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AMBIENTE:
Inquinamento & Riqualificazione
di Salvo Barba
Uno
dei problemi più seri da risolvere, degli ultimi anni, è diventato
l’inquinamento.
Macchine, fabbriche, stufe… inquinano emanando nell’aria particelle
dannose all’uomo ed all’ambiente. Molte foreste sono state distrutte,
vaste zone sono state desertificate e molti corsi d’acqua e alcuni
tratti di mare sono stati inquinati da scarichi industriali causando la
scomparsa di molte specie animali. L’inquinamento è la contaminazione
dell'aria, delle acque e del suolo con sostanze e materiali dannosi per
l'ambiente e per la salute degli esseri umani, capaci di interferire con
i naturali meccanismi di funzionamento degli ecosistemi o di
compromettere la qualità della vita. Esistono vari tipi di inquinamento:
atmosferico, acustico, da petrolio, delle acque, luminoso ed
elettromagnetico. L’inquinamento atmosferico si forma nell’aria per
immissione di sostanze gassose, liquide o solide che ne alterano la
naturale composizione. Queste sostanze, nocive per la salute dei
viventi, possono: alterare il clima terrestre, corrodere materiali da
costruzione e monumenti, essere sgradevoli all’olfatto e rendere malsani
gli ambienti.
Esistono sorgenti di inquinamento naturali e antropiche. Infatti,
sebbene l’idea stessa di “inquinamento” sia solitamente associata agli
effetti delle attività umane, va ricordato che composti contaminanti
derivano anche da fenomeni naturali. In quest’ultimo caso, tuttavia, le
modificazioni ambientali possono essere in una certa misura
riequilibrate dalla capacità dell’ambiente di tamponare le variazioni.
Le attività umane, invece, hanno spesso effetti a lungo termine meno
prevedibili e possono generare modificazioni irreversibili: le sostanze
inquinanti prodotte dall’uomo spesso sono immesse nell’ambiente in
quantità ingenti e in tempi relativamente brevi. In genere, le sostanze
inquinanti si disperdono nell’aria “diluendosi”. Il loro grado di
concentrazione dipende da fattori quali: condizioni climatiche,
temperatura, velocità dei venti e la topografia locale. Di solito,
salendo in quota dal livello del mare la temperatura diminuisce.
Tuttavia, quando uno strato di aria fredda
si incunea sotto a uno strato di aria calda si ha una situazione di
inversione termica e l’aria fredda, essendo impossibilitata a salire,
ristagna in prossimità della superficie. Così viene ostacolata la
dispersione delle sostanze inquinanti, la cui concentrazione, in periodi
prolungati di alta pressione associata all’assenza di venti, può
aumentare fino a livelli pericolosi per la salute (nelle aree molto
industrializzate o urbanizzate possono essere sufficienti tre giorni
consecutivi di alta pressione stazionaria per far salire la
concentrazione delle sostanze nocive oltre la soglia di allarme).
L’inquinamento acustico è l’insieme degli effetti negativi prodotti dai
rumori presenti nell'ambiente circostante. Si definisce rumore: “
qualunque vibrazione sonora che provochi sull'uomo effetti disturbanti o
dannosi per il fisico, interferendo negativamente sul benessere, sulla
salute e sulle diverse attività umane”, come il lavoro, lo studio, lo
svago, il sonno e la vita di relazione in generale. Esso, può provocare
vere e proprie lesioni dell'orecchio interno ed essere quindi causa di
una parziale o totale perdita dell'udito. La prolungata esposizione a
rumori molesti può, inoltre, provocare disturbi al sistema nervoso,
stress, disturbi gastrici, depressione, alterazioni del ritmo cardiaco e
della pressione arteriosa. L'inquinamento acustico è prodotto
principalmente dai mezzi di trasporto (aeroplani, traffico
automobilistico, transito ferroviario), dagli impianti industriali e
commerciali, dai cantieri e dalle infrastrutture legate ad alcune
attività ricreative (discoteche, stadi ecc.). Il grado di inquinamento
acustico dipende anche dalle tecniche di costruzione e di isolamento
acustico utilizzate.
L’inquinamento da petrolio è la contaminazione dell'ambiente (del
suolo, dell'aria e soprattutto dell'acqua) causata da ogni genere di
idrocarburi liquidi, in altre parole dal petrolio greggio o dai suoi
derivati.
L'inquinamento da idrocarburi può essere sistematico o accidentale.
Quello accidentale è prodotto, nella maggior parte dei casi, dal
riversamento in mare di ingenti quantità di petrolio da petroliere
coinvolte in incidenti di navigazione (collisioni, incagliamenti,
incendi, esplosioni, naufragi) ed è causa di considerevoli danni agli
ecosistemi marini e litorali.
Solo
il 10% degli idrocarburi che contaminano i mari proviene, tuttavia, da
riversamenti accidentali. Il resto proviene da fonti croniche, quali:
ricaduta di particelle inquinanti dall'atmosfera, infiltrazioni
naturali, perdite di raffinerie o di impianti di trivellazione su
piattaforme in mare aperto e, soprattutto, lo scarico a mare di acque di
zavorra da parte di navi cisterna e petroliere.
La fonte principale dell'inquinamento marino da idrocarburi (20%
dell'inquinamento totale) rimane lo scarico in mare di acque contaminate
nel corso di operazioni di lavaggio delle cisterne, infatti una volta
consegnato il proprio carico alle raffinerie, le petroliere pompano
nelle cisterne acqua che serve da zavorra per il viaggio di ritorno e
che viene scaricata in mare prima di giungere ai terminali di carico,
contribuendo, così, a produrre un tipo di inquinamento sistematico,
spesso molto più grave di quello accidentale.
L'impiego di questa tecnica di lavaggio è stato limitato, a partire
dagli anni Settanta, da una serie di convenzioni internazionali, che
hanno imposto: la realizzazione di petroliere progettate in modo tale da
rendere minima la fuoriuscita di greggio in caso di incidente,
l'installazione a bordo di sistemi per la separazione dei residui di
petrolio dalle acque di zavorra e di lavaggio pompate in mare,
l'adozione di dispositivi per il controllo del grado di inquinamento
delle acque di zavorra e l'installazione di impianti per la raccolta e
il trattamento delle acque contaminate presso i terminali di carico del
greggio e i porti di scalo.
Anche i giacimenti di petrolio su terraferma possono provocare gravi
danni all'ambiente. In questo caso, le fuoriuscite nocive sono dovute,
nella maggior parte dei casi, alla cattiva progettazione, gestione e
manutenzione degli impianti. Nell'Ecuador, ad esempio, il grave e
diffuso inquinamento del suolo è causato soprattutto da improvvise
"eruzioni" di petrolio dai pozzi durante le operazioni di trivellazione,
dalla dispersione abusiva del petrolio meno pregiato e dal cattivo
funzionamento dei sistemi per la separazione del petrolio dall'acqua. Il
grave inquinamento da idrocarburi di alcune regioni della Russia è
dovuto a cattiva manutenzione degli oleodotti.
Nell'ottobre
del 1994, per esempio, nei pressi di Usinsk, da una falla apertasi in un
oleodotto fuoriuscirono circa 70.000 tonnellate di greggio che
devastarono il delicato ambiente circostante. Alle alte latitudini, i
naturali processi di degradazione del greggio si svolgono con molta
lentezza e ciò contribuisce ad aggravare l'impatto di episodi come
questo. Anche nelle regioni tropicali, tuttavia, i danni causati dal
petrolio non sono indifferenti. Gli oleodotti che attraversano la
regione del delta del Niger, in Nigeria, sono obsoleti e molto usurati;
le perdite sono frequentissime e i tentativi di risolvere il problema
bruciando i residui dispersi sul terreno o lasciando che il petrolio
disperso finisca con il degradarsi al calore del sole hanno ottenuto un
effetto deleterio: sui terreni si è formata una crosta sterile di un
paio di metri che ha reso tali terreni praticamente inutilizzabili.
L’inquinamento delle acque è causato dall'immissione nelle
stesse, di sostanze quali prodotti chimici e scarichi industriali e
urbani, che ne alterano la qualità compromettendone gli abituali usi.
I principali inquinanti idrici sono: le acque di scarico contenenti
materiali organici che per decomporsi assorbono grandi quantità di
ossigeno, parassiti e batteri, i fertilizzanti e tutte le sostanze che
favoriscono una crescita eccessiva di alghe e piante acquatiche, i
pesticidi e svariate sostanze chimiche organiche (residui industriali,
detersivi…), il petrolio e i suoi derivati, metalli, sali minerali e
composti chimici inorganici, sabbie e detriti dilavati dai terreni
agricoli, dai suoli spogli di vegetazione, da cave, sedi stradali e
cantieri, sostanze o scorie radioattive provenienti dalle miniere di
uranio e torio e dagli impianti di trasformazione di questi metalli,
dalle centrali nucleari, dalle industrie e dai laboratori medici e di
ricerca che fanno uso di materiali radioattivi.
Anche il calore liberato nei fiumi dagli impianti industriali e dalle
centrali elettriche attraverso le acque di raffreddamento può essere
considerato un inquinante, in quanto provoca alterazioni della
temperatura che possono compromettere l’equilibrio ecologico degli
ecosistemi acquatici e causare la morte degli organismi meno resistenti.
L’inquinamento luminoso è la forma di inquinamento dovuta alla
irradiazione di luce artificiale al di fuori delle aree cui è destinata
e, in particolare, verso la volta celeste. Quando la luce artificiale
colpisce l’atmosfera e le particelle in essa sospese, si produce un
aumento della luminosità del cielo (brillanza, rilevabile attraverso
misurazioni fotometriche), che può rischiararsi fino ad assumere una
colorazione lattiginosa; ciò determina una scarsa visibilità dei corpi
celesti, quali stelle e pianeti.
Il problema è di natura astronomica, perché rende meno efficiente
l’utilizzo degli strumenti impiegati nelle osservazioni; ma ha anche
implicazioni più ampie, che riguardano aspetti culturali, ecologici ed
economici. L’aumento della brillanza del cielo notturno può alterare i
ritmi biologici dei viventi legati ai cicli luce-buio e, ad esempio,
fenomeni come il sonno, la fotosintesi e le migrazioni. Questa forma di
inquinamento è in continuo aumento; si calcola che la luminosità del
cielo sia attualmente quattro volte superiore a quella dei primi anni
Settanta. A essa concorre qualsiasi sorgente di luce collocata in
ambiente esterno, dalle insegne pubblicitarie ai lampioni stradali, dai
fari costieri all’illuminazione di edifici privati, ai fasci laser
erogati verso l’alto da locali notturni, così come l’irradiazione
prodotta per riflessione dalle superfici illuminate. Nel tentativo di
arginare il fenomeno, numerosi gruppi di studio in tutto il mondo stanno
cercando di sensibilizzare il grande pubblico mediante campagne di
informazione e di promuovere disegni di legge che permettano una
gestione del problema a livello delle amministrazioni.
In Italia, le proposte di legge avanzate dalla Commissione per lo Studio
dell’Inquinamento Luminoso della Società Astronomica Italiana, sono
ancora oggetto di discussione in sede legislativa e rappresentano le
prime due proposte per stabilire norme di limitazione dell’inquinamento
luminoso. Alcune leggi regionali e regolamenti comunali sono già in
vigore a livello locale; tra l’altro, istituiscono aree protette in cui
preservare la naturale oscurità del cielo.
L’inquinamento elettromagnetico o l’elettrosmog è la forma di
inquinamento dovuta alla presenza indesiderata di radiazioni
elettromagnetiche nell’ambiente, prodotte da elettrodotti, dispositivi
elettronici e impianti radiotrasmettitori. Da tempo era diffuso il
sospetto che anche le radiazioni elettromagnetiche non ionizzanti
potessero, in modo e misura non ancora ben determinati, influire
negativamente sui sistemi viventi; l’attenzione a questa particolare
forma di inquinamento, tuttavia, è cresciuta solo di recente, da quando
lo sviluppo tecnologico delle telecomunicazioni ha portato il fenomeno a
livelli non più trascurabili.
A partire dagli anni Ottanta sono nate numerose organizzazioni che, a
vario titolo, si adoperano per incoraggiare la ricerca scientifica e
stabilire la fondatezza o meno del problema “inquinamento
elettromagnetico”. In particolare, nel 1996 è stato istituito
l’International EMF Project (International ElectroMagnetic Field
Project), l’ente che si occupa di elettrosmog a livello internazionale,
per conto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Anche la produzione di energia favorisce l’incremento dell’inquinamento,
perciò si sta optando a fonti di energie rinnovabili. Tra di
queste ci sono: energia solare, energia idrica, energia eolica e
l’energia geotermica.
Per energia solare si intende la radiazione emessa dal sole sotto
forma di onde elettromagnetiche, in parte visibili ai nostri occhi
(quella che chiamiamo luce) e in parte invisibili (radiazioni
ultraviolette e infrarosse). La radiazione solare è una fonte di energia
rinnovabile che ha il grande vantaggio di essere disponibile in misura
illimitata e di non inquinare l’ambiente. L’utilizzo di questa fonte,
tuttavia, presenta alcuni svantaggi. Uno è la discontinuità che obbliga
a utilizzare sistemi di accumulo dell’energia. Un altro è la bassa
densità energetica, che rende necessario l’impiego di vaste superfici di
raccolta, con elevati costi di impianto. Oggi esistono due modi per
sfruttare l’energia solare. Il primo sfrutta l’effetto termico del sole
e consiste nel riscaldare acqua o aria mediante le radiazioni solari
captate da appositi pannelli. L’acqua o l‘aria calde possono poi essere
utilizzate in svariate applicazioni civili, agricole e industriali.
Il secondo metodo sfrutta l’effetto elettromagnetico della radiazione
solare per convertire l’energia captata in energia elettrica. La
conversione fotovoltaica sfrutta la capacità di alcuni elementi di
trasformare direttamente la radiazione in elettricità. I primi impianti
di questo tipo sono stati utilizzati sui satelliti artificiali, poi il
loro impiego è stato esteso al settore delle telecomunicazioni e oggi
comincia a trovare applicazione anche nelle varie utenze (soprattutto
domestiche). L'energia solare può essere trasformata in energia
elettrica mediante due tipi di centrale, che utilizzano rispettivamente
la conversione termodinamica e la conversione fotovoltaica.
Nella
centrale termodinamica la captazione dell'energia solare avviene
mediante un sistema di grandi specchi (eliostati) orientabili, che
riflettono i raggi solari concentrandoli su una caldaia posta alla
sommità di una torre. Nella caldaia, per effetto del calore solare, si
genera vapore che viene inviato alla turbina. Nella centrale
fotovoltaica la conversione viene realizzata mediante le celle
fotovoltaiche, che sono costituite da particolari materiali
semiconduttori, come il silicio, i quali hanno la proprietà di generare
corrente elettrica quando vengono colpiti dalla radiazione solare.
Le centrali solari sono ingombranti: sottraggono vaste aree
all'agricoltura e agli insediamenti umani e modificano il paesaggio.
Tuttavia non scaricano fumi nell'atmosfera e non inquinano le acque.
Il ciclo dell'acqua, determinato dall'evaporazione e dalle
precipitazioni, mette a disposizione dell’uomo una straordinaria fonte
energetica rinnovabile.
Si tratta dell'energia idrica, che nasce dal movimento di grandi
quantità d'acqua; è l'unica tra le fonti rinnovabili a essere sfruttata
ormai da migliaia di anni. Già i greci e i romani utilizzavano semplici
mulini ad acqua per macinare il grano. Nel Medioevo lo sfruttamento
dell'energia idraulica si diffuse con la ruota ad acqua, una specie di
mulino che serviva per sollevare l'acqua e che fu utilizzato per la
bonifica di terreni paludosi, per l'irrigazione e nell'attività
mineraria. Un progresso tecnico di enormi proporzioni si è avuto alla
fine dell'Ottocento in seguito all'evoluzione della ruota idraulica in
turbina, cioè in un apparecchio capace di trasformare l'energia cinetica
dell'acqua corrente in lavoro meccanico: questo processo oggi è
sfruttato nelle centrali idroelettriche.
A seconda di come viene sfruttata l'energia della massa d'acqua, le
centrali idroelettriche sono di due tipi diversi: a bacino o di
pompaggio. Nelle centrali a bacino viene sfruttata l'energia che una
massa d'acqua, raccolta in un bacino, è in grado di fornire quando viene
fatta cadere da una certa quota e compie un "salto". Si sbarra con una
diga la valle di un fiume di montagna e si immette l'acqua del lago così
ricavato, attraverso un canale di derivazione (del diametro di 3-6 m),
in una condotta forzata che, scendendo a una quota via via più bassa,
convoglia l'acqua con forte pressione alla centrale. Qui il getto
d'acqua fa ruotare le pale di una turbina, accoppiata all’albero di un
alternatore che converte l'energia meccanica in energia elettrica. La
quantità di energia che può produrre questo tipo di centrale dipende sia
dalla quantità di acqua raccolta nel bacino sia dal dislivello tra la
superficie del lago e la turbina.
La centrale di pompaggio è costituita da due bacini d'acqua, posti uno a
monte e l'altro a valle della centrale, collegati da un sistema di
tubazioni. Quando c'è minore richiesta di elettricità (solitamente nelle
ore notturne) l'acqua del bacino inferiore viene pompata attraverso le
stesse tubazioni fino al bacino superiore, che viene così "ricaricato",
in modo da essere nuovamente pronto. In questo caso il generatore di
corrente funziona come motore, trasformando l'energia elettrica in
energia meccanica, che aziona la pompa. Quando c'è maggiore richiesta di
energia (nelle ore diurne), l'acqua raccolta nel bacino superiore
fluisce verso il basso, azionando la turbina, come un normale impianto a
bacino. I grandi bacini idroelettrici possono alterare il clima della
zona circostante, per esempio generando nebbie persistenti. Tuttavia le
centrali idroelettriche sono tra le meno inquinanti, perché non emettono
fumi né scorie.
L'energia eolica, che sfrutta l'intensità del vento, viene
definita così perchè Eolo era il nome del dio greco dei venti. L'energia
cinetica del vento viene utilizzata per far ruotare eliche o ruote, la
cui energia meccanica è poi trasformabile in energia elettrica. Lo
sfruttamento dell'energia cinetica del vento è antichissimo: la
navigazione a vela e i mulini a vento ne costituiscono gli esempi più
significativi.
Come fonte energetica, tuttavia, il vento presenta gravi difetti, che ne
limitano molto lo sfruttamento: l'instabilità d'intensità e di direzione
e la necessità di grandi masse d'aria per ricavare potenze anche
piccole. L'Italia non è un paese esposto a venti forti e regolari, al
contrario di paesi nordici come Gran Bretagna, Olanda e Svezia. Possiede
comunque venti di buona intensità, in particolare in alcune località
alpine e appenniniche e sulle coste. L'energia eolica si può trasformare
in energia elettrica attraverso gli aerogeneratori. Si tratta di
macchinari derivanti dai tradizionali mulini a vento e costituiti da un
ro¬tore, formato da alcune pale fissate su un mozzo, che sottraggono al
vento parte della sua energia meccanica. Il rotore, tramite un
moltiplicatore di giri, aziona un albero veloce che ha il compito di
alimentare un generatore elettrico. Gli aerogeneratori sono alti 50 m e
hanno pale lunghe 20 m. Per ottenere una potenza discreta ne occorrono
molti, perciò gli effetti sul paesaggio sono simili a quelli delle
centrali solari. Inoltre sono molto rumorosi.
Per energia geotermica, invece, si intende, in generale, il
calore naturale della terra.
All'interno della crosta terrestre la temperatura aumenta di 3°C ogni
100 m di profondità. In alcune zone, però, si possono trovare
temperature elevate anche a profondità modeste; per esempio, alla
profondità di uno o due chilometri si può giungere fino ad alcune
centinaia di gradi centigradi. Esistono situazioni in cui l'acqua
sotterranea entra in contatto con rocce calde, viene scaldata fino alla
temperatura di ebollizione e trasformata in vapore; in questa forma
fuoriesce attraverso spaccature del terreno. In questi casi è più facile
sfruttare l'energia geotermica, sia per la produzione di energia
elettrica (inviando il vapore direttamente a una turbina), sia per il
riscaldamento degli ambienti. In quest'ultimo caso è sufficiente portare
in superficie le acque calde.
Inoltre gli impianti geotermoelettrici alimentati da serbatoi ad acqua,
dopo aver utilizzato il vapore per le turbine, scaricano acqua a 120-130
°C, che può essere utilizzata per il riscaldamento di serre e
abitazioni. Il nostro paese è stato il primo a sfruttare l'energia
geotermica per la produzione di energia elettrica: gli impianti di
Larderello (in Toscana), ancora in funzione, sono stati inaugurati nel
1904. Oggi a Larderello esiste un museo dell'energia geotermica gestito
dall'ENEL. Altri impianti che utilizzano direttamente il calore
geotermico per usi domestici, industriali e agricoli sono in funzione
sul Monte Amiata, a Ferrara e a San Donato Milanese. II principio di
funzionamento di una centrale geotermica è simile a quello della
centrale termoelettrica. La sola differenza che caratterizza un impianto
geotermico è che invece di bruciare combustibile per ottenere energia
termica, sfrutta il vapore caldo che esce da alcune zone della crosta
terrestre. In una centrale geotermica la terra si sostituisce alla
caldaia, per produrre il vapore da inviare alla turbina. Il vapore viene
poi recuperato e riconvertito in acqua e quindi scaricato nel terreno o
in un fiume.
Le centrali geotermiche riscaldano le acque dei bacini in cui scaricano
i vapori, danneggiandone flora e fauna. Inoltre, pur non emettendo fumi
inquinanti, alterano il paesaggio con le loro enormi torri di
raffreddamento.
Per la salvaguardia della biodiversità e degli ambienti naturali tutti i
Paesi hanno istituito da tempo numerose aree protette, dai parchi
nazionali ai parchi naturali, alle riserve della biosfera. Si tratta di
aree sottoposte a tutela, all’interno delle quali le attività umane
devono sottostare a precisi vincoli per non alterarne il patrimonio
fisico e biologico.
Quello del riscaldamento globale del pianeta, e dei conseguenti
mutamenti climatici causati dalle attività umane, è considerato uno dei
più gravi problemi ambientali, tanto da essere l’oggetto da anni di
numerosi negoziati sul clima, il cui scopo è quello di ridurre le
emissioni di gas ad effetto serra. L’accordo più importante è il
cosiddetto Protocollo di Kyoto firmato nel 1997 (ma entrato in
vigore solo nel 2005, dopo un lungo e travagliato iter): esso impegna i
Paesi che l’hanno ratificato (circa 140, responsabili di oltre il 60 %
delle emissioni) a ridurre di circa il 5 % le loro emissioni entro il
2012, attraverso una serie di misure e politiche volte a contenere il
consumo di combustibili fossili, a sviluppare energie alternative, a
rendere più efficiente la produzione di energia, ecc.
Gli attuali sistemi di produzione energetica e gli standard di consumo
sono gli aspetti che contribuiscono maggiormente a deteriorare la
qualità dell’ambiente.
Lo sfruttamento delle fonti “pulite” e rinnovabili è ancora molto
limitato, sia per le difficoltà tecniche e i costi fino a poco tempo fa
elevati sia per le resistenze a livello di poteri politico-economici. La
ricerca nel campo delle fonti alternative, i progetti di riconversione
dei sistemi energetici e quelli per incrementare l’efficienza degli
impianti continuano a fare progressi, riducendo gli ostacoli tecnici ed
economici.
L’Unione Europea ha avviato programmi che prevedono, per la metà del
secolo, di ricavare dalle fonti pulite il 50 % di tutta l’energia. Per
raggiungere tale scopo, sono stati previsti incentivi per chi installa
impianti a energia rinnovabile o comunque più efficienti, nel senso che
a parità di rendimento consumano meno energia.
Con le tecnologie a nostra disposizione e mantenendo condizioni di vita
agevoli e standard di sviluppo moderno è possibile vivere senza
danneggiare il nostro pianeta. Un esempio è il sistema urbano BedZED di
Wallington (Londra).
Il villaggio ecologico BedZED (Beddington Zero Energy Development)
vuole, appunto, dimostrare come sia possibile ridurre significativamente
l’emissione di anidride carbonica, migliorando le generali condizioni
abitative e di vita della nostra società. Il progetto ha preso spunto da
uno studio che rilevava da che cosa fossero provocate e come fossero
ripartite le emissioni di CO2 di una tipica famiglia inglese: un terzo
per il riscaldamento e l’energia necessaria all’abitazione; un terzo per
l’uso della macchina; un terzo per il cibo, a causa della distanza
percorsa dai prodotti alimentari dal luogo di produzione alla tavola. Il
quartiere di BedZED comprende circa 100 abitazioni, 18 unità
residenziali e di lavoro e 1560 mq di spazi per uffici. Quasi tutti gli
appartamenti hanno una piccola porzione di giardino pensile o un
terrazzo ed una serra. Organizzato su tre blocchi edilizi a tre piani,
con gli spazi di lavoro posti nelle zone in ombra create sotto i
giardini pensili, il progetto concilia un’alta densità edilizia con
ottimi standard abitativi (26 mq di spazi verdi privati per abitazione e
8 mq di spazi pubblici). Il fabbisogno di riscaldamento di tutto il
complesso è ridotto del 10 % grazie ad alcuni accorgimenti: super
isolamento termico, triple vetrate, serre esposte a Sud, incremento
della massa termica dei muri e dei solai, buona illuminazione e
ventilazione naturale.
Il riscaldamento, invece di avvalersi di
caldaie a gas, brucia pasticche di legno ricomposto, generate dal
riciclaggio degli scarti del legno proveniente dalle zone limitrofe. Un
impianto fotovoltaico è stato integrato nelle superfici vetrate esposte
a Sud, per produrre energia sufficiente ad un parco di 40 piccole
autovetture ibride (elettriche/fuelcells) con 10.000 miglia di durate.
Ognuna di queste macchine condivisa fra gli abitanti può sostituire 4 o
5 veicoli, con una sostanziale riduzione della superficie necessaria al
parcheggio. Dal punto di vista complessivo dell’approccio sostenibile,
BedZED risulta esemplare e coerente in tutte le fasi della progettazione
fino alle modalità costruttive adottate. Quindi il progetto BedZED ha
certamente indicato una soluzione possibile per lo sviluppo di città
sostenibili, ma resta ancora molto da fare affinché le soluzioni
tecnologiche ed architettoniche consentano lo sviluppo di un’edilizia
che promuova l’integrazione sociale.
In conclusione, voglio dire che spesso le persone si lamentano
dell’odore dell’aria e dei rifiuti, ma nessuno di noi ha mai cercato di
attuare uno stile di vita più “ecologico”. Molti pensano che cambiare i
propri comportamenti sia inutile, ma tutto ciò non è affatto vero. Gli
scienziati studiano i problemi ambientali e propongono soluzioni per
salvare il pianeta. Bisognerebbe sostituire le fonti energetiche non
rinnovabili con quelle rinnovabili, così da diminuire l’anidride
carbonica, le risorse come l’acqua e il legname possono essere
utilizzati in maniera da ridurre gli sprechi e le risorse non
rinnovabili andrebbero riciclate. Bisognerebbe usare i depuratori per le
industrie e diminuire l’emissione di gas ad effetto serra etc…
Quindi sacrificare la natura per salvare le produzione industriale ed i
consumi è sbagliato, anzi dovremmo tutti quanti adottare degli stili di
vita conformi per avere un ambiente più sano e migliore.
Salvo Barba |