I
mutamenti climatici: cause naturali e antropiche, conseguenze
sull’impatto ambientale e socioeconomico
di Domenica Antonia Pizzi
Sin dalle origini,
il nostro pianeta ha subito dei cambiamenti di clima. Nel corso
degli anni si sono verificate variazioni sia dei parametri
ambientali sia meteorologici quali: le fluttuazioni periodiche della
temperatura, le modalità di precipitazione, le temperature degli
oceani, la composizione e la distribuzione di molti ecosistemi.
Queste variabilità sono state dimostrate da studi paleoclimatici che
hanno confermato che il clima della Terra subisce trasformazioni
indotte da fenomeni esterni naturali (spostamenti dell’asse
terrestre, variazioni dell’attività solare, deriva dei continenti,
attività vulcanica) e interni, gli elementi antropici dipendenti
dalle attività umane (aumento delle concentrazioni dei gas-serra,
distruzione di boschi e foreste, aree con forti indici di
urbanizzazione e industrializzazione).
Negli ultimi tre
milioni di anni il clima della Terra, infatti, è variato
notevolmente, c'è stata un'alternanza di periodi glaciali e
interglaciali associati in parte alle variazioni dei parametri
dell'orbita terrestre che hanno portato a cambiamenti nella
temperatura media globale (nell'ultimo secolo c'è stato un aumento
di temperatura di circa 0.6-0.8°C). Le problematiche complessive sul
clima globale e sui cambiamenti climatici degli ultimi decenni sono
state oggetto di discussione di tutta la comunità scientifica
internazionale. Dal 1988 è stato organizzato dall’ONU e dal WMO
(World Meteorological Organization) un forum di scienziati IPCC (Intergovernmental
Panel on Climate Change) che controlla e tiene sotto osservazione i
contributi scientifici di tutto il mondo e periodicamente emette un
Rapporto di Valutazione che sintetizza il lavoro svolto
sull’argomento e fornisce un riassunto al mondo politico e alla
società sulle conoscenze al momento disponibili sul clima, sui
cambiamenti climatici globali e sul loro impatto sul territorio.
Se è pur vero che
nel passato il clima è cambiato naturalmente, i repentini
cambiamenti climatici che si sono verificati negli ultimi anni
sembrano essere
causati in modo sempre più evidente dall’inquinamento atmosferico,
ovvero dall’alterazione della composizione naturale dell’aria per il
crescente aumento di sostanze inquinanti sia di origine antropica,
sia naturali, emesse nell’atmosfera che stanno mettendo a serio
rischio non solo la salute umana, ma anche la stessa conservazione
del pianeta.
Le principali cause
naturali dell’inquinamento atmosferico sono da attribuire: alle
eruzioni vulcaniche che emettono nell’atmosfera oltre al vapor
d’acqua, diversi gas tra i quali CO2, HCl, H2S;
agli incendi boschivi che oltre a CO2 e H2O
riversano nell’atmosfera fumo; agli effetti provocati dall’erosione
del vento sulle rocce con formazione di polveri (piogge di sabbia
nei deserti); alla decomposizione batterica di vari materiali
organici che possono generare sostanze maleodoranti come ammine
alifatiche e mercaptani e alle scariche elettriche che avvengono
durante i temporali che possono dare origine a ossidi di azoto e di
ozono. A queste cause si aggiungono quelle di natura antropica, cioè
provocate dalle attività dell’uomo che hanno cambiato nel corso
degli anni le capacità termiche dell’atmosfera introducendo fattori
che sono stati capaci di spostare l’equilibrio naturale esistente e
le naturali fluttuazioni di questo equilibrio, generando, di fatto,
un “effetto serra” aggiuntivo a quello naturale.
L’effetto serra
“naturale “ è dovuto alla presenza nell’atmosfera di alcuni gas
detti appunto “serra”, come l’anidride carbonica e il metano che
hanno la capacità di assorbire i raggi solari ed emettere calore (in
analogia a quanto avviene nelle serre usate per la coltivazione)
grazie ai quali il valore della temperatura terreste è di circa
+14°C. In loro assenza la temperatura media della superficie
terrestre sarebbe di -18°C e questo sarebbe incompatibile con il
tipo di vita esistente sulla Terra.
In passato, le
variazioni nei livelli di concentrazione di anidride carbonica,
erano dovuti alle grandi eruzioni vulcaniche. Con l’inizio dell’era
industriale l’uomo
sembra invece essere diventato l’artefice principale di queste
variazioni.
Lo sfruttamento del
carbone come fonte energetica e poi del petrolio, lo sviluppo di
numerose industrie, l’ampio uso in agricoltura di fertilizzanti
chimici e fitofarmaci come antiparassitari, l’uso sempre più
frequente di nuovi efficienti mezzi di locomozione che hanno
sostituito le forze motrici che erano state utilizzate per secoli
che si basavano sullo sfruttamento dell’acqua, del vento, degli
animali, meno redditizie e produttive, ma comunque fonti pulite,
hanno intensificato l’aumento della concentrazione di questi gas
serra del 30% (i maggiori responsabili di questo incremento sono i
Paesi emergenti Cina, India, Brasile).
Anche la
deforestazione ha provocato un aumento dell’effetto serra naturale,
in quanto boschi e foreste, attraverso i processi di fotosintesi,
sottrarrebbero anidride carbonica dall’atmosfera rilasciando
ossigeno. L’intensificarsi di tutti questi fenomeni ha avuto un
effetto netto: quello di amplificare e accelerare il riscaldamento
terrestre, tendenza sempre più evidente nell’ultimo ventennio come
riconosciuto anche nel quarto rapporto dell’IPCC (Intergovernmental
Panel on Climate Change) pubblicato nel 2007.
I recenti dati
riportano, infatti, che l’aumento della temperatura che si è già
verificato, comincia a essere di notevole rilevanza, paragonabile a
quello delle più grandi variazioni climatiche della storia della
Terra e si sta manifestando con una velocità assolutamente
straordinaria.
L’aumento delle
temperature comporta effetti già parzialmente in atto come la
diminuzione delle precipitazioni annue, gli incendi più estesi, la
siccità, il collasso dei ghiacciai, l’aumento del livello del mare,
la desertificazione, la diffusione di malattie, il collasso di
ecosistemi e le migrazioni di massa.
A livello
meteorologico, è già in atto il processo di rarefazione delle
precipitazioni annue. A un aumento di temperatura corrisponde un
aumento dell’evaporazione e una maggiore difficoltà nella
trasformazione del vapor acqueo in gocce di pioggia (nell’ultimo
ventennio le piogge sono diminuite del 15%). Questa tendenza è
soprattutto comune a tutta la fascia del globo compresa tra
l’equatore e i 45 gradi di latitudine circa. Nonostante le
precipitazioni annue siano diminuite, paradossalmente, quando piove,
piove in modo più intenso. Questo processo determina forti e
violente precipitazioni che provocano alluvioni, frane, inondazioni
e altri dissesti idrogeologici.
Nell’ultimo anno, si
sono verificate alluvioni e frane in molte parti del mondo: in
India, Cina, Pakistan, Italia, Australia e Brasile, una serie
impressionante di disastri naturali che hanno causato migliaia di
vittime e ingenti danni.
Serve quindi
prendere consapevolezza dei cambiamenti climatici che sono già in
atto in quanto influenzano il nostro habitat.
In alcune aree
specifiche, ovvero alcune regioni delle zone tropicali, a causa
dell’aumento della temperatura si verificherà una riduzione
dell’umidità del suolo e quindi si avranno frequenti periodi di
siccità, con l’avanzamento dei deserti. Nell’ultimo secolo, il
livello del mare è aumentato sia a causa dell’espansione termica che
dello scioglimento dei ghiacciai continentali e montani. Il continuo
aumento del livello dell’acqua comporterà maggiori rischi per i
centri abitati in vicinanza delle zone costiere europee del
Mediterraneo, mentre nelle zone dell’Atlantico porterà a un aumento
dell’intensità degli uragani e si potrebbe verificare una
contaminazione delle falde acquifere potabili. Diverse specie
animali e vegetali saranno compromesse a causa delle scarse capacità
di adattamento e solo una minoranza ne trarrà vantaggi, cioè quelle
molto adattabili che non sono a rischio di estinzione. Questo
provocherà perdita delle biodiversità esistenti e l’insediamento di
nuove, con la formazione di nuovi ecosistemi.
L’aria e il clima
influenzano lo stato di salute di tutti gli esseri viventi. Tra i
rischi maggiori previsti c’è la diffusione di malattie infettive,
soprattutto
quelle tropicali
quali la malaria, la febbre gialla e il colera, poiché eventuali
siccità o inondazioni potrebbero creare le condizioni ideali per il
proliferare di parassiti, batteri e virus. Un’aria più pulita
ridurrebbe l’incidenza di malattie delle vie respiratorie, del
sistema immunitario, cardiocircolatorio e il rischio di ammalarsi di
tumore, tutte conseguenze che, secondo un’indagine effettuata nel
2000 dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) sono da
attribuire all’aumento delle concentrazioni delle polveri sottili
nell’aria. Altri rischi possibili per la salute umana: il
prolungarsi delle allergie da pollini causate dalle variazioni
stagionali che portano a una fioritura più precoce e duratura; il
diffondersi della salmonella, provocata dalla contaminazione del
versamento delle acque reflue in quelle potabili e nelle colture a
causa dei danni subiti dalle fognature durante le inondazioni.
Tutti questi effetti
si sono già verificati e alcuni sono in questo periodo in corso
nelle varie zone del mondo di recente colpite da terremoti,
alluvioni, frane e inondazioni e i danni economici a essi associati
sono ingenti. Si rende quindi sempre più necessario affrontare in
maniera efficace il problema in modo da rimediare ai gravi effetti
causati dai cambiamenti climatici.
Alcuni di questi
cambiamenti potrebbero portare, se le attuali tendenze di sviluppo
socioeconomico e di uso delle risorse naturali non saranno
modificate, a variazioni profonde e irreversibili sia dell'ambiente
sia della stessa società nei prossimi 50-100 anni. C’è la necessità
sempre più crescente di ridurre le emissioni dei gas serra del 60%
nei prossimi 10 anni per cercare di evitare che la temperatura media
aumenti di 2°C, se questo obiettivo non verrà rispettato la foresta
amazzonica rischia di morire, le città costiere di essere devastate
da uragani, nel continente Africano morirebbero milioni di persone a
causa della fame e altri sarebbero costretti a migrare.
La Terra
diventerebbe inospitale. Gli obiettivi internazionali fissati dal
Protocollo di Kyoto, diminuzione della soglia dei gas serra in media
del 5,2 %
nel periodo 2008-2012
rispetto al livello di emissione del 1990, non sono più sufficienti a
proteggere il nostro pianeta, è necessario che la riduzione dei gas
serra sia maggiore e deve riguardare tutti i paesi sia quelli più
sviluppati sia ancor più quelli emergenti che sono attualmente i
maggiori responsabili. Il pianeta è di tutti e se non vogliamo vederlo
appassire sarà indispensabile un elevato livello di cooperazione
internazionale per promuovere a livello mondiale misure di
salvaguardia cercando di ridurre i consumi, sia energetici sia
materiali, evitando gli sprechi. Servirà un lavoro congiunto tra scienza
e politica per identificare e stabilire gli obiettivi e le modalità da
seguire per limitare i danni provocati dal riscaldamento globale a
livello mondiale (Gen.2011).
Domenica Antonia Pizzi |