I
Disastri Ambientali: Conseguenze e potenziali soluzioni
di Vincenzo Caia
Oggi
più di prima i problemi ambientali continuano a rappresentare una delle
maggiori preoccupazioni del nostro pianeta.
Le
statistiche più recenti, verificate e diffuse dall’ONU, confermano la
complessità della problematica ambientale e mettono in risalto, fra
l’altro, l’impatto dell’agricoltura sull’attuale crisi ecologica.
Scendendo nel particolare e parlando di incidenza in percentuale sulle
cause che scaturiscono l’effetto serra, possiamo tranquillamente
affermare che le emissioni di gas serra vengono prodotte in buona parte
proprio dall’agricoltura e dalle foreste, rappresentando ben oltre il
30% del totale annuo delle attuali emissioni prodotte sulla terra.
In
merito occorre evidenziare che l’agricoltura è una delle principali
fonti responsabili della formazione di metano e protossido di azoto;
infatti il metano deriva dalla produzione zootecnica e dalle risaie, il
protossido d’azoto deriva dall’impiego dei fertilizzanti.
L’ONU
ha segnalato, ed ultimamente anche rimarcato, che il perdurare di tale
situazione, sarà la causa di un inesorabile cambiamento climatico ed
avrà conseguenze pesanti sia sulle condizioni di vita degli agricoltori
che dei pescatori e di tutte quelle altre persone che dipendono dalle
risorse forestali ed agricole.
Secondo il rapporto redatto sempre dalle Nazioni Unite per l’Ambiente,
dal 1980 i fenomeni pericolosi legati al clima sono aumentati; infatti
le tempeste di vento sono aumentate del 100%, mentre le inondazioni sono
aumentate addirittura del 350%.
Facendo riferimento agli anni passati, secondo le notizie derivanti
dalle statistiche di cui si dispone, tenuto conto dei costi e degli
impatti derivanti dalle pesanti catastrofi vissute nel mondo, si può
affermare che l’anno 2008 si è rivelato l’anno da record per eccellenza.
Tra
le varie catastrofi verificatesi in quell’anno è doveroso menzionare: Il
terremoto in Cina che si è verificato nel periodo di maggio (evento che
ha causato danni soprattutto in termini di costi e di impatto sul
territorio); il ciclone “Nargis”, chiara ed inevitabile conseguenza dei
cambiamenti climatici, che ha colpito il Myanmar provocando circa 85.000
vittime; l’inaspettato inverno rigido del periodo di gennaio e le
pesanti inondazioni di maggio e giugno, verificatesi entrambi in Cina,
che hanno lasciato dietro di sé oltre due miliardi di danni.
Non
si entra, poi, in merito a tutti gli altri disastri ambientali,
conseguenza sempre dei cambiamenti climatici, come ad esempio: Siccità
prolungate, violenti fenomeni alluvionali, grandinate fuori tempo, ecc.,
che hanno distrutto interi raccolti e devastato intere aree in ogni
parte del mondo, contribuendo alla crisi alimentare mondiale.
Una
situazione particolarmente delicata e fragile è stata poi registrata
dalla Fao nei Paesi insulari del Pacifico; il riscaldamento degli
oceani, la maggiore frequenza di cicloni tropicali, di inondazioni e di
periodi di siccità, continuano infatti a costituire un grave rischio con
conseguenti effetti devastanti sull’intera produzione alimentare di
questi paesi.
Le
catastrofi connesse con il cambiamento climatico stanno già mettendo a
dura prova lo sviluppo di questi piccoli stati insulari, che sembrano
attraversare una costante situazione di ricostruzione post-disastro.
Ma i
cambiamenti climatici influiscono anche sulla vita degli animali, delle
piante ed in particolare sulla modifica dell’habitat di quest’ultimi,
infatti almeno 33.000 specie di piante e 5.400 specie di animali sono a
rischio di estinzione.
Ricordiamo che l’Unione Mondiale per la Conservazione della Natura (IUCN),
al riguardo, ha redatto una Lista Rossa sulla quale raccoglie tutte
quelle informazioni sulle piante e sugli animali nel mondo.
Su
questa lista, tutte le specie a rischio sono state divise in 5
categorie: Vulnerabile (una specie ritenuta a rischio di
estinzione allo stato selvatico); A rischio (una specie ritenuta
ad alto rischio di estinzione allo stato selvatico); A un punto
critico di rischio (una specie ritenuta ad altissimo rischio di
estinzione allo stato selvatico); Estinta allo stato selvatico
(una specie che sopravvive soltanto in cattività o all’interno di zone
protette); Estinta (gli esperti sono sicuri che gli ultimi
esemplari - selvatici o in cattività - siano tutti scomparsi).
Soltanto per i mammiferi si ritiene che siano a rischio un migliaio
delle circa 4.600 specie esistenti: Animali come i rinoceronti neri, le
tigri, i cammelli, le foche monache e tante altre varietà di animali,
sono tutti sulla lista delle specie in pericolo.
Basti
pensare che nell’ultimo trentennio il numero delle tigri si è ridotto a
circa 5.000 esemplari, mentre quello dei rinoceronti neri è diminuito
del 95%.
Ma
perché i cambiamenti climatici diventano fonte costante di pericolo per
la vita degli animali???
La
spiegazione è semplice: Il mutare delle condizioni atmosferiche può
causare il congelamento od il surriscaldamento delle acque ovvero può
far diventare l’acqua troppo calda o troppo fredda; pertanto l’eventuale
perdurare di tali situazioni può essere causa inevitabile del
prosciugamento delle risorse o del congelamento delle stesse,
costituendo così una fonte di pericolo grave, destinato a favorire e/o
causare l’estinzione sia di piante che di animali.
Tra
le proposte destinate a prevenire ulteriori disastri ambientali, è
infine doveroso attenzionare alcune soluzioni impostate nella giusta
direzione e che dovrebbero essere promosse con maggior vigore per
ridurre le emissioni create dal settore agricolo/forestale e migliorare
l’adattamento al cambiamento climatico; in particolare, semplicemente a
fine conoscitivo, vanno segnalate: L’impiego di varietà di colture più
produttive; un maggiore controllo degli incendi boschivi; una migliore
gestione delle risorse naturali; la cattura del biogas proveniente dal
letame animale; la rigenerazione del terreno mediante il controllo dei
pascoli; la gestione organica del suolo; le pratiche di agricoltura
conservativa ed infine i sistemi agro-forestali integrati.
Vincenzo Caia |