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Lug./Ago. 2015

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DAL POLIETILENE AL MATER-BI

di Cinzia Manchi 

 

Il 2011 si è aperto con una svolta ecologica: dal primo gennaio è entrato in vigore il divieto di commercializzare i sacchetti di plastica, che saranno così definitivamente sostituiti da quelli biodegradabili o da sacchetti riutilizzabili di tela o carta. In questo modo finalmente anche l'Italia si adegua ad una norma varata già da tempo dall'Unione Europea: la legge che mette al bando i vecchi shopper è del 2006.

Le aziende hanno avuto quattro anni per preparare prodotti sostitutivi.

Il mondo è infestato dai sacchetti di plastica e in Europa ogni anno ne vengono utilizzati circa 100 miliardi, il 25% dagli italiani, pari a 20 miliardi di buste all'anno; un dato che dovrebbe cambiare, dato che dall' 1 gennaio scorso sono stati messi al bando. Questo divieto sarebbe dovuto scattare all'inizio del 2010 ma è stato posticipato di un anno.

I sacchetti usa e getta hanno avuto negli anni un pesantissimo impatto ambientale, in quanto vengono prodotti a partire dal petrolio.

Fabbriche in tutto il mondo sfornano circa 4-5 mila miliardi di buste di plastica l'anno, contribuendo a immettere in atmosfera tonnellate di emissioni di carbonio ogni anno. Oltre a questo, a fronte di una vita media di utilizzo di circa 20 minuti,  un sacchetto resta nell'ambiente anche per secoli: da un minimo di 15 anni a un massimo di 1000 anni secondo l'Agenzia Europea per l'Ambiente.

Le stime parlano di una commercializzazione annua mondiale di circa 1000 miliardi di sacchetti  che rilasciano quindi sostanze tossiche e bioaccumulabili nell'ambiente in grado di contaminare acque e suoli.
L
'Aduc,
(Associazione per i Diritti degli Utenti e Consumatori) ha stimato che 250 miliardi di microframmenti di plastica contaminano il Mediterraneo, rifiuti minuscoli ingoiati dal plancton causano a loro volta la morte di milioni di pesci, balene, delfini, tartarughe e altri animali.

L'Unep (United Nations Environment Programme) stima in un milione il numero di uccelli marini uccisi; si sono trovati frammenti di plastica perfino nei nidi degli albatros in remote isole dell'Oceano Pacifico. Non ultimo, il problema della tossicità: nella stampa dei sacchetti, specialmente nei paesi in via di sviluppo, sono spesso utilizzati coloranti cancerogeni e metalli come additivi che vengono rilasciati nell'ambiente per poi riconcentrarsi negli organi interni delle specie, esseri umani compresi.

Una svolta innovativa quindi, e sicuramente di fondamentale importanza per compiere un altro passo in avanti nella lotta all'inquinamento. Risparmieremo più di 180 mila tonnellate di petrolio e altrettante di emissioni di CO2, ma soprattutto eviteremo di disperdere nei campi, lungo le rive dei fiumi e nei mari della plastica indistruttibile.

Le questioni principali sono la disponibilità di materiali veramente compatibili con il processo di compostaggio.

La Novamont di Novara, produce la più diffusa delle bioplastiche, il Mater-Bi; ottenendo nel settembre 2010 una Environmental Product Declaration che assegna una sicura patente ecologica ai sacchetti «verdi»; i biodegradabili infatti sembrano sparire in 3 mesi .

Il Mater-Bi è un polimero biodegradabile che deriva sia dall’ amido non geneticamente modificato ma anche dal petrolio, viene quindi da chiedersi se queste buste sono da considerarsi del tutto degradabili.

La norma nazionale UNI 10785 adottata in Italia nel 1999 col titolo “Compostabilità dei materiali plastici, specifica le caratteristiche delle plastiche “Compostabili” ossia recuperabili attraverso il compostaggio dei rifiuti organici.

Certo è che possono considerarsi un valido strumento sostitutivo alla presente situazione, ma siamo sicuri di non stare a spacciare dei sacchetti per quelli che non lo sono?  Inoltre perché i nuovi sacchetti ecologici devono costare così cari?

Alcuni negozi li vendono anche a 10 centesimi l'uno: è forse l'abituale speculazione che i commercianti fanno su un prodotto che, in quanto molto pubblicizzato, e' più richiesto dai consumatori?

In definitiva la sensibilizzazione della popolazione deve essere rivolta all’ambiente non tanto verso la sostituzione dei sacchetti con quelli biodegradabili ma piuttosto verso l’utilizzo di borse che non siano usa e getta: le borse di canapa, di cotone o il semplice “carrello della nonna” infatti possono essere riutilizzate all'infinito senza compromettere il mondo in cui viviamo.

                                                                         Cinzia Manchi


 

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