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L’estinzione del Gobbo rugginoso
di Maria
Grazia De Biasio
Nomi
in altre lingue: White headed duck (EN), Erismature a tète blanche (FR),
Malvasia cabeciblanca (ES), Weisskopf- ruderente (DE).
Il
Gobbo rugginoso o Oxyura leucocephala è una particolare anatra, buffa,
non intelligente e incredibilmente rara, dotata di una lunghezza di
43-48 cm e un’apertura alare di 62-70 cm, il suo peso varia dai 510 agli
820 grammi. Definita tuffatrice, presenta evidenti segni particolari:
coda verticale che fuoriesce dall’acqua, “gobbo” che le impone il nome
in italiano e la caratteristica principale è che i maschi, durante la
stagione degli amori hanno un becco azzurro intenso.
Animale simpatico e vivace, padroneggia energicamente l’arte del nuoto,
è abituato, infatti, a dare spettacolo in acque interne e ricche di
vegetazione superficiale, molto abile a tuffarsi e nuotare immergendosi
in acqua, ricerca insetti e semi di piante acquatiche particolari.
Le
zampe rivolte all’indietro non gli permettono, rispetto ad altre animali
appartenenti alla sua specie, di camminare sulla terra ferma, ed è
questa la ragione per la quale il Gobbo rugginoso difficilmente non va a
riva, anche le sue uova sono deposte in ambienti isolati di canne
palustri e altre piante acquatiche. Nonostante sia un anatide migratore,
il Gobbo rugginoso non è un gran volatore, se minacciato, preferisce
allontanarsi a nuoto.
Abile
tuffatore, che trascorre l’intera vita in acqua, si ciba soprattutto
d’invertebrati e piante acquatiche. A questo punto, arriva un tasto
dolente, infatti, di Gobbi rugginosi ne restano davvero pochi.
Si
stima che la popolazione complessiva era di almeno 100.000 esemplari
all’inizio del XX secolo, ridottisi dell’80% a 19.000 individui nel 1991
e forse oramai ne restano meno di 10.000. L’areale originario
comprendeva l’Europa del sud, l’Asia minore e l’Asia Centrale fino alla
Mongolia e alla Cina, passando per il Tagikistan, l’Afghanistan, l’Iran e
poi l’Africa settentrionale (Tunisia e Algeria).
In
Europa occidentale si è estinto in natura in Francia e in Italia, mentre
la popolazione spagnola è passata, grazie ad un intelligente programma
di ripopolamento, dai ventidue individui superstiti del 1977 a circa
2700 nel 2001, quasi tutti in Andalusia. In Europa dell’Est ancora
resiste ed è in aumento in Israele, Siria, Bulgaria, Romania, Grecia,
dove non riesce a riprodursi. La tragedia invece è avvenuta in Turchia,
dove nel principale sito mediorientale di svernamento, Burdur Gölü, si è
passati da 10.927 uccelli nel 1991 a 653 nel 2001. In Pakistan si è
passati da 1039 gobbi a meno di dieci nel 2002. In Italia, le ultime
regioni che hanno ospitato il Gobbo rugginoso sono state la Sardegna, la
Sicilia e la Puglia. Un tentativo importante per la difesa della specie è
stato fatto dalla LIPU che sin dagli anni ottanta si è impegnata a
riportare quest’uccello in Italia. In Puglia si è avviato, infatti, un
progetto volto alla reintroduzione del Gobbo rugginoso mediante un
programma di riproduzione in cattività. In questa regione sono presenti
zone umide tutelate.
Il
Parco Nazionale del Gargano e la Regione Puglia, hanno finanziato il
progetto che è stato avviato nel 2000 col trasferimento dei primi
individui da Racconigi alle voliere di ambientamento situate nella
Daunia Risi, all'interno del Parco Nazionale del Gargano. I primi
individui sono stati liberati con la chiusura della stagione invernale
2001, e ha visto la liberazione di prova che ha permesso di studiare la
capacità di adattamento dei Gobbi al loro nuovo ambiente. La
realizzazione del progetto è stata un successo. Tuttavia, l’Unione
Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN) ha classificato
come vulnerabile questa specie di animali; diversi fattori influiscono
sulla scomparsa e rarefazione del Gobbo rugginoso e in Europa è
diventata una specie globalmente minacciata. Uno dei motivi principali
che hanno inciso sulla minaccia di estinzione è stata la caccia, che ha
contribuito alla scomparsa prima in Italia e poi nel Mediterraneo. La
causa principale è la scomparsa delle zone umide e degli ambienti di
riproduzione, ma anche l’inquinamento dovuto ad attività sia agricole
che industriali, che ha alterato lo status naturale di diverse zone
umide.
Infine l'ibridazione con il simile Gobbo della Giamaica (Oxyura
jamaicensis), importato in Inghilterra negli anni '40 e diffusosi in
buona parte d'Europa, rischia di fare scomparire la specie. Negli ultimi
anni la specie ha dovuto affrontare anche una nuova minaccia. Il Gobbo
della Giamaica è una specie americana, strettamente imparentata con il
Gobbo rugginoso. Questa specie è stata introdotta vari decenni fa in
Inghilterra, dove ha proliferato raggiungendo una popolazione di
migliaia di individui. Espandendosi dall'Inghilterra verso il
continente, i gobbi della Giamaica hanno cominciato ad apparire
nell'areale del Gobbo rugginoso. Le due specie sono in grado d’ibridizzarsi
facilmente dando origine a ibridi fertili. Si presenta quindi il rischio
concreto che l'ancora piccola popolazione spagnola venga "inquinata"
geneticamente e scompaia progressivamente attraverso un processo di
sostituzione genetica.
Per
ovviare a questo rischio si è dovuto avviare un piano di eradicazione
del Gobbo della Giamaica a livello europeo. Questo è un classico esempio
dei danni che possono essere provocati dall'introduzione in natura di
specie esotiche. Secondo la Red List dello IUCN il Gobbo rugginoso in
Italia è ormai estinto, al pari dell'avvoltoio monaco. A rischio di
estinzione il ghiro, lo scoiattolo rosso, il topo quercino e selvatico
alpino e un gruppo di pipistrelli. Grazie alla riduzione della
biodiversità e alle azioni danneggiatrici dell’uomo che con
l’inquinamento continua a distruggere gli habitat naturali di questi
graziosi esseri viventi, molti animali non trovano più un' ambiente loro
favorevole. La verità è che, se si continuerà in questo modo, non avendo
cura dell’ambiente ed essendo indifferenti alle specie in estinzione,
rischieremo davvero di non vedere più queste bellissime e particolari
specie di animali.
Maria Grazia De Biasio |
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