ANALISI INCENDI IN
ITALIA: DECENNIO 1997/2007
di Antonio Tabarroni
E’ una questione irrisolta quella
degli incendi nella penisola italiana per una serie di motivazioni che
tenterò di analizzare con l’ausilio di dati forniti dal Corpo Forestale
dello Stato nel dossier ‘Incendi e legalità’
e da Legambiente nel decennio 1997/2007.
Per valutare attentamente la
problematica degli incendi in Italia non bisogna incorrere nella
frenesia di voler generalizzare a tutti i costi sulle cause e le
conseguenze : periodo, clima, ma soprattutto territorio sono variabili
fondamentali se si vuole tentare di descrivere un fenomeno devastante e,
purtroppo, non raro in Italia.
La stagionalità è un fattore
dominante o meno a seconda delle caratteristiche climatiche dei luoghi
presi in esame: nel periodo estivo in quelli secchi e aridi maggiori
sono le probabilità di incendi nelle zone boschive (specie in soprasuoli
giovani e cedui) con coperture morte nel territorio centro-meridionale,
nel periodo invernale, da Gennaio a Marzo, i pericoli maggiori si
riscontrano nei territori dell’arco alpino come la Liguria, il Piemonte
ed il Veneto. A favorire la propagazione dell’incendio contribuisce
l’azione comburente del vento, la quantità di acqua presente nei tessuti
delle piante e la disposizione dei materiali combustibili .
Le naturali condizioni di aridità,
se accompagnate da aspetti antropici negativi, fanno aumentare in
maniera esponenziale il rischio d ‘incendio. E mi riferisco alle
dinamiche che negli ultimi decenni hanno portato all’abbandono delle
zone collinari e/o montuose più o meno impervie, all’impatto/
ambientale dato da forme di insostenibilità turistica, agli interessi
speculativi e malavitosi.
Un primo tipo di incendiò è
causato quindi dall‘esodo di agricoltori e pastori i quali garantivano,
tramite la propria attività selvicolturale quotidiana, il controllo e il
rispetto dell’ambiente di ‘lavoro’.
Altri utenti, questa volta con la
loro presenza, favoriscono la propagazione di incendi; sono, infatti,
principalmente derivati da inciviltà e negligenza dei guidatori lungo le
strade viarie e autostrade, da cause dolose e volontarie allo scopo di
distruggere la zona boschiva per creare terreni coltivabili e di
pascolo, dalla trasformazione illegale del terreno rurale in
edificatorio, da forme di protesta contro particolari restrizioni
politiche, amministrative, sociali (ritorsioni), da vendette tra privati
ed infine da atti vandalici generici.
La situazione nel 1997 ….
Dalla distribuzione regionale
degli incendi nel 1997 a livello quantitativo (numero incendi
nell’anno) e la tipologia di essi (se dolosi o involontari) in forma
percentuale, si può notare come la gravità del fenomeno (da 600 incendi
oltre i mille) sia distribuita geograficamente senza grosse distinzioni
tra la parte settentrionale e quella meridionale . Altissimo (più di
mille) è il numero degli incendi avvenuti in Campania e Calabria (da
spiegare per via dell’estate piuttosto calda e ventosa nei territori
interni come l’appennino campano e le alture della Sila ma anche da
fenomeni di malavita organizzata e abusivismo edilizio)
mentre in Toscana (specie nel paesaggio appenninico )l’abbandono delle
zone interne e una carente politica di salvaguardia hanno provocato un
eccessivo numero di fenomeni registrati dal corpo forestale.
In tutte e tre queste regioni
decisivo è l’impatto antropico: ben oltre il 70% degli incendi sono di
forma dolosa infatti in Calabria e Campania, e circa il 60% per quanto
riguarda la Toscana,dimostrazione (si noti la carta nel caso) della
maggior percentuale di cause volontarie su quelle accidentali specie
nelle regioni meridionali.
Diverso il caso di Sardegna e
Liguria che presentano un alto numero di incendi (tra 800 e 1000) ma con
cause scatenanti diverse : se nella prima maggiori sono quelle
involontarie (disattenzioni dei turisti nell’arco estivo nelle fitte
zone boschive) nella seconda più dell’ 80% dei fenomeni sono di natura
volontaria e dolosa. Lazio e Sicilia( la cui evoluzione nel tempo verrà
analizzata con carte successive), nel 1997 presentano una situazione già
pericolosa per via dell’alto tasso di cause dolose su quelle
involontarie .Val d’Aosta e Marche,invece, raggiungono valori minimi
caratterizzati da bassissimi indici, sia dal punto di vista numerico sia
percentuale.
….e dieci anni dopo (2006)
A distanza di quasi dieci anni
(1997-2006), la situazione in Italia appare in netta fase di
miglioramento. Un trend in diminuzione in quasi tutte le regioni ha
rispecchiato , probabilmente, una maggior consapevolezza dei governi
locale nell’agire ed intervenire in maniera massiccia e preventiva sulla
questione degli incendi.
Bisogna, però considerare anche la
particolare stagione climatica caratterizzata nel 2006 da una maggior
piovosità nel periodo estivo rispetto allo stesso dato riferito
all’estate 1997.
Tutte le regioni settentrionali
presentano valori sotto i 200 incendi l’anno (eccezion fatta per
Piemonte e Liguria ).
Meno drammatica rispetto al 1997 è
la situazione nell’Italia centrale con il sostanziale calo di tutte le
regione (eccetto l’Abruzzo) e nel centro sud con diminuzioni di valori
nelle regioni più a rischio cioè Calabria e Sardegna. Permane, invece,
risultato di maldestre politiche di salvaguardia e non solo, l’alto
numero di incendi in Sicilia: valore che si attesta attorno ai 900
incendi all‘anno nel 2006.
L’analisi del grafico a linee qui
rappresentato definisce l’evoluzione del numero di incendi a livello
regionale (in questo caso Sardegna,Sicilia e Toscana) nel quadriennio
2003-2006 .Si
possono notare valori ancora troppo elevati per poter definire queste
regioni come zone non ad alto rischio di’incendio: sebbene non ci siano
i picchi toccati dagli oltre 3000 incendi in Sardegna nel 2005 rimangono
comunque valori (per tutte e tre le regioni) tra i 500 ed i 1000
incendi.
- Un anno drammatico : 2007
Il 2007 si presenta come un anno
drammatico considerato l’elevato numero di incendi in tutti i territori
della penisola e dei terreni bruciati, risultato dato dall’eccessivo
grado di volontarietà come causa scatenante, dall’inefficacia delle
misure legislative , politiche e operative intraprese dai governi locali
. Il trend di miglioramento che si stava delineando, seppur con lentezza
e non capillare distribuzione, non viene confermato nel 2007. Può
aiutare un ‘attenta lettura dei dati forniti nel Settembre 2007 dal
Corpo Forestale dello Stato per comprendere meglio la pericolosità di
tale fenomeno:
dal 1° gennaio al 2
settembre 2007 si sono verificati complessivamente 7.797 incendi
boschivi che hanno percorso 127.151 ettari, di cui 61.100 boscati e
66.051 non boscati.
Rispetto allo stesso periodo del 2006 quando i roghi erano stati 4.596,
si assiste ad un aumento del 70%
del numero degli incendi. In
aumento (+270%)
anche la superficie totale percorsa dalle fiamme che passa da 34.758
ettari del 2006, agli attuali 127.151. La superficie boscata andata in
fumo è notevolmente aumentata (+350%) rispetto alla superficie rilevata
nello stesso periodo del precedente anno (13.662 ettari del 2006 contro
i 61.100 del 2007), aumenta del 210% anche quella non boscata (21.096
ettari del 2006 contro i 66.051 del 2007).
Grafico della superficie bruciata
in Italia (periodo 2003-2007).Elaborazione a cura di Tabarroni Antonio
A livello territoriale si identifica
la
Campania come il posto
“più colpito” d’Italia nel periodo gennaio-settembre con 1.707 incendi.
Seguono la Calabria (1.614), il Lazio (591), la Sardegna (553), la
Toscana (547), la Puglia (402), la Basilicata (389), il Piemonte (324),
la Sicilia (313), l’Abruzzo (250), il Molise (225), la Liguria (218), la
Lombardia (158), l’Umbria (123), l’Emilia Romagna e le Marche (101). In Calabria, invece, si è avuta la più estesa superficie
boscata percorsa dal fuoco (9.608 ettari).
(Gen. 2010)
Antonio Tabarroni |