BERLINETTE
La Alpine A110
di Roberto Maurelli
C’era
un tempo in cui concessionari intraprendenti allestivano nei loro garage
delle vetture sportive basate sui modelli che vendevano ogni giorno ai
clienti. Tra questi vi era un certo Jean Rédélé, concessionario Renault
di Dieppe, nel nord della Francia, che creò dal nulla un suo marchio: la
Alpine.
Il modello che lo ha reso certamente più
famoso è stato la A110, una vettura sportiva nata nel 1962, dopo oltre
dieci anni di attività.
Come ormai di consueto, il telaio era a
trave centrale, con una leggerissima carrozzeria in vetroresina che
fermava l’ago della bilancia a solo 680 kg, una massa ben minore perfino
rispetto ad un’odierna utilitaria. Esteticamente si presentava piuttosto
simile alla sua progenitrice, la A108, anche se la coda e il frontale
erano stati resi più aggressivi nel look: il padiglione posteriore era
molto bombato e spiovente, mentre anteriormente venivano aggiunti i
bellissimi doppi fari carenati.
La meccanica, invece, era mutuata
direttamente dalla Renault R8. Il propulsore, in particolare, era un
quattro cilindri, montato posteriormente, di 956 cc che sviluppava 50
cv. Nonostante i numeri non proprio entusiasmanti, in questa
configurazione la A110 riusciva comunque a toccare i 160 km/h.
L’ottima progettazione e messa a punto
consentirono al piccolo concessionario di Dieppe di riscuotere numerosi
successi sia su pista che su strada, al punto che la Renault decise di
impegnarsi direttamente in questa avventura sportiva mettendo a
disposizione la sua capacità finanziaria e la sua gamma di motori, in
particolare un 1108 cc capace di inviare alle ruote potenze comprese tra
i 60 e gli 86 cavalli e un 1300 cc in grado di erogare da 72 a 110
cavalli.
Grazie alla nuova linfa, le soddisfazioni
non smettevano di arrivare e, nel 1969, sulla A110 fu installato il
propulsore da 1600 cc montato sulla R16 ed elaborato per raggiungere
potenze comprese tra gli 83 e i 148 cavalli. Questo polmone più grande
spostava il limite massimo dell’ago del tachimetro a quota 220 km/h. La
grande attenzione della Renault per le competizioni e la cura maniacale
dei dettagli commerciali, tipica della casa d’oltralpe, fecero il resto.
Non è un caso che, fra molti meriti della
A110, ci sia stato anche quello di aver fatto scuola per una generazione
di piloti, fra cui perfino il campione brasiliano di Formula 1 Emerson
Fittipaldi.
Ormai la vettura era nella sua piena
maturità agonistica ed era pronta per il grande salto nei rally.
Sbaragliando una concorrenza colta di sorpresa dall’efficacia della
piccola francesina, ottenne la vittoria nei campionati mondiali del 1971
e del 1973. Fu allora che gli avversari, e la Lancia in primis, decisero
di correre ai ripari progettando modelli più estremi ed ancora più
letali. Questa “corsa agli armamenti” mise in crisi di risultati la
A110, il cui progetto iniziale risaliva ormai a più di dieci anni prima.
Neppure il trapianto di nuove unità da 1.6 e 1.8 litri (quest’ultima
solo per le competizioni) riuscirono a rivitalizzare i fasti del
passato.
Nonostante il ritiro dalle competizioni, la
A110 rimase in produzione fino al 1977, anche se a partire dal 1971 era
stata già commercializzata la sua sostituta, la A310, una vettura ch
però non ottenne gli stessi successi sportivi e commerciali.
L’avventura di Rédélé si concluse
definitivamente nel 1995, quando la Alpine, ormai incorporata in
Renault, cessò definitivamente la produzione in seguito al lancio di due
sfortunati modelli.
Ancora oggi la “berlinette” rappresenta un
ottimo acquisto per chi desidera mettersi alla guida di un mito del
passato. Ovviamente le prestazioni non sono paragonabili a quelle delle
sportive di ultima generazione, ma il deficit viene ampiamente colmato
dal brivido della guida, tutto a favore della francesina.
Inoltre, trattandosi di un pezzo da
collezione, potrebbe anche essere un fantastico investimento. Il
problema è che già da alcuni anni circolano sul mercato dell’usato delle
A110 ad un prezzo nettamente superiore a quello indicato dai listini
delle riviste specializzate. A fronte di una spesa che non dovrebbe
assolutamente superare i 30.000 euro, infatti, si trovano anche
esemplari da oltre 60.000 euro. Evidentemente c’è chi è disposto a
spendere queste cifre pur di mettersi in garage questa bellezza… Come
sempre i prezzi del mercato sono molto variabili e questo è uno dei casi
in cui il cuore la fa da padrone. Il vostro cosa vi suggerisce?
Roberto Maurelli |