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BUTTARE LA SPAZZATURA

 di Clara Tumminelli

 

“Qual è il posto dove buttare la spazzatura?” “Ma  sul ciglio della strada, naturalmente.”.

Chi non si scandalizzerebbe a sentire questa risposta, eppure  le nostre strade sono disseminate d’immondizia. Ci sono tantissime persone che non hanno rispetto per i loro stessi simili e nemmeno per la natura.

Mi chiedo se sia così difficile riportarsi a casa i propri rifiuti. Mi è successo di recente di vedere cose, che definire assurde, è forse un eufemismo.

Sono andata a fare una passeggiata in montagna. Niente di impegnativo. Ho seguito la strada sterrata a traffico limitato che conduce alle cascine, sopra il paese in cui abito. Salendo non mi sono accorta di nulla, perché stavo ammirando la nostra imponete montagna e l’abbondante neve che la ricopre. Scendendo osservavo il panorama lacustre. I mie occhi, però, si concentrano su un oggetto nella scarpata a lato della strada. Non riuscivo a capire cosa fosse. Mi sono fermata ed ho osservato attentamente. Erano due materassi. In un certo senso sono rimasta allibita. Chi avrebbe mai potuto pensare di sporcare il tipico paesaggio di montagna: sullo sfondo l’imponente mole rocciosa coperta di neve, la stradina che conduce alle baite in legno e pietra, circondata dagli alberi senza foglie e all’orizzonte il lago di Como?

Eppure qualcuno ci ha pensato. Osservando ancora meglio ho visto bottiglie, lattine, carte di caramelle e altri oggetti non identificati.

Come ho già detto, in un certo senso sono rimasta allibita, perché non capisco come le persone possano comportarsi in questa maniera. Non mi stupisco, però, ormai più di nulla. Questo episodio, purtroppo, non è un caso isolato. Mi è capitato di recente di andare a Lecco e percorrere la Ss 36. Le piazzole di sosta sono piene di immondizia. In ognuna di esse hanno collocato uno o più contenitori cilindrici: quelli neri con la parte alta gialla (nel quale non ci sta molto). Ogni portarifiuti è pieno fino all’inverosimile e tutt’intorno è circondato, coperto, addirittura sormontato da confezioni di qualsiasi forma e dimensione.   

Capisco che questi oggetti siano troppo pochi, troppo piccoli e qualsiasi cosa si possa pensare. Sono altresì consapevole che la pulizia non avviene, perché è un onere costoso.  Nel caso della Ss 36 sono i privati che stanchi di vedere la loro strada in queste condizioni decidono di rimboccarsi le mani e pulirla.

Mi chiedo, perché le persone che vedono i contenitori pieni di immondizia non si portano a casa la loro. Non penso che sia tanto difficile, visto che si è portato il contenitore pieno e ora l’unica differenza è l’assenza del contenuto.

 

Non mi stupisco più di nulla, purtroppo!

Stavo percorrendo una strada di paese, sulla corsia opposta sopraggiunge una macchina. Rallenta all’altezza di un cassonetto e vedo fuoriuscire, dal finestrino del passeggero anteriore, un braccio con un sacchetto di plastica pieno. In una frazione di secondo il sacchetto è stato lanciato, l’auto ha aumentato velocità e se n’è andata. Ho assistito alla fine della scena guardando nello specchietto retrovisore, perché ero incuriosita da questo braccio. Dopo qualche ora, ripercorrendo la stessa strada, nello stesso senso della vettura precedente, ho notato che il sacchetto si era aperto e tutto il suo contenuto era uscito.

Qualcuno potrebbe pensare che siamo a Napoli e avere il problema dell’emergenza rifiuti.

Siamo in Lombardia, sulle rive del lago di Como, a una trentina di chilometri dalla Svizzera.

In ogni comune si attua la raccolta differenziata, fatta bene o male, non è questo il problema.

Sicuramente non sono sufficienti i contenitori sulle strade, chi deve pulirle non esegue i lavori e si possono addossare varie colpe agli altri. Sono convinta, però, che se ognuno di noi si comportasse in modo corretto e non pensasse: “Perché devo farlo io, se gli altri non lo fanno”, oppure “Ma chi se ne importa. Lo fanno tutti, perché io no!” o altre frasi di questo genere. Non solo le nostre strade sarebbero più pulite, ma anche il mondo in cui viviamo sarebbe più vivibile.             

 

Clara Tumminelli

 


 

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