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Anno XIV num.4
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L’ARCHITETTURA BIOECOLOGICA

di Fausto Lombardi 

 

In questi ultimi anni l’interesse per l’architettura bioecologica ha conosciuto un apprezzabile sviluppo anche nel nostro Paese, particolarmente in alcune regioni che più di altre hanno risentito del benefico influsso dei venti che spiravano da Oltralpe, dal mondo di lingua tedesca e dalla Francia soprattutto. Da alcuni anni è possibile frequentare corsi, seminari e convegni dedicati alla bioedilizia, non mancano le associazioni che si occupano di stimolare l’interesse e approfondire le conoscenze in merito alla scelta dei materiali e agli orientamenti internazionali, non è difficile imbattersi in esposizioni e manifestazioni fieristiche che presentano i risultati più significativi di ricerche e proposte con le quali ridare forma alle nostre case.

Già nel 1989 venne dato alle stampe un Manifesto per un’architettura bioecologica che è ancora attualissimo e ha avuto il pregio di far uscire la ricerca in bioedilizia da un contesto puramente tecnico, inoltre ha costituito un punto fermo per le successive acquisizioni di quest’orientamento costruttivo nel nostro Paese.

Il Manifesto venne messo a punto da un gruppo di professionisti che riflettevano sulle esperienze che li avevano portati a una critica radicale dell’attuale modello di sviluppo e, in particolare, delle tecniche e dei materiali costruttivi in uso nell’edilizia contemporanea.

Vediamo dunque quanto scrivevano gli architetti Siegfried Camana, Gianfranco Carignano, Enrico Micelli ed Ermes Santi affrontando alcune tematiche che andavano ben al di là di una semplice considerazione sulla “scelta dei materiali da impiegare nell’edilizia”.

<<Se osserviamo la situazione ambientale del pianeta dobbiamo constatare che l’attuale modello di sviluppo sta per raggiungere il punto di rottura.

E’ necessaria una presa di coscienza generale per comprendere come si è giunti a tale situazione , per evitare la catastrofe che si profila,  “inventando” un nuovo modello, che sia in grado di arrestare questo processo di autodistruzione.

Con la rivoluzione industriale nascono le concentrazioni operative, che sfociano nel capitalismo sempre più teso a realizzare il massimo profitto. L’evoluzione dei tempi e dei rapporti tra capitale e proletariato spingono a una tecnologia sempre più raffinata, a concentrazione capitalistiche (le multinazionali), al consumismo.

Questo è ottenuto attraverso necessità indotte e fittizie, che creano necessità  di superlavoro e di spostamenti.

Il tutto incide sulla conduzione familiare e determina stati di stress. Inoltre, per produrre di più e guadagnare in tempo e denaro, si dà mandato, soprattutto alla chimica, di trovare nuovi prodotti da imporre al consumatore.

Il risultato finale è l’inquinamento diffuso a tutti i livelli che mina la salute dell’uomo; e la pubblicità sfrenata e suadente offusca la nostra capacità di renderci conto di questo fatto.

Non c’è alcun limite a questa frenesia edonistica e del profitto.

Inutili sono stati finora le grida d’allarme di tanti scienziati, scossi dai disastri che hanno colpito la terra in questi ultimi anni, e che sono stati provocati dall’uomo.

L’uomo ha raggiunto, con l’attuale modello di sviluppo, i limiti di tolleranza di questa situazione innaturale. L’ambiente chiede ormai tregua alla violenza che gli viene imposta.

L’attività edilizia, in particolare, è per lo più fonte di distruzione dell’ambiente. Essa non può più esprimersi come appropriazione di nuove aree, sfruttate intensamente da un’attività costruttiva sempre più prepotente.

Ragioni pratiche, ma soprattutto etiche, impongono una inversione di rotta, come nuova strada che permetta di determinare una diversa qualità della vita.

Occorre analizzare ogni azione svolta dall’uomo sul territorio, trovare quelle che gli sono  nocive per eliminarle. Imporre che qualsiasi legge debba obbedire innanzi tutto alla salvaguardia dell’intero ecosistema>>.

Fatta questa premessa, gli autori proseguivano individuando i compiti della moderna architettura:<< l’architettura assume funzione essenziale in questa opera di risanamento per una ricalibratura del territorio, per un ripristino ambientale per una riscoperta  degli elementi fondamentali del vivere in sintonia con la natura.

L’inserimento armonico dell’evento edilizio nell’ambiente è indispensabile a tutti i livelli per ritrovare l’equilibrio tra natura e l’uomo anche attraverso l’intervento costruttivo.

Tutte le attività connesse con l’edilizia devono essere ristrutturate e integrate con processi naturali, non alterati, in un’indispensabile verifica di costante eco compatibilità.

Contemporaneamente, se  necessario, deve cercarsi la via della conversione o dello smaltimento. Nasce l’esigenza di inserire nel contesto dell’architettura una nuova disciplina, l’”ARCHITETTURA BIOECOLOGICA”: è questa la nuova strada che indichiamo come l’unica attualmente capace di arginare il degrado dell’ambiente, dell’edilizia e del vivere dell’umanità.

Essa si propone, come elemento fondamentale, il ripristino di un territorio sano, in cui inserire infrastrutture e servizi decisamente non inquinanti, supporti di agglomerati urbani ‘vivibili’, per ritrovare anche quei rapporti sociali che progressivamente si sono disgregati.

Considera l’edificio come un organismo vivo, che deve inserirsi naturalmente nello spazio e non costituire una barriera sigillata tra l’esterno e l’interno, consentendo all’uomo di vivere in quell’equilibrio universale a cui il suo organismo si è conformato nel corso dei millenni.

Inoltre, essa è “totale” intendendo con ciò che deve occuparsi non solo dell’edificazione, ma anche della ristrutturazione e dell’intervento sul territorio. Punti qualificanti e basilari dell’ARCHITETTURA BIOECOLOGICA sono:

- l’indagine preliminare per individuare, localizzare e misurare gli elementi perturbatori ed inquinanti che possono sussistere nell’ambiente, nei materiali e negli impianti;

- l’analisi della potenzialità energetica del sito, che dovrà essere utilizzata al massimo grado, usando solo impianti tecnologici ecocompatibili ridotti al minimo indispensabile e permettendo un microclima sempre gradevole in un ambiente naturale riequilibrato;

- la tutela e la salvaguardia dell’ambiente, anche in caso di inserimenti che devono soddisfare alla condizione di compatibilità;

- i criteri di scelta dei materiali, che devono rispondere ai seguenti punti fondamentali :

a) siano possibilmente reperibili in loco;

b) si privilegino quelli naturali non nocivi, che non siamo stati resi inquinanti da trasformazione strutturali, stravolgenti la loro composizione chimica;

c) in ogni caso di utilizzo  e trasformazione essi conservino costantemente la propria bioecologicità;

d) siano riciclabili.

L’architettura bioecologica si propone di fornire infrastrutture e di costruire manufatti  volti al massimo benessere psicofisico del fruitore, nel totale rispetto  per l’ambiente, delle tradizioni e cultura locali, e delle loro evoluzioni nel tempo, usando tecnologie, materiali e modelli non alteranti.

Questo ci permetterà di consegnare alle generazioni future un mondo di cui non dovremo vergognarci ed in cui esse possano realizzare una vita migliore della nostra>>.

Nelle riflessioni proposte da quegli architetti sono dunque chiaramente concentrati i presupposti fondamentali che stanno a monte dell’architettura bioecologica. Negli scritti di altri autori, poi, una specifica attenzione è prestata anche all’osservazione di quelle ‘’coincidenze’’ con le quali viene messo in relazione l’attuale vertiginoso incremento di certe malattie nel nostro secolo, in special modo del cancro. Tale osservazione si accompagna in particolare alla riflessione sul fatto che le popolazioni che vivono ancora ‘’secondo natura’’ sono esenti da certe malattie tipiche della civiltà industriale, tanto che ci si chiede se questo fatto possa essere imputato al modo di vivere.

In tale contesto non viene escluso che una delle cause principali di queste malattie possa essere connessa al modo di costruire le abitazioni, come pure al modo di concepire ed edificare i luoghi di lavoro. Diversi autori si spingono perciò ad affermare che tal volta questo fattore può essere determinante, poiché all’interno delle nostre abitazioni trascorriamo la notte e molte ore della giornata. Si è iniziato, come si è accennato , a parlare di ‘’sindrome da costruzione malsana’’ e proprio da queste considerazioni trae nuova linfa anche la geobiologia, una scienza antica che studia l’influenza dell’ambiente sulla salute dell’uomo, si intreccia all’architettura bioecologica e si cimenta con lo studio dell’influenza delle ‘’forze’’ sprigionate dalla terra e di diversi elementi naturali sul benessere dell’uomo. E lo fa a volte con complesse e affascinanti considerazioni che scavano nell’inconscio collettivo, come pure nelle inquietanti conoscenze dei popoli antichi.

(Dic. 2010)

 

Fausto Lombardi

 


 

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