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Anno XIV num.4
Lug./Ago. 2015

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 I mutamenti climatici: cause naturali e antropiche, conseguenze sull’impatto ambientale e socioeconomico

di Domenica Antonia Pizzi

 

Sin dalle origini, il nostro pianeta ha subito dei cambiamenti di clima. Nel corso degli anni si sono verificate variazioni sia dei parametri ambientali sia meteorologici quali: le fluttuazioni periodiche della temperatura, le modalità di precipitazione, le temperature degli oceani, la composizione e la distribuzione di molti ecosistemi. Queste variabilità sono state dimostrate da studi paleoclimatici che hanno confermato che il clima della Terra subisce trasformazioni indotte da fenomeni esterni naturali (spostamenti dell’asse terrestre, variazioni dell’attività solare, deriva dei continenti, attività vulcanica) e interni, gli elementi antropici dipendenti dalle attività umane (aumento delle concentrazioni dei gas-serra, distruzione di boschi e foreste, aree con forti indici di urbanizzazione e industrializzazione).

Negli ultimi tre milioni di anni il clima della Terra, infatti, è variato notevolmente, c'è stata un'alternanza di periodi glaciali e interglaciali associati in parte alle variazioni dei parametri dell'orbita terrestre che hanno portato a cambiamenti nella temperatura media globale (nell'ultimo secolo c'è stato un aumento di temperatura di circa 0.6-0.8°C). Le problematiche complessive sul clima globale e sui cambiamenti climatici degli ultimi decenni sono state oggetto di discussione di tutta la comunità scientifica internazionale. Dal 1988 è stato organizzato dall’ONU e dal WMO (World Meteorological Organization) un forum di scienziati IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) che controlla e tiene sotto osservazione i contributi scientifici di  tutto il mondo e periodicamente emette un Rapporto di Valutazione che sintetizza il lavoro svolto sull’argomento e fornisce un riassunto al mondo politico e alla società sulle conoscenze al momento disponibili sul clima, sui cambiamenti climatici globali e sul loro impatto sul territorio.

Se è pur vero che nel passato il clima è cambiato naturalmente, i repentini cambiamenti climatici che si sono verificati negli ultimi anni

sembrano essere causati in modo sempre  più evidente dall’inquinamento atmosferico, ovvero dall’alterazione della composizione naturale dell’aria per il crescente aumento di sostanze inquinanti sia di origine antropica, sia naturali, emesse nell’atmosfera che stanno mettendo a serio rischio non solo la salute umana, ma anche la stessa conservazione del pianeta.

Le principali cause naturali dell’inquinamento atmosferico sono da attribuire: alle eruzioni vulcaniche che emettono nell’atmosfera oltre al vapor d’acqua, diversi gas tra i quali CO2, HCl, H2S; agli incendi boschivi che oltre a CO2 e H2O riversano nell’atmosfera fumo; agli effetti provocati dall’erosione del vento sulle rocce con formazione di polveri (piogge di sabbia nei deserti); alla decomposizione batterica di vari materiali organici che possono generare sostanze maleodoranti come ammine alifatiche e mercaptani e alle scariche elettriche che avvengono durante i temporali che possono dare origine a ossidi di azoto e di ozono. A queste cause si aggiungono quelle di natura antropica, cioè provocate dalle attività dell’uomo che hanno cambiato nel corso degli anni le capacità termiche dell’atmosfera introducendo fattori che sono stati capaci di spostare l’equilibrio naturale esistente e le naturali fluttuazioni di questo equilibrio, generando, di fatto, un “effetto serra” aggiuntivo a quello naturale.

L’effetto serra “naturale “ è dovuto alla presenza nell’atmosfera di alcuni gas detti appunto “serra”, come l’anidride carbonica e il metano che hanno la capacità di assorbire i raggi solari ed emettere calore (in analogia a quanto avviene nelle serre usate per la coltivazione) grazie ai quali il valore della temperatura terreste è di circa +14°C. In loro assenza la temperatura media della superficie terrestre sarebbe di -18°C e questo sarebbe incompatibile con il tipo di vita esistente sulla Terra. 

In passato, le variazioni nei livelli di concentrazione di anidride carbonica, erano dovuti alle grandi eruzioni vulcaniche. Con l’inizio dell’era

industriale l’uomo sembra invece essere diventato l’artefice principale di queste variazioni.

Lo sfruttamento del carbone come fonte energetica e poi del petrolio, lo sviluppo di numerose industrie, l’ampio uso in agricoltura di fertilizzanti chimici e fitofarmaci come antiparassitari, l’uso sempre più frequente di nuovi efficienti mezzi di locomozione che hanno sostituito le forze motrici che erano state utilizzate per secoli che si basavano sullo sfruttamento dell’acqua, del vento, degli animali, meno redditizie e produttive, ma comunque fonti pulite, hanno intensificato l’aumento della concentrazione di questi gas serra del 30% (i maggiori responsabili di questo incremento sono i Paesi emergenti Cina, India,  Brasile).

Anche la deforestazione ha provocato un aumento dell’effetto serra naturale, in quanto boschi e foreste, attraverso i processi di fotosintesi, sottrarrebbero anidride carbonica dall’atmosfera rilasciando ossigeno. L’intensificarsi di tutti questi fenomeni ha avuto un effetto netto: quello di amplificare e accelerare il riscaldamento terrestre, tendenza sempre più evidente nell’ultimo ventennio come riconosciuto anche nel quarto rapporto dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) pubblicato nel 2007.

I recenti dati riportano, infatti, che l’aumento della temperatura che si è già verificato, comincia a essere di notevole rilevanza, paragonabile a quello delle più grandi variazioni climatiche della storia della Terra e si sta manifestando con una velocità assolutamente straordinaria.

L’aumento delle temperature comporta effetti già parzialmente in atto come la diminuzione delle precipitazioni annue, gli incendi più estesi, la siccità, il collasso dei ghiacciai, l’aumento del livello del mare, la desertificazione, la diffusione di malattie, il collasso di ecosistemi e le migrazioni di massa.

A livello meteorologico, è già in atto il processo di rarefazione delle precipitazioni annue. A un aumento di temperatura corrisponde un aumento dell’evaporazione e una maggiore difficoltà nella trasformazione del vapor acqueo in gocce di pioggia (nell’ultimo ventennio le piogge sono diminuite del 15%). Questa tendenza è soprattutto comune a tutta la fascia del globo compresa tra l’equatore e i 45 gradi di latitudine circa. Nonostante le precipitazioni annue siano diminuite, paradossalmente, quando piove, piove in modo più intenso. Questo processo determina forti e violente precipitazioni che provocano alluvioni, frane, inondazioni e altri dissesti idrogeologici.

Nell’ultimo anno, si sono verificate alluvioni e frane in molte parti del mondo: in India, Cina, Pakistan, Italia, Australia e Brasile, una serie impressionante di disastri naturali che hanno causato migliaia di vittime e ingenti danni.

Serve quindi prendere consapevolezza dei cambiamenti climatici che sono già in atto in quanto influenzano il nostro habitat.

In alcune aree specifiche, ovvero alcune regioni delle zone tropicali, a causa dell’aumento della temperatura si verificherà una riduzione dell’umidità del suolo e quindi si avranno frequenti periodi di siccità, con l’avanzamento dei deserti. Nell’ultimo secolo, il livello del mare è aumentato sia a causa dell’espansione termica che dello scioglimento dei ghiacciai continentali e montani. Il continuo aumento del livello dell’acqua comporterà maggiori rischi per i centri abitati in vicinanza delle zone costiere europee del Mediterraneo, mentre nelle zone dell’Atlantico porterà a un aumento dell’intensità degli uragani e si potrebbe verificare una contaminazione delle falde acquifere potabili. Diverse specie animali e vegetali saranno compromesse a causa delle scarse capacità di adattamento e solo una minoranza ne trarrà vantaggi, cioè quelle molto adattabili che non sono a rischio di estinzione. Questo provocherà perdita delle biodiversità esistenti e l’insediamento di nuove, con la formazione di nuovi ecosistemi.

L’aria e il clima influenzano lo stato di salute di tutti gli esseri viventi. Tra i rischi maggiori previsti c’è la diffusione di malattie infettive, soprattutto

quelle tropicali quali la malaria, la febbre gialla e il colera, poiché eventuali siccità o inondazioni potrebbero creare le condizioni ideali per il proliferare di parassiti, batteri e virus. Un’aria più pulita ridurrebbe l’incidenza di malattie delle vie respiratorie, del sistema immunitario, cardiocircolatorio e il rischio di ammalarsi di tumore, tutte conseguenze che, secondo un’indagine effettuata nel 2000 dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) sono da attribuire all’aumento delle concentrazioni delle polveri sottili nell’aria. Altri rischi possibili per la salute umana: il prolungarsi delle allergie da pollini causate dalle variazioni stagionali che portano a una fioritura più precoce e duratura; il diffondersi della salmonella, provocata dalla contaminazione del versamento delle acque reflue in quelle potabili e nelle colture a causa dei danni subiti dalle fognature durante le inondazioni.

Tutti questi effetti si sono già verificati e alcuni sono in questo periodo in corso nelle varie zone del mondo di recente colpite da terremoti, alluvioni, frane e inondazioni e i danni economici a essi associati sono ingenti. Si rende quindi sempre più necessario affrontare in maniera efficace il problema in modo da rimediare ai gravi effetti causati dai cambiamenti climatici.

Alcuni di questi cambiamenti potrebbero portare, se le attuali tendenze di sviluppo socioeconomico e di uso delle risorse naturali non saranno modificate, a variazioni profonde e irreversibili sia dell'ambiente sia della stessa società nei prossimi 50-100 anni. C’è la necessità sempre più crescente di ridurre le emissioni dei gas serra del 60% nei prossimi 10 anni per cercare di evitare che la temperatura media aumenti di 2°C, se questo obiettivo non verrà rispettato la foresta amazzonica rischia di morire, le città costiere di essere devastate da uragani, nel continente Africano morirebbero milioni di persone a causa della fame e altri sarebbero costretti a migrare.

La Terra diventerebbe inospitale. Gli obiettivi internazionali fissati dal Protocollo di Kyoto, diminuzione della soglia dei gas serra in media del 5,2 %

nel periodo 2008-2012 rispetto al livello di emissione del 1990, non sono più sufficienti a proteggere il nostro pianeta, è necessario che la riduzione dei gas serra sia maggiore e deve riguardare tutti i paesi sia quelli più sviluppati  sia ancor più quelli emergenti che sono attualmente  i maggiori responsabili. Il pianeta è di tutti e se non vogliamo vederlo appassire sarà indispensabile un elevato livello di cooperazione  internazionale per promuovere a livello mondiale misure  di  salvaguardia cercando di ridurre i consumi, sia energetici sia materiali, evitando gli sprechi. Servirà un lavoro congiunto tra scienza e politica per identificare e stabilire gli obiettivi e le modalità da seguire per limitare i danni provocati dal riscaldamento globale a livello mondiale (Gen.2011).

 

Domenica Antonia Pizzi

 


 

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