Biogas da discariche controllate
di Pietro Martino
(Naturalista)
Non è facile trovare una risposta alla
domanda: cosa è un rifiuto? Esistono difatti molti modi per
rispondere a questa domanda, tuttavia oggi è possibile ricondurre tutte
queste risposte ad una sola: quella che potremmo considerare codificata
per legge! Che cosa è dunque un rifiuto?
La prima cosa che ci viene in mente è: un
oggetto che buttiamo. Quindi verosimilmente un rifiuto è un prodotto
di scarto che necessariamente dobbiamo allontanare da noi. In effetti
per rifiuto si intende “qualsiasi sostanza od oggetto che rientra
nelle categorie riportate nell'allegato A e di cui il detentore si disfi
o abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi” (art.6, comma 1, lett.
a) D.Lgs. 22/97).
L'oggetto (fisico o anche energetico)
considerato rifiuto produce di fatto inquinamento. Dall'introduzione del
Rapporto del Comitato per l'inquinamento della National Academy of
Science, “Waste Management and Control” del 1966, si legge:
L'inquinamento è una alterazione indesiderabile delle caratteristiche
fisiche, chimiche o
biologiche dell'aria, dell'acqua e della terra, che
può essere pericolosa, o lo diventerà, per la vita umana e per quella
delle altre specie […] Gli inquinanti sono i residui di sostanze che
fabbrichiamo, usiamo e buttiamo via.
I rifiuti provocano quindi inquinamento. E
lo vediamo ogni giorno, anche sotto casa nostra. Ma quello che non
vediamo, i cosiddetti microrifiuti, sono quelli più pericolosi, quelli
che provocano gravi malattie, provocano tumori e morte. Non è la
carcassa di un frigorifero, di una lavatrice o di un materasso a
provocare il danno ambientale, ma sono le polveri sottili, la
diossina sprigionata dall'incenerimento volontario o meno dei rifiuti, a
provocare maggior danno ambientale.
Ad ogni modo il rifiuto non va semplicemente
allontanato da noi, ma va trattato come qualsiasi materiale di scarto:
convertito, riciclato, oppure stipato per la vita nelle sempre più
numerose discariche. Ovviamente parliamo di discariche controllate:
progettate e costruite per assolvere al problema del definitivo
disfacimento dei rifiuti. Tuttavia semplificare così il problema dei
rifiuti non è corretto. Bisognerebbe (e qui noi lo considereremo)
perlomeno trattare il rifiuto per quello che è: una risorsa energetica
importante.
Tralasciando la questione
termovalorizzatori (assai controversa) i rifiuti sono prodotti
energeticamente validi anche quando non se ne voglia considerare
l'aspetto della loro conversione, del loro riciclaggio. Anche se
seppelliti sotto strati e strati di terra (che costituiscono in
definitiva la discarica controllata), essi sono una risorsa e mai un
vero problema. In quegli stessi strati, i rifiuti sono in grado di
autodegradarsi e produrre un importante fonte energetica: il cosiddetto
biogas da discariche controllate.
Due sono i prodotti della fermentazione
(degradazione) operata da microorganismi sulla materia organica presente
in quantità nei rifiuti: il percolato e il biogas. Il biogas è
principalmente composto da metano e da biossido di carbonio. Già Buswell
e Mueller nel 1952 identificarono il processo di trasformazione della
cellulosa in metano e biossido di carbonio, rappresentato dalla reazione
chimica:
nC6H10O5 +
nH2O → 3nCH4 + 3nCO2
Nel processo si distinguono due fasi: una
prima fase (aerobica) che si verifica negli strati alti della discarica
e che avviene con consumo di ossigeno; e una seconda fase (anaerobica)
che soggiunge mano a mano che i rifiuti già sottoposti alla fase uno,
vengono via via coperti con altri strati di rifiuti e di terra. E' in
questa fase che viene prodotto il metano (assieme all'anidride
carbonica) e questa fase può durare anche anni e anche dopo che la
discarica è stata chiusa.
Il biogas che si forma nelle profondità
della discarica è una miscela di gas infiammabili, di odore sgradevole
(dovuto alla presenza di derivati sulfidrilici). Ed è naturale pensare
che la percentuale di produzione di metano (componente principale del
biogas) è proporzionale alla quantità di prodotti altamente
biodegradabili presenti nei rifiuti depositati in discarica (la
cosiddetta parte umida) e alla temperatura del terreno che ospita la
discarica.
Ma quanto biogas si può produrre da una
discarica controllata? Certamente non tanto, ma nemmeno poco. E comunque
la produzione di biogas è indipendente dall'utilizzo dei rifiuti in
discarica. Questo significa che la discarica produrrà biogas sempre e
comunque: ci sia conseguentemente o meno l'utilizzazione finale. Anzi
fin dalla progettazione della discarica, è previsto lo sfiato in
superficie del biogas che non si può accumulare negli strati interrati
per ovvi motivi (di sicurezza). In letteratura Ham e Barlaz riportano
che un Kg (peso secco di rifiuti) produce 520 litri di biogas. Ma questo
valore è legato alla perfetta biodegradabilità dei rifiuti, cosa che
difficilmente succede in discarica. Per questo motivo è ragionevole
accettare per buoni i risultati che si attestano a valori al di sotto
del 70% del valore teorico di laboratorio.
Per evitare dispersioni in atmosfera, il
biogas viene raccolto mediante una rete di captazione. Rete che è
costruita con il procedere della stessa costruzione della discarica. Il
biogas così captato viene convogliato seguendo due strade. Se la
discarica è di piccole dimensioni, e conseguentemente la raccolta di
biogas è limitata, questo stesso viene convogliato tutto verso un unico
punto di raccolta e qui bruciato (attraverso un tubo detto torcia).
Viceversa se la discarica produce una notevole quantità di biogas,
questo una volta raccolto viene depurato dalle componenti non idonee e
inviato ad una gasometro e infine ad una centrale termica per la
produzione di acqua calda o di elettricità.
La discarica controllata, una volta chiusa
ermeticamente con un telo di superficie apposito che si continua con la
geomembrana di fondo, può produrre biogas per diverso tempo. Li sotto a
diversi metri di profondità quelli che credevamo essere solo e soltanto
rifiuti, ci stanno in realtà fornendo calore per riscaldare le nostre
case o per accendere i nostri elettrodomestici.
Pietro Martino |