CONSIDERAZIONI SUL CONCETTO DI SVILUPPO
SOSTENIBILE
di Danilo Vergani
L'esigenza di perseguire
uno sviluppo economico e un correlato sviluppo demografico, che non
comprometta la possibilità da parte delle future generazioni di
consentire una perpetuazione di tale processo, facendo in modo al tempo
stesso che esso sia equo da un punto di vista sociale e in equilibrio
con gli ecosistemi terrestri, può essere ben sintetizzato dal concetto
di SVILUPPO SOSTENIBILE.
Il radicarsi nella
coscienza collettiva di questa “scuola di pensiero” sta determinando
negli ultimi anni dei profondi cambiamenti nelle politiche pubbliche
della maggior parte dei paesi industrializzati.
Il concetto di sviluppo
sostenibile è stato lanciato per la prima volta all'attenzione
dell'opinione pubblica e degli studiosi nel rapporto della Commissione
Mondiale per l'Ambiente e lo Sviluppo nel 1987.
Successivamente, alla
Conferenza di Rio de Janeiro del 1992 (13-14 Giugno), il concetto di
sviluppo sostenibile è divenuto un obiettivo dichiarato delle politiche
economiche e ambientali dei vari Paesi e degli accordi internazionali
aventi per oggetto tematiche ambientali.
Secondo la concezione
classicamente accettata, lo sviluppo per essere sostenibile, deve venire
incontro ai bisogni delle generazioni presenti senza compromettere la
capacità delle generazioni future di soddisfare le proprie esigenze.
Il permanere inalterato
delle condizioni e caratteristiche ambientali di ogni specifico
ecosistema va considerata come un elemento qualificante l’idoneità dello
sviluppo economico.
Le variazioni apportate
alla natura dalle attività umane devono mantenersi entro limiti tali da
non danneggiare irrimediabilmente il contesto ambientale globale e
permettere alla vita umana di continuare a svilupparsi. Ciò significa
fare in modo che il tasso di inquinamento e di sfruttamento delle
risorse ambientali rimanga nei limiti della capacità di assorbimento
dell'ambiente ricevente e delle possibilità di rigenerazione delle
risorse, secondo quanto consentito dai cicli della natura, per evitare
la crescita del livello di inquinamento nel tempo. Naturalmente ci si
può chiedere come è possibile sfruttare l'ambiente ed al tempo stesso
preservarlo, visto in particolare che lo sviluppo economico comporta
anche una crescita nel tempo della produzione di beni e servizi, e
diventa quindi difficile non solo diminuire ma addirittura mantenere
costante il livello di sfruttamento delle risorse ambientali.
La risposta è
principalmente nel progresso tecnologico che può consentire di ridurre i
coefficienti di sfruttamento dell'ambiente.
Tutto questo attraverso
l'introduzione e la diffusione di tecnologie più pulite, che applicate a
monte dei processi produttivi ne riducono l'intensità di inquinamento,
attraverso tecnologie più efficienti di abbattimento dell'inquinamento a
valle, aumentando le attività di recupero dei rifiuti e dei residui,
riducendo i consumi di energia, ottimizzando l'utilizzo delle risorse,
ecc..
Il problema allora
diventa quello di valutare se il progresso tecnologico, necessario per
una continua riduzione dello sfruttamento dell'ambiente, possa avere nel
tempo una riduzione dell'impiego dell’elemento produttivo ambiente.
L’osservazione
dell’evoluzione dei comportamenti produttivi porta a ritenere che,
soprattutto nelle economie avanzate, tendenze spontanee nella direzione
della sostenibilità siano in atto anche se esse sembrerebbero non essere
strutturate al sistema produttivo e quindi ,il più delle volte
insufficienti. Quindi, non essendo lo sviluppo sostenibile qualcosa di
automatico e spontaneo, sono necessarie delle appropriate politiche
pubbliche per favorire investimenti specifici nelle tecnologie
ambientali da parte delle imprese, al fine della riduzione del loro
impatto ambientale.
Per questo motivo
all'interno delle politiche pubbliche si stanno aggiungendo agli
strumenti amministrativi “impositivi” basati sulla regolamentazione
diretta (norme di legge, per imporre determinati comportamenti e
standard, seguite da meccanismi di controllo e sanzione) e di cui si è
constatato se non il fallimento almeno l'insufficienza, strumenti di
tipo economico come le tasse (o tariffe) ambientali, le misure di
incentivazione per l'introduzione di tecnologie pulite ed a minor
pressione sull'ambiente come sgravi fiscali, contributi in conto
capitale, ecc. e strumenti di tipo volontario come l'EMAS (Regolamento
comunitario 1836/93), basati su dinamiche di mercato, per favorire un
rapporto nuovo tra imprese, istituzioni e pubblico basato sulla
trasparenza, sul supporto reciproco e sulla collaborazione.
Lo sviluppo sostenibile
in ogni caso rappresenta l'unica soluzione realistica di fronte al
notevole aggravarsi dei problemi ambientali e all'evidenza della crisi
del rapporto tra sviluppo e limitatezza delle risorse, che hanno
caratterizzato in particolare questi ultimi decenni, salvo che non si
vogliano sostenere alternative poco plausibili come lo sviluppo zero,
ossia stravolgere completamente le nostre abitudini di vita frenando il
consumismo e la crescita dei bisogni.
(Dic. 2009)
Danilo Vergani |