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Anno XIV num.4
Lug./Ago. 2015

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Conto alla rovescia per il CO2, auto sempre meno inquinanti

 i costruttori in linea con le direttive DELLA Comunità Europea 

 

di Davide Murgano

 

Calano le emissioni di CO2 nelle automobili dopo l'introduzione dei body hi-tech. Ma nessuno ha trovato soluzioni definitive al problema per i motori delle auto. Non sono mancati  dispositivi intelligenti installati nelle autovetture dai costruttori, a cominciare dall'introduzione del dispositivo Start and Stop, quello che spegne automaticamente il motore nelle soste ai semafori. Che nell'impiego quotidiano assicura qualche contributo reale unicamente nella marcia in città, che  diviene significativo soltanto quando il traffico è prossimo al collasso. Per contro, lo Start and Stop conta parecchio nei cicli di omologazione: una manciata di secondi a motore spento, sui pochi minuti di durata del test, permettono di tagliare di 5-10 punti gli ormai famosi grammi al chilometro. Quanto basta, spesso, per scendere sotto le soglie necessarie a garantirsi gli incentivi. E pure per guadagnare qualche posizione nell'ormai diffusissima classifica delle marche "virtuose", nel percorso di avvicinamento alla media dei 130 g/km, no­toriamente fissata da una direttiva dell'Unione Europea, per il 2015. Una classifica che, per inciso, al momento vede ai primi posti Fiat (138 g/km) e  seconda di poco Peugeot (139 g/km) i cui risultati ovviamente beneficiano di una gamma orientata verso le vetture di taglia medio-piccola.

La corsa a tagliare le emissioni ha avuto inizio con una serie di famiglie di prodotti "a basso impatto", siglate in maniera variegata (Bluetec, Bluemotion, Ecoflex, Econetic e via dicendo) e introdotte prin­cipalmente a uso e consumo della Germania, notoriamente più sensibile ai proble­mi connessi a global warming e dintorni. Famiglie accomunate dall'introduzione di una serie di accorgimenti che si potrebbe­ro anche definire misure-tampone: affinamenti aerodinamici, pneumatici a basso rotolamento, allungamento dei rapporti al cambio e rimappatura dell'elettronica di gestione del motore. In sostanza, una sorta di riedizione di versioni analoghe introdotte sul finire degli anni Settanta, ai tempi concepite in chiave riduzione dei consumi: qualcuno probabilmente ricorda ancora le Volkswagen Formel E, con il loro cambio a quattro rapporti dal finale tanto allungato che bastava il più tranquillo dei cavalcavia per costringere a scalare marcia.

Fortunatamente oggi le strategie non si fermano lì, anzi, nella maggior parte dei casi riescono a far coesistere il taglio delle emissioni con la salvaguardia delle prestazioni. Tanto che una marca che non può certo metter da parte le qualità dinamiche qual è la BMW ha deciso di non operare tramite versioni dedicate, ma di trasferire tout court il suo pacchetto battezzato Ef-ficientDynamics alla produzione corrente. Con risultati di tutto rispetto, se è vero che di qui a pochi mesi la 320d sarà in grado di presentarsi con emissioni di soli 109 g/km, a fronte di una potenza massima tutt'altro che sacrificata, 163 cv. (tenendo presente che sol­tanto tre anni fa una Serie 3 due litri con identica potenza faceva segnare oltre 130 g/km).

Risultati altrettanto significativi arrivano un po' da tutto il fronte, dalla Mercedes (con i 159 g/km del possente turbodiesel 2200 da 204 cv della Classe E) come dalla Fiat, che grazie all'introduzione del dispositivo  Multiair oggi riesce a proporre motori dai consumi (ed emissioni) inferiori e a tempo stesso più potenti, rispetto a quel che vanno a rimpiazzare.

A dare un taglio alle emissioni di CO2  è stato soprattutto il lavoro condotto all'interno dei motori: sulla gestione della distribuzione, la precisione dell'iniezione e la conformazione delle camere di scoppio. A riprova che i motori a combustione interni che qualcuno frettolosamente ha già dato per spacciati, in realtà dispongono ancor di consistenti margini di miglioramento: basta soltanto che al loro affinamento vengano dedicate le risorse sin qui indirizzate unicamente all'incremento delle potenze.

Cosi, già oggi la Volkswagen può annunciare l'imminente introduzione di una Golf capace, grazie al nuovo 1600 turbodiesel, di scendere sotto la fatidica barriera dei 100 g/km. E presto la Polo, con il supporto di un 1200 tre cilindri turbodiesel configurato ad hoc (ma comunque in grado di of­frire prestazioni più che decorose) arriverà a quota 87 g/km: meglio di quanto otte­nuto dalla terza generazione della Toyota Prius. Vettura di tutt'altra taglia, certo, e comunque portatrice di progressi altrettanto significativi: basti dire che la Prius della ge­nerazione precedente, pur con un motore più piccolo, ancora non riusciva a scendere sotto quota 100, traguardo annunciato an­che per la versione ibrida prossima ventura dell'Auris, in arrivo nella seconda metà del 2010.

E che invece è stato mancato, sia pure di un soffio, dalla Honda Insight, semplificata nella concezione della trazio­ne ibrida, nel comunque lodevole intento di rendere detta soluzione alla portata di un maggior numero di tasche.

Comunque la si guardi, la classifica del CO2 oggi ci dice che, in generale, la trazione ibrida riesce soltanto a pareggiare i conti con i più efficienti turbodiesel in circolazione.

Certo, per vetture di taglia superiore (ve­di i Suv 0 le grandi berline) la presenza dell'ibrido garantisce risultati impossibili per ogni altra soluzione, vedi i 148 g/km raggiunti dalla più recente generazione della grande Suv Lexus, la 450h, pur forte di ben 249 cv. Facendo riferimento a piccole e medie, invece, e limitandosi a prendere in considerazione la questione CO2 (ovvero lasciando da parte gli inquinanti, particolato in testa) non si può che concordare con chi sostiene che al momento l'ibrido ha ragion d'essere soltanto per quei mercati (Stati Uniti, Giappone) che di gasolio non vogliono sentir parlare.

Guardando al futuro però il discorso po­trebbe cambiare. Perché l'obiettivo imposto dall'Unione Europea per il 2020, quando la media di gamma dovrà scendere a 90 g/ km, ben difficilmente potrà essere centrato facendo leva soltanto sui progressi dei motori convenzionali. Certo, un bel contributo può venire dall'inversione di tendenza in materia di peso: dopo anni spesi a mandare i nuovi modelli all'ingrasso, i costrut­tori (l'Audi su tutti) si sono resi conto che è necessario cambiare decisamente rotta. Anche perché 100 kg di meno da portare a spasso, su una vettura di medie dimen­sioni, consentono di tagliare molto più CO2 che non un banale Start and Stop.

In un modo o nell'altro, i costruttori dovranno introdurre nel proprio portafoglio modelli capaci di abbassare la media, e sarà inevitabile lavorare proprio sull'ibrido, che per il futuro promette grandi cose. Basta guardare alle credenziali esibite dalla BMW Concept Vision, vista lo scorso mese a Francoforte: due motori elettrici e un piccolo 1500 turbodiesel, per 250 orari di ve­locità massima, e  una posizione da primato assoluto nella classifica del CO2. Altrettanto significativa, e per molti versi più realistica, l'ibrida plug-in che potrebbe permettere alla Mercedes Classe S di scendere a una motorizzazione di soli tre litri, conservando prestazioni paragonabili a quelle offerte da un V8, ma garantendo la possibilità di marciare per almeno 30 km in modalità puramente elettrica, e soprattutto con emissioni di CO2 di poco superiori ai 70 g/km.

Va da sé che, per costi e complessità, soluzioni del genere possono trovare spazio soltanto nell'alto di gamma, che peraltro è anche il terreno dove la bolletta del CO2 resta particolarmente gravosa. Per le vetture di taglia media, una delle proposte più interessanti sul terreno appare l'elettrica "extended range" di Casa General Motors, che si chiami Chevrolet Volt oppure Opel Ampera, di cui parliamo a parte. Anche se costi ed efficienza generale di questo sin­golare abbinamento fra motore elettrico e termico (con quest'ultimo che funziona solo in qualità di generatore) sono ancora tutti da valutare. Altri gruppi, a cominciare dalla stessa Toyota, stanno invece lavoran­do a un progressivo abbattimento dei costi dell'alimentazione ibrida, che dovrebbero permetterne la diffusione anche su vetture di taglia Yaris. E stanno per arrivare le prime ibride coreane, compreso un originale abbinamento fra elettrico e Gpl che Hyundai e Kia potrebbero presto proporre pure in Europa.

Quale che sia la formula proposta, resta il fatto che la scossa c'è stata: ancora pochi anni fa, l'industria automobilistica andava predicando "l'impossibilità" di ridurre le emissioni, al punto di mancare clamorosamente gli impegni assunti a fronte del protocollo di Kyoto. Poi, una volta chiamata a rispettare scadenze e obiettivi precisi (come quelli im­posti dall'Unione Europea) ha finalmente cominciato a muoversi per ridurre l'ani­dride carbonica,  con risultato che dimostrano a dimostrazione che, in fondo, non erano obiettivi così "impossibili".

 

Davide Murgano 

 

 


 

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