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Alla conquista dell’autobus!
di
Giovanni Minieri
Viaggio spesso sui mezzi pubblici per andare a lavoro,
per giunta negli orari di punta, quando cioè l’autobus che aspettavi da
un quarto d’ora, salta la fermata perché troppo pieno di pendolari. E
quello successivo non è che sia messo meglio. Tant’è che a volte
l’apertura delle porte risulta impossibile, con i viaggiatori incastrati
negli esigui spazi che andrebbero invece lasciati liberi per consentirne
l’apertura. Ma dopo un paio di tentativi fatti dal conducente e la
fattiva collaborazione delle persone a bordo che consiste nel
riposizionarsi disponendosi in formazione “LIBERA LA PORTA”,
sacrificando i piedi che vengono ordinariamente pestati, gli zaini che
volano sulle teste, con gli uomini che vanno in apnea per tirar dentro
quei 10 cm di panza utili a fare spazio, e le donne che tirano su le
carrozzine, pargoli compresi e incuranti di quanto succeda, finalmente
si schiudono i battenti.
Ma non si creda che a questo punto la salita sul mezzo
sia garantita… anzi. All’apertura delle porte, i passeggeri che sono
dentro non sembrano essere molto felici di dover sacrificare qualche
altro millimetro di spazio per consentirti di salire. Anzi, il loro
sguardo trasmette intenzioni non proprio pacifiche, e l’intensità di
tale avversione è direttamente proporzionale a ciò che tu hai con te. Ad
esempio, se non porti nulla, allora forse qualcuno timidamente tenta di
spostarsi per lasciarti salire. Invece se, tua sfortuna, hai con te lo
zainetto, la borsa della palestra e la spesa dell’Slunga, allora stai
pur certo che quelli che stazionano davanti alla porta si disporranno
come fossero sul Piave, istantaneamente in formazione “NON PASSA LO
STRANIERO”, oppure come gli spartani alle Termopili: “QUESTA E’
SPARTA!”. Ma di solito sono più fortunato, non sono per niente uno
sportivo, la mia spesa è a frequenza mensile e consiste in alimenti
congelati/surgelati con i quali riempio il freezer, lasciando in frigo
giusto un paio di birre nel caso gli amici vengano a vedersi la partita
a casa mia.
Per i passeggeri, quindi, non rappresento un nemico e con
la coda dell’occhio vedo un ragazzetto che sposta il suo zaino
appoggiato a terra, lasciando libera una superficie la cui misura è
corrispondente esattamente ai centimetri quadrati delle suole delle mie
due scarpe numero quarantatré. Con un balzo felino, di cui io stesso mi
stupisco, ma necessario affinché le altre anime che agognano essere
traghettate dal Caronte – ANM non prendano possesso di quella superficie
utile, occupo la mia posizione, le porte si chiudono e d’incanto, pur
senza tenermi da nessuna parte, resto perfettamente in equilibrio,
incastrato alla perfezione nel puzzle – autobus di colore arancio della
linea R2.
Giovanni Minieri |
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