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Mancato accorpamento del P.R.A. e
della M.C.T.C.
di Giovanni Minieri
Il 30 aprile scorso, il Presidente Renzi,
illustrando la legge sulla semplificazione della Pubblica
Amministrazione, aveva anticipato la ferma volontà di mettere
finalmente fine a quella che è un’anomalia del tutto italiana: l’obbligo
per l’automobilista che voglia circolare con un veicolo a motore, di
dotarsi del Certificato di Proprietà (gestito dal P.R.A.)
e del Libretto di Circolazione (rilasciato dalla M.C.T.C.).
Due documenti che, a leggerli bene, riportano dati che potrebbero
tranquillamente trovare posto su un unico certificato. Nelle intenzioni
del governo c’era la volontà di dare metaforicamente fuoco ai due pezzi
di carta e, dalle ceneri dei due documenti, dar vita alla Carta Unica
del Veicolo. Con la conseguenza che, venuto meno uno dei due
documenti, il corrispondente ente emittente venisse assorbito da quello
rimanente. Ma nella legge varata il 13 giugno, quella volontà si è
dimostrata tutt’altro che ferma ed il cerino è passato di mano in mano
senza che nessuno abbia avuto il coraggio di accenderlo.
Per capire quali potrebbero essere stati i
motivi che non hanno consentito la fusione tra i due istituti, vediamo
cosa sono e di cosa si occupano.
Il P.R.A. (Pubblico Registro
Automobilistico), gestito dall’ACI, conta 3.000 dipendenti impiegati in
106 uffici provinciali e 400 sportelli distribuiti sul territorio
nazionale. Nell’ultimo anno, ha gestito 12 milioni di operazioni pari ad
un totale di 1,1 miliardi di euro, di cui 190 milioni legati al
Certificato di Proprietà. Ed è proprio quest’ultimo che legittima
l’esistenza del P.R.A. Resta infatti nelle sue competenze l’annotazione
sul C. di P. di tutte quelle variazioni della posizione giuridica dei
veicoli circolanti in Italia come i passaggi di proprietà, i fermi
amministrativi, le ipoteche, le demolizioni, la perdita di possesso.
I costi di esercizio del P.R.A. non gravano
sulle spese dello Stato, ma vengono assorbiti dall’emolumento pari a 27
euro, fissato per legge, e corrispondente a quanto dovuto dal privato
cittadino per una singola trascrizione automobilistica. Ma il P.R.A. può
comunque contare sulla copertura finanziaria derivante dalla quota
associativa versata da circa un milione di iscritti all’Aci.
La M.C.T.C. è una direzione generale alle
dipendenze del Ministero dei Trasporti, ha alle dipendenze 3.500 persone
dislocate su 88 uffici provinciali che, ogni anno, gestiscono circa 56
mila operazioni. Resta nelle sue competenze il rilascio della Carta
Circolazione, documento contenente i dati tecnici del veicolo ed
eventuali modifiche ad esso apportate come l’installazione del gancio
traino o di un impianto g.p.l.,ma vengono annotate anche le revisioni,
così come la variazione dell’intestatario.
Essendo un ente alle dipendenze di un
ministero, tutte le spese di gestione risultano addebitate sul conto
statale, ma alla M.C.T.C. vengono riconosciuti anche 9 euro di diritti
per tutte le pratiche automobilistiche, si sappia però che tali diritti
finiscono pari pari nelle casse dello Stato.
Ora passiamo alle probabili criticità che
non hanno permesso l’accorpamento dei due enti.
Il primo ostacolo che ci si è trovato
dinanzi è la diversa natura giuridica dei due enti: il P.R.A., un ente
pubblico non economico finanziato in parte dalle quote dei soci ACI, la
M.C.T.C. è sostanzialmente un ente ministeriale. Un altro problema è il
tipo di formazione del personale dipendente dal P.R.A. che di certo non
ha la preparazione per assolvere ai compiti propri dei dipendenti della
Motorizzazione. Sono persino differenti le piattaforme informatiche su
cui girano i software di gestione dei due enti ed ovviamente, come nella
migliore tradizione campanilistica italiana, ogni ente reputa il proprio
software migliore dell’altro. Resta poi da chiarire come sarebbe stato
possibile per esempio revisionare i mezzi pesanti presso gli uffici dei
P.R.A. sprovvisti di piazzali adatti. In ultimo e non meno importante,
non si dimentichi che ad una accorpamento del genere e la contestuale
istituzione del Documento Unico del Veicolo avrebbe dovuto far seguito
un decreto che modificasse anche il Codice della Strada.
Giovanni Minieri |
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