello di esposizione implica (quindi si
tiene conto dell'età, del sesso e di altri fattori).
Questi studi sono in
corso in molti Paesi. (Sono particolarmente complessi, e ciò spiega i
risultati a volte contraddittori. In capo a pochi anni disporremo di una
quantità di nuovi risultati che offriranno una risposta alle domande
ancora aperte.).
E' stato dimostrato
maniera molto ampia che il fumo di tabacco è responsabile della gran
parte dei tumori ai polmoni sia negli uomini e nelle donne, degli studi
sugli effetti combinati dell'esposizione sia al radon che al fumo delle
sigarette hanno mostrato che l'effetto totale di tali esposizioni è
molto maggiore della somma dei due effetti. Quindi in altri termini il
fumo aumenta considerevolmente il rischio di tumore ai polmoni in
correlazione al radon, e viceversa, inoltre il radon da solo è la
seconda causa di cancro al polmone dopo il tabacco.
EFFETTI DEL RADON SULL’UOMO
La pericolosità del
radon è dovuta alle sue peculiarità chimico-fisiche, essendo esso un gas
inerte ed elettricamente privo di carica elettrica è come caratteristica
una grande mobilità (al contrario di elementi come il radio o l’uranio
che restano vincolati nel materiale in cui si trovano).
In effetti il radon è un gas che può facilmente penetrare all’interno
dei polmoni e qui esplicare la sua azione degenerativa, considerando la
sua instabilità, una volta che è giunto all’interno dell’apparato
respiratorio può dare vita al processo di decadimento radioattivo, anche
gli atomi radioattivi che si generano a seguito al decadimento del radon
all’aria aperta (la cosiddetta “progenie del radon”) possono penetrare
all’interno dei polmoni: questi essendo elettricamente carichi possono
aderire al particolato aero disperso e, tramite questo, giungere a
contatto con le cellule dell’epitelio polmonare.
All’ interno dei polmoni
le particelle alfa che si liberano in seguito al decadimento del radon,
e della sua progenie possono danneggiare il DNA e l’RNA delle cellule
infatti qualora i naturali meccanismi di riparazione degli acidi
nucleici (DNA e RNA) non sono in grado di riparare tutti i danni causati
da queste radiazioni alfa vi è la possibilità che il tutto possa portare
alla formazione di un tumore ai polmoni, va detto che al momento non si
ritiene possibile l’insorgenza di tumore in altri organi del corpo in
quanto le radiazioni alfa percorrono delle distanze relativamente brevi
e quindi insufficienti a raggiungere altre zone corporee, Infine per
quanto riguarda la presenza del radon nell’acqua, finora non risulta
alcuna evidenza scientifica, che alle comuni concentrazioni presenti in
natura esso possa provocare l’insorgenza di un tumore all’apparato
digestivo.
Concludendo, anche se è
estremamente difficile valutare l’incidenza nei casi di cancro ai
polmoni del radon, si può però ipotizzare che circa il 10% dei tumori di
questo tipo sia dovuta al radon.
L’Agenzia per la Protezione Ambientale americana (EPA), ritiene che il
radon che si concentra negli ambienti confinati (indoor) provochi fra i
15000 e i 22000 casi di cancro ai polmoni all’anno solo negli USA, nel
nostro paese data la maggiore radioattività naturale del suolo (quasi
doppia), si può ipotizzare che i soggetti colpiti oscillino fra i 1500 e
i 4500 all’anno.
Al fine di prevenire il
rischio di contrarre questa malattia, molte organizzazioni
internazionali scientifiche hanno fissato dei livelli di riferimento sia
per le abitazioni che per gli ambienti di lavoro al di sotto dei quali
si ritiene che rischio che c’è è di natura accettabile, ovviamente data
la loro natura, per le sostanze radioattive il rischio non può mai
essere ridotto a zero, la maggior parte di questi valori sono diventati
dei limiti di legge.
Tutte ciò non deve
comunque creare degli allarmismi ingiustificati perché, se si ritiene di
vivere in un ambiente a rischio è spesso sufficiente aerare bene gli
ambienti in cui si vive e sigillare il terreno su cui sorge la casa;
solo poche situazioni critiche richiedono l'intervento di personale
specializzato.
Il radon che è presente
nell’aria viene inalato ed in gran parte espirato, chi preoccupa sono i
prodotti di decadimento del radon, perché essi si trovano nel
particolato atmosferico presente negli ambienti chiusi, e vengono
trattenuti a livello bronchiale.
Il radon e i suoi
“figli” possono generare un danno al DNA dei tessuti polmonari a causa
dell’energia che viene rilasciata dalle particelle alfa emesse nel
processo di decadimento, mentre una buona parte dei danni al DNA viene
riparata grazie ad appositi meccanismi cellulari, la parte di DNA che
rimane danneggiata col tempo può trasformarsi in tumore, pertanto
maggiore è la quantità di radon e dei suoi “figli” che viene inalata,
maggiore è il rischio che qualche danno non venga riparato e che quindi
si trasformi in tumore; e bene ribadire come il rischio aumenta se il
danno alle cellule è associato a quello da fumo di tabacco.
Considerando che tra il
danno ricevuto dal tessuto polmonare e l’insorgere di un tumore possono
trascorrere anni o decenni, l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul
Cancro dell’OMS nel 1988 ha classificato il radon e i suoi prodotti di
decadimento fra le sostanze per le quali vi è la massima evidenza di
cancerogenicità per l’uomo (gruppo 1). Ad oggi la percentuale di tumori
polmonari correlati al radon, che come già ampiamente detto, è la
seconda causa di tumore polmonare, dopo il fumo di sigaretta, l’Istituto
Superiore di Sanità ha stimato che in Italia, a seguito degli studi
epidemiologici più recenti, il numero di casi di tumore polmonare
attribuibili al radon è il 10% del totale di circa 32.000 tumori
polmonari che si verificano ogni anno; l’intervallo di confidenza va dal
3% al 16%, a seconda della concentrazione media nazionale, e che il
rischio per i fumatori è 25 volte più alto che per i non fumatori, ma il
radon è comunque la prima causa di tumore polmonare fra le persone che
non hanno mai fumato, da sottolineare in maniera decisa che il rischio è
statisticamente significativo anche per esposizioni prolungate a
concentrazioni di radon medio-basse, che non superano 200 Bq/m3 e che
sono molto comuni sul nostro territorio.
Inoltre è bene ribadire con forza, che non è possibile stabilire una
soglia al di sotto della quale il rischio è nullo. Una ultima importante
considerazione che non può essere sottovalutata è che la maggior parte
dei tumori polmonari è causata da concentrazioni medie e basse,
piuttosto che alte, perché un numero di persone molto basso è quello
esposto a valori elevati della concentrazione di radon, mentre la
maggior parte della popolazione è esposta a concentrazioni medio basse.
Un rapporto
dell’Istituto Superiore di Sanità sul Rischio di tumore polmonare
attribuibile all’esposizione al radon nelle abitazioni delle Regioni
italiane, che è stato pubblicato nel 2010, fornisce una prima stima del
numero di casi di tumore polmonare per anno che posso essere attribuiti
all’esposizione al radon, regione per regione. Le valutazioni sono
basate su risultati dell’Indagine Nazionale sull’esposizione alla
radioattività naturale nelle abitazioni.
PREVENZIONE
Prima di costruire un
edificio, bisogna tener conto del rischio legato al radon. Le regole
principali possono essere nazionali, regionali o locali. Devono essere
fatte rispettare.
Per vecchie case, si
può prendere un insieme di misure correttiva di varia semplicità e
costo, in dipendenza della concentrazione di radon in una particolare
casa. Queste misure sono descritte in dettaglio tra i dati tecnici
annessi.
Le concentrazioni di
radon che devono essere raggiunte tramite misure correttive o preventive
possono differire, secondo se un edificio esiste già o è in fase di
progetto. Ci sono "valori raccomandati", "valori guida" o "livelli
d'azione", che variano da un Paese all'altro. Le stesse regolamentazioni
possono essere applicate a edifici non abitati permanentemente (posti di
lavoro e scuole), tranne che per il fatto che i livelli di azione devono
essere valutati in termini di tempo massimo di occupazione.
Si stima che la
cittadinanza europea in media trascorra 19.2 ore al giorno (l'80% del
suo tempo) all'interno! E' dunque legittimo interrogarsi riguardo
l'opportunità di applicare le stesse regole agli ambienti nei quali le
persone trascorrono non più di alcune ore ogni giorno. In pratica, la
Commissione Internazionale per la Protezione Radiologica consiglia di
applicare identici livelli di azione alle case e agli edifici pubblici
dove la gente trascorre un tempo apprezzabile (scuole, ospedali, centri
residenziali). D'altra parte, quando il tempo trascorso dalla gente in
un luogo è limitato, come in uffici, librerie e teatri, non sono
richiesti particolari provvedimenti.
RACCOMANDAZIONI
Si può procedere in
maniera ordinata, evitando di allarmare la popolazione non fornendo vie
pratiche per risolvere il problema. Il primo passo è quindi la stima
della serietà del problema, e l'incoraggiamento ad altri a fare ciò.
L'iniziativa può essere a livello nazionale, locale o individuale. In
tutti i casi la cittadinanza deve essere informata.
Raccomandazione 1:
Valutazione dell'esposizione
Studi cartografici
nazionali o regionali possono fornire dati utilizzabili a livello
locale. Tuttavia, in alcuni casi, questi dati possono essere inesistenti
o inadeguati. Soltanto un gruppo di specialisti può decidere se sono
necessarie ulteriori misure per ricavare statisticamente conclusioni
valide a livello locale. Le autorità per la salute locale o gli istituti
nazionali di ricerca hanno tali gruppi di specialisti disponibili.
In una stessa località, la situazione più variare considerevolmente da
un edificio a un altro. Nelle aree valutate a rischio geologico, più
essere necessario effettuare misure nelle singole case. E' compito delle
autorità locali incoraggiare i privati a provvedere nelle loro case,
fornendo loro gli indirizzi delle compagnie specializzate.
Raccomandazione 2:
Prevenzione e correzione
E' spesso più economico
analizzare i problemi che il radon può porre prima di costruire un
edificio. Le precauzioni da prendere varieranno, secondo la natura del
suolo e del sottosuolo. Ogni autorità locale dovrebbe avere una lista di
esperti da consultare prima di iniziare i lavori di costruzione. Quando
si rileva una alta concentrazione di radon in un edificio già esistente,
le sue vie di accesso devono essere identificate ed eliminate.
Il ruolo dell'autorità
locale in questo caso è:
- tenere una lista di
individui qualificati ad identificare i punti di entrata del radon nelle
case e compiere i lavori necessari;
- incoraggiare i privati ad effettuare i lavori necessari;
- analizzare e, se necessario, ridurre le concentrazioni di radon negli
edifici di cui è responsabile.
Raccomandazione 3:
Informazione
Se gli studi mostrano un
rischio collegato al radon inusualmente elevato, la cittadinanza deve
esserne informata. Bisogna ricordare che il rischio, anche in una casa
in cui la concentrazione sia particolarmente elevata, è funzione del
tempo di esposizione. In altre parole, gli abitanti di tale casa devono
essere avvisati dei rischi che corrono, ma non è necessario che la casa
sia evacuata immediatamente: il rischio consiste nella grandezza della
dose complessiva ricevuta in un lungo periodo. Bisogna dare il giusto
impulso, con l'aiuto di specialisti, perché la gente entri in azione,
senza causare ingiustificati allarmismi.
METODO DI INDAGINE
Il monitoraggio in
ambienti confinati o esterni del RADON si effettua con l'ausilio di un
dispositivo specifico per questo gas. Tale dispositivo portatile può
essere facilmente installato negli ambienti da monitorare e registra il
valore istantaneo o nel tempo della concentrazione. Chiunque abiti in
una zona presumibilmente a rischio dovrebbe effettuare una verifica
della concentrazione di Radon nell'ambiente domestico. Dal momento che
elevate concentrazioni di Radon sono particolarmente dannose per i
bambini sarebbe auspicabile che anche nel nostro paese, le scuole di
ogni ordine, ma in particolare le materne, elementari e medie, fossero
monitorate come già' accade in altri paesi.
La conoscenza della distribuzione di Radon nei gas del suolo consente
la predisposizione di vere e proprie mappe di rischio. Tali mappe sono
state elaborate per esempio in Svezia e di fatto sono state inserite nel
contesto della pianificazione Urbanistica del Territorio. In particolare
le aree più' a rischio sono prevalentemente quelle di origine Vulcanica
con profonde faglie tettoniche (come ad esempio l'area dei Castelli
Romani) e falde acquifere a servizio di uno o più' Comuni e quindi di
grande rilevanza sulla sanità' pubblica in caso di contaminazione.
Concentrazione di radon
ed entità del rischio
Il radon, dunque, che
entra nelle nostre case dal suolo e sottosuolo e, in misura molto
minore, dai materiali da costruzione, è pericoloso. Ma quanto
pericoloso?
Quanto è giustificato l'appellativo di “killer silenzioso” col quale
talvolta compare su riviste e giornali?
Tutti noi abbiamo modi
differenti, a volte molto soggettivi, di percepire il rischio: in
termini di probabilità di incidenti mortali, ad esempio, è molto più
rischioso viaggiare in automobile che in aereo, eppure c'è molta gente
che ha paura di volare e che magari tiene il bambino in braccio sul
sedile anteriore. Dunque, per inquadrare il rischio radon, dobbiamo
andare al di là della prima percezione emotiva e confrontarlo con altri
rischi noti o comunemente accettati, per esempio le radiazioni che
riceviamo in media per accertamenti medici. Per poter eseguire questo
confronto è necessario introdurre alcune definizioni. La grandezza che
viene utilizzata come indice del potenziale danno biologico dovuto
all'esposizione alle radiazioni prende il nome di dose efficace e la sua
unità di misura è il milliSievert (mSv) Vediamo dunque, a titolo
di confronto, l'entità della dose efficace ricevuta abitualmente da
differenti sorgenti di radiazioni.
Dosi annue da differenti fonti di radiazioni, in mSv/anno |
2Fonte |
Dose media mondiale |
Dose media paesi industrializzati |
Fondo naturale |
2,4 |
|
Diagnostica Medica
(In più rispetto al fondo naturale) |
0,33 |
1,1 |
Fall-out esperimenti militari
(in più rispetto al fondo naturale) |
0,022 |
|
Sempre a titolo di
confronto, la dose efficace media italiana nel primo anno successivo
all'incidente di Chernobyl è stata di 0.5 mSv.
La domanda a cui ci
interessa rispondere è:
quanto radon è presente nell'ambiente in cui risiedo o lavoro e
quanti mSv di dose mi fornisce? e quanto è pericoloso, cioè questi mSv a
quale rischio per la mia salute corrispondono?
A quest'ultima domanda
si risponde con una stima di massima (le stime di dose, per la loro
natura probabilistica, hanno sempre un notevole grado di incertezza,
come detto prima)
Schematizzando e semplificando, le stime attuali ci dicono che:
Se la durata della esposizione a
radiazioni è di: |
La dose ricevuta
in mSv è: |
Le probabilità su 1 milione di ammalarsi di tumore letale sono: |
1 anno |
1 |
50 |
1 anno |
2,4 (fondo naturale) |
120 |
Nota: la probabilità su 1 milione di ammalarsi indica il numero
di persone che si ammaleranno su 1 milione di persone che sono
state esposte a radiazioni. |
Ora, mentre la dose
efficace, e quindi il rischio da radiazioni, si esprime in MilliSievert,
il rischio da radon si esprime, in prima istanza, in un’altra unità di
misura, per le ragioni che vengono spiegate subito sotto. La grandezza
che quantifica la presenza di radon in un ambiente è la sua
concentrazione di attività in aria, che si esprime in Becquerel al
metro cubo (simbolo Bq m-3)
Henri Becquerel è stato
il primo scopritore del fenomeno della radioattività e 1 Bq rappresenta
una disintegrazione radioattiva al secondo, mentre 1 Bq m-3
rappresenta 1 disintegrazione radioattiva al secondo in 1 metro cubo di
aria. Le prescrizioni di legge che indicano i valori limite usano questa
unità.
Domanda:
Se nella mia casa misuro 1 Bq m-3 di radon, che dose ricevo e
che rischio corro per la mia salute?
Risposta:
non dipende solo dalla concentrazione di attività di radon, ma anche
dalla durata dell'esposizione, ossia per quanto tempo respiro aria
contaminata.
Le stime attuali dicono che:
-
Se resto
costantemente esposto a 1 Bq m-3 per un anno
ricevo 0.02 mSv e ciò corrisponde a
1 probabilità su 1 milione di ammalarmi in futuro;
-
Se misuro 500 Bq m-3
e vi resto esposto 24 ore su 24 per 1 anno ricevo 10 mSv
e ho 500 probabilità su 1 milione (o 0.5 su mille) di ammalarmi in
futuro;
-
Se resto esposto per
dieci anni
anche la probabilità di ammalarmi si moltiplica per 10, ecc.
E’ chiaro che:
A parità di
concentrazione, la dose che effettivamente si riceve dipende, in modo
direttamente proporzionale, dal tempo che si passa in quell’ambiente a
contatto col radon; a parità di tempo trascorso la dose dipende
direttamente dalla concentrazione: ecco perché, quando si parla di radon
in ambienti chiusi, si preferisce esprimerlo in Bq m-3
anziché in mSv.
Persone a rischio radon
Una volta che il radon è
penetrato in un ambiente, la sua maggiore o minore pericolosità dipende,
ovviamente, dal grado di occupazione di quell'ambiente da parte di
persone. E' chiaro che se in cantina ci tengo solo i salami e il vino,
può starci tutto il radon che vuole, salami e vino non ne risentono
minimamente (per quanto forse sul salame si potrebbe aprire un
discorso). Se invece io faccio una bella cameretta al figlio nel
seminterrato, o uso abitualmente la taverna come sala da pranzo, o
adibisco i locali interrati della mia azienda a luogo di lavoro allora è
il caso di verificare bene che aria si respira. In sostanza, la
destinazione degli ambienti gioca un ruolo fondamentale.
Quali sono le categorie
di persone a rischio per il radon indoor?
Sono certamente a
rischio i lavoratori che svolgono le loro mansioni in luoghi di lavoro
sotterranei o, in zone particolari, anche solo semiinterrati.
Una categoria presa in
attenta considerazione dalla normativa vigente è quella dei bambini
dall'asilo alla fine dell'obbligo scolastico: asili e scuole, infatti,
utilizzano spesso locali interrati o semiinterrati per mense, palestre,
teatri, più raramente per aule di attività.
Invece, per quanto
riguarda le abitazioni, il caso più eclatante è quello della casalinga,
che trascorre in casa una notevole quota del suo tempo per un arco di
anni molto lungo. Altre categorie sono bambini piccoli e anziani che
trascorrono in casa la maggior parte del tempo, sia pure per un arco di
anni di vita più ridotto: teniamo presente che, per quanto riguarda i
bambini, l'esposizione può essere maggiore che per gli adulti perché,
come avviene all'anidride carbonica, il radon tende a stratificarsi in
basso a causa del suo peso.
Non dimentichiamo infine
che il fumo di sigaretta attivo potenzia significativamente l'effetto
dannoso del radon: i due effetti non si sommano semplicemente, ma in
qualche misura si moltiplicano. Quindi, ad esempio, una casalinga
fumatrice è sicuramente soggetta a un rischio radon molto maggiore (fino
a 10 volte) di una non fumatrice. Il discorso non è altrettanto netto
nel caso di fumo passivo, ci sono minori evidenze sperimentali.
Misure lunghe
Il metodo di misura per
le misure di lunga durata, obbligatorie per i luoghi di lavoro,
normalmente adottato dalla Dott.ssa Albini è quello più economico e
attualmente considerato il più affidabile per le misure di lunga durata,
che fa uso di piastrine di un materiale plastico, denominato CR-39,
alloggiate in opportuni contenitori, detti camere di diffusione.
Il contenitore viene posizionato secondo precisi criteri prescritti
dalle
Linee Guida della
Conferenza delle Regioni e Province Autonome
nell’ambiente da misurare e il radon ivi presente, penetrando nel
contenitore,
lascia sul CR-39 delle tracce in numero proporzionale alla
concentrazione di radon: un misuratore di questo tipo viene detto
passivo, in quanto non necessita di alimentazione elettrica né di
interventi esterni durante la misura.
La piastrina, prelevata dal suo contenitore, viene posta in un bagno di
sviluppo che ingrandisce le tracce e le rende leggibili con un
microscopio ottico. Dal numero di tracce che vengono contate è possibile
risalire, tramite un opportuno fattore di calibrazione, alla
concentrazione media di radon nell’ambiente.
A norma di legge, il trattamento e la lettura delle piastrine vengono
eseguiti da un laboratorio idoneamente attrezzato, rispondente a precise
caratteristiche prescritte dalle Linee Guida della Conferenza delle
Regioni e Province Autonome, che rilascia certificazione di RAC (Radon
Air Concentration) avente valore legale per le misure obbligatorie.
Misure brevi
Per le misure brevi,
indicate per indagini conoscitive in abitazioni, la Dott.ssa Albini
dispone di un sistema di misura ad elettrete E-Perm©, abbinato a un
contatore proporzionale per la discriminazione del fondo gamma. Anche in
questo caso si tratta di un misuratore passivo, che viene posizionato
nell'ambiente da misurare nella propria camera di diffusione. Al termine
del periodo di misura l'elettrete viene letto tramite un voltmetro, la
cui risposta, analizzata da un software dedicato, fornisce il valore di
concentrazione media.
Tutta la catena della misura risponde anche in questo caso ai requisiti
di laboratorio idoneamente attrezzato più sotto riportati.
Misure in tempo reale
Per le misure
istantanee, indicate per la mappatura di locali, ai fini
dell'individuazione dei punti di ingresso del radon, e per il
monitoraggio sequenziale della concentrazione, per studiarne l'andamento
temporale (orario o giornaliero) in dipendenza, ad esempio, delle
condizioni di funzionamento dell'impianto di ventilazione oppure dei
parametri meteorologici o microclimatici, per la rilevazione delle
particelle alfa emesse dal radon e progenie.
Una nota sulla qualità
della misura
Sul web sono reperibili
in vendita apparecchietti elettronici per misure "fai da te" della
concentrazione istantanea di radon: senza entrare nel merito della
qualità intrinseca di questi misuratori, è importante sapere che:
-
la concentrazione
istantanea ha scarso o nullo significato ai fini di sapere se la
casa in cui abitiamo è libera o no dal radon: la variabilità
giorno/notte e stagionale, combinata con la sensibilità degli
strumenti, è tale per cui solo un valore mediato su un periodo
sufficientemente lungo (una settimana è un limite al di sotto del
quale non ha senso scendere, meglio se almeno un mese) può fornire
indicazioni, da commisurare con la stagione in cui viene misurato,
sulla reale presenza di radon e sulla necessità o meno di
intraprendere azioni di rimedio;
-
La misura è
intrinsecamente valida solo se eseguita con precise modalità e dopo
attenta valutazione da parte di persona competente dell'ambiente da
misurare;
-
L'interpretazione
del risultato della misura è anch'essa operazione che non si
improvvisa, ma che va affidata a persona preparata e competente in
materia.
Azioni di rimedio
Effettuata la misura, se
il livello di radon supera i valori raccomandati, si devono decidere le
azioni di rimedio, in relazione sia alla concentrazione in aria, sia
all'esposizione di persone.
Le domande da porsi sono di due tipi:
-
Da dove entra il
radon? si può sigillare? si può ventilare?
-
Per quanto tempo il
locale è occupato da persone? si può ridurre? si può destinare la
stanza ad altro uso?
La risposta alla prima
categoria di domande ha un grado di complessità estremamente variabile,
come a dire, bisogna vedere caso per caso. In genere gli interventi che
si possono fare (dopo aver accuratamente verificato quali sono le vie di
ingresso) comprendono sigillature eseguite a regola d’arte,
installazione di porte con guarnizioni a tenuta, impianti di
ventilazione anche molto semplici, come piccole ventole, ma che in
taluni casi possono essere complessi, con prese d’aria sotto le
fondazioni e camini esterni.
Una volta eseguita
l’azione di rimedio, va rifatta la misura annua per verificarne
l’efficacia ed eventualmente intraprendere ulteriori misure di rimedio:
dall’esperienza maturata in questi anni dalla
Provincia autonoma di
Bolzano, che
attualmente è la più avanti in Italia nell’azione di informazione e di
assistenza ai cittadini, si
stima che siano
necessari da 2 a 4 anni per poter dire di aver bonificato in maniera
soddisfacente.
Complementare o
eventualmente alternativo alla bonifica vera e propria è l’intervento
sui tempi di occupazione dell’ambiente
contaminato da radon,
in funzione della struttura dell’edificio e della sua funzione,
lavorativa o abitativa. Per quanto riguarda le abitazioni, una buona,
sana regola sempre valida è ventilare frequentemente l’appartamento,
anche se non sempre è facile e, soprattutto, spesso non è risolutivo.
Cambiare spesso l’aria è un provvedimento che costa poco ed è sempre più
necessario nelle nostre case super-sigillate e piene di sostanze
sospette, dai detersivi alle sostanze trattanti dei mobili, dagli acari
alle muffe: è vero che spesso l’aria che entra è più cattiva di quella
che vogliamo far uscire, e di questo dobbiamo chiedere conto a chi
progetta e amministra le nostre città.
Ma è anche vero che comunque in casa non c’è solo il radon, ma vi sono
molti altri agenti inquinanti, compresi i batteri che proliferano nei
filtri degli impianti di condizionamento dell’aria. La qualità dell’aria
che respiriamo, insomma, dipende anche, e molto, dai nostri stili di
vita: è sempre più evidente che affidarsi solo a soluzioni di tipo
tecnologico, come potrebbe essere un impianto di condizionamento o di
depurazione e filtrazione, spesso causa più problemi di quanti ne
risolva.
Misure di radon
obbligatorie nei luoghi di lavoro e scuole
La misura
di concentrazione media annua di radon in aria è obbligatoria solo nei
locali interrati ed eventualmente semiinterrati dei luoghi di lavoro,
degli asili nido e scuole materne e dell’obbligo.
Secondo quanto stabilito dalla
normativa vigente,
l’esercente di attività che si svolgono
in luoghi di lavoro
sotterranei o,
in aree particolari individuate dalle Regioni, semi-sotterranei o a
piano terra ha l’obbligo di effettuare la determinazione della
concentrazione media annua di radon in aria e, se del caso, far valutare
la dose ai lavoratori esposti, secondo quanto precisato nella sezione
Normativa riguardante la radioattività naturale. In questi casi la
misura ha obbligatoriamente la durata di 1 anno, perché solo così è
possibile tenere conto delle variazioni stagionali nella emissione di
radon da suolo e sottosuolo (vedi
sezione Radon negli edifici).
Non esistono obblighi e
limiti di legge per le abitazioni, a carico, per esempio, del
costruttore o del proprietario che dà in affitto.
Vi sono però dei valori indicativi a cui ci si può riferire, anche se
non univoci a livello internazionale: in altre nazioni vi sono valori
limite raccomandati (ma non obbligatori, almeno nella maggior parte dei
casi: fanno eccezione Svezia, Danimarca e Svizzera), che variano dai 150
Bq m-3 medi annui degli Stati Uniti ai 750 del Canada, al di
sopra dei quali si raccomanda di intraprendere azioni di rimedio per
ridurre la concentrazione di radon nelle abitazioni.
Il Piano Nazionale Radon, pubblicato nel 2002 a cura del Ministero della
Salute, proponeva che l’Italia recepisse una Raccomandazione dell’Unione
Europea (143/90) e adottasse una normativa che recante come valori
limite medi annui raccomandati 400 Bq m-3 per le case
esistenti e 200 Bq m-3 per quelle da costruire (questo perché
naturalmente è più costoso eseguire interventi correttivi su case già
costruite che studiarli in fase di progetto).
Peraltro, una più recente pubblicazione dell'Organizzazione Mondiale
della Sanità (WHO Handbook on Indoor Radon - a public health perspective,
2009) propone che i singoli stati adottino un limite per le abitazioni
di 100 Bq/m-3 o comunque, in considerazione di situazioni
specifiche, non superiore a 300 Bq/m-3, raccomandando nel
contempo l'adozione di efficaci politiche volte a incentivare presso i
privati la misura e l'eventuale adozione di azioni di riduzione della
concentrazione.
Attualmente è in
discussione a livello europeo una revisione della Raccomandazione citata
(revisione adottata il 30.5.2012 dalla Commissione Europea come Proposta
COM(2012) 242 final) che indica quali sono i livelli di
concentrazione di radon in ambienti chiusi da considerare come valori
limite per le normative nazionali (le quali hanno facoltà, in
considerazione di situazioni specifiche, di abbassarli ulteriormente, ma
non di alzarli):
200 Bq /m-3
per le nuove abitazioni;
300 Bq /m-3 per le abitazioni esistenti.
Anche nel caso in cui la
misura venga richiesta al di fuori degli obblighi di legge (per esempio,
un privato che voglia eseguire un'indagine nella propria abitazione), è
comunque evidente che essa sarà tanto più realistica quanto più la sua
durata si avvicinerà all'anno: una misura istantanea della
concentrazione di radon, anche se tecnicamente possibile, non è
sufficientemente indicativa della esposizione a cui una persona possa
essere effettivamente soggetta nell'ambiente misurato.
Normativa in Italia
La normativa riguardante
la radioattività’ naturale: a tutela della salute dei lavoratori e dei
minori in età scolare
I Decreti Legislativi n.
230/1995 e n. 241/2000 fanno obbligo ai datori di lavoro, che impieghino
personale in ambienti di lavoro sotterranei, di far valutare la dose
ricevuta da tali lavoratori per inalazione di radon. Se tutta o parte
dell’attività di una ditta si svolge in ambiente sotterraneo (officina,
autorimessa, magazzino, uffici a vario titolo) e vi sono uno o più
dipendenti che vi prestano la loro opera per più di 10 ore al mese, il
caso ricade sotto la normativa, che prescrive valori limite per la
concentrazione di radon nell’aria degli ambienti interessati.
Sono soggetti a questa prescrizione anche gli asili nido, le scuole
materne e le scuole dell’obbligo elementare e medio, se ubicati anche in
parte in luoghi sotterranei.
E’ esplicitamente esclusa la sua applicazione alle abitazioni.
Le misure devono essere eseguite da un laboratorio idoneamente
attrezzato e le valutazioni di dose alle persone devono essere fatte da
un esperto qualificato della radioprotezione.
Decreto Legislativo del
Governo 17 marzo 1995 n° 230 e successive integrazioni e modifiche
(D.Lgs.241/2000, D.Lgs.257/2001) (estratto):
Il presente decreto non
si applica all'esposizione al radon nelle abitazioni o al fondo naturale
di radiazione, ossia non si applica né ai radionuclidi contenuti
nell'organismo umano, né alla radiazione cosmica presente al livello del
suolo, né all'esposizione in superficie ai radionuclidi presenti nella
crosta terrestre non perturbata”.
…”Le disposizioni del
presente capo si applicano alle attività lavorative nelle quali
la presenza di sorgenti di radiazioni naturali conduce ad un
significativo aumento dell'esposizione dei lavoratori o di persone del
pubblico, che non può essere trascurato dal punto di vista della
radioprotezione”…:
Art. 10-bis, comma 1:
a) attività lavorative durante le quali i lavoratori e, eventualmente,
persone del pubblico sono esposti a prodotti di decadimento del radon o
del toron o a radiazioni gamma o a ogni altra esposizione in particolari
luoghi di lavoro quali tunnel, sottopassaggi, catacombe, grotte e,
comunque, in tutti i luoghi di lavoro sotterranei;
b) attività lavorative durante le quali i lavoratori e, eventualmente,
persone del pubblico sono esposti a prodotti di decadimento del radon o
del toron, o a radiazioni gamma o a ogni altra esposizione in luoghi di
lavoro diversi da quelli di cui alla lettera a) in zone ben individuate
o con caratteristiche determinate……..
Art. 10-ter Obblighi
dell'esercente
1. Nei luoghi di lavoro nei quali si svolgono le attività lavorative di
cui all'articolo 10-bis, comma 1, lettera a), l'esercente, entro
ventiquattro mesi dall'inizio dell'attività, procede alle misurazioni di
cui all'allegato I-bis, secondo le linee guida emanate dalla Commissione
2. Nei luoghi di lavoro nei quali si svolgono le attività lavorative di
cui all'articolo 10-bis, comma 1, lettera b), in zone o luoghi di lavoro
con caratteristiche determinate individuati dalle regioni e province
autonome ad elevata probabilità di alte concentrazioni di attività di
radon, l'esercente procede, entro ventiquattro mesi dall'individuazione
o dall'inizio dell'attività, se posteriore, alle misurazioni secondo le
linee guida emanate dalla Commissione ………… e a partire dai locali
seminterrati o al piano terreno.
3 Nel caso in cui le esposizioni valutate non superino il
livello di azione…, l'esercente non è tenuto a nessun altro obbligo
eccettuata la ripetizione delle valutazioni con cadenza triennale o nel
caso di variazioni significative del ciclo produttivo. Nel caso in cui
risulti superato il livello di azione, l'esercente è tenuto ad
effettuare l'analisi dei processi lavorativi impiegati, ai fini della
valutazione dell'esposizione alle radiazioni ionizzanti dei lavoratori,
ed eventualmente di gruppi di riferimento della popolazione, sulla base
della normativa vigente, delle norme di buona tecnica e, in particolare,
degli orientamenti tecnici emanati in sede comunitaria. Nel caso in cui
risulti superato l'80 per cento del livello di azione in un qualsiasi
ambiente cui le valutazioni si riferiscano, l'esercente è tenuto a
ripetere con cadenza annuale le valutazioni secondo le indicazioni e le
linee guida emanate dalla Commissione di cui all'articolo 10-septies.
4. Per le misurazioni previste dai commi 1 e 2, l'esercente si avvale di
organismi riconosciuti o nelle more dei riconoscimenti, di organismi
idoneamente attrezzati, che rilasciano una relazione tecnica contenente
il risultato della misurazione.
…………………………
Art. 10-quinquies Livelli di azione
1. Per i luoghi di lavoro di cui all'articolo 10-bis, comma 1, lettere
a) e b), le grandezze misurate non devono superare il livello di azione
di 500 Bq m³ di concentrazione media annua.
2. Nel caso in cui le grandezze di cui al comma 1 non superino il
livello di azione ma siano superiori all'80 per cento del livello di
azione, l'esercente assicura nuove misurazioni nel corso dell'anno
successivo.
3. Nel caso di superamento del livello di azione… l'esercente,
avvalendosi dell'esperto qualificato, pone in essere azioni di rimedio
idonee a ridurre le grandezze misurate al di sotto del predetto livello,
tenendo conto del principio di ottimizzazione, e procede nuovamente alla
misurazione al fine di verificare l'efficacia delle suddette azioni.
…………………………………..
5. L'esercente non è tenuto alle azioni di rimedio di cui al comma 3 se
dimostra, avvalendosi dell'esperto qualificato, che nessun lavoratore è
esposto ad una dose superiore a quella indicata nell'allegato I-bis;
questa disposizione non si applica agli esercenti di asili-nido, di
scuola materna o di scuola dell'obbligo.
……………………………
Art. 142-bis Contravvenzioni al capo III-bis
1. L'esercente che viola gli obblighi di cui agli articoli 10-ter,
10-quater e 10-quinquies è punito con l'arresto sino a tre mesi o con
l'ammenda da lire cinque milioni a lire venti milioni.
UN
SERIO PROBLEMA PER LA SALUTE PUBBLICA
Ci sono ancora aree di
incertezza:
- L'influenza dell'età
sul tempo di esposizione: sono forse le persone più giovani più
sensibili delle più anziane?
- Le stime correnti del rischio per un dato livello di esposizione, al
di l‡ del fattore età, possono variare di un fattore tre, secondo lo
studio.
- La rispettiva influenza della durata e dell'intensità
dell'esposizione non è ancora chiaramente quantificata. Non è certo che
essere esposti a 400 Bq/m3 per 10 anni comporti gli stessi rischi che
essere esposti a 4000 Bq/m3 per un anno. I risultati degli studi in
corso potrebbero, tra pochi anni, fornire una risposta ad alcune di
queste domande.
Nondimeno, possiamo ora
concludere, sulla base delle conoscenze attuali, che l'esposizione al
radon nelle case pone un considerevole problema per la salute pubblica.
In un Paese come la Francia, dove la concentrazione media di radon è a
un livello intermedio rispetto agli altri Paesi europei, si stima che il
10% dei decessi per cancro ai polmoni sia dovuto al radon.
In fatti, in dipendenza
dalle assunzioni fatte e dai metodi di calcolo usati, tra 1000 e 6000
decessi ogni anno potrebbero essere attribuibili all'esposizione al
radon in Francia. Le autorità britanniche, dal canto loro, stimano che
ogni anno circa 2000 decessi per cancro ai polmoni sono dovuta al radon
nel Regno Unito, dove la concentrazione media di radon è inferiore ma il
tumore ai polmoni è più frequente. Non possiamo quindi tentare di
dissipare questi dubbi, ma ci sono strade relativamente semplici ed
economiche per ridurre di molto la concentrazione di radon nelle case e
ridurre il rischio.
CHE
COS’ È L’AMIANTO
Iniziamo
dal nome: il termine greco ‘amianto’ significa letteralmente
inattaccabile, incorruttibile, e serve ad indicare un gruppo di minerali
formati da silicato di magnesio, calcio e ferro. L’amianto è anche detto
asbesto (letteralmente “che non brucia”). Come tutti i minerali presenti
in natura viene estratto da cave e miniere tramite frantumazione della
roccia madre, da cui si ottiene la fibra purificata.
Oltre
alla duttilità ed ai bassi costi di produzione, la principale
caratteristica di questa fibra mineraria consiste nella sua
incredibile resistenza alle temperature elevate, alla trazione e
all’usura. Tutte caratteristiche che ne hanno fatto, per molti decenni,
uno dei materiali più utilizzati nell’industria siderurgica,
automobilistica, meccanica ed edile (Fonte: Ministero
della Salute). E
perfino come tessuto per indumenti e tute da lavoro ignifughe.
Ma
l’accertamento della sua nocività per la salute dell’uomo ne ha imposto
il divieto in moltissimi paesi, tra i quali l’Italia. Nel nostro Paese
ne è bandito l’utilizzo a partire dal 1992.
Rischio
amianto: quali malattie e danni per la salute comporta
La
pericolosità dell’amianto consiste soprattutto nel fatto che le sue
fibre si liberano facilmente nell’aria e sono
potenzialmente inalabili. Specialmente le particelle sprigionate durante
la lavorazione o per qualsiasi sollecitazione esterna (manipolazione,
vibrazioni, correnti d’aria, infiltrazioni di umidità etc.). Un pericolo
altissimo, visto che l’asbesto, come tutti i materiali fibrosi, è
molto friabile, una volta respirato, tende ad accumularsi nei bronchi e
negli alveoli polmonari provocando danni irreversibili ai tessuti,
spesso di natura cancerogena, tra le patologie e le forme tumorali
accertate derivanti dall’inalazione di particelle di amianto, quelle più
pericolose e diffuse sono l’asbestosi, il mesotelioma
pleurico-peritoneale ed il cancro ai polmoni, oltre a varie forme
di cancro del tratto gastro-intestinale e della laringe.
Ovviamente, più
sale l’esposizione alle polveri di amianto, più alta è la mortalità
indotta dall’insorgenza di queste patologie, i cui periodi di
incubazione che possono arrivare a 40 anni. Ma vediamo nello specifico
di cosa si tratta.
L’asbestosi consiste in un processo degenerativo polmonare che si
manifesta con la formazione di cicatrici fibrose sempre più estese, e a
lungo andare provocano un ispessimento del tessuto polmonare, nel tempo
provoca un’insufficienza respiratoria gravissima, per questa patologia
non è stata ancora individuata una terapia specifica, pur essendo in via
di esaurimento, i casi di asbestosi sono quelli più diffusi tra i
lavoratori che hanno subito esposizioni medio-alte per 10-15 anni, altra
forma tumorale maligna che può colpire i polmoni in seguito
all’inalazione di polveri di amianto è il mesotelioma
pleurico-peritoneale, questo tumore può insorgere anche per esposizioni
specifiche relativamente limitate, i tempi di manifestazione della
malattia si aggirano intorno ai 25-40 anni, anche in questo caso, non
esistono terapie efficaci.
La
speranza di vita alla scoperta della malattia non supera un anno;
discorso a parte per il cancro ai polmoni, infatti si tratta dell’unica
delle forme tumorali ad insorgere per esposizioni non specifiche, ovvero
per la combinazione di più fattori decisivi come, ad esempio,
l’inalazione di particelle cancerogene e il fumo di sigaretta (che ne
aumenta di 50 volte le probabilità), il tumore polmonare resta silente
per 15-20 anni, ma le probabilità di sopravvivenza sono leggermente più
alte rispetto agli altri casi. In Italia, le morti accertate
dal Ministero della Salute per esposizione all’amianto sono circa 1.000
all’anno, in particolare, tra il 1988 e il 1997 si sono registrati 9.094
decessi (5.942 uomini e 3.152 donne) per tumore maligno della pleura;
secondo un recente rapporto dell’Istituto Superiore della Sanità (La
mortalità per tumore maligno della pleura nei comuni italiani)
nel corso degli anni Novanta molti paesi europei hanno registrato un
sensibile aumento della mortalità per tumore della pleura. Questo
fenomeno è messo in relazione soprattutto alla diffusione
dell’amianto avvenuta negli anni Cinquanta e Sessanta.
Davanti a
queste cifre e a queste informazioni, è evidente che l’amianto e il
fibrocemento sono materiali estremamente pericolosi. Ma com’è stato
possibile che si sia diffuso in questo modo? Per rispondere a
quest’ultima domanda, vi invitiamo alla lettura attenta del capitolo
dedicato.
EFFETTI DELL’AMIANTO SULL’UOMO
La presenza delle fibre
di asbesto nell’ambiente comporta inevitabilmente dei danni a carico
della salute. L’esposizione può avvenire essenzialmente per ingestione o
per inalazione, anche se una quantità ridottissima di fibre può
penetrare nel corpo anche per contatto cutaneo.
Le fibre ingerite
vengono quasi tutte eliminate nel giro di pochi giorni per escrezione
nelle feci, alcune possono però penetrare nelle cellule dell’apparato
gastro-intestinale ed altre possono finire addirittura nel sangue; una
certa quantità di fibre può rimanere intrappolata nei vari tessuti con
cui vengono a contatto, mentre altre sono escrete con le urine, gli
effetti sulla salute dovuti all’ingestione di fibre di asbesto non sono
ancora perfettamente chiari, anche se delle ricerche in merito
dimostrano che alcuni gruppi di persone esposte alle fibre per
assunzione di acqua potabile contaminata, presentano una media di morti
per tumore all’esofago, allo stomaco e all’intestino, maggiori della
media riscontrata nella popolazione.
I pericoli maggiori sono comunque dovuti alla presenza delle fibre
nell’aria, esse infatti una volta inalate,
si possono depositare all’interno delle vie aeree e sulle cellule
polmonari, la maggior parte delle fibre viene rimossa dai polmoni nel
giro di poche ore venendo eliminata con la tosse e dilavata dal muco
prodotto nell’apparato respiratorio che la trasporta fino in gola e
quindi nello stomaco; invece le fibre che si sono depositate nelle parti
più profonde del polmone vengono rimosse più lentamente, alcune fibre
possono rimanere nei polmoni per diversi anni, altre per tutta la vita.
La presenza di queste fibre estranee all’interno dei polmoni può
comportare l’insorgenza di malattie come l’asbestosi, il mesotelioma ed
il tumore dei polmoni.
L’asbestosi è una malattia che colpisce prevalentemente le persone che
sono state esposte nei luoghi di lavoro ad alte concentrazioni di fibre
aero disperse, in genere compare dopo 10-15 anni dall’inizio del periodo
di esposizione e consiste in una lenta crescita di tessuto fibroso nei
polmoni e nella membrana che circonda i polmoni; questo tessuto rende
difficoltosa la respirazione dato che non si espande e non si contrae
come il normale tessuto polmonare, anche il flusso di sangue ai polmoni
può diminuire e questo provoca un ingrossamento del cuore, il respiro
diviene corto ed è spesso accompagnato da tosse; la malattia è
incurabile e, in alcuni casi, può condurre alla morte.
Il mesotelioma è un tipo
di tumore che si sviluppa a carico della membrana che riveste i polmoni
e gli altri organi interni, la sua casistica è fortemente relazionata
alla presenza di asbesto aero disperso e la sua comparsa avviene
solitamente a 30 anni di distanza dall’inizio dell’esposizione, ogni
anno ve ne sono circa un migliaio di casi solo in Italia; come il
mesotelioma, anche il cancro polmonare compare solitamente a molti anni
di distanza dall’inizio dell’esposizione e può insorgere anche per
esposizione a bassi livelli di asbesto; per quanto riguarda la diversa
pericolosità dei vari tipi di amianto sembra che gli anfiboli (tremolite,
amosite e specialmente crocidolite) siano più pericolosi del crisotile.
Molte ricerche indicano che le fibre lunghe (più grandi di 5 micrometri)
sono le maggiori imputate nel causare un danno rispetto a quelle più
corte (meno di 2,5 micrometri). In genere, le fibre più piccole sono
associate con il mesotelioma, mentre quelle più grandi sono associate
con il cancro ai polmoni
DA
DOVE VIENE L’AMIANTO E COME SI È DIFFUSO
Il massiccio impiego
dell’amianto nei più svariati settori produttivi, soprattutto tra gli
anni ’40 e ’80, inizia a partire dal 1901, in questo
anno, l’austriaco Ludwig Hatschek brevetta per la prima volta
una miscela di cemento rinforzata con fibre di amianto. Verrà
commercializzata con il marchio Eternit dall’azienda svizzera Schweizerische
Eternitwerke AG (di proprietà del commerciante Alois Steinmann) che nel
1923 cambiò nome in Eternit AG, associandolo indelebilmente al
fibrocemento.
Questo materiale ha
caratteristiche di forte attrattiva per le aziende ovvero: l’incredibile
resistenza alla trazione, alla corrosione, all’usura (non a caso, il
termine eternit deriva dal latino aeternitas e significa
“eterno”). Inoltre, possiede un intrinseca leggerezza che lo rende
facilmente lavorabile e adattabile a qualsiasi tipo di manufatto. Queste
proprietà – insieme all’eccezionale resistenza al calore – hanno portato
alla diffusione dell’amianto, che all’inizio del suo utilizzo, va
a sostituire o ricoprire i materiali infiammabili.
Il successo dell’eternit
fu immediato, infatti già dal 1911 divenne il materiale più utilizzato
soprattutto in edilizia, sia per la produzione di lastre e tegole,
nonché per la realizzazione di tubi destinati alla costruzione di
acquedotti che fino agli anni Settanta rappresenteranno lo standard di
riferimento per tutto il comparto! Provate quindi solo per un attimo ad
immaginare quanto ne siamo stati inondati…
Qualche anno prima,
nel 1907, nacque lo stabilimento Eternit di Casale Monferrato. Per molti
anni rappresentò il più grande centro di manufatti in fibrocemento
d’Europa. Indimenticabili sono le fioriere che fecero la loro comparsa
nelle città di mezza Italia a partire dal 1915. Oppure le lastre
ondulate (1933) impiegate per la copertura di capannoni o tetti e
visibili, purtroppo presenti ancora oggi in molte località italiane.
Nello stesso anno Max Schmidheiny entra nel consiglio direttivo
della Eternit, divenendone in pochi anni il proprietario. Oggi i suoi
eredi sono implicati nel processo torinese.
Ma l’oggetto di uso
comune forse più celebre è la sedia da spiaggia Willy Guhl.
Un’opera che dimostra, una volta di più l’incredibile diffusione del
fibrocemento nei settori produttivi più disparati. In tal senso,
l’ultima svolta avviene nel 1963 quando l’eternit poté essere
‘finalmente’ prodotto in varie colorazioni e, questo portò come
conseguenza l’allargamento delle potenziali applicazioni.
L’amianto è stato
largamente utilizzato anche nell’industria termica e navale, soprattutto
come isolante delle tubature e degli ingranaggi
dell’oleodinamica. Inutile sottolineare che i lavoratori dei grandi
stabilimenti e dei cantieri non abbiano mai avuto nessun tipo di
protezione dall’inalazione pericolosa di queste polveri, per dare
rilievo a questa affermazione, basti pensare al numero di operai morti
nei capannoni della Fincantieri di Genova, La Spezia e Palermo, dove
appunto le vibrazioni degli ingranaggi durante la lavorazione causavano
il distacco dei rivestimenti in amianto dalle tubature facendole
circolare nell’aria.
A questo punto, è chiaro
che l’eternit è altamente diffuso dappertutto. E’ presente nelle nostre
case, nelle città e nei luoghi di lavoro, per non parlare dei depositi
come quello di Pomezia (Roma) che è stato teatro dell’incidente causato
dall’incendio nel deposito di rifiuti riciclabili, e delle discariche
abusive in cui è abbandonato senza nessuna protezione.
AMIANTO: SMALTIMENTO, BONIFICA E RISCHI PER LA SALUTE
L’amianto, il killer
invisibile, come lo definiscono i giornali. Ma che cos’è veramente, e
cosa bisogna fare con l’amianto per smaltirlo?
Iniziamo con la storia
dell’amianto fino all’inizio degli anni ottanta, l’amianto era
praticamente ovunque e circondava tutti, lo si trovava nelle strade,
fungeva da copertura e coibentava case e palazzi.
Il suo nome era accattivante: Eternit, che in latino vuol dire eternità,
da qui un uso non proprio conforme,
infatti negli ultimi giorni, specialmente a seguito delle catastrofe di
Pomezia (Roma), si è tornati a parlare dell’amianto, sottolineando la
sua enorme pericolosità e quanto sia ancora diffuso in Italia e nel
mondo.
Proveremo a fare un
quadro approssimativo della situazione in Italia oggi, quindi
illustreremo quali interventi di bonifica ambientale sono necessari per
smaltire questo killer invisibile.
AMIANTO NORMATIVA E BONIFICA
Abbiamo detto in
precedenza come solo nel 1992 si sia arrivati a bandire l’amianto nel
nostro Paese, una volta accertata la sua pericolosità per la salute
dell’uomo.
In realtà, già dagli
anni trenta dello scorso secolo, il fibrocemento era considerato dannoso
per l’uomo e numerose ricerche degli anni ’50 lo indicavano come
cancerogeno. Come sempre, però, la normativa giunge con parecchio
ritardo e solo la legge n. 257
del ’92 ha regolamentato per la prima volta qualsiasi attività
di commercializzazione, utilizzo e smaltimento del minerale sul
territorio nazionale.
Obiettivo principale
della legge è la limitazione dell’uso dell’amianto in qualsiasi settore
produttivo, il divieto di introdurlo in svariate categorie merceologiche
e la messa a punto di una normativa di sicurezza adeguata per
la bonifica delle aree contaminate.
Il provvedimento,
inoltre, vieta l’estrazione, l’importazione, l’esportazione e la
produzione di manufatti contenti asbesto, fissando un tetto di 800 kg
laddove l’amianto non sia sostituibile con materie prime affini.
Oltre alla legge 257
sono stati emanati alcuni decreti e circolari applicative che mirano a
gestire e prevenire in maniera più rigorosa il pericolo connesso alla
presenza di amianto in edifici, manufatti, coperture e nei luoghi di
lavoro. Tra le tante, legge 271/1993 che emana disposizioni urgenti per
tutti quei lavoratori che lavorano (o hanno lavorato) in industrie ed
aziende dedite alla lavorazione dell’amianto e il decreto 20/1999
contenente normative e metodiche per la bonifica e lo smaltimento.
Sempre a partire dal
1992, è stata istituita la Commissione nazionale amianto (prevista
dall’articolo 4 della legge 257), insediata presso il Ministero della
Salute e incaricata di svolgere attività di ricerca sul trattamento
dell’amianto in fase di bonifica e di redigere documenti-guida sulla
valutazione, il contenimento e l’eliminazione di materiali contenenti
asbesto. Nonostante questo, in Italia sono ancora 2 miliardi i metri
cubi di coperture in fibrocemento.
Con il tempo e l’azione
usurante indotta dagli agenti atmosferici, tendono a sfaldarsi in
minuscoli frammenti pericolosissimi per la salute delle persone esposte
all’inalazione.
Qualche tempo fa, l’Espresso ha pubblicato una mappa
dei siti
ancora
contaminati presenti su tutto il territorio italiano, evidenziando
ben 57 aree critiche ancora da bonificare, per un rischio complessivo
che coinvolge 6 milioni di cittadini.
Secondo l’Istituto Superiore della Sanità, inoltre, nelle zone
contaminate i casi di tumore sono 4 volte superiori alla media
nazionale.
Le procedure di bonifica
dell’amianto e le relative agevolazioni
Ma come si decontaminano
le aree a rischio e quali sono le procedure di bonifica previste dalla
legge? Come funzionano le agevolazioni per imprese e cittadini? Per
rispondere a queste domande è essenziale sapere che lo smaltimento
dell’amianto – laddove sia presente sotto forma di materiale friabile –
deve essere affidato a ditte specializzate il cui elenco è depositato
presso le Camere di Commercio. In generale, le bonifiche possono essere
effettuate secondo tre metodiche: incapsulamento,
confinamento, rimozione.
L’incapsulamento
consiste nel trattamento delle lastre esposte con sostanze e vernici
sintetiche speciali. Queste sono in grado di inglobare e rinsaldare le
fibre di amianto presenti nella matrice cementizia ed impedirne la
dispersione nell’ambiente.
Tali sostanze creano una
sorta di film protettivo uniforme e ben distribuito che funge da
membrana e preserva la copertura dall’azione logorante degli agenti
atmosferici.
Il confinamento, detto
anche sovracopertura, consiste nell’installazione di una barriera a
tenuta per isolare le aree dell’edificio contaminate da quelle salubri.
Adottata soprattutto nel caso di superfici particolarmente ampie, la
tecnica del confinamento è la soluzione più pratica ed economica.
Precondizione è che
l’area da bonificare sia facilmente circoscrivibile e che la struttura
dell’edificio permetta l’installazione della sovracopertura, che il più
delle volte, comporta l’abbassamento dei soffitti. Tale bonifica può
essere associata all’incapsulamento per evitare che le particelle
continuino a disperdersi nelle intercapedini isolate. E’ comunque bene
ricordare che entrambe le tecniche non possono considerarsi definitive,
pur presentando il vantaggio di non produrre, almeno nell’immediato,
materiale di difficile smaltimento.
Nei casi
in cui l’incapsulamento o il confinamento non siano praticabili,
la rimozione definitiva è l’unica alternativa possibile. Se la stima
delle particelle disperse e disperdibili nell’ambiente è troppo alta,
infatti, è necessario procedere con la sostituzione delle parti da
smaltire con materiali di nuova concezione. In questo caso è essenziale
che venga posta la massima attenzione alle procedure di sicurezza in
tutte le fasi dell’operazione, soprattutto per non mettere a rischio la
salute dei lavoratori. In tal senso, le disposizioni legislative che
regolano la rimozione dell’amianto sono stringenti, sia per il
produttore che per il trasportatore e lo smaltitore coinvolti
nell’operazione (articolo 34 del decreto
legislativo 277/1991).
La
rimozione dell’amianto deve avvenire in condizioni di umidità elevata.
Occorre, dunque, bagnare la superficie e procedere alla rimozione
partendo dal punto più lontano dagli estrattori e seguendo la direzione
del flusso dell’aria, in modo che le fibre liberate non vadano a
depositarsi sulle aree già isolate. Una volta rimosso, l’amianto deve
essere immediatamente insaccato e sigillato, prima che abbia il tempo di
asciugare. Terminata la rimozione, l’area bonificata deve essere
trattata con prodotti sigillanti per fissare le fibre liberate, mentre
l’imballaggio e l’allontanamento del materiale dovrà essere effettuato
secondo rigidi standard di sicurezza volti a impedire la contaminazione
dell’ambiente esterno.
Non meno
complesso è il problema relativo allo stoccaggio e allo smaltimento
dell’amianto. Il nodo centrale è dove depositare il materiale
pericoloso, posto che un luogo completamente isolato ed ‘ermetico’ non
esiste. Le discariche
per rifiuti pericolosi,
infatti, rappresentano una soluzione temporanea, di difficile gestione e
molto onerosa. Ecco perché negli ultimi anni si stanno sperimentando
studi e prove di laboratorio basati sulla distruzione termica, chimica o
meccanica dei rifiuti contenenti amianto e la loro trasformazione in
prodotti inorganici riciclabili come materie prime secondarie, in
conformità con quanto stabilito dalla normativa europea e dal decreto
legislativo 152
del 2006.
I lavori di smaltimento di elementi in amianto vanno eseguiti
esclusivamente da personale qualificato e dotato di apposite
attrezzature.
I
COSTI
I costi per la rimozione
e il trattamento dell’amianto oscillano tra gli 8 e i 16 euro al metro
quadro.
Ad incidere sull’esborso totale è la quantità di sostanza da smaltire,
la distanza dal cantiere, la struttura dello stabile, eventuali
difficoltà e imprevisti di natura tecnica non preventivabili, la
distanza dalle discariche autorizzate.
Gli sgravi fiscali
previsti sono pari al 36% per la messa in sicurezza e ristrutturazione
degli edifici contenenti parti in amianto; tali benefici sono stati
estesi anche all’acquisto di complessi da ristrutturare e bonificare.
Le detrazioni ottenibili
vengono dilazionate nell’arco di 10 anni, il tetto massimo è di 48.000
euro e per quanto riguarda la manutenzione ordinaria e straordinaria è
prevista una riduzione dell’Iva al 10%.
Alcune forme di tutela e agevolazioni economiche sono state varate anche
per i lavoratori che sono o sono stati esposti all’inalazione
di amianto. I benefici previdenziali sono contenuti nel decreto 269/2003
che sancisce che i periodi di esposizione all’asbesto devono essere
moltiplicati per 1,25 rispetto all’importo pensionistico complessivo
emesso dall’INAIL. È prevista anche l’anticipazione dell’età minima
pensionabile e una serie di provvedimenti legati all’insorgenza di
malattie dovute all’inalazione di microfibre nocive.
Tali provvedimenti sono
stati varati pensando soprattutto ai lavoratori della zona di Casale
Monferrato, a quelli dell’ILVA di Taranto e ai tanti operai dei cantieri
navali della Fincantieri di Genova. Tutti siti in cui si è registrato un
tasso di mortalità per l’effetto cancerogeno dell’amianto mai conosciuto
prima.
È inutile ricordare che
tutti coloro che non l’hanno già fatto devo assolutamente provvedere
alla bonifica del proprio stabile. Il pericolo è serio, concreto,
micidiale e la sua risoluzione non può essere rimandata. Liberarsi
dell’amianto nei termini e nelle modalità previste dalla legge è un
impegno inderogabile verso noi stessi, l’ambiente e la società in cui
viviamo. Ed è anche l’unica maniera per evitare che la lista nera dei
morti per amianto si allunghi ulteriormente.
CONCLUSIONI
Questa tesi è nata,
innanzitutto perché con il mio lavoro, sono un Tecnico di Fisica
Sanitaria, sono spesso a contatto con elementi simili al Radon,
perché radionuclidi figli del decadimento dell’Uranio, e poi
dell’Amianto perché lavorando nel settore del decommissioning molti
edifici che appartenevano alle vecchie centrali nucleari, oppure
impianti erano costruiti anche con l’amianto soprattutto i pavimenti.
Il tutto però è stato
possibile anche perché il Master mi ha dato la possibilità di fare delle
analisi più mirate, ti vedere il problema sicurezza ambientale da più
punti di vista ma, come ho spiegato nelle prime righe, il mio ambito
lavorativo l’ha fatta da padrone quindi mi sono orientato su due
elementi che occupano la mia vita lavorativa oltre alla mia vita di
tutti i giorni, il Radon perché abitando a ridosso della zona della
Tuscia Viterbese è presente in importanti concentrazioni, e l’amianto
per una stretta correlazione in ambito lavorativo.
(Giu.2017)
Sergio Ghibelli |