COPPIA MOTRICE E POTENZA
Facciamo
amicizia con questi due sconosciuti
di Roberto Maurelli
(giu.2008)
Quando
si parla di motori, la tradizione vuole che, in genere, vengano
snocciolati una serie infinita di dati fra cui spiccano quelli relativi
alla coppia e alla potenza massima del mezzo. L’importanza di questi
riferimenti è fondamentale per avere un quadro generale delle
prestazioni che un motore può esprimere ma la maggior parte di noi non
ha mai avuto la possibilità di comprendere appieno cosa essi esprimano.
L’obiettivo di questo articolo è quello di offrire una spiegazione
chiara ma esaustiva che permetta al neofita di evitare le classiche
confusioni, così da riuscire a comprendere e descrivere nel modo
migliore le complesse caratteristiche di un motore.
Cominciamo dalla coppia. La coppia
motrice è “la capacità del propulsore di compiere uno sforzo”, ossia
il suo vigore. Essa si calcola moltiplicando la forza che agisce
sul pistone per la lunghezza del braccio della manovella
dell’albero a gomiti. Immaginiamo che la forza applicata sia pari a 100
Newton e che la lunghezza del braccio sia pari ad 1 metro: in questo
caso la coppia motrice sarebbe uguale a 100 Newtonmetri (Nm); lo stesso
risultato, ovviamente, si avrebbe se la forza fosse di 200 Newton e la
lunghezza di 0,5 metri. È bene ricordare che la forza che agisce sul
pistone può essere espressa anche in Chilogrammi e che un chilogrammo
equivale a circa 10 Newton (9,807 per la precisione); pertanto affermare
che un motore ha una coppia di 100 Nm è lo stesso che dire che ne ha una
di 10 Chilogrammetri (Kgm).
La potenza è “la capacità del
propulsore di compiere un lavoro diviso il tempo impiegato per
compierlo”. Essa si esprime in Kilowatt oppure in Cavalli (1 KW = 1,36
CV) e si calcola moltiplicando la coppia per il numero di giri al quale
essa si ottiene (dividendo il tutto per un numero fisso che consente di
abbinare le diverse grandezze). Immaginiamo che la coppia sia pari a 300
Nm e che venga sviluppata a 3000 giri: in questo caso la potenza,
espressa in Kw sarà uguale a (300*3000) : 9550, dove 9550 è il numero
fisso di cui prima dicevo; il risultato sarà che a 3000 g/m la potenza
erogata da questo propulsore è di 94,24 Kw. Ripetiamo l’esperimento
utilizzando come unità di misura i Kgm e i Cv: (30,6*3000) : 716,2, dove
716,2 è il numero fisso da utilizzare quando si vogliono calcolare i
cavalli vapore; il risultato sarà che a 3000 g/m la potenza erogata da
questo propulsore è 128,17 CV.
Avrete certamente notato che la definizione
di potenza è molto simile a quella di coppia, però vi si aggiunge un
altro elemento, ossia il tempo; infatti due motori potrebbero avere lo
stesso valore di coppia, ma uno di essi potrebbe raggiungerlo ad un
numero di giri più elevato (quando cioè l’albero motore compiere un
maggior numero di rotazioni al minuto): in questo caso si direbbe che
quest’ultimo motore ha una potenza massima maggiore. In genere un motore
dotato di grande coppia non raggiunge alti regimi di rotazione, mentre
uno più potente, pur non esprimendo lo stesso vigore, riesce a girare
più velocemente e, quindi, ad avere più Kw (o più cavalli).
Ecco spiegato perché, nell’affrontare una
salita, alcuni motori, pur avendo tanti cavalli, richiedono la scalata
mentre altri, dotati di maggiore coppia, non necessitano del rapporto
inferiore.
Dopo questa breve
panoramica vi sarete certamente resi conto che per conoscere il
“carattere” di un motore non basta sapere quanti cavalli possiede oppure
quanta coppia sviluppa; tali valori hanno poca importanza se non vengono
messi in relazione con il regime di rotazione a cui vengono sviluppati.
Per avere un quadro preciso è essenziale consultare i diagrammi di
coppia e di potenza che mettono in evidenza quanti Nm e quanti Kw si
sviluppano nei vari regimi di rotazione.
Si noti che il motore
più vigoroso non è quello che ha il valore di coppia massima più
elevato, ma quello che riesce a mantenere i suoi valori di coppia quanto
più alti possibile fin dai bassi regimi e poi fino ai regimi più elevati
(facendo riferimento al diagramma si dice che la curva di coppia deve
essere “piatta”).
Roberto Maurelli
(Giu.2008) |