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STATO DELLE FORESTE: DAL RAPPORTO FAO SEGNALI POSITIVI

 

di Alessandro Del Vescovo

(Mag. 2009)

 

La deforestazione è un fenomeno molto antico legato a diverse attività antropiche tra le quali l’agricoltura, l’espansione urbana, l’utilizzo del legname per la costruzione di abitazioni, per riscaldamento domestico e per altri usi commerciali. Negli ultimi decenni sta crescendo con un ritmo preoccupante soprattutto nei paesi dell’America Latina e dell’Africa, dove si abbattono foreste per ottenere nuovi terreni da destinare all’agricoltura, in particolare quella a monocoltura delle grandi piantagioni e per produrre legno e carta. Tutto questo ovviamente contribuisce ad intensificare la crisi ambientale globale, poiché attraverso la distruzione delle foreste, verrebbero a mancare degli elementi fondamentali per l’assorbimento dell’ anidride carbonica introdotta in modo massiccio dalle attività antropiche.

Il nostro pianeta, come è noto, è afflitto da molti problemi ambientali tra cui l’effetto serra e il riscaldamento globale ai quali contribuiscono le massicce emissioni di anidride carbonica di origine antropica.

L’aumento della superficie forestale, quindi, contribuirebbe a ridurre l’anidride carbonica presente nell’atmosfera, una sua diminuzione ad aumentarla. Altri importanti effetti negativi che la deforestazione provoca all’equilibrio naturale sono: la perdita di biodiversità, la perdita della fertilità del suolo, l’incremento dei processi di erosione e, dove il clima è più secco, anche processi di desertificazione. Per frenare questa selvaggia deforestazione, i singoli Stati devono necessariamente rivedere e rielaborare le proprie legislazioni in materia e combattere seriamente la deforestazione illegale che, oltre ad essere un gravissimo problema ambientale, è anche un grave danno economico per gli Stati che la subiscono. A questo proposito l’Unione Europea ha formulato il FLEGT (Forest Law Enforcement, Governance and Trade), un regolamento entrato in vigore nel dicembre 2005 con lo scopo di contrastare l’importazione di legname illegale nell’Unione Europea. Esso consiste in una serie di accordi bilaterali tra l’Unione Europea e i paesi esportatori al fine garantire l’importazione, entro i confini dell’Unione, soltanto di legname ottenuto legalmente. Questo problema è molto consistente in Europa, infatti, secondo alcuni dati pubblicati dal WWF, nel 2006, il 16-19% del legname importato nell’Unione Europea è di provenienza illegale.

Secondo i dati del Rapporto FAO “State of the world’s forests 2009” la deforestazione è un fenomeno sempre in aumento, ma negli ultimi anni ha rallentato la sua marcia. Sicuramente questo è dovuto ad una gestione forestale più consapevole operata da molti Stati negli ultimi anni. Analizzando questi dati, nel quinquennio 2000-2005, 57 paesi, tra cui l’Italia, hanno registrato un aumento della propria superficie forestale, mentre 83 l’hanno vista diminuire. Ovviamente la perdita di copertura forestale di questi 83 Stati è maggiore di quella acquisita dai 57, ma questo resta comunque un importante dato perché per la prima volta si segnala un’inversione di tendenza e questo lascia ben sperare per il futuro.

Tra gli 83 Stati che hanno visto diminuire la propria copertura forestale negli anni 2000-2005, quelli ai primi posti sono: il Brasile con 3,103 milioni di ettari di foresta distrutta l’anno, l’Indonesia con 1,871 milioni, il Sudan con 589 mila, il Myanmar con 466 mila e lo Zambia con 445 mila.

Come possiamo notare sono tutti paesi poveri o in via di sviluppo che sfruttano in modo intenso le loro foreste pluviali. Sicuramente sarebbe opportuno per questi Stati una gestione più consapevole delle risorse forestali in modo da preservarle per loro stessi, ma anche per garantire l’equilibrio e la salute dell’intero pianeta. Per il bene dell’intera umanità sarebbe indispensabile che questi paesi adottassero modelli di sviluppo diversi da quelli che hanno intrapreso nei secoli scorsi i paesi industrializzati, infatti, proprio per gli effetti dell’inappropriata gestione delle risorse e dei modelli di sviluppo intrapresi da questi, il nostro pianeta desta attualmente in questo difficile momento di crisi ambientale. Questi paesi dovrebbero raggiungere il loro sviluppo attraverso i principi della sostenibilità, proprio perché abbiamo visto con nostri occhi, cosa significa uno sviluppo veloce ed immediato senza il rispetto, la salvaguardia e la tutela dell’ambiente.

Tra i 57 Stati che hanno visto aumentare la propria copertura forestale negli anni 2000-2005 ai primi posti abbiamo: la Cina con 4,058 milioni di ettari di foresta in più l’anno, la Spagna con 296 mila, il Vietnam con 241 mila, gli Stati Uniti d’America con 159 mila e l’Italia con 106 mila.

Secondo i dati del Rapporto FAO, quindi, l’Italia è il quinto stato al mondo per superficie forestale acquisita nel quinquennio 2000-2005. A questo sorprendente risultato ha contribuito sicuramente la politica italiana volta all’istituzione di Parchi e aree protette ma anche l’abbandono della montagna e la diminuzione del consumo del legno. E’ dunque da elogiare l’Italia in quanto ha gestito le proprie risorse forestali in modo appropriato e consapevole, riuscendo così a mantenere anche il primato europeo della più alta biodiversità.

 

Cinque paesi e cioè Russia, Brasile, Canada, Stati Uniti e Cina, ospitano più della metà delle foreste del pianeta. Vediamo come si sono comportati. Al 2005, la Russia è lo Stato con maggiore copertura forestale al mondo, per un totale di 808,790 milioni di ettari; seguono il Brasile con 477,698 milioni; il Canada con 310,134 milioni; gli Stati Uniti con 303,089 milioni; la Cina con 197,290 milioni. Di questi paesi, come ho già detto in precedenza, il Brasile è quello che ha maltrattato di più le proprie foreste con una riduzione della copertura forestale di 3,103 milioni di ettari l’anno nel periodo 2000-2005. Anche la Russia ha visto diminuire le proprie foreste: in questo periodo sono andati distrutti 96 mila ettari l’anno. Il Canada ha invece lasciato intatto il suo patrimonio forestale, mentre Stati Uniti e Cina hanno aumentato la propria superficie forestale rispettivamente di 159 mila e 4,058 milioni di ettari.

Riguardo alla Cina, tuttavia, Greenpeace contesta queste stime, perché i 4,058 milioni di ettari di copertura forestale non corrispondono ad un aumento di foreste, ma a piantagioni, cioè ad alberi piantati dall’uomo che non possono garantire la qualità ambientale e la biodiversità tipiche delle foreste, al contrario, possono causare una serie di danni all’ambiente tra cui l'inquinamento delle falde acquifere e dell'atmosfera a causa dell’utilizzo di pesticidi e fertilizzanti, la perdita di biodiversità, l’alterazione del ciclo della materia dell’ecosistema e il deterioramento delle risorse idriche e dei corsi d’acqua.

Considerato questo dato, che non è da sottovalutare in quanto si parla di 4 milioni di ettari, l’Europa è il continente dove l’estensione delle foreste ha subito un sensibile ma significativo aumento. Dei 57 paesi che hanno visto aumentare la propria copertura forestale, infatti, 31 sono europei. Compresa anche la parte asiatica della Russia e considerato che la Russia stessa ha visto diminuire la propria copertura forestale, l’Europa nel periodo 2000-2005 ha aumentato di 661 mila ettari l’anno il proprio patrimonio forestale, con un tasso d’incremento annuo dello 0.07%.

Nonostante questo rallentamento, il ritmo con cui vengono distrutte le foreste  è comunque preoccupante: ogni anno nel mondo ne vanno in fumo circa 7,317 milioni di ettari con un tasso d’incremento annuo di perdita di foreste dello 0,18%, di cui 4,483 milioni di ettari soltanto in America Latina e America Caraibica, con un tasso di incremento annuo dello 0.51%.

La maggior parte dei paesi dove vengono distrutte più foreste, come abbiamo visto, sono paesi poveri o in via di sviluppo che posseggono grandi estensioni di foresta pluviale e, molto spesso la utilizzano per raggiungere la via dello sviluppo in modo rapido e incontrollato. La velocità con cui vengono distrutte queste foreste è troppo elevata e non è sostenibile con gli equilibri del nostro pianeta. Occorre cooperazione, tra paesi ricchi e paesi poveri o in via di sviluppo, per far si che questi ultimi raggiungano il loro livello di sviluppo percorrendo strade sostenibili e più consapevoli, per evitare di commettere gli stessi errori che hanno commesso i paesi industrializzati nel passato, che sono indubbiamente i maggiori responsabili della crisi ambientale che affligge il nostro pianeta.

La speranza per il futuro è, che questi confortanti dati, soprattutto quelli dei paesi europei, crescano sempre di più e si estendano su tutto il pianeta, soprattutto in quei paesi dove c’è un enorme patrimonio forestale, dove ci sono i polmoni del pianeta per intenderci, in modo da invertire il trend e far crescere le nostre foreste o, per lo meno, rallentare e arrestare questo preoccupante fenomeno.

La speranza c’è, ed è concreta anche perché il neo presidente Barack Obama ha annunciato una politica più sensibile alle tematiche ambientali da parte degli Stati Uniti, inaugurando quella rivoluzione verde tanto auspicata dagli ambientalisti. Il fatto che gli Stati Uniti vogliano cambiare la propria politica nei confronti dell’ambiente è un fatto di assoluta rilevanza perché sono tra i maggiori paesi produttori di inquinamento e nonostante questo non avevano aderito al Protocollo di Kyoto.

Questo dimostra che la cultura ambientale sta crescendo nel mondo, perché oramai i problemi ambientali che affliggono il nostro pianeta sono talmente evidenti che si è diffusa la consapevolezza che per migliorare la qualità della vita e superare la crisi economica globale è necessario un radicale cambiamento nei modelli di sviluppo e negli stili di vita.

 

Tutti i dati relativi alle estensioni, riduzioni ed aumento delle superfici forestali nei vari paesi del mondo, dove non specificato, sono tratti dal Rapporto FAO “State of the world’s forests 2009”.

 

Alessandro Del Vescovo

 
 

 

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