IL SISTEMA
FISCALE NELLA GESTIONE DEI RIFIUTI INDUSTRIALI
di
Maurizio Guelfi
In questi ultimi anni è
finalmente balzata alle cronache la problematica relativa alla gestione
dei rifiuti da parte degli enti locali, nella maggior parte del nostro
territorio. Nonostante l’ attivazione della raccolta differenziata
tramite l’utilizzo dei cassonetti oppure del “porta-a-porta”, i rifiuti
urbani rimangono un costo sempre più oneroso per ciascun cittadino.
La tassa sui rifiuti (Ta.Ri.), come previsto dalla Legge
n. 147 del 2013, si applica nel caso di possesso o detenzione a
qualsiasi titolo di locali o di aree scoperte, a qualsiasi uso adibiti,
suscettibili di produrre rifiuti urbani.
Diversamente da quanto si possa pensare, per le aziende
del tessuto industriale del nostro paese, finalmente, negli ultimi anni,
si è realizzata una inversione di tendenza. Infatti, quando
il produttore di rifiuti è un’impresa, i rifiuti prodotti sono ritenuti
rifiuti speciali assimilati o assimilabili e le condizioni di
tassabilità differiscono a seconda della gestione, della tipologia e
dell’impresa.
I rifiuti,
per una maggiore comprensione della loro gestione da parte degli enti
locali, vengono classificati in due diverse tipologie:
ASSIMILABILI:
rifiuto speciale che può essere recuperato o smaltito in
impianti originariamente progettati per trattare rifiuti urbani
(elenco fruibile dalla Delibera Comitato
interministeriale sui rifiuti del 27/07/1984).
I rifiuti assimilabili
devono avere una composizione merceologica analoga a quella dei rifiuti
urbani o, comunque, siano costituiti da manufatti e materiali simili a
quelli elencati nella Delibera citata (imballaggi in carta/cartone,
plastica, legno come cassette e pallet, rifiuti ingombranti, etc…).
ASSIMILATI:
rifiuto che il Comune, sulla base di criteri
qualitativi (Delibera
Comitato interministeriale sui rifiuti del 27/07/1984)
e quantitativi, ha deciso di prendere in carico nel normale
servizio di raccolta dei rifiuti urbani, trasformando quindi il rifiuto
speciale in rifiuto urbano.
Comprendendo
le possibili difficoltà di chi per la prima volta, si affaccia a questa
materia, potremmo esemplificare la questione:
Il Comune di
Sanremo, assimila ai rifiuti urbani gli scarti di una tipografia, il
materiale è prevalentemente costituito da carta di buona grammatura
(qualità del rifiuto) fino al limite di 5 tonnellate al mese (quantità
del rifiuto); quindi se la tipografia produce ogni mese 10 tonnellate di
rifiuti costituiti da carta, 5 tonnellate diventeranno rifiuti speciali
assimilati agli urbani (rifiuti urbani CER 200101 carta e cartone) e 5
tonnellate resteranno rifiuti speciali assimilabili agli urbani (CER
150101 carta e cartone).
In questo
modo i rifiuti speciali assimilati agli urbani possono essere
avviati autonomamente al recupero a cura ed onere del produttore o del
detentore attraverso aziende specializzate. Proprio per questo motivo, i
regolamenti comunali devono prevedere riduzioni della TARI per i
rifiuti che il produttore o detentore ha avviato autonomamente al
recupero.
La
concreta individuazione delle caratteristiche non solo qualitative ma
anche quantitative dei rifiuti speciali costituisce premessa necessaria
alla delibera comunale di assimilazione
di essi a quelli solidi ordinari, in quanto non è dato valutare
l’impatto igienico ed ambientale di un materiale di scarto a prescindere
dalla sua quantità (CASSAZIONE 12752/2002).
Per
escludere ogni ipotesi di danno correlato al rifiuto assimilato senza
predeterminarne la quantità conferibile si dovrebbe prevedere un
servizio di smaltimento di potenzialità illimitata, certo non
rispondente ai principi di efficienza, efficacia ed economicità che pure
costituiscono condizioni di legittimità dell’esercizio della potestà di
assimilazione attribuita dalla norma di legge (Ministero dell’Economia e
delle Finanze risposta a quesito Prot. 38997 del 09/10/2014).
La potestà
di assimilazione non può essere esercitata senza tenere conto delle
quantità di rifiuti che il Comune può effettivamente gestire con
efficienza, efficacia ed economicità, assicurando di evitare
disequilibri ambientali e di rendere più equa l’applicazione del
tributo.
Un ulteriore
aspetto riguarda la situazione relativa ai rifiuti speciali
assimilabili (e NON assimilati), di cui i Comuni non hanno la
titolarità ad istituire servizi integrativi atti al recupero e/o
smaltimento di tali scarti industriali. Possono essere avviati
autonomamente ad operazioni di recupero o di smaltimento a cura ed onere
del produttore/detentore.
La Legge n.
147 del 2013 art. 1 comma 649, sottolinea come nella determinazione
della superficie assoggettabile alla TARI non si tenga conto di quella
parte di essa ove si formano, in via continuativa e prevalente, rifiuti
speciali, al cui smaltimento sono tenuti a provvedere a proprie spese i
relativi produttori, a condizione che ne dimostrino l’avvenuto
trattamento in conformità alla normativa vigente.
Nel secondo
periodo del medesimo articolo e comma, si comprende come per i
produttori di rifiuti speciali assimilati agli urbani, nella
determinazione della TARI, il Comune disciplini con proprio regolamento
riduzioni delle quote variabili del tributo proporzionali alle quantità
di rifiuti speciali assimilati che il produttore dimostra di aver
avviato al recupero direttamente o tramite soggetti autorizzati.
Il
regolamento comunale deve disciplinare diversi aspetti: i criteri di
determinazione delle tariffe, la classificazione delle categorie di
attività con omogenea potenzialità di produzione di rifiuti, l’
individuazione di categorie di attività produttive di rifiuti speciali
alle quali applicare, nell’obiettiva difficoltà di delimitare le
superfici ove tali rifiuti si formano, percentuali di riduzione
rispetto all’intera superficie su cui l’attività viene svolta.
Come si
apprende dalla Legge sopra indicata, e grazie ad alcune fonti secondarie
come ad esempio la risposta al quesito Prot. 38997 del 09/10/2014 del
Ministero dell’Economia e delle Finanze, oltre alla Risoluzione Prot.
47505 del 09/12/2014, si considerano intassabili le aree sulle quali
si svolgono le lavorazioni industriali e artigianali, che sono
generalmente produttive in via prevalente di rifiuti speciali,
poiché la presenza umana determina la produzione di una quantità non
apprezzabile di rifiuti speciali assimilabili”. Ed ancora:
“Conseguentemente, non può ritenersi corretta l’applicazione del
prelievo su rifiuti alle superfici specificamente destinate alle
attività produttive, con la sola esclusione di quella parte di esse
occupate da macchinari”.
“Tale
comportamento potrebbe infatti dare origine a una ingiustificata
duplicazione di costi, poiché i produttori di rifiuti speciali, oltre a
far fronte al prelievo comunale, dovrebbero anche sostenere il costo per
lo smaltimento in proprio degli stessi rifiuti”.
Il punto
centrale di tale normativa è quello di evitare l’applicazione della
Ta.Ri. nelle situazioni in cui il presupposto del tributo non sorge,
come nel caso delle superfici di lavorazione industriale o artigianale.
Per quanto
concerne le altre superfici riguardanti le aziende, se si analizza un
Regolamento Ta.Ri. di un qualsiasi Comune italiano, si evince come
vengano individuate le aree di produzione di rifiuti speciali non
assimilabili e i magazzini di materie prime e di merci funzionalmente ed
esclusivamente collegati all’esercizio di dette attività produttive, ai
quali si estende il divieto di assimilazione.
Questo potere,
secondo il Ministero, è esercitato dal Comune nel solo ristretto ambito
in cui gli è consentito, poiché, ovviamente laddove le superfici
producono rifiuti speciali non assimilabili, il Comune non ha alcun
spazio decisionale, in quanto queste superfici sono già escluse ex
lege dalla TARI.
L’esercizio
di tale facoltà opera nel senso di estendere il divieto di
assimilazione ai rifiuti che si producono sulle superfici adibite a
magazzini, che hanno la particolare caratteristica di essere
funzionalmente ed esclusivamente collegati all’esercizio delle attività
produttive.
“I magazzini intermedi di produzione e quelli adibiti allo
stoccaggio dei prodotti finiti devono essere considerati intassabili in
quanto produttivi di rifiuti speciali a prescindere dall’intervento
regolamentare del Comune di cui al terzo periodo del comma 649 della
Legge n. 147/2013”.
Nei casi in
cui sia comprovata la produzione di rifiuti speciali non assimilabili,
si ritiene che possa senz’altro essere ribadita l’intassabilità delle
superfici destinate a magazzino indipendentemente dall’esistenza
di un collegamento funzionale con le aree di lavorazione industriale.
Allo stesso modo le aree scoperte in quanto asservite al ciclo
produttivo e che restano produttive, in via continuativa e prevalente di
rifiuti speciali non assimilabili, devono essere parimenti escluse
dall’ambito applicativo della TARI.
La
situazione attuale vede numerosi casi in cui la mancata applicazione di
tali opportunità di sgravio, sia per mancanza di conoscenza della reale
applicazione normativa introdotta dalla giurisprudenza, sia per
ostruzionismo da parte delle amministrazioni locali, comporta un
disincentivo alle aziende nel poter gestire correttamente i propri
rifiuti, comportando inoltre un mancato guadagno dovuto al minor gettito
contributivo.
Mi auguro
che questo articolo abbia chiarito le reali opportunità che la corretta
applicazione della normativa potrebbe comportare all’intera filiera dei
rifiuti
(dic.2016).
Maurizio Guelfi
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