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BIORISANAMENTO DI IDROCARBURI
di Barbara Peruzzi


INDICE
1. INTRODUZIONE
2. COS’è IL BIORISANAMENTO
3. BIORISANAMENTO DA PRODOTTI DI ORIGINE PETROLIFERA
4. AZIONE DEI BATTERI NEL BIORISANAMENTO
5. CONCLUSIONI
6. SITOGRAFIA


1. INTRODUZIONE
Questa tesina vuole trattare il tema del biorisanamento e in particolare quello applicato alla bonifica di aree contaminate da petrolio o suoi derivati. Questo perché l’inquinamento da idrocarburi è un tema di rilevante importanza a livello ambientale, e in questo il biorisanamento – oltre che per molti altri inquinanti pericolosi di varia natura - è una tecnica molto valida in quanto efficace.
In questo testo cercherò pertanto di mettere in luce quello che è il biorisanamento come tecnica di intervento, le finalità per cui si interviene nella bonifica di ambienti inquinanti, nonché i meccanismi naturali che si innescano durante la bonifica.
Al giorno d’oggi il nostro Pianeta è cosparso delle cosiddette “Isole di plastica”, queste sono delle vere e proprie isole interamente costituite da rifiuti di origine petrolifera che, come noto, non sono considerati biodegradabili.

Le plastiche inoltre subiscono fotodegradazione, ovvero la scissione dei polimeri nei loro monomeri (unità primarie che compongono la catena polimerica) per azione dei raggi UV. Visto il grande incremento nella produzione dei prodotti di origine petrolifera nell’ultimo secolo, non affiancata da un’efficacie politica per il loro smaltimento, ci ritroviamo ad avere vere e proprie isole di rifiuti che stanno lentamente ma inesorabilmente avvelenando il nostro Pianeta. Questo in particolare perché la loro mancata biodegradazione e la conseguente fotodegradazione in particelle PCB, le rende nocive per gli animali marini che le ingeriscono e conseguentemente le introducono nel nostro ciclo alimentare.
Come abbiamo potuto imparare dall’esperienza, e questa ne è l’ennesima conferma, il nostro Pianeta si compone di cicli di vita per cui qualsiasi tipo di azione dannosa dell’uomo sull’ambiente non fa altro che tornare all’uomo arricchita di maggiore pericolosità.
Per questo motivo è importante, oltre al preservare l’ambiente che ad oggi è rimasto incontaminato, sviluppare tecniche sempre più adeguate di recupero del patrimonio ambientale. In questo il biorisanamento è un ottima possibilità.
Il risanamento ambientale è una tecnica di nuova generazione che, oltre ai rifiuti di origine petrolifera, trova larghe possibilità di impiego anche per la bonifica di contaminanti quali metalli pesanti, clorofenoli, IPA (Idrocarburi Policiclici Aromatici), nonilfenoli, fibre di asbesto; nonché le scorie radioattive, anch’esse un tema di rilevante importanza a livello ambientale, vista l’impossibilità di smaltire questi rifiuti “semplicemente” e l’attivo ruolo delle organizzazioni criminali (Ecomafie) nell’ambito dei depositi abusivi di rifiuti nucleari.
Partiamo però dalla definizione generale di questa tecnica, indipendente dall’inquinante per cui è applicata.


2. COS’è IL BIORISANAMENTO
Il Biorisanamento è una tecnica di bonifica biologica in situ che permette di rimuovere eventuali fonti inquinanti attraverso l’azione di microrganismi, ovvero colture di funghi o batteri. In molti casi queste colture sono frutto della genetica per cui risultano a tutti gli effetti OGM (Organismi Geneticamente Modificati) creati appositamente in laboratorio a partire da microrganismi già presenti o in alternativa colture di batteri che si sono sviluppati ed evoluti in ambienti contaminati, quindi in ogni caso microrganismi che si sono o sono stati specializzati per rimuovere un particolare agente inquinante disperso nell’ambiente. Per quanto riguarda la realtà italiana del biorisanamento questo è applicabile esclusivamente con l’impiego di microrganismi che si sono “naturalmente” specializzati nella rimozione di un determinato agente inquinante in quanto la normativa nazionale non permette ad oggi l’utilizzo di OGM per nessun tipo di impiego.
Senza entrare nella descrizione della struttura batterica e delle proprietà ad essa connesse, per comprendere l’azione batterica connessa al biorisanamento bastano poche semplici nozioni. Infatti tutti sappiamo che i batteri sono ormai da tempo studiati come soluzioni efficaci in moltissimi campi della scienza, questo perché essendo microrganismi in grado di adattarsi all’habitat, sviluppano capacità di interazione con quest’ultimo ai fini della sopravvivenza. Quindi sono capaci di adattarsi alle più svariate e mutevole situazioni ambientali.

Questo è uno dei motivi per cui un antibiotico prodotto per l’eliminazione di un batterio patogeno, dopo un lungo periodo di impiego perde la sua efficacia nello specifico organismo che lo assume in quanto i batteri evolvendosi si adattano all’habitat alterato, generato dall’antibiotico, diventando con il tempo immuni anche a quest’ultimo.
Il biorisanamento è quindi una valida alternativa alle altre tecniche di bonifica in quanto utilizza microrganismi che una volta inseriti nel sito da bonificare operano autonomamente nel risanamento dello stesso riducendo così una importante percentuale di costi; inoltre la zona contaminata al termine del risanamento è del tutto priva dell’agente contaminante a livello microbiologico perché i batteri operano fino a che è presente l’inquinante, dopo di che, venendo a mancare la loro fonte di energia, muoiono, il che esclude ulteriori problematiche relative alla contaminazione batterica dell’ambiente circostante alla zona bonificata.


3. BIORISANAMENTO DA PRODOTTI DI ORIGINE PETROLIFERA
Visto a grandi linee il funzionamento dei microrganismi alla base del biorisanamento, mi interessa soffermare l’attenzione sul risanamento ambientale applicato alla bonifica di aree che hanno subito inquinamento da petrolio e/o derivati. A tale proposito voglio quindi citare una importante scoperta della genetica batterica in tema, ovvero il cosiddetto “batterio mangiapetrolio”. Questo microrganismo, scientificamente il batterio Acinetobacter Venetianus VE-C3, è stato isolato la prima volta nel 1996 nella Laguna Veneta da una equipe di scienziati dell’Università di Firenze in collaborazione con l’ Istituto di Tecnologie Biomediche del C.N.R. di Milano. Questo batterio è stato capace di crescere e sopravvivere in un ambiente ostile in quanto contaminato da idrocarburi e ha permesso agli scienziati di prelevarlo e analizzarlo al fine di studiarne i meccanismi di sopravvivenza nonché quelli di trasformazione dell’ambiente in cui vive. Questo è stato possibile attraverso il sequenziamento della genomica batterica, che è stata poi confrontata con quella dei batteri dello stesso genere ma patogeni, e riprodotta al fine di utilizzare il microrganismo nel biorisanamento di ambienti contaminati da idrocarburi.


4. AZIONE DEI BATTERI NEL BIORISANAMENTO
I batteri sono capaci di scindere substrati complessi in altri più semplici, anidride carbonica e acqua che possono essere riassorbiti dalla biosfera. I substrati più semplici ottenuti, possono essere a loro volta trasformati dall’azione di un’altra classe di batteri; questo perché i batteri cooperano tra loro, trasformando i substrati in fasi diverse. Questa però non è una regola generale, infatti nel caso dell’ Acinetobacter, esso è capace di degradare il substrato petrolifero senza l’aiuto di ulteriori specie.
In generale i batteri idrocarburoclastici (detti BIC) sono così chiamati in quanto si nutrono di idrocarburi come fonte di carbonio ed energia per i loro processi metabolici. Per questo motivo sono idonei per la scissione di alcani, alcheni e idrocarburi aromatici, ovvero i principali componenti dei distillati petroliferi. La possibile scissione dei diversi idrocarburi dipende dalla loro composizione, infatti catene troppo corte o troppo lunghe di alifatici (alcani e alcheni lineari) non sono<favorite nella scissione da parte dei BIC che ne metabolizzano solo una parte (C10-C24), inoltre i batteri prediligono catene lineari a quelle ramificate per motivi di ingombro sterico molecolare. Per quanto riguarda gli idrocarburi aromatici, molto stabili in quanto tali, la scissione ad opera dei BIC (che avviene per successive ossigenazioni fino all’apertura dell’anello) è favorita molto più per quegli anelli costituiti da solo carbonio rispetto a quelli contenenti eteroatomi (generalmente azoto, ossigeno o zolfo).
Il processo metabolico può essere sia aerobico che anaerobico ma il primo è quello più favorito energeticamente, in quanto si libera maggiore energia nel processo di ossidazione ad opera dell’ossigeno che di altri ossidanti utilizzati dai batteri per il metabolismo anaerobico. Questo secondo processo di ossidoriduzione avviene utilizzando altre fonti naturali che cedono ossigeno come nitrati (NO3-), solfati (SO42), etc..
La reazione di degradazione degli idrocarburi è quindi riassumibile in una doppia ossidazione che porta prima alla formazione di alcol e successivamente di acidi grassi che sono costituenti di molti organismi naturali e quindi non comportano un inquinamento per l’ambiente. Otteniamo così un prodotto di facile integrazione a livello ambientale a partire dagli idrocarburi inquinanti.


5. CONCLUSIONI
Il biorisanamento rappresenta già un’evoluzione nel settore del risanamento ambientale, in ogni caso necessita anch’esso di evolversi attraverso il progresso scientifico e tecnologico.
Comunque alla luce delle informazioni fino a qui riportate, posso dire che il biorisanmento porta con sè un importante concetto alla base della conformazione del nostro Pianeta, ovvero che la natura ha il potere di fare e distruggere e in alcuni casi, come in questo, di rimediare alle azioni dannose dell’uomo sull’ambiente.


6. SITOGRAFIA
http://online.scuola.zanichelli.it
http://www.geologi.info
http://www.treccani.it

 

Barbara Peruzzi

 


 

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