Conto alla rovescia per il CO2, auto sempre meno inquinanti
i
costruttori in linea con le direttive DELLA Comunità Europea
di Davide Murgano
Calano
le emissioni di CO2 nelle automobili dopo l'introduzione dei body
hi-tech. Ma nessuno ha trovato soluzioni definitive al problema per i
motori delle auto. Non sono mancati dispositivi intelligenti installati
nelle autovetture dai costruttori, a cominciare dall'introduzione del
dispositivo Start and Stop, quello che spegne automaticamente il motore
nelle soste ai semafori. Che nell'impiego quotidiano assicura qualche
contributo reale unicamente nella marcia in città, che diviene
significativo soltanto quando il traffico è prossimo al collasso. Per
contro, lo Start and Stop conta parecchio nei cicli di omologazione: una
manciata di secondi a motore spento, sui pochi minuti di durata del
test, permettono di tagliare di 5-10 punti gli ormai famosi grammi al
chilometro. Quanto basta, spesso, per scendere sotto le soglie
necessarie a garantirsi gli incentivi. E pure per guadagnare qualche
posizione nell'ormai diffusissima classifica delle marche "virtuose",
nel percorso di avvicinamento alla media dei 130 g/km, notoriamente
fissata da una direttiva dell'Unione Europea, per il 2015. Una
classifica che, per inciso, al momento vede ai primi posti Fiat (138
g/km) e seconda di poco Peugeot (139 g/km) i cui risultati ovviamente
beneficiano di una gamma orientata verso le vetture di taglia
medio-piccola.
La corsa a
tagliare le emissioni ha avuto inizio con una serie di famiglie di
prodotti "a basso impatto", siglate in maniera variegata (Bluetec,
Bluemotion, Ecoflex, Econetic e via dicendo) e introdotte
principalmente a uso e consumo della Germania, notoriamente più
sensibile ai problemi connessi a
global
warming e dintorni. Famiglie accomunate
dall'introduzione di una serie di accorgimenti che si potrebbero anche
definire misure-tampone: affinamenti aerodinamici, pneumatici a basso
rotolamento, allungamento dei rapporti al cambio e rimappatura
dell'elettronica di gestione del motore. In sostanza, una sorta di
riedizione di versioni analoghe introdotte sul finire degli anni
Settanta, ai tempi concepite in chiave riduzione dei consumi: qualcuno
probabilmente ricorda ancora le Volkswagen Formel E, con il loro cambio
a quattro rapporti dal finale tanto allungato che bastava il più
tranquillo dei cavalcavia per costringere a scalare marcia.
Fortunatamente
oggi le strategie non si fermano lì, anzi, nella maggior parte dei casi
riescono a far coesistere il taglio delle emissioni con la salvaguardia
delle prestazioni. Tanto che una marca che non può certo metter da parte
le qualità dinamiche qual è la BMW ha deciso di non operare tramite
versioni dedicate, ma di trasferire tout court il suo pacchetto
battezzato Ef-ficientDynamics alla produzione corrente. Con risultati di
tutto rispetto, se è vero che di qui a pochi mesi la 320d sarà in grado
di presentarsi con emissioni di soli 109 g/km, a fronte di una potenza
massima tutt'altro che sacrificata, 163 cv. (tenendo presente che
soltanto tre anni fa una Serie 3 due litri con identica potenza faceva
segnare oltre 130 g/km).
Risultati
altrettanto significativi arrivano un po' da tutto il fronte, dalla
Mercedes (con i 159 g/km del possente turbodiesel 2200 da 204 cv della
Classe E) come dalla Fiat, che grazie all'introduzione del dispositivo
Multiair oggi riesce a
proporre motori dai consumi (ed emissioni) inferiori e a tempo stesso
più potenti, rispetto a quel che vanno a rimpiazzare.
A dare un taglio
alle emissioni di CO2 è stato soprattutto il lavoro condotto
all'interno dei motori: sulla gestione della distribuzione, la
precisione dell'iniezione e la conformazione delle camere di scoppio. A
riprova che i motori a combustione interni che qualcuno frettolosamente
ha già dato per spacciati, in realtà dispongono ancor di consistenti
margini di miglioramento: basta soltanto che al loro affinamento vengano
dedicate le risorse sin qui indirizzate unicamente all'incremento delle
potenze.
Cosi, già oggi la
Volkswagen può annunciare l'imminente introduzione di una Golf capace,
grazie al nuovo 1600 turbodiesel, di scendere sotto la fatidica barriera
dei 100 g/km. E presto la Polo, con il supporto di un 1200 tre cilindri
turbodiesel configurato ad hoc (ma comunque in grado di offrire
prestazioni più che decorose) arriverà a quota 87 g/km: meglio di quanto
ottenuto dalla terza generazione della Toyota Prius. Vettura di
tutt'altra taglia, certo, e comunque portatrice di progressi altrettanto
significativi: basti dire che la Prius della generazione precedente,
pur con un motore più piccolo, ancora non riusciva a scendere sotto
quota 100, traguardo annunciato anche per la versione ibrida prossima
ventura dell'Auris, in arrivo nella seconda metà del 2010.
E che invece è
stato mancato, sia pure di un soffio, dalla Honda Insight, semplificata
nella concezione della trazione ibrida, nel comunque lodevole intento
di rendere detta soluzione alla portata di un maggior numero di tasche.
Comunque la si
guardi, la classifica del CO2 oggi ci dice che, in generale, la trazione
ibrida riesce soltanto a pareggiare i conti con i più efficienti
turbodiesel in circolazione.
Certo, per
vetture di taglia superiore (vedi i Suv 0 le grandi berline) la
presenza dell'ibrido garantisce risultati impossibili per ogni altra
soluzione, vedi i 148 g/km raggiunti dalla più recente generazione della
grande Suv Lexus, la 450h, pur forte di ben 249 cv. Facendo riferimento
a piccole e medie, invece, e limitandosi a prendere in considerazione la
questione CO2 (ovvero lasciando da parte gli inquinanti, particolato in
testa) non si può che concordare con chi sostiene che al momento
l'ibrido ha ragion d'essere soltanto per quei mercati (Stati Uniti,
Giappone) che di gasolio non vogliono sentir parlare.
Guardando al
futuro però il discorso potrebbe cambiare. Perché l'obiettivo imposto
dall'Unione Europea per il 2020, quando la media di gamma dovrà scendere
a 90 g/ km, ben difficilmente potrà essere centrato facendo leva
soltanto sui progressi dei motori convenzionali. Certo, un bel
contributo può venire dall'inversione di tendenza in materia di peso:
dopo anni spesi a mandare i nuovi modelli all'ingrasso, i costruttori
(l'Audi su tutti) si sono resi conto che è necessario cambiare
decisamente rotta. Anche perché 100 kg di meno da portare a spasso, su
una vettura di medie dimensioni, consentono di tagliare molto più CO2
che non un banale Start and Stop.
In un modo o
nell'altro, i costruttori dovranno introdurre nel proprio portafoglio
modelli capaci di abbassare la media, e sarà inevitabile lavorare
proprio sull'ibrido, che per il futuro promette grandi cose. Basta
guardare alle credenziali esibite dalla BMW Concept Vision, vista lo
scorso mese a Francoforte: due motori elettrici e un piccolo 1500
turbodiesel, per 250 orari di velocità massima, e una posizione da
primato assoluto nella classifica del CO2. Altrettanto significativa, e
per molti versi più realistica, l'ibrida plug-in che potrebbe permettere
alla Mercedes Classe S di scendere a una motorizzazione di soli tre
litri, conservando prestazioni paragonabili a quelle offerte da un V8,
ma garantendo la possibilità di marciare per almeno 30 km in modalità
puramente elettrica, e soprattutto con emissioni di CO2 di poco
superiori ai 70 g/km.
Va da sé che, per
costi e complessità, soluzioni del genere possono trovare spazio
soltanto nell'alto di gamma, che peraltro è anche il terreno dove la
bolletta del CO2 resta particolarmente gravosa. Per le vetture di taglia
media, una delle proposte più interessanti sul terreno appare
l'elettrica "extended range" di Casa General Motors, che si chiami
Chevrolet Volt oppure Opel Ampera, di cui parliamo a parte. Anche se
costi ed efficienza generale di questo singolare abbinamento fra motore
elettrico e termico (con quest'ultimo che funziona solo in qualità di
generatore) sono ancora tutti da valutare. Altri gruppi, a cominciare
dalla stessa Toyota, stanno invece lavorando a un progressivo
abbattimento dei costi dell'alimentazione ibrida, che dovrebbero
permetterne la diffusione anche su vetture di taglia Yaris. E stanno per
arrivare le prime ibride coreane, compreso un originale abbinamento fra
elettrico e Gpl che Hyundai e Kia potrebbero presto proporre pure in
Europa.
Quale che sia la
formula proposta, resta il fatto che la scossa c'è stata: ancora pochi
anni fa, l'industria automobilistica andava predicando "l'impossibilità"
di ridurre le emissioni, al punto di mancare clamorosamente gli impegni
assunti a fronte del protocollo di Kyoto. Poi, una volta chiamata a
rispettare scadenze e obiettivi precisi (come quelli imposti
dall'Unione Europea) ha finalmente cominciato a muoversi per ridurre
l'anidride carbonica, con risultato che dimostrano a dimostrazione
che, in fondo, non erano obiettivi così "impossibili".
Davide Murgano |
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