Un utilizzo…parco…della natura
Strategie di
gestione delle aree protette
di Filippo
Budelli
(giu.2009)
La protezione della natura, almeno come
concetto generale, ha origini piuttosto lontane, perché è da secoli
che la specie umana si è resa conto del suo impatto negativo
sull’ambiente. I primi sforzi ottocenteschi di preservare le specie
animali si fondavano grossomodo sugli stessi obiettivi di
appropriazione indebita di alcuni territori da parte dei ricchi
dell’epoca medievale. Anche in questo caso, infatti, il vero scopo
era attingere liberamente alle risorse della natura senza doversi
porre il problema di condividere questo privilegio con altri. Lo
dimostra il fatto che le prime aree protette create dai nobili d’
Europa, compreso il Parco Nazionale del Gran Paradiso (prima area
protetta italiana), non erano altro che riserve di caccia dove poter
uccidere la selvaggina per la carne, i trofei, le pelli o soltanto
per semplice svago. Tuttavia se ci avviciniamo maggiormente
all’epoca odierna, si può notare che con il tempo la protezione
della natura ha assunto un significato molto differente. Essa
attualmente si basa sul presupposto che il patrimonio naturale, che
si è evoluto in centinaia di milioni di anni, è un bene universale
ed è quindi necessario che il suo sfruttamento sia il più possibile
equo e regolato, in modo che ogni cittadino ne tragga i vantaggi
necessari e nessuno possa approfittarsene a danno degli altri. E’ su
questa idea che si basa il concetto di sviluppo sostenibile.
Alla fine del XIX secolo ci si rese
conto che il modo migliore per poter garantire la continuità dei
cicli biologici animali e vegetali era quello di abolire, o comunque
di limitare drasticamente, le attività umane nei luoghi più ricchi
di biodiversità. Fu allora che negli Stati Uniti, nel 1872, nacque
il primo parco nazionale della storia: il Parco di Yellowstone.
L’ Italia, dopo una lunga fase di stasi
durata circa settant’ anni dal 1922 durante la quale sono stati
istituiti solamente cinque parchi, ha fatto un grosso passo avanti
in materia di tutela del territorio e l’ introduzione della Legge
Quadro n° 394 del 1991 ha portato a più di 1100 il numero di
aree protette sul territorio nazionale, ognuna caratterizzata da
diversi aspetti territoriali e climatici. Attualmente ogni nazione
dispone di una rete di aree protette che, sommate, arrivano a circa
102.000 coprendo una superficie pari al 12,65% del nostro pianeta.
La natura è un elemento che da
sempre accompagna lo sviluppo delle società e delle collettività
umane, instaurando così un rapporto di influenza reciproca nella
scelta delle localizzazioni spaziali e nell’ utilizzo di determinate
risorse. I parchi nascono a beneficio e godimento di residenti e
non; a partire dalla Convenzione di Londra del 1933, che ha definito
il ruolo e lo scopo dei parchi, attraverso una serie di studi ed
eventi internazionali si è arrivati alla stesura dei criteri
gestionali stabiliti dall’ Unione Internazionale per la
Conservazione della Natura (UICN). Gli elementi comuni che
specificano le caratteristiche generali di un’ area protetta, sono:
1) porzioni di territorio individuabili in ogni parte del mondo; 2)
esigenza di misure specifiche di regolamentazione; 3) necessità di
autorità gestionali che assicurino l’ applicazione della
conservazione. Il Parco, se ben gestito, assume un ruolo
fondamentale per una crescita sostenibile del territorio sotto ogni
punto di vista in quanto rappresenta di per se un modello di
sviluppo sostenibile e compatibile perché interessa due sfere
fortemente interdipendenti: quella degli ambienti naturali e quella
delle popolazioni residenti.
L’UICN, fondata nel 1948, e in
particolare il sottogruppo della WCPA (Commissione per i Parchi
Nazionali e le Aree Protette), ogni cinque anni a partire dal 1967
presenta una lista aggiornata di tutti i territori protetti
suddivisi per tipologia.
L’ ultima stesura risale al 2004, in cui
furono censite 102.102 aree protette suddivise in sei categorie allo
scopo di creare un linguaggio comune e senza incomprensioni per gli
operatori del settore.
Un’ area protetta non deve essere
considerata sotto un aspetto esclusivamente vincolistico, altrimenti
risulterebbe un’ isola verde indipendente dall’ ambiente circostante
e rischierebbe di collassare su se stessa. La gestione del parco
deve assumere chiari strumenti giuridici che favoriscano lo
sviluppo, consentano lo sviluppo operativo attraverso pianificazioni
territoriali ed economiche e incentivino un eco-sviluppo che
permetta il raggiungimento degli obiettivi di tutela e di
conservazione degli elementi naturali e delle comunità locali. Per
quanto riguarda la disciplina delle aree protette si individua nella
Legge quadro 394/91 lo spartiacque della normativa italiana
in merito ai parchi.
La legge 394/91 si è posta l’ obiettivo
di creare un sistema nazionale di aree protette rispettando gli
artt. 9 e 32 della Cost. Civile che stabiliscono di garantire e
promuovere, in forma coordinata, la conservazione e la
valorizzazione del patrimonio naturale del nostro paese. Altro
strumento normativo è il Regolamento del Parco in base al quale un
area protetta oltre a rispettare le caratteristiche naturali,
paesaggistiche e antropologiche del luogo, dovrà valorizzare anche
“...gli usi, i costumi, le consuetudini e le attività
tradizionali delle popolazioni residenti sul territorio, nonché le
espressioni culturali proprie caratteristiche dell’ identità delle
comunità locali...” (Art.11 del Regolamento).
Per una corretta gestione delle aree
protette, uno dei primi passi da compiere è studiare la domanda,
quindi conoscere le preferenze dei consumatori per poter stabilire
una linea guida da seguire nello sviluppo futuro. Il passaggio
successivo consiste nell’ organizzazione dell’ offerta
tenendo conto di elementi connessi alla domanda, tra cui il tempo a
disposizione degli utenti, la distanza tra luoghi di residenza e le
aree ricreative, le caratteristiche socio-economiche degli utenti e
la loro propensione alle attività ricreative all’ aperto (queste
variabili sono applicabili a tutte le aree protette in forma
mutabile a seconda della tipologia). Le tecniche di tutela e di
valorizzazione comportano sia costi che benefici. Questi ultimi si
possono misurare in termini di turismo e svago ricreativo,
protezione del suolo e delle acque attraverso il mantenimento dello
strato vegetale, processi ecologici, biodiversità, educazione e
ricerca che può spaziare su una vasta gamma di argomenti, beni
commerciabili come legna, foraggio, prodotti naturali, erbe, ecc.,
beni non-commerciabili quali i valori storici e culturali del luogo
o quelli personali attribuiti dagli utenti. Dove ci sono benefici è
ovvia la presenza di costi, sia economici che ambientali. Per
avere un quadro economico completo si attuerà un’ analisi
comparativa dei costi/benefici, basandosi su un periodo di tempo
determinato, dalla quale emergeranno le correzioni da apportare nel
corso della gestione futura.
Parchi e Società formano una struttura
concettuale che implica una loro piena collaborazione. Nella
formulazione di provvedimenti e politiche ambientali non è più
possibile non coinvolgere la cittadinanza nelle fasi di
pianificazione, soprattutto dopo l’ approvazione di Agenda 21
che prevede, con particolare riferimento al cap. 28, la
partecipazione e la concertazione di tutti gli attori durante i
processi decisionali al fine di evitare, o almeno limitare, i
conflitti che possono emergere dalle scelte da compiere. Sia in fase
di istituzione che di gestione è quindi utile che gli amministratori
si confrontino con i pareri e le culture delle popolazioni che
abitano il territorio in modo che attraverso il parco si possa
realmente arrivare alla costruzione di un modello di sviluppo
alternativo e più democratico, che si possa esportare anche su scale
più ampie.
A partire dagli anni ’80, in America
Latina, ha avuto inizio una serie di tentativi di sfruttamento del
turismo come generatore di fondi provenienti dai visitatori, per
incrementare le casse delle aree protette e per assicurare un minimo
di auto-sostentamento. Da qui si è arrivati ad una tipologia di
turismo decisamente più attuale, in linea con le tendenze odierne e
i cui tentativi di pianificazione e attuazione sono in rapida
espansione specialmente nei parchi: un turismo sostenibile che
contribuisca alla conservazione e all’ utilizzo razionale delle
risorse naturali, e che apporti benefici socio-economici alle
comunità locali. In una parola, ecoturismo.
Come già affermato, per uno sviluppo
concreto ed equilibrato delle aree protette è necessaria un’ attenta
pianificazione e gestione di tutte le risorse che entrano in gioco.
A partire dagli anni ’90 è sempre più ricorrente l’ uso del termine
governance che va a “modificare” il concetto di government
inteso come azione decisionale assoluta separata dai cittadini e
priva del loro parere consultivo. La governance è quindi un’
evoluzione più democratica del concetto di government. La
competitività, la logica di sistema, il marketing territoriale nel
breve e nel medio periodo rappresentano le direttrici di marcia per
pensare e agire “globale”, restando fedeli alla logica dell’agire
“locale”. Esiste una classificazione in cui collocare le differenti
forme di governante; la tipologia gestionale più efficace è
nota come Collaborative Management e prevede che
un’area protetta deve essere pianificata e gestita “per”, “con” e in
alcuni casi “da” le popolazioni locali. Si va quindi a creare un
sistema articolato, costituito non solo dall’ente, ma anche da tutti
gli stakeholders portatori di interesse all’interno del
parco: comunità locali, pastori, agricoltori, cacciatori,
amministratori, ambientalisti, associazioni ecc. In assenza di una
gestione cooperativa non c’è di fatto un’effettiva possibilità di
conservare l’ambiente naturale. Questo perché è solo la popolazione
locale che conosce profondamente il proprio territorio e le risorse,
rappresentando una fonte preziosa di informazioni per avviare
programmi di gestione accurati e per cercare di evitare la nascita
di conflitti.
Le esperienze raccolte dalla
realizzazione e dalla gestione di aree protette o di sistemi di aree
protette, evidenziano quanto sia utile, e ormai obbligatorio,
dedicare ampi spazi alla tutela e alla valorizzazione degli spazi
naturali. Per quanto riguarda le politiche ambientali le Regioni e
gli Enti Locali negli ultimi anni hanno acquisito maggiore potere a
livello decisionale. E’ quindi indispensabile che mettano in pratica
al meglio le Direttive Comunitarie e le disposizioni nazionali per
alzare sempre di più il grado di naturalità e biodiversità in una
società che, anche se in ritardo rispetto al resto delle nazioni più
sviluppate, si sta lentamente attivando in questa direzione.
Filippo Budelli