Tesina per il Master
IN GESTIONE E
SICUREZZA AMBIENTALE,
INDETTO DALL’ASSOCIAZIONE CULTURALE “CONFGIOVANI.
DETERMINAZIONE DEI LIVELLI DI METALLI PESANTI PER LA VALUTAZIONE DELLA
QUALITA’
DELLE AREE
MARINE DESTINATE ALLA MOLLUSCHICOLTURA IN CAMPANIA
di Giuseppe De Grado
INTRODUZIONE
L’ambiente marino rappresenta una componente
dell'ecosistema vulnerabile alle contaminazioni da agenti microbici,
parassitari e chimici dovute a vaste e prolungate immissioni nei corpi
idrici di scarichi urbani, industriali e agro-zootecnici e per la
capacità di concentrazione dei contaminanti negli organismi acquatici
attraverso i sedimenti e attraverso le catene trofiche. Gli organismi
marini, in particolare i molluschi lamellibranchi che agiscono come
filtratori, manifestano elevate capacità di bioaccumulo per cui possono
arrivare a contenere alti livelli di contaminanti chimici persistenti
come ad esempio metalli pesanti, PCB, diossine, pesticidi. Molti di
questi inquinanti si definiscono interferenti endocrini poiché sono
sostanze capaci di agire sull'equilibrio endocrino degli animali ma
anche sull’uomo che è al vertice della catena alimentare. Le conseguenze
sono rappresentate da effetti tossici a lungo termine che vanno da
disturbi della fertilità a ritardi dello sviluppo infantile.
In Italia, vi è una carenza di dati
riguardanti i contaminanti chimici nelle specie ittiche allevate o
pescate nelle diverse aree marine e, nello stesso tempo, alcune
normative emanate a livello europeo rendono necessario il monitoraggio
delle aree destinate alla produzione e stabulazione dei molluschi
bivalvi vivi. Questi regolamenti e direttive comunitarie richiedono che
queste aree siano controllate e monitorate sia sotto il profilo chimico
che sotto quello microbiologico, oltre alla valutazione della presenza
di alcune specie di alghe produttrici di biotossine.
In Campania, la molluschicoltura è
indirizzata soprattutto verso la mitilicoltura e rappresenta un
importante settore produttivo per l'indotto occupazionale determinato e
per il valore economico del prodotto commercializzato.
Nel 2006 con l'emissione di una Linea Guida,
la Regione Campania ha fornito i criteri e i sistemi per procedere a una
classificazione delle zone di produzione e stabulazione di molluschi
bivalvi vivi. In particolare sono individuati e definiti i requisiti che
un’area di allevamento deve soddisfare affinché possa essere
classificata come A, B o C. Questi fattori sono rappresentati, come
previsto dalla normativa, da contaminanti biologici e chimici. Nel caso
dei contaminanti chimici si fa espresso riferimento ai metalli, piombo,
cadmio e mercurio, che costituiscono gli inquinanti per i quali maggiore
è l’esposizione.
Negli ultimi anni infatti, indagini da parte
delle autorità ambientali (APAT e ARPAC) finalizzate alla
caratterizzazione dello stato di determinate zone del litorale campano,
alcune di queste destinate anche alla molluschicoltura, in relazione ad
una possibile migrazione di inquinanti provenienti da un'area
industriale dismessa (litorale di Coroglio-Bagnoli) hanno evidenziato
una forte contaminazione da parte di metalli pesanti; da qui la
necessità di conoscere i livelli di contaminanti in queste e in altre
aree destinate alla mitilicoltura situate in Campania.
In questo lavoro di tesina vengono
presentati i risultati delle indagini sui livelli di metalli pesanti
piombo, mercurio e cadmio, in molluschi, effettuate presso l’Istituto
Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno, nell’ambito del piano di
sorveglianza soprattutto allo scopo di conoscere l'entità della
contaminazione negli impianti destinati alla produzione e
all'allevamento di molluschi eduli, in virtù del loro impatto sulle
condizioni igienico-sanitarie dei prodotti e quindi a tutela della
salute dei consumatori, considerando l'enorme consumo che, di questo
tipo di alimenti, viene fatto in Campania.
I METALLI
I metalli possono essere distinti
qualitativamente in essenziali e non-essenziali. I primi che comprendono
Fe, Cu, Zn, Cr, Mn, Ni, e Co, sono richiesti dall’organismo in quantità
minime, e sono coinvolti in molteplici funzioni biologiche come
costituenti indispensabili di molti enzimi. Esistono dei valori di
concentrazione intracellulare ottimali, al di sotto dei quali,
l’organismo entra in sofferenza; tuttavia una concentrazione elevata di
tali ioni può diventare tossica. Elementi come Hg, Cd e Pb, invece, non
presentano alcuna funzione biologica finora conosciuta, e vengono quindi
definiti non essenziali, essi possono essere tollerati dall’organismo
entro determinate concentrazioni, al di sopra delle quali diventano
tossici.
I metalli sono tutti rappresentati
nell'acqua di mare, e molti di essi sono indispensabili per le attività
vitali. In condizioni naturali il maggior contributo di metalli
all'ambiente marino è fornito dai fiumi, anche se una certa parte può
avere origine dalle attività vulcaniche e dai fumi industriali ed è
perciò trasportata attraverso l'atmosfera.
I metalli pesanti possono esistere allo
stato elementare (o metallico) o come ioni liberi o come parte di
molecole più complesse. In funzione dello stato in cui sono presenti i
metalli, i loro effetti sull'ambiente marino sono profondamente diversi.
Allo stato elementare o metallico, solitamente nessun metallo è tossico
tuttavia alcuni processi chimici e biochimici sono in grado di
trasformare un elemento in ioni, che invece hanno attività biologiche. I
metalli pesanti sono presenti nell'acqua di mare in svariate forme
chimiche risultanti dagli equilibri tra gli ioni metallici stessi,
anioni, cationi e molecole organiche presenti nell'acqua di mare. La
forma predominante dipende da tutta una serie di parametri quali la
concentrazione dello ione in questione, il tipo e la quantità di
molecole da esso incontrate nell'ambiente marino, il pH, la temperatura
e la velocità di rimescolamento delle acque.
Per biodisponibilità si intende la frazione
di metallo rapportata al totale presente nell'ambiente, che si rende
disponibile per gli organismi e che quindi entra nella catena
alimentare. L'esposizione degli organismi ai metalli dipende dal loro
habitat.
I filtratori e gli organismi planctonici
assumono i metalli pesanti allo stato disciolto o particolato; i
detritivori e la meiofauna, ingeriscono particelle di sedimento e
l'acqua interstiziale con i metalli che vi sono associati. Nei molluschi
bivalvi l'incorporazione dei metalli in forma ionica avviene per
diffusione per lo più passiva: l'assorbimento iniziale a livello della
superficie esterna della membrana è seguito dalla diffusione all'interno
della cellula e dalla formazione di complessi con leganti
intracellulari.
Un altro meccanismo importante è
l'assunzione dei metalli pesanti tramite il cibo: i molluschi bivalvi
filtrano particelle tra 10 e 25 μg, di cui è trattenuto circa il 70% e
la capacità di ingestione è largamente determinata dall'indice di
filtrazione sul quale influiscono la tensione dell'ossigeno, la
salinità, la materia in sospensione, lo stato fisiologico, ecc. Il
bioaccumulo, ha come conseguenza una sempre maggiore concentrazione
dell’inquinante lungo la catena alimentare, per cui i predatori che si
inseriscono ai vari livelli della piramide alimentare sono soggetti ad
accumulare le sostanze tossiche in una quantità sempre maggiore quanto
più alto è il livello che essi occupano. L’uomo che è al vertice di
questa catena alimentare risulta così esposto attraverso il consumo di
prodotti alimentari di origine animale.
La tossicità dei metalli pesanti è nota da
lungo tempo. Dagli effetti noti come “saturnismo” dovuti
all’avvelenamento da piombo all’idrargirismo causato dall’assunzione di
grosse quantità di mercurio, sono tutte patologie descritte in seguito
ad avvelenamenti acuti da metalli pesanti, il più noto di tutti è il
caso della baia di Minamata in Giappone. Tuttavia l’azione tossica di
questi elementi è in prevalenza di tipo cronico dovuto all’accumulo
nell’organismo e alla loro scarsa eliminazione.Gli organismi animali,
tollerano la tossicità di metalli pesanti, non solo alle basse
concentrazioni che si trovano nell’acqua di mare, ma anche a
concentrazioni più alte; si verifica pertanto un accumulo nei tessuti,
in quanto i meccanismi di incorporazione comportano l’assorbimento di
microelementi in quantità superiori a quelle di cui necessita
l’organismo. L’effetto tossico consegue ai danni che gli ioni possono
indurre a livello cellulare.
DIFFUSIONE,
ACCUMULO, TOSSICITÀ E MECCANISMO D’AZIONE DI CADMIO,PIOMBO E MERCURIO
Il cadmio è un elemento altamente tossico
per l’uomo; è un elemento ubiquitario ma presente in modeste quantità
nel suolo e come impurezza di altri metalli. Si ritrova nell’aria in
prossimità delle industrie che ne fanno uso ed è presente anche nel fumo
delle sigarette in concentrazione di 1.0 – 1.4 ppm.
Data la sua resistenza alla corrosione e per
la capacità di combinarsi con altri metalli abbassandone il punto di
fusione, il cadmio è impiegato in molti settori industriali fra i quali
uno dei più importanti è l’industria metallurgica. Viene utilizzato
anche come stabilizzante nell’industria delle materie plastiche, dei
coloranti, nell’industria elettrica per la produzione di accumulatori,
ed automobilistica. Circa 8.000 tonnellate all’anno di cadmio finiscono
in mare, la metà delle quali proveniente dalle attività umane.
Ciò è dovuto in gran parte al legame che
esiste in natura fra questo metallo e lo zinco, per cui le scorie
derivanti dai processi industriali dello zinco possono contenere
notevoli quantità di cadmio. Anche alcune pratiche agricole possono
concorrere alla contaminazione ambientale attraverso concimi ai fosfati
contenenti cadmio, o anche scarichi industriali utilizzati come
fertilizzanti. Una certa quantità di cadmio può liberarsi anche nel
corso della combustione del carbone e degli oli minerali.
La sensibilità verso il cadmio appare molto
diversa nei vari gruppi di organismi viventi. Esiste una stretta
correlazione fra nutrienti e cadmio, la quale tende ad aumentare quanto
maggiori sono le profondità. Infatti, è stato stabilito da alcuni
studiosi che nel Pacifico settentrionale, in acque profonde oltre 2.000
metri, alte concentrazioni di azoto e fosforo sono associate ad una
concentrazione di cadmio di circa 100 ng/L, mentre risalendo verso la
superficie tale concentrazione tende a diminuire in rapporto
all’utilizzazione dei nutrienti da parte dei vegetali, arrivando ad una
concentrazione inferiore a 4 mg/l negli strati più superficiali. I
molluschi tendono ad accumulare il cadmio in quantità molto superiori
rispetto ad altri gruppi zoologici marini, e tale accumulo avviene anche
in molluschi di acque non inquinate. I crostacei e gli echinodermi
sembrano più sensibili al cadmio soprattutto durante i primi stadi del
ciclo vitale.E’ stato stabilito che l’assunzione massima di cadmio
tollerabile per l’uomo è di 0.0075 mg per Kg di peso corporeo per
settimana. Nell’uomo adulto il cadmio è presente nella quantità di circa
30- 40 mg, dei quali un terzo localizzati nel rene ed i rimanenti nel
fegato, polmone, pancreas ed ossa. Il cadmio è certamente il tossico
ambientale, fra quelli finora conosciuti, capace di più gravi fenomeni
di accumulo, mostra, infatti, una emivita molto lunga (18-30 anni). La
sua eliminazione avviene lentamente e si compie prevalentemente con le
feci e con l’urina. L’avvelenamento acuto può verificarsi sia per
inalazione che per assunzione attraverso via orale.
Il piombo
è un elemento molto tossico nelle due serie di composti
come ione Pb2+ o Pb4+.
E’ nocivo anche allo stato
metallico, perché la sua inspirazione e manipolazione dà luogo ad
un’intossicazione cronica detta saturnismo. Tale malattia è nota fin dai
tempi di Ippocrate e fu da lui stesso così denominata. Nell’ambiente
naturale il piombo è andato sempre più aumentando dall’inizio del
secolo, parallelamente allo sviluppo dell’industrializzazione e della
motorizzazione. Infatti, l’impiego di piombo tetraetile, Pb(C2H5)4,
utilizzato come additivo antidetonante nelle benzine ha determinato una
massiccia immissione di piombo nell’atmosfera. Inoltre, durante la
fusione e il trattamento di materiale grezzo nell’industria, si ha il
passaggio di polveri di piombo nell’aria da cui ricadono sulla
superficie terrestre e in mare. Il piombo è presente in tutti i terreni
in quantità variabile con una media di 16 ppm, come pure nel corpo umano
nella quantità di 120 mg di cui circa il 96% nelle ossa: tale quantità
aumenta con l’età e può raggiungere i 400 mg. Il piombo è un componente
normale della dieta umana essendo presente in quantità variabili in
tutti gli alimenti, siano essi di origine animale che vegetale.
Non sembra che gli alimenti di origine
animale rappresentino un notevole pericolo per la salute del consumatore
qualora gli animali vivano in ambienti non contaminati, anche se va
ricordato che le ostriche ed i crostacei che vivono in acque contaminate
come pure le frattaglie.hanno una concentrazione di piombo superiore
alla norma.
Il mercurio
è un elemento presente in
natura soprattutto sotto forma di solfuro in un minerale chiamato
“cinabro”, abbondantemente distribuito sulla crosta terrestre.
Una
caratteristica del mercurio e dei suoi sali è la volatilità che comporta
la fuga nell’aria di questo metallo, e di conseguenza, in aggiunta agli
scarichi diretti, il suo arrivo al mare tramite pioggia e corsi d’acqua.
Circa 10.000 tonnellate di mercurio vengono immesse ogni anno
nell’ambiente, di cui circa un terzo proviene dalle industrie
elettrolitiche che, usando elettrodi di mercurio, ne disperdono una
parte nell’aria o nelle acque di lavaggio; il resto proviene dai
composti di mercurio usati come pesticidi o fungicidi in agricoltura e
nell’industria del legno e della carta nonché dai fumi del carbon
fossile.
Negli ultimi
tempi, come fonte di inquinamento da mercurio, è diventato non
trascurabile l’apporto delle batterie alcaline esaurite e gettate nei
rifiuti urbani. Vi è anche un’immissione naturale di mercurio in mare
dovuta all’azione degli agenti atmosferici sulle rocce mercurifere ed
alle attività vulcaniche, che viene valutata in migliaia di tonnellate
all’anno. In particolare il Mare Mediterraneo è al centro di un’area
sede del 65% delle risorse mondiali di mercurio (Savi, 1995), di
conseguenza i pesci del Mediterraneo mostrano livelli più elevati di
contaminazione da mercurio rispetto a quelli provenienti da altri mari.
La concentrazione di questo metallo negli alimenti, in condizioni
normali, cioè non in presenza di particolari contaminazioni, sono molto
basse soprattutto nei vegetali, in relazione allo scarso assorbimento di
questo metallo a livello radicale.
Notevolmente più
elevate, rispetto agli altri prodotti alimentari, sono, invece, le
concentrazioni riscontrate nei prodotti ittici che costituiscono
l’apporto prevalente di mercurio nella dieta. Particolare importanza
riveste l’ambiente acquatico nel quale, ad opera dei batteri, il
mercurio inorganico viene trasformato in composti organici,
fondamentalmente metil-mercurio, i quali attraverso la catena alimentare
raggiungono gli animali marini. Infatti, il mercurio inorganico che
arriva nell’ambiente idrico, sia come risultato dell’attività umana che
per effetto del dilavamento dei terreni, si deposita nei fondali e
quindi, ad opera dei batteri, si trasforma in metil-mercurio e
dimetil-mercurio. Il metil-mercurio, viceversa, viene liberato
nell’acqua e passa così nei pesci e nei molluschi. Infatti, nel
Mediterraneo gli organismi che vivono a profondità inferiore ai 200
metri, hanno livelli di mercurio, essenzialmente sottoforma di
metilmercurio, più elevati di quelli catturati in acque poco profonde.
Una volta entrato, il metallo si lega alle proteine interne della
cellula, determinando l’intenso accumulo. Il tonno (Thunnus thynnus)
e il pescespada (Xiphias gladius), ad esempio, contengono
normalmente nei loro tessuti concentrazioni di mercurio da 0.5 fino a 4
ppm, tendenti ad aumentare con l’età dell’individuo.
L’Organizzazione
Mondiale per la Sanità indica per l’uomo un massimo ingeribile di 0.3 mg
di Hg2+ per settimana, o di 0.2 mg di metilmercurio. Il
metil-mercurio, come gli altri composti organici del mercurio, è in
grado di superare la barriera placentare raggiungendo il feto nel quale
si accumula fondamentalmente nel cervello; sembra addirittura che i
dosaggi raggiunti nel cervello del feto siano superiori a quelli che si
riscontrano nella madre, tanto è vero che sono descritti avvelenamenti
pre-natali anche quando la madre non presentava alcun sintomo di
malattia. Le conoscenze sul comportamento nell’organismo, come pure
sulla tossicità del mercurio, derivano fondamentalmente dagli studi
effettuati in occasione del grave incidente verificatosi in Giappone
nel 1953 nella baia di Minamata conseguente all’ingestione di pesci
catturati, appunto, in quello specchio d’acqua nel quale venivano
immesse grandi quantità di rifiuti industriali (Harada, 1995).
Nell’episodio
furono vittime 1200 persone di cui 54 decedute. Successivamente, si
verificò la nascita di 22 bambini con malformazioni, dimostrando così la
teratogenicità di questo composto nonché la sua capacità di superare la
barriera placentare e, pertanto, la pericolosità dell’esposizione
pre-natale. Nei pesci responsabili di questo episodio furono evidenziate
concentrazioni di 27-120 ppm di metil-mercurio il quale derivava dal
mercurio organico immesso nell’ambiente idrico da una fabbrica di
cloruro di vinile. Sicuramente questo episodio può essere considerato il
più noto incidente da produzione industriale e, nello stesso tempo,
quello che ha aperto la strada allo studio della contaminazione
industriale.e ambientale.
LA MOLLUSCHICOLTURA
Un impianto di molluschicoltura è un zona di
produzione costituita da parti di mare, di laguna o di estuario dove si
trovano banchi naturali di molluschi bivalvi oppure luoghi utilizzati
per la coltivazione di molluschi bivalvi, dove questi ultimi vengono
raccolti vivi (Reg. CE n. 853/2004). Per molluschi bivalvi si intendono
i molluschi lamellibranchi filtratori.
La molluschicoltura in Italia è
regolamentata dal Decreto Legislativo 30 dicembre 1992 N° 530 e
successive modifiche ed integrazioni e dai Regolamenti CE 852, 853 ed
854 del 29 aprile 2004, che stabiliscono le norme sanitarie applicabili
alla produzione e commercializzazione dei molluschi bivalvi vivi,
gasteropodi marini, echinodermi e tunicati. Regione Campania ha emesso
la Linea Guida sulla Molluschicoltura con l’obiettivo di disciplinare:
1) le procedure per la classificazione e
riclassificazione degli specchi di acqua destinati alla produzione ed
alla stabulazione dei molluschi bivalvi;
2) le modalità di richiesta di
classificazione e riclassificazione degli specchi acquei in cui si
intendono allevare molluschi bivalvi;
3) requisiti delle aree marine destinate
alla molluschicoltura e destinazione dei molluschi provenienti dalle
zone classificate;
4) la sorveglianza periodica da effettuare
sugli specchi d’acqua.
Nella linea guida sono descritte le
procedure per la classificazione delle zone di produzione di molluschi
bivalvi sulla base:
di accertamenti ispettivi e documentali
eseguiti dai Servizi Veterinari delle AA.SS.LL. interessate, allo scopo
di individuare l’ubicazione e la natura di eventuali fonti di
contaminazione, anche a carattere temporaneo, che sono presenti nelle
zone da classificare, acquisendone notizia ed incidenza di queste sulla
qualità delle acque presso il Dipartimento Provinciale di Napoli dell’ARPAC;
di accertamenti analitici su campioni di molluschi della specie per la
produzione della quale si intende classificare lo specchio d’acqua
prelevati dai Servizi Veterinari, e di acqua prelevati dal Dipartimento
Provinciale di Napoli dell’ARPAC, avvalendosi della collaborazione di
operatori dell’impresa o della Capitaneria di Porto. Gli esami di
laboratorio sono eseguiti presso i laboratori dell’ARPAC per quanto
concerne i parametri delle acque e l’Istituto Zooprofilattico di Portici
per i requisiti microbiologici, chimici e biotossicologici dei molluschi
bivalvi.
In questo lavoro di tesina è riportata
l’attività svolta presso i laboratori del Dipartimento
di Chimica dell’Istituto Zooprofilattico
Sperimentale del Mezzogiorno, nel monitoraggio della molluschicoltura
in Campania, attraverso la determinazione dei livelli di contaminazione
da metalli pesanti, cadmio, piombo e mercurio, in due specie di
molluschi bivalvi, i mitili (Mytilus galloprovincialis) e i
cannolicchi o cappalunga (Solen vaginatus).
Il lavoro di analisi ed elaborazione dei
dati è riferito ai campioni inviati al laboratorio nel periodo
2008-2009.
I campioni sono stati prelevati dai Servizi
Veterinari competenti per territorio, secondo le indicazioni previste
nella linea guida e inviati per la determinazione dei livelli di metalli
pesanti al laboratori del Dipartimento di Chimica.
I campioni sono stati prelevati nelle aree
destinate alla molluschicoltura situate lungo la costa della Regione
Campania (figura 1).
Per la
determinazione delle concentrazioni di metalli pesanti è stata
utilizzata la tecnica della spettrofotometria di assorbimento atomico
dopo preparazione del campione.
Figura 1 – Distribuzione degli
impianti di molluschicoltura nella regione Campania
RISULTATI
Tra il 2008 e il 2009 sono state effettuate
78 determinazioni di piombo, 78 determinazioni di mercurio e 13
determinazioni di cadmio. In nessun campione è stato rilevato il
superamento dei tenori massimi previsti dalla normativa specifica.
Il dato più importante è senz’altro quello
relativo alla determinazione del mercurio che in tutti i campioni è
risultato non rilevabile, La numerosità campionaria è più elevata nei
comuni di Pozzuoli e Bacoli dove è situata la maggior parte degli
impianti di acquacoltura e dove sono stati riscontrati i valori più
elevati di piombo, oltre a Napoli dove degli impianti di stabulazione
sono localizzati direttamente davanti alla città. In tutti questi casi,
la vicinanza con zone altamente antropizzate, sede di attività agricole,
commerciali e industriali comporta il rischio di immissione in mare di
grosse quantità di inquinanti tra cui il piombo. Per contro nei campioni
prelevati in aree della regione, come la costa di Battipaglia, con una
scarsa presenza urbana e industriale, i valori riscontrati di piombo
sono molto bassi. Infine per il cadmio, pur non essendo prevista dalla
linea guida la determinazione della presenza di questo metallo, per 12
campioni di molluschi prelevati in impianti situati nel comune di Bacoli,
è stato richiesto l’esame. di questi campioni, solo in un caso il
contenuto di cadmio è risultato inferiore al limite di rivelazione.
CONCLUSIONI
I risultati del monitoraggio effettuato sui
campioni di molluschi bivalvi allevati negli impianti di
molluschicoltura situati lungo le coste della regione Campania,
consentono di trarre alcune importanti considerazioni.
La normativa vigente (Regolamento CE
1881/2006), relativamente alla commercializzazione dei molluschi
bivalvi, impone dei limiti massimi di 0.5 mg/kg per il mercurio, di 1.5
mg/kg. per il piombo e di 1.0 mg/kg per il cadmio.
I valori determinati nella presente indagine
per questi tre metalli sono stati sempre al di sotto di questi limiti.
Più in particolare il confronto tra i dati raccolti e quelli dei dati
presenti in letteratura porta a fare alcune considerazioni riguardo le
concentrazioni dei metalli considerati tossici per la salute umana.
In primis, le concentrazioni di mercurio che
nel passato sembravano il problema principale sembrano, non destare
alcuna preoccupazione, poiché sono risultate tutte al di sotto di un
valore molto lontano dal valore soglia di tossicità.
Si può affermare quindi, che il monitoraggio
abbia consentito di evidenziare una situazione relativamente tranquilla
all’inquinamento da metalli pesanti.
Il mare della Campania, costituisce un
potenziale serbatoio di inquinanti in particolare di metalli pesanti che
derivano dalle attività industriali ed agricole che si sviluppano lungo
la costa, tuttavia, in passato non sono stati effettuati in quest'area
monitoraggi tesi alla valutazione dei livelli dei metalli nell'ambiente
acquatico e soprattutto nei prodotti della pesca. L’esecuzione delle
prescrizioni della normativa attraverso l’applicazione della linea guida
ha potuto permettere di effettuare un primo intervento di valutazione
dei livelli di contaminazione da metalli pesanti.
Con un’attività di monitoraggio che prosegue
nel tempo e che sarà estesa ad altri contaminanti di rilevo interesse
tossicologico quali PCB e IPA. Quindi, grazie alle normative vigenti,
l’uomo che è al vertice della catena alimentare, risulta essere
cautelato nel consumo di prodotti alimentari di origine animali
(Gen.2011).
Giuseppe De Grado |