DAL POLIETILENE AL
MATER-BI
di
Cinzia Manchi
Il 2011 si è aperto con una svolta ecologica:
dal primo gennaio è entrato in vigore il
divieto di commercializzare i sacchetti di plastica,
che saranno così definitivamente sostituiti da quelli biodegradabili o
da sacchetti riutilizzabili di tela o carta. In questo modo finalmente
anche l'Italia si adegua ad una norma varata già da tempo dall'Unione
Europea: la legge che mette al bando i vecchi shopper è del 2006.
Le aziende
hanno avuto quattro anni per preparare prodotti sostitutivi.
Il mondo è
infestato dai sacchetti di plastica e in Europa ogni anno ne vengono
utilizzati circa 100 miliardi, il 25% dagli italiani, pari a 20 miliardi
di buste all'anno; un dato che dovrebbe cambiare, dato che dall' 1
gennaio scorso sono stati messi al bando. Questo divieto sarebbe dovuto
scattare all'inizio del 2010 ma è stato posticipato di un anno.
I
sacchetti usa e getta hanno avuto negli anni un
pesantissimo impatto ambientale,
in quanto vengono
prodotti a partire dal petrolio.
Fabbriche in tutto il mondo sfornano circa 4-5 mila miliardi di buste di
plastica l'anno, contribuendo a immettere in atmosfera tonnellate di
emissioni di carbonio ogni anno. Oltre a questo, a fronte di una vita
media di utilizzo di circa 20 minuti, un sacchetto resta nell'ambiente
anche per secoli: da un minimo di 15 anni a un massimo di 1000 anni
secondo l'Agenzia Europea per l'Ambiente.
Le
stime parlano di una commercializzazione annua mondiale di circa 1000
miliardi di sacchetti che
rilasciano quindi sostanze tossiche e bioaccumulabili
nell'ambiente in grado di contaminare acque e suoli.
L'Aduc,
(Associazione
per i Diritti degli Utenti e Consumatori)
ha stimato che
250 miliardi di microframmenti di plastica contaminano il
Mediterraneo, rifiuti minuscoli ingoiati dal plancton causano a loro
volta la morte di milioni di pesci, balene, delfini, tartarughe e altri
animali.
L'Unep (United
Nations Environment Programme)
stima in un milione il numero di uccelli marini uccisi;
si sono trovati frammenti di plastica perfino nei nidi degli albatros in
remote isole dell'Oceano Pacifico. Non ultimo, il problema della
tossicità: nella stampa dei sacchetti, specialmente nei paesi in via di
sviluppo, sono spesso utilizzati coloranti cancerogeni e metalli come
additivi che vengono rilasciati nell'ambiente per poi riconcentrarsi
negli organi interni delle specie, esseri umani compresi.
Una svolta innovativa quindi, e sicuramente di
fondamentale importanza per compiere un altro passo in avanti nella
lotta all'inquinamento.
Risparmieremo più di 180 mila tonnellate di petrolio e altrettante di
emissioni di CO2, ma soprattutto eviteremo di disperdere nei campi,
lungo le rive dei fiumi e nei mari della plastica indistruttibile.
Le questioni
principali sono la disponibilità di materiali veramente compatibili con
il processo di compostaggio.
La Novamont
di Novara, produce la più diffusa delle bioplastiche, il Mater-Bi;
ottenendo nel settembre 2010 una Environmental Product Declaration che
assegna una sicura patente ecologica ai sacchetti «verdi»; i
biodegradabili infatti sembrano sparire in 3 mesi .
Il
Mater-Bi è un polimero biodegradabile che deriva sia dall’ amido
non geneticamente modificato ma anche dal petrolio, viene
quindi da chiedersi se queste buste sono da considerarsi del tutto
degradabili.
La norma
nazionale UNI 10785 adottata in Italia nel 1999 col titolo “Compostabilità
dei materiali plastici, specifica le caratteristiche delle plastiche
“Compostabili” ossia recuperabili attraverso il compostaggio dei rifiuti
organici.
Certo
è che possono considerarsi un valido strumento sostitutivo alla presente
situazione, ma siamo sicuri di non stare a spacciare dei sacchetti per
quelli che non lo sono? Inoltre
perché i nuovi sacchetti ecologici devono costare così cari?
Alcuni negozi li vendono
anche a 10 centesimi l'uno: è forse l'abituale speculazione che i
commercianti fanno su un prodotto che, in quanto molto pubblicizzato, e'
più richiesto dai consumatori?
In
definitiva la sensibilizzazione della popolazione deve essere rivolta
all’ambiente non tanto verso la sostituzione dei sacchetti con quelli
biodegradabili ma piuttosto verso l’utilizzo di borse che non siano usa
e getta: le borse di canapa, di cotone o il semplice “carrello della
nonna” infatti possono essere riutilizzate all'infinito senza
compromettere il mondo in cui viviamo.
Cinzia Manchi |