AGENTI CHIMICI E NUOVA REGOLAMENTAZIONE
EUROPEA: RISVOLTI SULL’ AMBIENTE ESTERNO E SULL’AMBIENTE DI LAVORO
di Elisa
Trapani
Sono
considerati agenti chimici tutti gli elementi o composti chimici, allo
stato naturale o ottenuti, utilizzati o smaltiti, compreso lo
smaltimento come rifiuti, mediante qualsiasi attività lavorativa, siano
essi prodotti intenzionalmente o no e siano immessi o no sul mercato
(D.Lgs.81/2008).
Sin
dall’antichità, l’uomo ha usato il suo ingegno per mescolare sostanze
nel tentativo di ottenere nuovi prodotti che potessero essere utilizzati
nell’ ambiente esterno e/o di lavoro. Nel far ciò, egli ha dovuto
affrontare rischi sempre nuovi e spesso imprevedibili, considerando la
natura incognita dei processi innescati e dei prodotti ottenuti.
Il
processo scientifico e tecnologico degli ultimi due secoli ha
determinato una vera e propria rivoluzione nel settore chimico di
sintesi. Oggi, il numero di sostanze e di preparati pericolosi presenti
in commercio ed utilizzati anche nelle diverse attività lavorative è
molto elevato, ed è in continuo aumento, cosicché un singolo individuo,
nei diversi momenti della propria storia lavorativa e nell’arco della
propria vita, può essere esposto a numerose tipologie di inquinanti con,
spesso, gravi effetti sulla salute.
È
quindi necessario acquisire una corretta percezione del rischio chimico.
Le
sostanze chimiche esistenti o sintetizzate sono, ad oggi, più di 63
milioni, e crescono con una velocità di qualche milione l’anno.
La
pericolosità di una sostanza/preparato è determinata dagli effetti
nocivi che provoca sul corpo umano e sull’ambiente.
Molte
sostanze possono diventare pericolose se usate in particolari
condizioni, ad esempio aria compressa o acqua ad alta temperatura.
L’esposizione al rischio può essere accidentale nel caso di sversamento,
incendio o esplosione, o continuativa; l’effetto lesivo può essere acuto
per esposizioni a elevate dosi o cronico per esposizioni a basse dosi.
Il
contesto normativo riguardante la protezione dell’ambiente e dei
lavoratori da agenti chimici pericolosi ha registrato, negli ultimi
anni, delle innovazioni che comportano radicali cambiamenti nella
trattazione di tale problematica.
In
passato la legislazione italiana in materia si è a lungo basata su
criteri per lo più qualitativi e soggettivi, tant’è che, pur essendo
noti gli effetti patogeni di molte sostanze, fino a non molto tempo fa
erano praticamente assenti criteri per l’individuazione e la
quantificazione del rischio chimico.
Solo
negli ultimi anni, grazie alla rilevanza che ha assunto la questione
nell’ambito della comunità europea, è stata inequivocabilmente sancita
l’importanza rivestita dalle misurazioni sperimentali sull’effettiva
esposizione chimica, come criterio per la valutazione e il contenimento
del rischio e per la pianificazione delle azioni di controllo e/o di
risanamento da effettuare successivamente.
In
particolare nell’ambito della legislazione sul lavoro, il D.Lgsl.81/08 e
successive modifiche e integrazioni, ha previsto una valutazione del
rischio chimico secondo metodologie standardizzate e con un chiaro
riferimento ai valori limite di esposizione professionale.
Suddetto decreto ha definito i requisiti minimi per la protezione dei
lavoratori contro i rischi per la salute e la sicurezza che derivano, o
possono derivare, dagli effetti di agenti chimici presenti sul luogo
lavoro o come risultato di ogni attività lavorativa che comporti la
presenza di agenti chimici. (D.Lgs.81/08, titolo IX, CAPO I, Art.221)
In tale contesto è divenuto pertanto fondamentale la
classificazione e l’etichettatura delle sostanze e dei preparati;
argomento che, per diverso tempo, è stato disciplinato dalla Direttiva
del Consiglio del 27 giugno 1967, n. 67/548/CEE
concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative,
regolamentari ed amministrative relative alla classificazione,
all'imballaggio e all'etichettatura delle sostanze pericolose. La
Direttiva è stata, successivamente, modificata negli anni e gli allegati
tecnici sono stati adeguati al progresso tecnologico.
Per cui le sostanze e i preparati immessi in commercio nel territorio
della UE, sia prodotti sia importati, devono essere valutati per le
loro proprietà fisico-chimiche, tossicologiche ed ecotossicologiche al
fine di individuare la loro potenziale pericolosità per l'uomo e per
l'ambiente.
La classificazione ed etichettatura di una sostanza chimica o di una
miscela di più sostanze si basa sulla valutazione del pericolo connesso
al loro uso, secondo quanto previsto dal D.Lgs.52
del 3 febbraio 1997 (per
le sostanze) e dal D.Lgs.65
del 14 marzo 2003 (per
i preparati), e relativi aggiornamenti.
L'etichettatura e le schede informative di sicurezza (SDS) sono i mezzi
di informazione del pericolo connesso all'uso della sostanza o del
preparato. Le risultanti classificazioni ed etichettature, sono
comunicate agli utilizzatori della sostanza attraverso l'etichetta e,
per quanto riguarda gli utilizzatori professionali attraverso le schede
informative in materia di sicurezza, entrambi utile strumento per la
gestione del rischio derivante dai prodotti chimici.
Negli ultimi trenta anni sono stati elaborati svariati sistemi di
classificazione ed etichettatura per le sostanze ed i preparati
pericolosi nei diversi ambiti normativi dei vari Paesi del mondo.
Ciò ha comportato sistemi dissimili che fornivano
informazioni a volte contrastanti riguardo alla prevenzione e sicurezza
nell’uso della stessa sostanza chimica e loro miscele prodotte nei
diversi Paesi del mondo.
La Conferenza delle Nazioni Unite su Ambiente e Sviluppo (UNCED), nel
1992, a Rio de Janeiro, ha identificato come uno dei suoi programmi
d’azione l’armonizzazione dei sistemi di classificazione ed
etichettatura dei prodotti chimici. Sono state quindi avviate una serie
di attività atte a sviluppare un nuovo sistema classificatorio,
armonizzato a livello globale, denominato Globally Harmonized System (GHS) la
cui prima versione è stata pubblicata a livello ONU nel 2003,
successivamente aggiornata nel 2005.
L’Unione Europea ha deciso di adottare formalmente il nuovo sistema di
classificazione, ed attualmente è in fase di discussione una
proposta di regolamento comunitario che
adotta i principi del GHS, prevedendo una fase di transizione con la
successiva abrogazione definitiva delle attuali normative in materia di
classificazione delle sostanze e dei preparati pericolosi.
In realtà, si osserva che il sistema GHS è costituito da
una serie di raccomandazioni internazionali la cui applicazione dovrebbe
essere facoltativa. Tuttavia, alla stregua della maggior parte dei
paesi, l'Unione Europea ha voluto renderle obbligatorie integrandole nel
diritto comunitario.
Nel 2009 i criteri del sistema GHS sono stati quindi inclusi nella
normativa che disciplina i trasporti nell'Unione Europea.
Al fine del raggiungimento degli obiettivi, del
miglioramento ed ampliamento del sistema GHS, la Commissione Europea,
verso la fine del 2008, ha adottato un
altro nuovo regolamento detto "CLP" (CE) 1272/2008 sulla
classificazione, etichettatura ed imballaggio delle sostanze e delle
miscele pericolose.
Tale regolamento è basato sui criteri di classificazione
e sulle regole di etichettatura del sistema GHS, ma è anche il risultato
di 40 anni di esperienza maturata attraverso l'attuazione della
legislazione comunitaria sulle sostanze chimiche. Il livello di
protezione ottenuto viene mantenuto attraverso classi di pericolo
comunitarie non ancora parte del sistema GHS.
Il regolamento CLP, quindi, va ad integrare alcune classi
o categorie di pericolo non presenti nell'attuale normativa UE relativa
alla fornitura e all'utilizzo delle sostanze chimiche.
Nel
nuovo quadro normativo europeo un altro regolamento detto REACH,
è entrato in vigore il 1° Giugno 2007, semplificando e
migliorando la legislazione sulle sostanze chimiche.
REACH è acronimo delle parole inglesi “Registration,
Evaluation, Authorisation and Restriction of CHemicals”, ovvero
“Registrazione, Valutazione, Autorizzazione e Restrizione delle sostanze
Chimiche”. Trattandosi di un regolamento Europeo, non necessita di
essere trasposto nell’ordinamento nazionale, ed è dunque immediatamente
applicabile e valido in tutti gli Stati dell’Unione Europea.
Obiettivo principale del REACH è aumentare la protezione
della salute umana ed ambientale attraverso una migliore e più rapida
identificazione delle proprietà intrinseche delle sostanze chimiche;
allo stesso tempo mira ad aumentare la competitività dell’industria
chimica europea prevenendo la frammentazione del mercato interno ed
aumentandone la trasparenza.
Non bisogna assolutamente pensare che REACH riguardi solo
le industrie chimiche: il suo approccio è per molti aspetti
rivoluzionario e di una portata che ha pochi precedenti nella storia del
diritto comunitario. Anche tutti gli utilizzatori di sostanze chimiche
(pensiamo a vernici e coloranti utilizzati da falegnami e carrozzieri, o
ai prodotti per la pulizia, utilizzati da tutti) sono in qualche misura
coinvolti dall’applicazione di REACH.
Il REACH va a rivoluzionare il mondo dei prodotti
chimici, con effetto sulle diverse attività produttive,
indipendentemente dalla natura, dimensione e localizzazione delle
stesse.
Invero il regolamento REACH non si riferisce
genericamente ai “prodotti chimici”, ma utilizza una terminologia ben
precisa che a volte può lasciare perplessi e ingenerare confusione.
Come regola generale, il REACH si applica a tutte le
sostanze chimiche, da sole, contenute in preparati (miscela o soluzione
composta di due o più sostanze) oppure in un articolo e gli obblighi
variano a seconda della pericolosità e dei quantitativi della sostanza
prodotta o immessa sul mercato europeo:
• quantità: la quantità minima oltre la quale si applica
la registrazione del REACH per una certa sostanza prodotta o importata
in UE è 1 t all’anno per persona legale;
• pericolosità: le sostanze considerate pericolose sono
incluse, nell’obbligo di registrazione, prescindendone dalla quantità
impiegata.
Al centro del regolamento vi è l’obbligo di registrare le
sostanze chimiche.
Le sostanze poco pericolose, quali ad esempio acqua,
ossigeno, gas nobili e polpa di cellulosa, sono escluse dalla
registrazione. Anche altre sostanze presenti in natura – quali ad
esempio minerali, minerali metallici e/o concentrati di minerali
metallici – sono escluse dalla registrazione, sempre che non siano
chimicamente modificate. Sono altresì esenti da ampie sezioni del REACH
le sostanze presenti nei cibi e nei farmaci, poiché regolati da un’altra
legislazione specifica.
Qualora le sostanze chimiche, utilizzate per produrne
altre, non siano mai separate dal mix di altre sostanze chimiche entro
un sistema chiuso, risultano totalmente esenti dall’applicazione del
REACH (intermediari non isolati). Le sostanze intermediarie che vengono
separate durante il processo produttivo (intermediari isolati) dovranno
essere invece registrate, ma con requisiti di informativa semplificati e
commisurati al loro basso rischio.
In sintesi si può dire che i due obiettivi principali
del REACH sono da un lato, il miglioramento della tutela della salute
umana e dell’ambiente rispetto ai pericoli legati alle sostanze
chimiche, dall’altro, il rafforzamento della competitività
dell’industria chimica europea.
Il nuovo regolamento, inoltre, permetterà di raccogliere
informazioni complete sulle proprietà di tutte le sostanze prodotte o
importate in quantità superiori alla tonnellata annua e di trasmettere,
all’Agenzia europea per le sostanze chimiche, le informazioni necessarie
a dimostrarne l’uso in regime di sicurezza.
L’inadempienza dell’obbligo di registrazione comporterà
l’impossibilità di fabbricare o importare la sostanza in oggetto
all’interno del mercato europeo con, si presume, salvaguardia
dell’ambiente e della salute.
Il principio di base di REACH è che solo le sostanze che
sono state registrate presso l’Agenzia Europea della Chimica possono
essere commercializzate ed utilizzate.
In conclusione, si introduce un concetto nuovo quale lo
scenario d’esposizione, allegato alle schede di sicurezza, che è
l’insieme delle condizioni che descrivono il procedimento con cui la
sostanza è fabbricata o utilizzata e il modo in cui il fabbricante o
l’importatore controlla o raccomanda agli utilizzatori a valle di
controllare l’esposizione delle persone e dell’ambiente. Esso serve per
comunicare, a chi utilizza una sostanza, quali precauzioni deve adottare
affinché il rischio chimico sia adeguatamente controllato per evitare
spiacevoli conseguenze sull’ambiente e sugli ambienti di lavoro.
(Set.2012)
Elisa
Trapani
Specialista in medicina del lavoro |