CRISI AMBIENTALE
GLOBALE: UN FUTURO SOSTENIBILE
di Alessandro Del
Vescovo (Apr. 2009)
In merito alla crisi ambientale che sta interessando il nostro
pianeta, negli ultimi decenni, sono stati fatti considerevoli passi
avanti, almeno sulla carta, per fronteggiare in qualche modo questo
serio e preoccupante problema. Oltre che e a conferenze e protocolli
internazionali, linee strategiche e piani d’azione attuati a livello
globale da organismi sovrannazionali, sono state incluse nelle
legislazioni nazionali di molti Stati, normative ed interventi in
materia di ambiente. Lo sforzo è sicuramente da apprezzare, ma tutto ciò
non basta. Molto spesso tutte queste iniziative rimangono soltanto delle
chimere; non c’è un impegno serio da parte di molti governi volto all’
applicazione di queste direttive perché c’è ancora una mentalità legata
al fatto che l’ambiente possa rappresentare un freno allo sviluppo
economico. Ne è un chiaro esempio il “Protocollo di Kyoto” (sottoscritto
nel 1997 ma entrato in vigore soltanto nel 2005) formulato per ridurre
le emissioni nell’atmosfera di gas inquinanti e non firmato dagli USA
(tra i maggiori produttori di gas inquinanti) perché considerato un
ostacolo allo sviluppo.
Fondamentale, quindi, risulta essere l’integrazione di tutte queste
tendenze ed iniziative degli ultimi decenni con una mentalità diversa,
rivolta verso il rispetto e la tutela dell’ambiente, che sia portatrice
dei valori della sostenibilità. Bisogna abbandonare l’idea che il
miglioramento della qualità della vita corrisponda con lo sviluppo
economico immediato, poiché lo sviluppo economico stesso non sarebbe
possibile senza la preservazione dell’ambiente, delle sue risorse e
delle sue ricchezze. Che futuro avremmo se non siamo in grado di
garantire le risorse del pianeta per le generazioni future?
Le prime politiche ambientali che in qualche modo hanno cominciato a
rispondere a quesiti di questo tipo hanno iniziato a prendere forma
negli anni ‘70. Anche la Comunità Europea ha iniziato il suo percorso in
materia di ambiente in questo decennio.
Al “Vertice di Parigi” svoltosi
nel 1972, si riconobbe che il miglioramento della qualità della vita e
l’espansione economica, non potevano essere ottenuti senza rivolgere
particolare attenzione alle tematiche ambientali. La riforma
determinante per l’ambiente in ambito comunitario, però, è l’entrata in
vigore dell’ ”Atto Unico Europeo” nel 1987 che tratta un capitolo
specifico sull’ambiente.
La prima conferenza internazionale sui problemi ambientali si è
svolta nel 1972 a Stoccolma. Essa ha determinato la presa di coscienza
dei problemi ambientali a livello internazionale. Uno dei risultati di
questa conferenza fu l’istituzione dell’UNEP, un organismo ONU con il
compito di sensibilizzare l’opinione pubblica ad una coscienza
ambientale e di coordinare le politiche ambientali delle varie agenzie
dell’ONU. Inoltre, per la prima volta la comunità internazionale
affermava l’importanza dell’educazione e dell’informazione ambientale
quali strumenti essenziali per la tutela dell’ambiente. Gli esiti di
questa conferenza testimoniano come ci fosse già a partire dagli anni
‘70, la necessità di un cambio di mentalità da acquisire e diffondere
attraverso l’educazione e l’informazione ambientale.
La Conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente e lo sviluppo
svoltasi a Rio de Janeiro dal 3 al 14 giugno 1992, ha sancito l’adesione
mondiale allo sviluppo sostenibile e la sua legittimazione
internazionale. Lo sviluppo sostenibile è un tipo di sviluppo definito
in diversi modi da diversi organismi e organizzazioni internazionali che
sostanzialmente riconducono allo stesso concetto e significato:
E’ un tipo di sviluppo che risponde alle necessità del presente,
senza compromettere le capacità delle generazioni future di soddisfare
le proprie esigenze (Rapporto Brundland, 1987).
Per sviluppo sostenibile si intende un miglioramento della qualità
della vita, senza eccedere la capacità di carico degli ecosistemi di
base (ONU, 1992).
E’ un tipo di sviluppo che offre servizi ambientali, sociali ed
economici di base a tutti i membri di una comunità, senza minacciare
l’operabilità dei sistemi naturale, edificato e sociale da cui dipende
la fornitura di tali servizi (ICLEI, 1994).
Il concetto di "sviluppo sostenibile" è stato introdotto per la prima
volta dalle Nazioni Unite, nel 1987, tramite il rapporto “Our Common
Future” meglio conosciuto come “Rapporto Brundtland”, che consisteva in
una commissione indipendente istituita dall’Assemblea Generale delle
Nazioni Unite nel 1983, con il compito di esaminare la crisi
dell’ambiente e proporre linee guida per azioni d’intervento. Ai lavori
di Rio hanno partecipato 120 Capi di Stato e 178 Paesi in totale che
hanno sottoscritto alcuni documenti formali tra cui l’Agenda 21, il vero
e proprio piano d’azione delle Nazioni Unite per lo sviluppo
sostenibile, poi rinnovato nel 2004 ad Aalborg nella IV Conferenza
Europea delle Città Sostenibili. Tale documento si chiama in questo
modo perché vuole rappresentare una sorta di Agenda dove fissare tutti
gli obiettivi e gli appuntamenti da raggiungere e attuare per il XXI
secolo e si presenta come il documento programmatico dello sviluppo
sostenibile. E’ formato da 40 capitoli e suddiviso in 4 sezioni:
-
dimensioni sociali e economiche;
-
conservazione e gestione delle risorse
per lo sviluppo;
-
rafforzamento del ruolo dei Major Groups;
-
strumenti di attuazione (per il
programma)
Dal capitolo 28 dell’Agenda 21 nasce l’Agenda 21 Locale che
rappresenta il mandato per tradurre localmente le direttive dell’Agenda
21 da parte delle autorità locali. E’ sostanzialmente un invito a tutte
le autorità locali ad intraprendere il processo consultivo con le loro
popolazioni, basato sulla partecipazione e condivisione delle scelte da
parte della comunità locale. Costituisce un processo locale
multi-settoriale volto alla formulazione condivisa e partecipata di un
Piano d’Azione basato sui principi della sostenibilità. Sono circa 800
gli enti locali che in Italia si sono impegnati per attivare un processo
di Agenda 21 Locale. E' nata anche un'associazione con lo scopo di
promuovere lo sviluppo sostenibile: Agenda 21 Italy.
Allo stato attuale, si può affermare che l’umanità si è resa
perfettamente conto delle gravi conseguenze della crisi ambientale ed ha
cercato di porvi rimedio mettendo in campo tutte le sue competenze in
ambito scientifico e legislativo.
Già dal 1992, con la Conferenza di
Rio, lo sviluppo sostenibile ha avuto la sua legittimazione
internazionale, ma sostanzialmente soltanto sulla carta; sono pochi i
Paesi che hanno veramente messo in pratica i principi dello sviluppo
sostenibile e le linee guida enunciate dall’Agenda 21. Quello che manca,
quindi, è l’impegno concreto dei governi a mettere in pratica tutto ciò
che di buono è stato fatto in materia di tutela e salvaguardia
dell’ambiente perché manca una mentalità sostenibile che dovrebbe
necessariamente essere acquisita. A tal fine, sarebbe opportuno, al
giorno d’oggi, e in tutte le parti del pianeta, promuovere un’educazione
ambientale che si prefigga l'obiettivo di sensibilizzare gli alunni
delle scuole di ogni ordine e grado, nei confronti dell’ambiente,
insegnando loro a rispettare, salvaguardare e valorizzare le sue
ricchezze e i suoi tesori. Questo è un elemento fondamentale per la
sensibilizzazione dei giovani ai problemi e alle tematiche ambientali.
Essendo i giovani, il futuro del nostro pianeta, è di vitale importanza
educarli al rispetto dei valori ambientali sin dai primi anni di scuola,
in modo da permettergli l’acquisizione di una certa coscienza ambientale
che in futuro li potrà rendere consapevoli della sensibilità
dell’ambiente e di conseguenza responsabilizzarli nei suoi confronti.
Alessandro Del Vescovo |