S.O.S disastro idrogeologico
Sardegna in ginocchio a causa dell’alluvione Cleopatra
di Anna Satta
Il ciclone
Cleopatra è arrivato con la sua furia devastante e ha ridisegnato il
territorio della regione , raffigurato e conosciuto in tutto il mondo
per le sue distese di macchia mediterranea, gli arbusti e i corbezzoli,
i muretti a secco e l’intenso profumo di mirto…
Una ferita
profonda ha lacerato il cuore di chi ha perso tutto, anche i propri
cari, e l’acqua che in estate sembra non bastare mai per i numerosi
vacanzieri, ha portato una devastazione senza precedenti. Forse una
tragedia annunciata, strade inghiottite da acqua e fango, case allagate
tramutate in trappole micidiali, settori come l’agricoltura e le aziende
agro pastorali in ginocchio, già duramente penalizzate dal morbo della
lingua blu; il tutto in attesa di una deroga alla legge di stabilità da
parte del Governo e ai fondi europei.
Quella di
Olbia una delle zone più colpite, ma anche parte dell’oristanese con
Uras e Terralba, e del nuorese, i paesi di Torpè e Bitti. In tutto circa
sessanta i comuni interessati.
Quale prezzo
dovrà ancora pagare una natura così sacrificata a favore di una
cementificazione selvaggia? Si è costruito su canali intombati che
scorrono sotto le case per poi esplodere quando arriva l’acqua. Per
parafrasare una famosa canzone di De Andrè :“ Acqua che non ti aspetti,
altro che benedetta… nera di malasorte che ammazza e passa oltre,
l’acqua che spacca il monte che affonda terra e ponte…, acqua per
fotografie, per cercare i complici da maledire”.
L’abusivismo
edilizio, i condoni e le varie sanatorie, risultato di campagne
elettorali condotte all’insegna della propaganda e aventi come fine
ultimo un contenitore di voti. Il condono è una malattia sociale, una
piaga che ha procurato danni enormi al paesaggio e ha aggravato il
dissesto del suolo e l’insicurezza abitativa di chi vive in aree a
rischio.
Alla
politica il compito di occuparsi di una riqualificazione del territorio
(si è costruito troppo e dove non si doveva), alla predisposizione di
un piano sicurezza efficiente e ad una rieducazione del cittadino al
rispetto e tutela dell’ambiente in cui vive perché presto o tardi la
natura si riappropria del suo normale decorso.
Pertanto il
coraggio di dire qualche NO in più, pensare che il costo per rimediare
al disastro è nettamente superiore a quello sulla prevenzione. Le
polemiche non si placano come è ormai consuetudine in questi casi,
intorno ad un allarme più tempestivo e ad un’allerta inviata ai comuni
via fax.
Di eventuali responsabilità si occuperà la magistratura, nello
specifico quelle di Tempio Pausania e di Nuoro che hanno aperto un
fascicolo per ora a carico di ignoti. Si pensi che già dai primi del
novecento gli allarmi venivano dati dai rintocchi continuati delle
campane delle chiese o dalla voce del “banditore” che si perdeva nei
rivoli dei piccoli e grandi centri. Ciò succede ancora oggi in Friuli,
dove la regione ha stipulato una convenzione con la Protezione Civile
sull’utilizzo delle campane in caso di calamità.
Le prove di
solidarietà sono tante, il popolo sardo nei momenti più difficili rialza
la testa, i tanti volontari accorsi nell’isola lavorano senza sosta per
un ritorno alla quasi normalità.
Ogni nostro
aiuto, piccolo o grande che sia, rappresenterà comunque un gesto
concreto per i tanti sfollati, “oltre il muro dei vetri si risveglia la
vita che si prende per mano a battaglia finita”…
Anna Satta |