SAI COSA BEVI?
LE ACQUE RESIDUALI SANITARIE E IL LORO
POTENZIALE TOSSICO
di Sofia
Mangani
Il numero di
composti farmaceutici nel mercato attuale é molto ampio e in
continua crescita. Lo sviluppo e la ricerca in questo settore ha
aiutato e continua aiutando a migliorare il livello e la qualitá di
vita, ma rappresenta paradossalmente anche una nuova fonte di
potenziale rischio per la salute umana. I centri sanitari, come gli
ospedali o le cliniche private, costituiscono tra i più
significativi punti di discarica nell’ambiente di molte sostanze
chimiche tra le quali medicinali e prodotti farmaceutici ad uso
terapeutico umano. Queste molecole chimiche, utilizzate nella cura e
prevenzione di malattie, quando immesse indiscriminatamente
nell’ambiente, possono diventare potenzialmente pericolose per la
salute. In lingua anglosassone sono denominate PPCPs (Pharmaceuticals
and Personal Care Products); all’interno di questa denominazione
vengono raggruppati sia i prodotti farmaceutici che i prodotti per
l'igiene e e la cura personale.
Tutte le sostanze
chimiche, assunte per mezzo endovenoso o orale nelle terapie
farmaceutiche, vengono successivamente metabolizzate, escrete
attraverso feci e urine e riversate, insieme alle acque di
depurazione, direttamente nei corsi di acqua.
Le acque residuali
provenienti da ospedali e centri sanitari vengono ad oggi trattate
con metodologie di depurazioni tradizionali, uguali al trattamento
delle acque residuali urbane.
Durante la
depurazione delle acque residuali urbane vengono considerati i
seguenti parametri chimico-fisici:
-
Odore, colore e temperatura
-
Quantitá di solidi disciolti
-
pH
-
Ossigeno disciolto
-
BOD (Domanda biochimica di ossigeno)
-
COD (Domanda chimica di ossigeno)
-
Azoto
-
Fosforo
-
Cloruri
-
Sulfati
É intuitivo che la
ristabilizzazione di questi parametri durante i trattamenti di
depurazione, non libera le acque residuali dai composti chimici
considerati in questo articolo. Le acque residuali, una volta passate
attraverso il processo depurativo, possono essere riutilizzate, ad
esempio in agricoltura e nell’industria, o direttamente riversate nei
corsi di acqua e possono direttamente o indirettamente venire a contatto
con le persone e costituire una importante fonte di pericolo per la
salute.
La composizione delle
acque residuali provenienti dai centri di salute rileva una grande
varietà di sostanze chimiche e materiale biologico che con i metodi di
depurazione tradizionali non possono essere eliminati.
Molte di queste sostanze
sono persistenti e possono interagire con l’ambiente o con altri
composti, cambiare le loro caratteristiche chimico fisiche e in alcuni
casi aumentare la loro tossicitá e provocare fenomeni di bioaccumulo e
biomagnificazione nella fauna dei corsi d’acqua.
L’assunzione e la
successiva escrezione di medicinali da parte dei malati ospedalieri
rappresentano un potenziale pericolo per la salute delle persone sane.
Con le escrezioni vengono a liberarsi nell’ambiente molte quantità di
composti in forma ancora chimicamente attiva, non eliminabili con i
metodi di depurazione tradizionale e che una volta assunte possono
provocare importanti effetti nocivi: nella maggior parte dei casi, le
acque residuali depurate vengono direttamente rigettate nei corsi di
acqua determinando non solo un pericolo per la salute umana attraverso
l’assunzione o il contatto diretto con l’acqua, ma anche in alcuni casi
nuocendo alla flora e fauna acquatica con gravi conseguenze per
l’ecosistema. Queste sostanze sono spesso molto persistenti
nell’ambiente e sono capaci di bioaccumularsi negli organismi
acquatici, di biomagnificare e arrivare all’uomo per mezzo
dell’alimentazione oltre che dell’assunzione diretta delle acque.
Occasionalmente può verificarsi anche una contaminazione delle acque
sotterranee.
E’ importante
considerare la magnitudine del problema poiché ogni anno vengono
riversati nell’ambiente migliaia di tonnellate di oltre 1500 composti
differenti.
Molti studi scientifici
hanno provato la presenza in acqua potabile di sostanze tra le quali
antibiotici o sostanze psicoattive come per esempio antidepressivi o
oppiacei. Questi composti, se assunti anche a dosi bassissime ma per
periodi prolungati, possono apportare seri problemi di salute.
Tra i maggiori studi
effettuati in questo campo risaltano quelli suoi distruttori endocrini (EDC,
Endocrine Distrupting Chemicals), sostanze capaci di interferire
con il corretto funzionamento del sistema endocrino. Vengono
identificati come distruttori endocrini molti composti tra i quali
pesticidi, contaminanti alogeni persistenti e molti altri composti, tra
i quali anche molti medicinali che, se assunti da persone sane o sotto
forma di metaboliti, possono avere degli effetti dannosi alla salute. I
maggiori effetti degli EDC riguardano principalmente il sistema
riproduttivo e il sistema nervoso centrale e sembrano affettare
soprattutto gli stadi di vita piú delicati, quelli pre e post natale.
Molti degli studi
tossicologici effettuati nelle acque residuali provenienti dai centri di
salute hanno rilevato la presenza di alcuni dei principali medicinali di
uso comune, tra i quali antibiotici come ad esempio amoxicillina,
antifebbrili come ibuprofene, psicofarmaci come diazepam e molte altre
sostanze tra le quali anche alcune sostanze stupefacenti come la
cocaina. Questi studi sono stati effettuati principalmente attraverso
l’analisi chimico fisica delle acque. Gli studi ecotossicologici sono
invece stati effettuati attraverso esperimenti su animali da
laboratorio, studi epidemiologici e osservando gli effetti su persone
già esposte.
I primi studi
scientifici effettuati sulla ricerca di sostanze farmaceutiche nelle
acque risale già alla fine degli anni 70, dove si studiò la presenza di
ormoni estrogeni nelle acque di depurazione provenienti da escrezioni
umane. Da allora non sono ancora state deliberate delle politiche di
mantenimento e prevenzione delle acque reflue provenienti dai centri di
salute. I problemi relativi alla gestione di queste acque, vengono
considerati dalla letteratura scientifica come problemi di difficile
gestione; queste sostanze vengono infatti liberate nell’ambiente in
quantità molto elevate e in molti casi senza ancora essere stati assunti
e metabolizzati (per esempio per smaltimento improprio) o come
metaboliti ancora attivi, capaci in entrambi i casi di interagire tra di
essi, con altre sostanze chimiche o con le caratteristiche proprie
dell’ambiente quali, i cambiamenti di pH, di temperatura e salinità.
La legislazione relativa
alla gestione dei prodotti chimici è nata nel diritto comunitario negli
anni 60, dove vennero regolamentati la commercializzazione e la
classificazione delle sostanze chimiche. Nel 2006 con il regolamento
REACH (Registration, Evaluation, authorisation of Chamicals)
è stato
definitivamente adottato un sistema di gestione unico internazionale,
con il ruolo di coordinamento tecnico-scientifico nella gestione delle
sostanze chimiche. Con il REACH vengono valutate, autorizzate e
registrate tutte le sostanze chimiche in commercio attraverso la
formazione di un’Agenzia Europea che ha sede a Helsinki in Finlandia.
Nonostante questo nella legislazione nazionale e internazionale non sono
ancora state determinate delle regolamentazioni specifiche relative alla
gestione delle acque residuali sanitarie, se anche ne sono state
riconosciute in letteratura scientifica le alte potenzialità nocive.
In campo medico
scientifico e nel campo ambientale, lo studio delle acque residuali di
provenienza sanitaria è uno degli argomenti più ricorrenti e
all’avanguardia, capace di attirare l’attenzione dei più noti
investigatori scientifici ma purtroppo non ancora quella delle nostre
istituzioni politiche.
Oltre ad una corretta
azione preventiva, le proposte per possibili soluzioni a questo problema
esistono già anche se nessuna è al momento operativa. Si tratta
principalmente di metodi alternativi e più mirati di depurazione delle
acque direttamente alla fonte di scarico. Teoricamente ogni struttura
sanitaria dovrebbe essere dotata di un impianto di depurazione
alternativo che permetta la eliminazione delle sostanze chimiche e dei
medicamenti, prima che le acque vadano ad unirsi a quelle urbane e
vengano riversate nei corsi d’acqua. Alcuni tra i metodi più efficienti
sono; la depurazione con raggi ultravioletti e perossido di idrogeno,
tecnologie con processo di ossidazione avanzata (AOPs), trattamento
mediante separazione per membrana (MBRs, nanofiltrazione, processo di
osmosi inversa ecc.
Ognuna di queste
tecnologie viene già utilizzata in molti altri processi ed è già stata
testata sulle acque residuali sanitarie con efficienti risultati.
L’unico problema che rende questa una problematica ancora di difficile
soluzione è da ricondurre a questioni esclusivamente economiche.
La corretta gestione e
regolamentazione delle acque residuali sanitarie è un importante passo
da fare verso la tutela della salute umana. L’acqua è indispensabile per
la vita, e deve essere un diritto di tutti bere e utilizzare acqua pura
e priva di sostanze tossiche o potenzialmente pericolose. Bisogna
inoltre ricordare che l’inappropriata gestione delle acque residuali
sanitarie non solo comporta l’immissione nei corsi d’acqua di composti
farmaceutici ad uso terapeutico, ma anche quella di molti fattori
patogeni, batteri e virus: ma questa è un’altra storia
(Gen.2011).
Sofia
Mangani |