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MASTER ON LINE IN GESTIONE E SICUREZZA AMBIENTALE /
TESINA FINALE
FORME E FONTI PER LA PRODUZIONE DI ENERGIA
di Luciano Vertolo
L'uomo per vivere e sopravvivere ha dovuto utilizzare
energia: dapprima quella muscolare, per cacciare, poi quella nucleare,
per produrre elettricità.
E’ noto che la produzione di energia, nelle sue
varie forme, crea notevoli problemi, e non comporta sempre benefici.
Le forme energetiche che esaminerò si
distinguono in: meccanica, chimica,. elettrica e termica.
Dalla fisica sappiamo che una massa sollevata da
terra vincendo la forza di gravità possiede un'energia potenziale. Se
questa massa la si lascia cadere a terra, può eseguire un lavoro, cioè
si va a sfruttare la sua energia, come conficcare un palo nel terreno.
Tutto questo viene denominato come energia meccanica, questo è il primo
tipo di energia utilizzata dall'uomo, vedi i mulini a vento ed ad acqua.
Oggi quest'energia viene ancora utilizzata, con le centrali eoliche,
idroelettriche.
Un barile di petrolio contiene energia chimica latente (cioè non
sviluppata) che può essere utilizzata per alimentare un motore diesel.
Così, in una centrale elettrica, l'energia chimica latente del carbone,
mediante combustione, genera calore necessario a mettere in moto il
sistema che fa funzionare le turbine. Quest'energia fu la prima ad
essere utilizzata nel '700 durante la rivoluzione industriale, quando fu
inventato il motore a vapore. Nel '900 fu, sostituita da quella del
petrolio, che favorì il progres so degli ultimi decenni. Ora
quest'energia viene utilizzata, come detto prima, per la produzione di
energia elettrica.
L’energia elettrica è l'unico tipo di energia non presente in
natura. Per produrla bisogna usare dei trasformatori utilizzando la
conversione di altre forme energetiche. Questo a fatto si che il suo
utilizzo cominciasse solo nell'ultimo secolo.
Una quantità di calore passando da un corpo a temperatura
più alta a un altro a temperatura più bassa può sviluppare energia; è
ciò che si verifica, ad esempio, nelle macchine o nelle turbine a
vapore. Attualmente l'energia termica viene utilizzata solo per la
produzione di energia elettrica, nel passato, ha contribuito moltissimo
per il grande sviluppo industriale , quando veniva utilizzata per molti
macchinari industriali e per i mezzi di trasporto come treni e le prime
automobili.
Le fonti sono corpi o materiali in
cui, all'origine, è "immagazzinata" l'energia che noi
utilizziamo. Esse vengono comunemente classificate e divise in
due gruppi: fonti non rinnovabili e fonti rinnovabili.
Le fonti non rinnovabili, sono quelle che si
possono sfruttare solo per un periodo limitato di anni, dopo di che si
esauriscono e non possono essere ricostruite se non in tempi
lunghissimi.
Le fonti rinnovabili sono quelle che si
ricostituiscono man mano che si consumano.
Sono fonti non rinnovabili il carbone, il
petrolio, il gas naturale e l'uranio; e si distinguono
comunemente in risorse che rappresentano la quantità totale di
ogni sostanza presente in natura e riserve e la quota di risorse
economicamente sfruttabile .
Per l’ambiente diventa un problema come convertire, mediante i
convertitori, ciò che consumiamo sotto forma di energia.
Il carbone deriva dall'accumulo di vegetali sotto
coltri isolanti di argilla e altri materiali coibenti. Le foreste, che
centinaia di milioni di anni fa coprivano praticamente tutte le terre
emerse, produssero enormi depositi di vegetali; parte di essi si trovò
nelle condizioni ideali (assenza di ossigeno, alte temperature e
notevoli pressioni) per trasformarsi in carbone. In tali condizioni
l'ossigeno e l'idrogeno costituenti le molecole di cellulosa si
separano, lasciando esclusivamente il carbonio. Tale processo, chiamato
appunto carbonizzazione, è durato per intere ere geologiche ed è
consistito nel progressivo aumento della percentuale di carbonio nella
materia organica che, a seconda della durata del processo, si è
trasformata in torba, lignite, litantrace o antracite.
I giacimenti di carbone possono essere sfruttati in due
modi distinti: in superficie, con miniere a cielo aperto, quando il
giacimento affiora; oppure con lo scavo gallerie o pozzi per sfruttare
gli strati carboniferi più profondi. Per l'individuazione dei giacimenti
di carbone, è necessario uno studio geologico, in quanto se il
giacimento è in profondità c’è un notevole dispendio di energia umana
mentre se è a cielo aperto lo scavo e' più facile e meno costoso. Più
comunemente i giacimenti di carbone si trovano in profondità; in tal
caso le operazioni di scavo del materiale sono rese molto pericolose
dalla costante presenza, nelle gallerie, del grisou (un gas esplosivo
formato da metano e ossigeno miscelati - vicenda dei minatori cileni
2010-). L'Italia, essendo un paese geologicamente giovane, non presenta
notevoli giacimenti di carbone.
Si possono avere due modalità di estrazione del carbone:
l’estrazione sotterranea e l’estrazione in superficie.
Entrambe le estrazioni sono di notevole impatto
ambientale.
Il carbone abbonda entro la crosta terrestre è il combustibile fossile
più diffuso. Le riserve di carbone nel mondo, sfruttabili sulla base
dell'attuale tecnologia, ammontano a poco meno di 700 miliardi di te
(tonnellate equivalenti di carbone); superano di gran lunga quelle di
qualsiasi altro combustibile fossile e sono sufficienti a sostenere un
aumento massiccio del consumo fino al XI secolo inoltrato e viene
utilizzato soprattutto in prossimità dei luoghi di produzione perché è
molto difficoltoso il trasporto e la sua distribuzione.
Il petrolio è un liquido oleoso più o meno
denso, infiammabile, di colore variabile da giallastro a nero,
costituito essenzialmente da una miscela di idrocarburi fossili. Si
trova in grandi quantità sotto la superficie terrestre ed è la
principale materia prima dell'industria petrolchimica. Nelle moderne
società industrializzate, la gran parte dei derivati del petrolio viene
utilizzata come carburante per motori a combustione interna e, in
diverse forme, come combustibile per il riscaldamento domestico, per gli
impianti industriali, per la produzione di energia elettrica ecc.
I derivati del petrolio costituiscono anche buona parte
delle materie prime impiegate nell'industria delle materie plastiche e
nell'industria chimica in generale, per la produzione di medicinali,
fertilizzanti, materiali da costruzione, fibre tessili, vernici e
coloranti, sostanze e additivi alimentari ecc. L'attuale civiltà
industriale dipende in larga misura dai derivati del petrolio:
l'insediamento delle comunità suburbane intorno alle grandi città sono
il risultato della mobilità permessa dai mezzi di trasporto moderni, e
quindi della disponibilità di grandi quantità di petrolio a basso costo.
Anche le principali strategie economiche dei paesi in via di sviluppo,
mirate a sfruttare le risorse naturali per fornire derrate alimentari
alle popolazioni in rapida crescita demografica, sono basate sul
presupposto della disponibilità di petrolio. Negli anni Settanta, le
restrizioni sulle forniture petrolifere, causate da ragioni politiche,
determinarono un sensibile aumento dei prezzi del petrolio greggio e
l'instaurarsi di timori relativi alla scarsità delle risorse mondiali di
petrolio; verso la fine degli anni Ottanta i prezzi scesero dimezzandosi
rispetto ai valori raggiunti dieci anni prima, oscillazioni che ancora
oggi permangono, per le motivazioni sopradette.
I combustibili gassosi sono costituiti
principalmente da idrocarburi, composti chimici le cui molecole sono
formate esclusivamente da atomi di carbonio e di idrogeno. Le proprietà
dei gas combustibili dipendono dal numero e dalla disposizione degli
atomi di carbonio e di idrogeno nella struttura molecolare. Allo stato
puro, sono inodori e talvolta tossici (come accade, ad esempio, per il
monossido di carbonio): per questo motivo sono spesso mescolati a
composti di zolfo che, avendo un odore sgradevole, consentono di
individuare eventuali perdite nei condotti e negli apparecchi di
combustione a gas. I combustibili gassosi ancora in uso sono il gas
illuminante, ottenuto per distillazione del carbon fossile; il gas di
gasogeno e il gas d'altoforno, ottenuti dall'interazione tra vapore,
aria e carbonio; il gas naturale, che fuoriesce dai depositi presenti
nel sottosuolo; i GPL, ottenuti dalla liquefazione degli idrocarburi più
leggeri.
I combustibili gassosi bruciano con fiamma fumosa e non
particolarmente calda, e vengono di solito mescolati con aria per
garantire loro il massimo apporto d'ossigeno: la miscela produce una
fiamma che può raggiungere i 2000 °C.
Il gas illuminante, detto anche gas di città, è simile al
gas naturale, e rappresenta il principale prodotto della trasformazione
del carbon fossile in gas, o carbo-gassificazione. Oltre a dover
garantire determinati valori di pressione e di temperatura, il gas
illuminante è vincolato a mantenere entro limiti molto precisi il
contenuto di monossido di carbonio, zolfo, gas inerti e acqua: per
questo motivo, la fase finale dei più importanti processi di
carbo-gassificazione comprende la raffinazione del gas e la sua
metanizzazione, cioè la trasformazione in metano. Attualmente si usano
vari processi di idro-gassificazione, nei quali l'idrogeno reagisce
direttamente con il carbonio per formare metano, eliminando la fase
intermedia di produzione dei gas di sintesi (ossigeno e idrogeno).
Il gas d'acqua è una miscela di idrogeno e monossido di
carbonio, con piccole quantità di azoto, metano e diossido di carbonio,
prodotto facendo passare una corrente di vapore acqueo su coke rovente.
Ha un buon potere calorifico, ma la presenza di monossido di carbonio lo
rende tossico. Il gas di gasogeno si ottiene bruciando combustibile a
basso potere calorifico (ad esempio la lignite) in un recipiente chiuso,
attraversato da un flusso di vapore e d'aria.
Il gas d'altoforno, che si sviluppa negli altiforni dalla
combustione del coke mescolato a minerale di ferro e calcare, grazie al
contenuto di monossido di carbonio ha un alto valore calorifico, pur
contenendo circa il 60% di azoto. Durante il funzionamento degli
altiforni vengono prodotte enormi quantità di gas: la maggior parte
viene utilizzata nell'altoforno stesso per riscaldare l'aria di
alimentazione, mentre il resto è sfruttato dalle centrali
termoelettriche per produrre elettricità.
L'energia nucleare é un'energia che si
produce nella fissione o nella fusione di nuclei atomici. La quantità di
energia che si può ricavare dal nucleo è di gran lunga maggiore di
quella che si ottiene nelle trasformazioni chimiche, che coinvolgono
solo la zona più esterna dell'atomo.
L'atomo è costituito da una regione centrale piccola,
massiccia, di carica positiva (il nucleo), intorno alla quale ruotano
gli elettroni. Il nucleo, in cui è concentrata la maggior parte della
massa dell'atomo, è composto a sua volta da neutroni e protoni, tenuti
insieme da forze nucleari molto intense: molto più intense di quelle
elettriche che legano gli elettroni al nucleo.
La fissione dell'uranio consente di sottolineare due
aspetti essenziali di tutti i processi di fissione nucleare. In primo
luogo la quantità di energia prodotta da ogni singola fissione è molto
grande; in termini pratici, la reazione di 1 kg di uranio 235 sviluppa
18,7 milioni di kilowattora in forma di calore. Secondo, il processo di
fissione innescato dall'assorbimento di un neutrone dal primo nucleo di
uranio 235 continua in modo autonomo: in seguito alla disgregazione di
ciascun nucleo di uranio si creano, in media, 2,5 neutroni, che
provocano in rapida sequenza la fissione di altrettanti nuclei di uranio
235, ciascuno dei quali a sua volta si spezza in due frammenti, con
produzione di neutroni e sviluppo di energia; si realizza in questo modo
un processo a catena che si autoalimenta, garantendo una produzione
continua di energia nucleare. Solo lo 0,7 per cento dell'uranio presente
in natura è uranio 235; il resto è costituito dall'isotopo non fissile
uranio 238 e da uranio 234. La probabilità di produzione del processo di
fissione in uranio naturale può però essere aumentata fino a cento
volte, se i neutroni prodotti (troppo veloci per intercettare i pochi
nuclei di 235U) vengono rallentati mediante una serie di collisioni
elastiche con nuclei leggeri, quali idrogeno, deuterio o carbonio.
Nel 1942 il fisico italiano Enrico Fermi riuscì a
produrre la prima reazione nucleare a catena controllata, utilizzando
frammenti di uranio naturale distribuiti all'interno di un blocco di
grafite pura (una forma di carbonio). Nella "pila", o reattore nucleare
di Fermi, la grafite fungeva da "moderatore" per rallentare i
neutroni, rendendo così possibile la reazione a catena.
Oltre che nel processo di fissione di un nucleo pesante,
anche nel processo di fusione di due nuclei leggeri si sviluppa energia
nucleare. La prima fusione nucleare artificiale fu realizzata all'inizio
degli anni Trenta ma fu negativo, poiché era richiesta molta energia per
accelerare i nuclei. Un considerevole rilascio netto di energia per
fusione fu ottenuto per la prima volta negli anni Cinquanta, nell'ambito
delle sperimentazioni sulle armi nucleari da parte di Stati Uniti, Gran
Bretagna, Unione Sovietica e Francia. In questo caso il bilancio
energetico fu positivo, ma il rilascio di energia fu breve e
incontrollato, e pertanto non utilizzabile per la produzione di
elettricità. A rendere particolarmente difficile la fusione nucleare è
il fatto che il processo avviene per unione di due particelle - i nuclei
- di carica elettrica uguale, le quali, prima di potersi avvicinare,
devono vincere la naturale reciproca repulsione, causata dalla forza di
Coulomb. Ciò si realizza fornendo ai nuclei una considerevole energia,
mediante il riscaldamento del gas reagente fino alla temperatura di 50
milioni di gradi. I due maggiori problemi tecnici della realizzazione
della fusione nucleare su larga scala sono il riscaldamento del gas ad
altissima temperatura, e il "confinamento" dei nuclei reagenti. Per
mettere a frutto la fusione nucleare, numerosi laboratori nel mondo
stanno esplorando la possibilità del confinamento inerziale. Le ricerche
nel campo della fusione fanno progressi, ma la prospettiva di un
utilizzo pratico di questa fonte di energia pare ancora lontana.
I vantaggi dell'energia ricavata dalla fusione, quando si
riuscirà a trovare il metodo efficace per produrla e renderla
utilizzabile, saranno una fonte inesauribile di combustibile (il
deuterio dell'oceano); un basso rischio di incidente all'interno del
reattore, che conterrebbe quantità minime di combustibile;
e residui molto meno radioattivi di quelli della fissione.
Nel nostro paese, dopo un referendum finito col bocciare
l’energia nucleare, da un paio di anni si torna a parlare di
questa fonte di energia.
Un reattore nucleare è un impianto dove una reazione
nucleare a catena viene iniziata, mantenuta e, generalmente,
controllata, in modo che il rilascio di energia avvenga gradualmente.
I primi reattori su larga scala sorsero nel 1944 a
Hanford, nello Stato di Washington, e avevano come scopo la produzione
di armi nucleari. Come combustibile utilizzavano uranio metallico
naturale, e la grafite come moderatore: nel processo di fissione si
generava plutonio, utilizzato nelle bombe atomiche, che si ottiene da
238U per assorbimento di un neutrone, mentre il calore prodotto non
veniva utilizzato. Da allora nel mondo sono stati progettati e costruiti
una gran varietà di reattori nucleari, principalmente per la produzione
di energia elettrica, ma fino a pochi anni fa anche per la produzione di
armamenti nucleari. Tutti i reattori sono dotati di una regione chiamata
"nocciolo", dove viene posto il combustibile ed eventualmente il
moderatore, e dove avviene la reazione nucleare vera e propria; hanno
poi un sistema di raffreddamento, vari dispositivi di controllo,
strumenti di misura, sistemi di schermatura e sistemi ausiliari e di
emergenza. Vengono generalmente distinti in base al tipo di moderatore
utilizzato, o al tipo di processo di reazione che realizzano (con
neutroni lenti o veloci). Le moderne centrali elettronucleari possono
essere costituite da uno o più reattori.
I reattori possono essere ad acqua leggera o pesante, a
propulsione. per la ricerca e autofertilizzanti
La scelta del nucleare come fonte energetica ha
continuato e continua a incontrare numerose opposizioni che mettono in
luce i rischi
effettivi connessi alla installazione di una centrale nucleare.
Non è possibile ignorare il pericolo della contaminazione
da parte dell'uranio, che è altamente radioattivo, o la portata di
eventuali guasti nel funzionamento degli impianti. Gli incidenti più
gravi che si sono verificati sinora hanno rappresentato un grave
campanello d'allarme per l'opinione pubblica. L' incidente accaduto
nella centrale statunitense di Three Miles Island, nel 1979, rischiò di
provocare una catastrofe e le conseguenze dell'incidente di Chernobyl,
nell' aprile 1986, in cui si verificarono esplosioni per
surriscaldamento del nocciolo e la conseguente fuoriuscita di sostanze
radioattive, non si sono di certo esaurite. I piani di emergenza si sono
sinora dimostrati insufficienti a garantire la totale sicurezza delle
centrali e il problema delle scorie radioattive non è ancora stato
risolto pienamente. Le scorie delle reazioni nucleari rimangono radioattive
e necessitano secoli per ridurre della metà la propria attività.
Sono fonti rinnovabili i corsi d'acqua,
il vento, le maree, il sole, il
calore interno alla Terra
Per quanto attiene i corsi d’acqua, l'uso
dell'energia idraulica risale all'antichità: infatti già greci e romani
usavano ruote idrauliche per la macinazione del grano. Il primo impianto
idroelettrico fu costruito nel 1880, nel Northumberland. La
rivalutazione dell'energia idraulica coincise con lo sviluppo del
generatore elettrico accoppiato alla turbina idraulica e con la
crescente domanda di elettricità che caratterizzò l'inizio del XX
secolo. La tecnologia della maggior parte dei grandi impianti è rimasta
la stessa per tutto il secolo. Gli impianti sono serviti da un grande
bacino di riserva, a monte di una diga, dove il flusso dell'acqua può
essere controllato per mantenere un livello
pressoché costante. Attraverso condotte forzate,
controllate da valvole che regolano la velocità del flusso secondo la
domanda d'energia, l'acqua entra nelle turbine e ne esce passando
attraverso il canale di scarico. L'energia idraulica rappresenta
approssimativamente un quarto dell'energia totale prodotta nel
mondo e negli ultimi anni sta considerevolmente aumentando d'importanza.
Forma di energia ottenuta mediante la caduta d'acqua
attraverso un dislivello. La produzione di energia idroelettrica
richiede un grande investimento di capitali, e non è pertanto economica
mente conveniente in regioni che dispongono di carbon fossile o di
petrolio a basso prezzo; tuttavia, non va sottovalutato che il costo del
combustibile necessario per alimentare un impianto termoelettrico é
maggiore del costo di funzionamento di un impianto idroelettrico.
Inoltre, le crescenti preoccupazioni ambientali, che stanno focalizzando
l'attenzione sulle fonti di energia rinnovabili, hanno recentemente
fatto aumentare l'interesse per questo tipo di energia.
L’energia eolica risulta dalla forza
esercitata dal vento sulle pale di un'elica, montata su un albero
rotante, che a sua volta è collegato a sistemi meccanici, che possono
servire per macinare il grano o per pompare l'acqua, o a un
aerogeneratore, che trasforma l'energia meccanica in elettrica.
L'energia eolica è una fra le più antiche forme di energia: i persiani
utilizzavano turbine eoliche ad asse verticale già nel VII secolo:
servivano a irrigare i terreni coltivati e a macinare il grano. In
origine, la ruota che sosteneva le pale dell'elica era orizzontale,
fissata su un albero verticale.
I mulini a vento si sono diffusi in Europa durante il XIV
secolo, innanzitutto nei Paesi Bassi. Si componevano di una torre in
pietra, sormontata da un tetto rotante in legno, che sosteneva l'albero
e la parte superiore del sistema a ingranaggi del mulino. Dal tetto
fuoriusciva un albero orizzontale, sul quale era fissata una grande
elica, composta da quattro o otto pale. I sostegni in legno delle ali
erano generalmente ricoperti in tela, o forniti di banderuole in legno.
La potenza dell'albero rotante era trasmessa da un sistema di ingranaggi
e di alberi secondari alla macina, che si trovava ai piedi della
costruzione. Le ali a ventaglio furono una delle prime migliorie
apportate ai mulini a vento, di modo che la superficie delle pale si
trovasse sempre sotto vento.
Verso la fine del Settecento si diffuse l'uso di
ricoprire le pale con delle alette in legno, la cui apertura poteva
essere comandata automaticamente o manualmente: in questo modo, la
velocità di rotazione del rotore veniva resa quasi indipendente dalla
velocità del vento. Uno dei miglioramenti introdotti in tempi più
moderni fu un sistema di frenaggio per arrestare la rotazione delle
pale.
Le turbine eoliche iniziarono a essere utilizzate per la
produzione di elettricità verso la fine del XIX secolo, in Danimarca,
dove sono ancora oggi largamente diffuse: funzionavano da piccoli
generatori per fornire elettricità a ristrette comunità rurali. Negli
anni Trenta, con la diffusione del le linee elettriche di
trasporto, furono costruite turbine di poten za maggiore, che
potevano rifornire di energia zone più vaste. Le macchine più diffuse
erano quelle ad asse verticale, benché poco efficaci, e vennero perciò
gradualmente soppiantate da quelle ad asse orizzontale. Recentemente
però il sistema ad asse verticale è stato ripreso e perfezionato, ed è
oggi utilizzato per turbine che producono una potenza elettrica
inferiore a 50 kw.
I moderni aerogeneratori sono basati sullo stesso
principio dei motori eolici del passato, ovvero sullo sfruttamento
dell'energia cinetica del vento per far girare le pale di un rotore,
secondo le leggi dell'aerodinamica, ma le loro caratteristiche
costruttive, e quindi il loro aspetto esteriore, ne differiscono
sensibilmente. Gli aeromotori si distinguono per la direzione dell'asse
del rotore, che può essere orizzontale o verticale. Quelli ad asse
orizzontale, che somigliano di più ai tradizionali mulini a vento, sono
sistemati alla sommità di un'alta torre e da lì azionano, mediante una
trasmissione a ruote dentate, l'albero del generatore di corrente
collocato nell'interno, a livello del terreno. Un sistema direzionale
che sfrutta il principio della banderuola mantiene controvento il piano
del rotore. Di regola, i moderni aerogeneratori entrano in azione quando
la velocità del vento si avvicina ai 20 km/h, esprimono il massimo
rendimento fra 40 e 50 km/h, e si disattivano intorno ai 110 km/h.
Il problema maggiore che deve affrontare la produzione di
energia eolica, infatti, è la naturale incostanza dei venti, che si
traduce in un funzionamento discontinuo degli aerogeneratori. Per questo
motivo, sono ritenute adatte all'installazione di aerogeneratori
soltanto le località caratterizzate da una velocità media annua del
vento di almeno 21 km/h. Più efficienti, perché potenziano l'energia del
vento e quindi sviluppano una potenza maggiore, sono gli aeromotori ad
asse verticale. Sono costituiti da un involucro cilindrico fisso,
percorso da fessure longitudinali, attraverso le quali passa il flusso
d'aria, e da un rotore coassiale con il generatore di corrente. Le
fessure sono accoppiate ad alette orientabili che regolano il flusso
d'aria, aprendosi solo dalla parte da cui soffia il vento.
L'energia eolica rappresenta una valida alternativa alle
fonti non rinnovabili, ad esempio il petrolio, non produce
inquinamento ambientale. In Italia, l'energia eolica è pensata tenendo
presente sia una produzione centralizzata in impianti da porre in luoghi
alti e ventilati, sia un eventuale decentramento energetico, per il
quale ogni comune italiano ha impianti di piccola taglia, composti da un
numero esiguo di pale.
Tuttavia, la mancanza di una legge quadro o di un testo
unico sulle energie eoliche, diversamente dall'energia solare, è
considerata una delle cause della lenta diffusione della tecnologia
rispetto all'estero. Nei prossimi anni, la produzione di energia
elettrica dal vento in Italia dovrebbe aumentare, questo grazie alle
installazioni a opera dell'ENEL e dei privati.
Il mare rappresenta un'altra fonte
energetica importante da utilizza nel prossimo futuro. Nelle centrali
mareo motrici l'energia elettrica viene prodotta sfruttando l'energia
sviluppata dall'alternarsi delle maree. Da diversi anni è in funzione in
Francia, alla foce del fiume Rance sulla Manica, una centrale
mareomotrice che sfrutta l'energia prodotta dal dislivello dell'acqua
che si forma tra l'alta e la bassa marea. In Giappone è stata costruita
una centrale mareomotrice che sfrutta il moto ondoso del mare. Essa è
costituita da una serie di convertitori energetici, montati e ormeggiati
sul fondo del mare, i quali trasformano l'energia di movimento delle
onde in energia elettrica, tale energia così prodotta viene trasportata
a terra dove una stazione elettrica la immette nella rete nazionale.
L’energia solare, energia raggiante prodotta nel sole
per effetto di reazioni nucleari e trasmessa alla Terra sotto forma di
radiazione elettromagnetica. L'intensità della radiazione solare, cioè
la quantità di energia che il Sole irraggia ogni secondo su 1 cm2 di
superficie terrestre, è detta costante solare; il suo attuale valore,
calcolato quando la Terra si trova a una distanza media dall'astro, è
1,37 × 106 erg s-1 cm-2 (1,97 cal/cm2 al minuto) ma sembra variare dello
0,2% in trent'anni.
Questa stima tuttavia prevede che l'atmosfera sia
assolutamente trasparente alla radiazione, mentre gli effetti di
assorbimento e di dispersione riducono molto l'ammontare di energia
effettivamente disponibile. L'energia solare,accumulata nell'atmosfera
terrestre, negli oceani e negli organismi vegetali è fondamentale per la
maggior parte dei processi vitali e dei fenomeni fisici che hanno luogo
sulla Terra: è ad esempio indispensabile nel processo di fotosintesi che
consente lo sviluppo della vita vegetale; è importante per il ciclo
idrologico cui sono associate le precipitazioni; è responsabile dei
venti, tuttora utilizzati come risorsa locale di elettricità. Per
sottolineare il valore di questa fonte di energia, basti pensare che
senza di essa non si sarebbe verificata la formazione di biomasse e
quindi dei combustibili fossili come carbone, petrolio, gas naturale, né
sarebbe possibile lo sfruttamento del legno.
Le biomasse possono inoltre essere utilizzate per la
produzione di metano o di alcol, attraverso processi di fermentazione o
distillazione. L'energia solare accumulata negli oceani dà luogo a
gradienti verticali di temperatura che, inquadrati nell'ambito di un
ciclo termodinamico, potrebbero forse essere sfruttati per produrre
energia meccanica trasformabile in elettricità; questa possibilità,
finora puramente teorica, richiederebbe l'impiego di dispositivi di
dimensioni colossali. Energia solare,per sfruttare la radiazione solare
si ricorre a impianti a pannelli solari, o collettori solari.
L'energia così ottenuta può essere usata sotto forma di calore per
riscaldare un gas o un fluido, oppure può essere convertita direttamente
in elettricità sfruttando l'effetto fotovoltaico e le proprietà fisiche
di particolari materiali. Esistono due tipi fondamentali di collettori:
a pannello e a concentrazione.
La natura intermittente della radiazione solare come fonte energetica
rende indispensabile l'uso di dispositivi di accumulazione dell'energia
prodotta in esubero durante le ore o i periodi favorevoli, in modo che
essa possa essere resa disponibile, ad esempio, durante la notte. Oltre
alla semplice acqua, si possono impiegare apparecchi più compatti che si
basano sulle proprietà di cambiamento di fase di particolari miscele
saline. Anche le batterie possono essere usate per serbare l'energia
elettrica in eccesso prodotta dal vento o da dispositivi fotovoltaici.
La Geotermica è l’insieme dei fenomeni
di produzione e trasferimento di calore all'interno della Terra.
La sua principale applicazione pratica consiste nell'individuazione di
concentrazioni naturali di acqua calda (la fonte di energia
geotermica) da utilizzare per produrre elettricità e per applicazioni
dirette negli impianti di riscaldamento. Il vapore prodotto dai fluidi
caldi dei sistemi geotermici rappresenta una valida alternativa al
vapore prodotto nelle centrali bruciando combustibili fossili,
utilizzando energia nucleare o con altri mezzi. Le moderne tecniche di
perforazione consentono di raggiungere concentrazioni di acqua e vapore
situate a profondità maggiori di 3000 m, ma il vapore che si preleva
deve essere purificato prima di essere avviato alle turbine per la
produzione dell'energia elettrica. L'energia geotermica fu usata per la
prima volta per produrre elettricità nel 1904, a Larderello, in Toscana,
ma attualmente fluidi geotermici vengono usati per riscaldare gruppi di
edifici a Budapest, alla periferia di Parigi, in tutta la città di
Reykjavík e in altre città islandesi. Il più grande complesso geotermico
del mondo per la produzione di energia elettrica si trova a The Geysers,
in California settentrionale. Nel 1991, la capacità di questo impianto è
stata di circa 1400 MW, abbastanza da soddisfare la maggior parte della
domanda elettrica dell'area metropolitana di San Francisco. Una tecnica
praticabile per lo sviluppo dell'energia geotermica, sperimentata nel
New Mexico (USA), consiste nel realizzare pozzi in rocce calde e secche
di un sistema vulcanico quiescente e nell'iniettare acqua che ritorna in
superficie come vapore surriscaldato.
Come abbiamo potuto constatare dopo questo lungo
escursus sulle fonti e sulle fonti di energia siano esse
rinnovabili o non rinnovabili, tradizionali o alternative sappiamo che
comunque ognuna di esse produce un notevole impatto sull’ambiente anche
se si cerca di mitigare al massimo questo dannoso problema.
Quindi bisogna sempre tener bene in mente il rapporto
costi/benefici anche se il territorio, comunque, viene
compromesso in modo irreversibile generando l’innalzamento delle soglie
di inquinamento.
Non a caso con le varie conferenze sul clima sul
surriscaldamento del pianeta si tende sempre più a darsi dei limiti di
immissione di sostanze nocive tipo CO2 ed altre nell’atmosfera,
riduzione prevista del 20% di emissioni di CO2 entro il 2020 fino a
ridurre al minimo la immissione di tali sostanze; l’ultima conferenza
sui cambiamenti climatici si è tenuta a Cancun iniziata il 30 novembre
2010 e conclusasi il 10 dicembre 2010. A questa conferenza, i
rappresentanti dei governi del pianeta hanno discusso su come
fronteggiare le sfide poste dai cambiamenti climatici in tempi di crisi
economica e le crescenti tensioni internazionali. Dopo il clamoroso
fallimento del summit di Copenhagen dell’anno 2009, le aspettative per
il 2010 sono ai minimi storici. L'Agenzia Internazionale per l’Energia
(IEA) stima che per ogni anno di ritardo nell'avviare una strategia
efficace contro il riscaldamento climatico, il mondo dovrà spendere 500
miliardi di dollari di costi addizionali.
A questo punto chiudo con due domande: cosà dovremo
aspettarci per il futuro e quanto tempo dovremo ancora aspettare???????
Luciano Vertolo |