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Mi faccia il pieno di bioDIEsel, per favore

di Davide Murgano (Dic. 2007)


I costi crescenti dei carburanti, della probabile futura penuria del petrolio, dell’aumento dell’inquinamento atmosferico, e i tentativi di trovare carburanti rinnovabili a basso impatto ambientale hanno prodotto sforzi crescenti in molte direzioni. Oggi è possibile trovare auto a idrogeno, elettriche, fotovoltaiche, a biocarburanti, solo per citarne alcuni.
Esperienze come quella brasiliana, dove con la canna da zucchero si ricava etanolo, utilizzato in percentuali più o meno alte nel carburante per auto, ha spinto verso l’utilizzo dei biocarburanti, il cui consumo, secondo Frost & Sullivan, è destinato a triplicare nei prossimi 6 anni, passando da 2,93 miliardi del 2006, ai 9,75 del 2013.

La Ue ha imposto entro il 2020 di utilizzare il 10% di carburanti prodotti da fonti rinnovabili e i singoli Stati membri stanno incoraggiando e spingendo verso questa politica mentre gli Usa parlano di un 17% entro il 2017.
L’insieme delle normative emanate potrebbe rendere i carburanti prodotti da fonti rinnovabili competitivi come costi, anche se la necessità di miscelazione rappresenta per le aziende un impegno elevatissimo, soprattutto da un punto di vista logistico. In questo campo le iniziative mediatiche non mancano. Sir Richard Brason, per esempio, promette per l’anno prossimo l’utilizzo sperimentale di biocarburante per un jet della sua Virgin Airlines. Alcune di queste idee rimarranno allo stadio teorico, oppure potranno essere messe in pratica contando su contributi su contributi statali o troveranno applicazione grazie a sostegni di natura politica. Ma sarà tutto oro quello che luccica? Non c’è il rischio che la cura contro l’inquinamento, il costo del petrolio o dell’energia elettrica sia peggiore della malattia ? L’ 0cse delinea uno scenario preoccupante:<<Ci saranno forti spinte>>, scrivono i suoi analisti, <<a rimpiazzare gli ecosistemi naturali, o come le foreste e i terreni da pascolo, con le colture utilizzate all’industria dell’energia alternativa>>. Non c’è dubbio che, da un punto di vista delle quotazioni internazionali, assisteremo a un incremento nelle quotazioni delle materie prime. E il recente aumento dei prezzi del grano e dei cereali in genere è dovuto anche al loro utilizzo per la produzione di bio-carburanti.

A gennaio in Messico il prezzo del mais è salito da 7 pesos al kg (0,50 cents di euro) a 18 pesos (1,20 euro), con conseguenti rivolta degli strati più poveri della popolazione.
Insomma, la tendenza è di rivedere e analizzare meglio i pro e i contro dell’utilizzo dei biocarburanti: a breve e medio termine, potrebbero permetterci di diminuire di qualche punto percentuale il consumo dei carburanti fossili, ma a lungo termine bisogna trovare delle alternative al petrolio e i biocarburanti ne rappresentano solo una. Biodiesel ed etanolo sono sicuramente meno inquinanti dei carburanti tradizionali, ma per ora il bilancio energetico è incerto. Alcuni esperti infatti affermano che per produrre energia da mais si spende dal punto di vista energetico il 29% in più rispetto a quello che si ricava, anche se con la stessa sicurezza si afferma anche il contrario. Questo però non incide sul fatto che per sostituire con bioetanolo il 10% del carburante necessario per i consumi italiani sarebbe necessario delle aree di dimensioni vicine all’intera Pianura Padana da destinare alla coltura di mais, incidendo sulle risorse idriche della zona.

I biocarburanti devono essere considerati come uno dei modi per diminuire la dipendenza petrolifera e prima di dedicare budget importanti al loro sviluppo non si devono trascurare altre opzioni o meglio un insieme di esse. Come dice Carlo Stagnaro dell’Istituto “Bruno Leoni” , <<alla fine di un pieno di biocarburante costa al consumatore quanto un pieno normale, ma soltanto perché la produzione è sostenuta a monte da sussidi pubblici ai coltivatori, invogliati a orientare e a vendere in blocco le loro produzioni su questo nuovo mercato. Ma gli effetti “indesiderati non mancano come quelli capitati in Messico. Inoltre, la diffusione di queste colture può portare alla riduzione della biodiversità esistente>>.
Mentre in America Latina infiamma la polemica tra chi sostiene i biocarburanti come il presidente del Brasile Lula e chi li sta in ogni modo avversando come il presidente del Venezuela Chavez – forte anche delle rendite petrolifere di quel Paese.
Grande e forse decisivo impulso deriverà dagli impianti della cosiddetta seconda generazione, che utilizzano la parte non alimentare della pianta e scarti della lavorazione del legno. <<In meno di 10 anni rischieremo altrimenti di essere accusati come una delle cause della fame nel mondo>>, dice Robert Scout della Shell. Un’alternativa però c’è.

Non mancano infatti i progetti per ricavare biocarburante da prodotti non destinati all’alimentazione umana, come le alghe, la Mamona (olio di ricino), la jatropha, la plastica, il siero del latte, o dall’utilizzo delle 90.000 tonnellate di bacchette di legno che annualmente vengono utilizzate dai giapponesi. Contenere e possibilmente ridurre la dipendenza dal petrolio sta implicando comunque interventi e misure su larga scala. Dal potenziamento dei trasporti pubblici collettivi e la riduzione di quelli privati agli investimenti per la creazione di motori più parsimoniosi, alle abitazioni realizzate con materiali e criteri che favoriscono il risparmio energetico, il tutto abbinato a una normativa credibile e non discorsiva, che consenta di dedicare a tali produzioni le aree del pianeta più adatte. L’Italia è per ora il fanalino di coda in Europa nella produzione di biocarburanti che nel 2007 hanno rappresentato meno dell’1% del consumo totale di carburanti, contro un tasso di diffusione del 9,675% registrato nel primo semestre in Germania. (Dic. 2007)
 

Davide Murgano

 


 

 


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