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Bonifica dei siti contaminati

di Emilio Luigi Zuccotti

 

La bonifica dei siti contaminati è una delle più rilevanti problematiche emergenti nell’ambito degli interventi di recupero e di risanamento ambientale.

Le aree interessate da inquinamento sono in genere sede di: attività industriali con processi e lavorazioni per la produzione di sostanze chimiche di varia natura, attività di servizio, come ad esempio i distributori di carburante ed i depositi di idrocarburi, impianti di trattamento e smaltimento rifiuti (abusivi o non realizzati secondo gli standard normativi).

Vanno poi considerate le aree ove avvengono sversamenti accidentali di sostanze inquinanti a causa di incidenti stradali o errori operativi in fase di alimentazione di impianti.

Nelle aree interessate si rende quindi necessario intervenire e provvedere alla bonifica dei terreni o alla messa in sicurezza, al fine di prevenire il rischio di esposizione di persone a sostanze pericolose per la salute, impedire la diffusione della contaminazione nel suolo e nelle altre matrici ambientali e definire la disponibilità dell’utilizzo futuro di tali aree per nuove attività.

L'entrata in vigore del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 ha determinato una profonda trasformazione in materia di siti contaminati.

La definizione stessa di sito contaminato è cambiata.

Si è passati da un approccio rigidamente tabellare ad un metodo basato sulla valutazione del rischio sanitario associato allo stato di contaminazione del sito.

La normativa attuale considera ancora dei valori tabellari, definiti concentrazioni soglia di contaminazione (CSC), al superamento dei quali il sito viene definito “potenzialmente contaminato” e viene sottoposto allo studio di analisi di rischio sanitario.

Secondo quanto disposto dal D.Lgs. 152/2006 per poter definire un sito “contaminato” è necessario che i valori di concentrazione riscontrati siano superiori ai valori di concentrazione soglia di rischio (CSR) determinati caso per caso tramite un'analisi di rischio sanitario sito specifica.

 

Le norme in materia di bonifiche dei siti contaminati sono contenute nel Titolo V della Parte quarta del D.Lgs. 152/2006 e in particolare in 15 articoli e 5 allegati;

Vengono introdotte le definizioni di sito potenzialmente contaminato, sito non contaminato e sito contaminato; inoltre vengono stabiliti i parametri ed i criteri di distinzione che indirizzano le procedure amministrative ed operative.
In particolare vengono definite le concentrazioni soglia di contaminazione (CSC), come livelli di contaminazione delle matrici ambientali superati i quali è necessaria la caratterizzazione del sito e l'esecuzione di un'analisi di rischio sito-specifica finalizzata al calcolo delle concentrazioni soglia di rischio (CSR).
Le CSR rappresentano sia i livelli di contaminazione, superati i quali è necessario procedere alla bonifica del sito, sia i valori obbiettivo della bonifica stessa.
Come già descritto sopra la definizione stessa di “sito contaminato” è in funzione del superamento delle CSR e non di un limite tabellare mentre le CSC concorrono a definire i siti potenzialmente contaminati.

La caratterizzazione rappresenta le indagini (sondaggi, piezometri, analisi chimiche etc.) condotte in un sito contaminato o ritenuto potenzialmente tale, il cui scopo principale è quello di definire l’assetto geologico e idrogeologico, verificare la presenza o meno di contaminazione nei suoli e nelle acque e sviluppare un modello concettuale del sito.

La progettazione ed esecuzione della caratterizzazione ambientale per un sito potenzialmente contaminato precede le seguenti fasi:

  1. raccolta dei dati esistenti ed elaborazione di un modello concettuale preliminare;

  2. elaborazione del piano di investigazione iniziale (indagini, campionamenti ed analisi in situ e di laboratorio)

  3. ulteriori indagini;

  4. analisi dei risultati ed elaborazione di un modello concettuale definitivo.

In particolare, il campionamento e le successive analisi chimiche di terreni e acque sotterranee rivestono un ruolo primario nella definizione dello stato di contaminazione di un sito.

Per la formazione dei campioni di terreno occorre seguire due criteri:

  • rappresentare la concentrazione delle sostanze inquinanti per strati omogenei dal punto di vista litologico;

  • prelevare separatamente ed in aggiunta materiali che si distinguono per evidenze di inquinamento se di spessore superiore ai 50 cm.

Sulla base di questi due criteri, da ogni sondaggio, i campioni dovranno essere formati distinguendo almeno:

  • campione 1: da 0 a -1 m dal piano campagna;

  • campione 2: 1 m che comprenda la frangia capillare;

  • campione 3: 1 m nella zona intermedia tra i due campioni precedenti.

Per le acque sotterranee si intende rappresentativo il campionamento dinamico e quello statico qualora sia necessario prelevare la fase separata di sostanze non miscibili.

Le modalità di formazione del campione di terreno e di emissione del corrispondente certificato di analisi prevedono lo scarto in campo della frazione superiore ai 2 cm e la successiva vagliatura ai 2 mm; il sopravaglio rappresenta lo “scheletro solido” mentre il “passante” è la frazione fine sulla quale viene condotta l'analisi chimica.
Il risultato analitico delle analisi va tuttavia espresso sul peso totale del campione ovvero dalla somma del peso dello “scheletro solido” e del “passante”.

Tutti i risultati analitici ricavati permettono di definire il modello concettuale del sito, il grado e l’estensione della contaminazione nel sito.

Queste informazioni servono a definire l’estensione dell’area da bonificare, i volumi di suolo contaminato, il grado di inquinamento delle diverse matrici ambientali, le fonti della contaminazione e i percorsi di migrazione delle sorgenti di contaminazione.

L'analisi di rischio sanitario-ambientale invece è attualmente lo strumento più avanzato di supporto alle decisioni nella gestione dei siti contaminati che consente di valutare, in via quantitativa, i rischi per la salute umana connessi alla presenza di inquinanti nelle matrici ambientali.

Il punto di partenza per l’applicazione dell’analisi di rischio è lo sviluppo del Modello Concettuale del Sito, basato sull’individuazione e parametrizzazione dei tre elementi principali:

 

  • la sorgente di contaminazione,

  • i percorsi di migrazione degli inquinanti attraverso le matrici ambientali,

  • i bersagli o recettori della contaminazione nel sito o nel suo intorno.

Si può determinare un rischio per la salute umana unicamente nel caso in cui in un dato sito i tre elementi siano presenti e collegati tra loro.

 

Deve essere prestata particolare attenzione nella scelta delle sostanze di interesse da sottoporre ai calcoli di analisi di rischio.

 

La scelta dei cosiddetti contaminanti indice, desunti dai risultati della caratterizzazione deve tener conto dei superamenti delle CSC, delle frequenze di questi superamenti, dei livelli di tossicità e del grado di mobilità e persistenza nelle varie matrici ambientali.

Al verificarsi di un evento potenzialmente in grado di contaminare un sito o quando esista il sospetto di una possibile contaminazione, il soggetto responsabile deve attivare le misure d'emergenza atte a mitigare gli effetti dell'evento e avviare un'indagine preliminare sui parametri oggetto dell'inquinamento.

Le risultanze dell'indagine vanno confrontate con le rispettive CSC; se risultano inferiori, il procedimento si chiude; se risultano superiori, il sito viene definito potenzialmente contaminato.

L'iter amministrativo che ne deriva coinvolge il soggetto responsabile e le pubbliche amministrazioni e comporta la progettazione e l'esecuzione di un piano di caratterizzazione finalizzato anche alla successiva applicazione della analisi di rischio sito specifica.

Qualora le concentrazioni presenti in sito siano inferiori ai risultati dell'analisi di rischio sito specifica (CSR) non v'è obbligo di bonifica. Tuttavia il soggetto responsabile deve proporre un piano di monitoraggio.

Se invece le concentrazioni presenti risultano superiori alle CSR, il sito viene definito “contaminato“ e l'obbligo di bonifica prevede l'elaborazione e la successiva messa in atto di un progetto operativo finalizzato alla riconduzione ad accettabilità del rischio connesso allo stato di contaminazione.

Le varie tipologie di intervento di bonifica in relazione allo stato di contaminazione e di utilizzo del sito sono:

- messa in sicurezza d'urgenza: insieme di interventi miranti a rimuovere le fonti primarie e secondarie, a contenere la diffusione dei contaminanti ed impedirne il contatto diretto con la popolazione.
Le principali tipologie di messa in sicurezza d'urgenza sono: la rimozione di rifiuti, lo svuotamento delle vasche, la raccolta di sostanze pericolose; il pompaggio di liquidi galleggianti sotterranei e superficiali; l'installazione di recinzioni ed opere di contenimento; le coperture e le impermeabilizzazioni temporanee.

Nel caso di adozione di queste tipologie di intervento devono anche essere previste attività di monitoraggio.

- messa in sicurezza operativa: insieme di interventi applicati su siti contaminati con attività produttive in esercizio.
Tali interventi sono finalizzati a minimizzare o ridurre il rischio per la salute umana o ambientale attraverso il contenimento dei contaminanti all'interno dei confini del sito, alla protezione delle matrici ambientali, alla graduale eliminazione delle sorgenti inquinanti secondarie medianti tecniche che siano compatibili con il proseguimento delle attività produttive svolte nel sito.

Le principali tipologie di misure di messa in sicurezza operativa sono suddivise in misure mitigative e in misure di contenimento:

misure mitigative:

  • sistemi di emungimento;

  • trincee drenanti;

  • sistemi di ventilazione del sottosuolo ed estrazione dei vapori;

  • sistemi gestionali di pronto intervento.

misure di contenimento:

  • misure di sbarramento di tipo passivo di natura fisica o statica;

  • misure di sbarramento di tipo attivo di natura idraulica o dinamica;

  • misure di sbarramento di tipo reattivo di natura chimica.

bonifica e ripristino ambientale/messa in sicurezza permanente: insieme di interventi che possono realizzarsi su siti contaminati non interessati da attività produttive in esercizio al fine di renderli fruibili per gli utilizzi previsti dagli strumenti urbanistici.
La definizione degli obiettivi di bonifica/messa in sicurezza permanente, determinati dall'analisi di rischio sito specifica, tiene conto anche della specifica destinazione d'uso del sito.

Gli interventi sono classificati in tre categorie:

  • interventi in-situ: effettuati senza movimentazione o rimozione del suolo;

  • interventi ex-situ on site: con movimentazione e rimozione dei materiali e suolo inquinato, ma con trattamento nell'area del sito stesso e possibile riutilizzo.

  • interventi ex-situ off-site: con movimentazione e rimozione dei materiali e suolo inquinato fuori dal sito stesso, per avviare i materiali negli impianti di trattamento autorizzati o in discarica.

Esistono poi degli interventi di bonifica biologica nei quali si fa ricorso all’uso di inoculi costituiti da microrganismi geneticamente modificati.

L'inquinamento da parte dei microinquinanti organici in particolare è un grave problema ambientale che richiede una decontaminazione dei siti inquinati attraverso interventi di bonifica specifici al fine di recuperare i suddetti siti e minimizzare i rischi per la salute dell'uomo.

Quando si parla di microinquinanti organici ci si riferisce in particolare a composti organoclorurati come PCDD (polidiclorobenzodiossine), PCDF (policlorodibenzofurani), PCB (policlorobifenili), insetticidi, pesticidi, fenoli, aniline, ad aromatici come BTEX (Benzene, Toluene, Etilbenzene e Xileni) e ad policiclici aromatici come gli IPA.

Queste sostanze sono molto stabili e vengono degradate con estrema difficoltà, perciò si accumulano nell'ambiente.

Occorre perciò un’opera di bonifica per eliminare le fonti di inquinamento e le sostanze inquinanti o quantomeno ridurre le concentrazioni presenti nel suolo, nel sottosuolo, nelle acque sotterranee e nelle acque superficiali.

Per quanto riguarda le matrici acquose i contaminanti finiscono nei sedimenti o nel particolato per cui la soluzione meno complessa è spesso rappresentata da una semplice copertura dei sedimenti contaminati mediante terreni o sedimenti puliti in modo da creare uno strato di barriera tra i contaminanti e il sistema idrico.

In alcuni casi i sedimenti possono essere dragati dal fondo del corpo acquatico ad una profondità al di sotto della quale la concentrazione dei contaminati risulti accettabile.

Il sedimento contaminato può anche essere ricoperto con sostanze come il carbonio attivo che svolgono una azione detossificante.

Gli interventi di bonifica su un suolo si dividono in trattamenti come spiegato in situ ed ex situ.

Tra gli interventi in situ abbiamo il Soil vapor extraction (SVE), il Bioventing (lo strippaggio ad aria e vapore), il Soil washing (lavaggio del suolo) e il Bioflushing (lavaggio biologico).

Il SVE e il Bioventing consistono nell'indurre un flusso d'aria all'interno della zona da sottoporre a bonifica, in questo modo si verificano due processi: i composti volatili vengono allontanati dal flusso di aria mentre quelli biodegradabili vengono metabolizzati per mezzo dei processi di biodegradazione naturale favoriti dal flusso di ossigeno.

La ventilazione può essere ottenuta mediante pozzi di iniezione o di estrazione, si richiede anche una fornitura di acqua per mantenere una certa umidità e nutrienti per i processi di biodegradazione. Per questa tecnica poco costosa occorre valutare le proprietà di flusso del terreno in particolare la permeabilità.

Lo strippaggio ad aria e vapore è efficace per organici volatili.

Il Soil washing consiste nell'iniezione di una soluzione di lavaggio che può essere acqua, acqua addizionata o un solvente organico seguita da un'estrazione ed è efficiente per contaminazioni da BTEX, PCB, pesticidi e in parte anche per IPA.

La soluzione di lavaggio ha la funzione di solubilizzare, emulsionare o modificare chimicamente i contaminanti; per la rimozione di contaminati organici si utilizzano tensioattivi.

Il Bioflushing invece sfrutta il metabolismo di microrganismi associata all'azione di un surfatante come ad esempio sempre un tensioattivo che riduce l'intensità delle interazioni tra la fase solida e le molecole contaminanti.

Tra i trattamenti ex situ abbiamo invece: incenerimento, messa in discarica, lavaggio con solventi, metodi biologici di compostaggio e trattamenti a cumuli (biopile).

Con il metodo delle biopile si dispone il terreno contaminato in cumuli all'interno dei quali mediante tubazioni vengono introdotti aria e sostanze nutrienti in modo da ottimizzare le condizioni dei microrganismi che attuano la degradazione biologica.

Il compostaggio prevede la miscelazione del terreno da bonificare con materiali come legno o residui di piante, cellulosa che vengono addizionati per assorbire acqua e permettere al contempo che l’aria penetri.

La presenza dei microrganismi viene garantita facendo ricircolare parte del materiale trattato sul materiale da trattare.

La bioremediation ovvero la decontaminazione attraverso le proprietà degradative di batteri indigeni già adattati alla sopravvivenza nel suolo contaminato è comunque il metodo più efficace per rimuovere gli inquinanti e consentire il riutilizzo del suolo.

I microrganismi trasformano il materiale organico in parte in biomassa e in parte in anidride carbonica e acqua ovvero mineralizzano il substrato.

I vantaggi della bioremediation sono i costi contenuti, bassi consumi energetici, terreni bonificati biologicamente attivi e scarsi rischi di inquinamento di acqua e atmosfera circostante. Gli svantaggi derivano dalla necessità di continui controlli delle condizioni ambientali affinché siano favorevoli all'attività dei microrganismi.

In particolare bisogna controllare l'ossigeno, l'umidità, i nutrienti, il pH , la temperatura e il TOC (Carbonio organico totale).

Concluso l’intervento di bonifica vengono eseguiti dei controlli finalizzati alla certificazione di avvenuta bonifica.

Le certificazioni vengono rilasciate dalle Province a seguito di apposite relazioni tecniche eseguite dalle ARPA (Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente) che accertano non solo il raggiungimento degli obiettivi ma anche la conformità degli interventi realizzati al progetto stesso.

 

Esiste poi  un’anagrafe dei siti contaminati costantemente aggiornato che contiene: l'elenco dei siti sottoposti ad intervento di bonifica e ripristino ambientale nonché degli interventi realizzati nei siti medesimi; l’individuazione dei soggetti cui compete la bonifica; gli enti pubblici di cui la Regione intende avvalersi, in caso d’inadempienza dei soggetti obbligati, ai fini dell’esecuzione d’ufficio.

 

Emilio Luigi Zuccotti

 


 

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