L’EROE
DEI DUE MONDI
Breve biografia di Mario Andretti
di Roberto Maurelli
Mario Andretti nacque n Istria il 28 febbraio 1940. Andò via esule dalla
sua terra già nel 1948, a soli otto anni, per sistemarsi prima in un
campo profughi presso Lucca, in Toscana, e ottenere, poi il visto di
ingresso per i tanto agognati Stati Uniti nel 1955.
Nonostante questa infanzia ed adolescenza avventurose, nel
1964
iniziò a correre nella categoria
USAC,
una divisione che oggi non esiste più anche se è stata in qualche modo
riproposta, sebbene aggiornata, attraverso l’introduzione della ben nota
IRL (Indy Racing League) nel 1996.
La grande ascesa verso i vertici dell’automobilismo sportivo iniziò
praticamente subito, a dimostrazione di un talento fuori dal comune che
prometteva grandi successi per il futuro. Ed infatti Andretti riuscì a
conquistare il titolo USAC sia nel 1965 che nel 1966.
Nel 1967, invece, decise di cimentarsi con il campionato
NASCAR,
vincendo la 500 miglia di Daytona e per ben tre volte la
12 Ore di Sebring,
entrambe gare storiche che rievocano negli appassionati sentimenti di
puro godimento.
Reduce da questi significativi successi, l’anno seguente fece il suo
esordio in
Formula 1
con la
Lotus,
team che, guidato dal furbo Colin Chapman, lo aveva seguito sin dai
tempi delle prime gare oltreoceano.
Non ci volle molto perché Andretti
dimostrasse la sua attitudine per la velocità: nella sua prima
apparizione al
Gran Premio degli
Stati Uniti riuscì immediatamente a conquistare la
pole position,
cosa che gli capiterà ancora molte volte nel corso della sua lunga
carriera. Anche nel
1969
corse con la Lotus, ma solo per tre Gran Premi e senza riuscire mai a
vedere la bandiera a scacchi. Fortunatamente nella stessa stagione
riuscì nuovamente a trionfare nel campionato
USAC,
aggiudicandosi anche la celeberrima
500 miglia di
Indianapolis.
Ormai, però, il suo cammino in Formula 1 era già tracciato e quindi, nel
1970,
passò alla
March,
scuderia con cui disputò cinque Gran Premi, conquistando anche i primi
punti pesanti con il primo podio (terzo) nel
Gran Premio di
Spagna.
Anche il Commendatore si accorse del talento di questo americano sempre
allegro e devastante nella ricerca della massima prestazione
velocistica. Fu così che la
Ferrari
lo ingaggiò per la stagione
1971,
portandolo al trionfo nel Gran Premio d'apertura in
Sud Africa,
dove fece segnare anche il
giro più veloce.
Dopo due anni sabbatici, uno dei quali trascorso a guidare le vetture
sport del Cavallino, Andretti ritornò alle corse nel
1974.
Questo e anche l’anno seguente furono anni difficili dal punto di vista
dei risultati per via della scarsa competitività delle vetture guidate,
ma Andretti riuscì comunque a togliersi qualche piccola soddisfazione
ottenendo dei buoni piazzamenti.
Proprio questa tenacia del pilota statunitense convinse Chapman a
riportare Andretti nella sua scuderia per il finire del
1976.
Il pilota non deluse le aspettative, concludendo la stagione con una
vittoria nell'ultima gara, il
Gran Premio del
Giappone, a dimostrazione che, con la giusta macchina, aveva
ancora i numeri per dare la paga a chiunque.
In quegli anni la Lotus stava sperimentando una nuova tecnologia
aerodinamica, nota come “effetto suolo”, che avrebbe dovuto garantire
alle sue vetture un’aderenza incredibile.
La sperimentazione in pista
iniziò nel
1977,
con il
modello 78,
con la quale Andretti conquistò 4 vittorie, sette pole, 4 giri veloci,
chiudendo terzo nel campionato mondiale.
Nel corso di un test, il
pilota, per descrivere il livello di tenuta di strada, affermò che la
vettura era letteralmente “pittata sulla pista”.
Con il
modello 79
la Lotus diventa imbattibile l'anno
seguente, tanto che Andretti diventerà Campione del mondo
con 6 vittorie, 3 giri veloci e le 8 pole position. Purtroppo quello
sarà anche l’anno della morte in pista del compagno di squadra Ronnie Peterson, evento che immancabilmente funestò la stagione della scuderia
inglese.
Le successive stagioni, alla guida di Lotus, Alfa Romeo, Williams e
Ferrari saranno avare di successi e, nel 1982, l’amore per gli Stati
Uniti lo spinse a riprendere la via delle corse USAC, dove conquistò
ancora una volta il titolo nel 1984.
Fino al 1994 correrà esclusivamente
con la scuderia fondata dall'attore
Paul Newman
e da Carl Haas.
Evidentemente i suoi geni sportivi si sono tramandati nella sua
discendenza, dal momento che anche il figlio
Michael
è stato un campione CART, mentre altri due figli, Jeff e John, e il
nipote, Marco, sono tuttora piloti professionisti.
Questa, in breve, la carriera di questo grande pilota. Molto ancora ci
sarebbe da dire sull’uomo, perché il grande talento è sempre figlio
anche di una grande personalità. Quella di Andretti si manifestava in
una voglia spasmodica di correre, di superare i propri limiti, di
competere con gli avversari. Non a caso James Hunt, pilota sanguigno,
consigliava di non fare mai una rissa con lui. Per evitare di farsi
pestare…
(Lug.2010)
Roberto Maurelli |