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UNA PARADISIACA SILVIA DI
LORETO A PESCARA
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I CORECO TRA PASSATO E
FUTURO
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LA DIFFAMAZIONE SECONDO LA
CASSAZIONE
di Alessandro Di
Fiore
UNA PARADISIACA SILVIA DI LORETO A
PESCARA
Dal 20 al 27 agosto si è tenuta la mostra
personale dell’artista sulmonese Silvia Di Loreto presso il Museo delle
Genti d’Abruzzo di Pescara. La mostra, intitolata “Paradisiaca”, è stata
curata dalla critica d’arte Chiara Strozzieri, che ha firmato il
catalogo distribuito in omaggio ai numerosi visitatori, ed è stata
patrocinata dal Museo intitolato a Claudio Leno De Pompeis, dalla
Regione Abruzzo e dal Comune di Pescara, Assessorato alla Cultura. Le
opere esposte costituiscono una riuscita fusione tra le due forme
artistiche privilegiate da Silvia Di Loreto: la pittura e la poesia.
Infatti le opere esposte traggono ispirazione da alcune tra le più belle
e conosciute liriche del Vate.
Siamo riusciti ad avvicinare l’artista, che
molto gentilmente ci ha concesso l’intervista qui pubblicata.
A. “Nelle tue opere ho l’impressione che il
fattore-colore sia di fondamentale importanza”. S. “Il senso del
colore è una caratteristica che mi contraddistingue da sempre: nel
giudizio dell’insegnante di educazione artistica delle scuole medie era
un’espressione ricorrente “senso del colore ottimo" . A. “Come
definiresti la tua pittura?”. S. “La mia pittura ha a che fare con
l’inconscio, in un certo senso con la dimensione onirica, e in questo
modo entra in comunicazione con l’osservatore pur nella sua imperfezione
tecnica, anzi forse a maggior ragione proprio perché “libera”,
“fuori dagli schemi" . In altre parole è il caso di dire che la
forma è sostanza, ovvero che l’originalità di questa forma “libera”
costituisce un elemento importante ai fini della sua attitudine a
comunicare”. A. “Insomma l’imperfezione come forza anziché come
debolezza”. S. Per un
certo periodo mi sono impegnata nell'esercizio di copiare le forme
reali, nel curare meglio le ombre, il chiaroscuro, insomma nel cercare
di imitare la realtà, poi ho
capito che se c’era un valore nella mia rappresentazione stava proprio
nella “differenza”, nella sua peculiarità. E’ come avere il complesso di
un corpo imperfetto… e poi capire che una cosa è la perfetta proporzione
e altra cosa è il fascino, che da noi può promanare o meno a prescindere
dalla mera bellezza fisica. Insomma in alcuni casi è proprio il proporsi
nella propria unicità che
non solo non diminuisce ma addirittura aumenta il fascino e comunque ci
differenzia dagli altri”. A. “Ho l’impressione che la mera aderenza
di un’opera ai canoni estetici riduca la capacità di cogliere i tratti
caratteristici, le peculiarità dell’artista nelle intenzioni del quale
si rischia che prevalga l’esigenza di una rassicurante omologazione
piuttosto che il coraggio dell’originalità”. S. “A volte è così,
ed effettivamente occorre avere coraggio, ma non voglio
sancire il primato
dell'originalità sul tecnicismo, anche, ma non solamente, perché questo
non spetta a me. Mi
sento piuttosto di dire che il mio è un caso in cui è il carattere
fortemente soggettivo dell'interpretazione ad avere forza comunicativa”.
A. "Perchè D'Annunzio?" S. “Perchè
mi piacciono la sua cultura sterminata, la sua acutissima sensibilità, e
contemporaneamente la sua “spiritualità”, il suo “senso religioso”, non
inteso come adesione ad una fede o a una confessione religiosa ma come
attitudine all'indagine degli aspetti emozionali della vita. Per esempio
nella descrizione di alcuni personaggi delle sue novelle, si percepisce
la presenza di un forte senso religioso del poeta, già solo per una
sorta di "misericordia" che lo lega in qualche modo al livello emotivo a
questi personaggi, come nell'amore per la tradizione, nel fortissimo
legame con la sua terra e con i costumi primitivi di cui ci narra. Ma
soprattutto perché l'opera dannunziana è una fonte inesauribile di
"femminile" , argomento che mi piace indagare”.
A. “Nell’ammirare le tue opere intuisco
che Il contesto, la natura, lungi dall’essere subalterni rispetto ai
tuoi personaggi femminili, ne costituiscano il naturale completamento.
Insomma la natura non è tale se non in simbiosi con la donna e
viceversa” S. “Sì, credo sia una giusta impressione. Addirittura in
alcuni casi, come in "l'anima", il centro è rappresentato proprio dalla
natura, che sta a simboleggiare appunto l'anima. In altri casi come in
"Panismo" natura e donna coincidono”. A.
“che cosa ne pensi delle belle parole che il critico d’arte Chiara
Strozzieri ti ha riservato nella presentazione del tuo catalogo?”
S. “Ho
letto il testo molte volte, e mi sono accorta che ognuna di queste il
significato risultava arricchito; ha colto i fattori più caratteristici
ed evidenziato gli aspetti più interessanti. Ha dato valore a
quell'originalità di cui abbiamo parlato”.
(A.D.F.)
I CORECO TRA PASSATO E
FUTURO
C’erano una volta i Coreco, gli austeri
Comitati Regionali di Controllo, le sentinelle degli enti locali,
soprattutto di quelli più disinvolti nella gestione delle finanze
pubbliche. Ci saranno in futuro i Coreco, con compiti presumibilmente
simili se non identici. Già perché la schizofrenia del legislatore
nostrano passa anche attraverso l’istituzione di enti perché poi vengano
soppressi, perché poi vengano reintrodotti, e via dicendo. L’istituzione
dei Coreco rispondeva, sin dai tempi dell’entrata in vigore della
Costituzione repubblicana, all’esigenza di porre in essere una capillare
rete di controlli preventivi di legittimità sugli atti degli enti
locali. Sennonché la riforma costituzionale del 2001, nell’enfatizzare
l’autonomia degli enti locali, ha soppresso queste strutture. Anzi no.
Sarebbe stato troppo semplice (e quindi irrispettoso del ruolo
dell’interprete): ha soppresso i controlli preventivi, così scatenando
dibattiti circa la sopravvivenza o meno dei Coreco.
Una volta concordata, tra i vari enti
istituzionali (Stato, regioni, province, comuni), l’opportunità di una
loro soppressione, così rafforzando l’auspicata autonomia degli enti
locali, è spuntata la micidiale crisi economica internazionale per fare
fronte alla quale si è pensato di introdurre nell’art. 81 della
Costituzione l’obbligo del pareggio di bilancio. Ma come diavolo si
persegue il pareggio di bilancio se agli enti locali si concede la
possibilità di gestire allegramente senza controllo le proprie finanze?
Ecco allora che i resuscitati Coreco avranno
l’obbligo di verificare che i bilanci degli enti territoriali siano
coerenti con la nuova prescrizione costituzionale che sancisce il
principio della sana gestione finanziaria e dunque dell’equilibrio delle
entrate e delle spese senza ricorso all’indebitamento. Sarà possibile
derogare al divieto d’indebitamento solo in casi tassativi ancora allo
studio, e comunque in caso di crisi economica, o per far fronte ad
eventi eccezionali, o per finanziare gli investimenti degli enti locali
che abbiano a tal fine presentato un piano di ammortamento delle spese.
C’è da aspettarsi che in caso di superamento di questa micidiale
congiuntura, un rinnovato spirito autonomista spazzerà via di nuovo
questi severi controllori della finanza locale. Salvo poi reintrodurli
alla prossima crisi, s’intende.
(A.D.F.)
LA DIFFAMAZIONE SECONDO
LA CASSAZIONE
Un’importante sentenza della Corte di
Cassazione (n. 23222/2011) ha precisato la portata del delitto di
diffamazione. L’individuazione degli elementi costitutivi di tale reato
è sempre stata alquanto controversa, sotto molteplici profili. La
sentenza in esame focalizza il profilo della comunicazione con più
persone. L’art. 595 C.p. prevede espressamente che il reato è integrato
nella ipotesi di comunicazione “con più persone”. Da almeno un
trentennio però ci si chiede, senza mai avere avuto una risposta univoca
da parte della giurisprudenza, come debba essere correttamente
interpretato il requisito della comunicazione con più persone. Già una
sentenza della Cassazione del 1989 (n. 7333) aveva affrontato l’ipotesi
di una comunicazione diffamatoria indirizzata impersonalmente ad una
pubblica autorità, affermando che in tal caso è implicita la
partecipazione del suo contenuto ad una pluralità di persone, essendo
predisposta tutta una serie di adempimenti formali ai quali sono
necessariamente preposte diverse persone. Più recentemente la Cassazione
ha affrontato in modo diretto il tema del rapporto tra conoscenza e mera
conoscibilità della comunicazione da parte di più persone.
L’invio di una missiva a mezzo fax
contenente espressioni lesive dell’altrui reputazione integrerebbe,
secondo i giudici di legittimità, l’elemento oggettivo del reato di
diffamazione poiché le caratteristiche e la natura del mezzo prescelto
implicano la conoscenza o anche solo la conoscibilità del contenuto
della comunicazione da parte di un numero indeterminato di persone
(sent. N. 30819/2003). Il mero requisito della conoscibilità, al fine
dell’integrazione del reato di diffamazione, è riconosciuto anche in
altre sentenze e sotto altri profili. In linea generale si afferma che
la diffamazione sussiste non solo quando si comunica con più persone ma
anche quando espressioni offensive siano comunicate ad una sola persona
ma destinate ad essere riferite almeno ad un’altra persona (sent. N.
2432/1993; sent. N. 31728/2004 ed altre).
Tornando alla nostra sentenza, essa ha il
pregio di chiarire, anche alla luce dei precedenti giurisprudenziali,
che la destinazione alla divulgazione può trovare il suo fondamento
nella esplicita volontà dell’autore, ovvero nella natura stessa della
comunicazione. Entrambi i casi integrano il reato di diffamazione.
Alessandro Di Fiore |