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Anno XIV num.4
Lug./Ago. 2015

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LA FORESTA AMAZZONICA: UN “POLMONE” DA SALVARE

 di Maria Catena Cristaudo

 

La foresta pluviale amazzonica, o semplicemente l’amazzonia, ricopre un’area di circa 7 milioni di km² e si estende dal Brasile (di cui ricopre gran parte del territorio) passando per la Colombia, il Venezuela, il Perù, fino ad arrivare alla Guyana Francese. Per capirci meglio: è più grande degli Stati Uniti. È stata definita il “Polmone della terra” visto la quantità di ossigeno che produce; non a caso qui sono presenti 750 specie di alberi ed offre ospitalità alla maggior parte delle specie animali (vertebrati ed invertebrati) conosciuti, assumendo quindi, una notevole importanza per quanto riguarda la biodiversità.

La parola “pluviale” deriva dal latino pluvia che significa pioggia. Il clima equatoriale è infatti tropicale umido; in amazzonia non ci sono “stagioni”, bensì un’unica stagione: per tutto l’anno si ha un’estate calda, piovosa ed estremamente umida. La particolarità sta nel fatto che durante il giorno, le temperature possono toccare picchi di 35°-39°, durante il pomeriggio si scatenano piogge che durano un paio d’ore, per poi lasciare nuovamente spazio al sole.

È attraversata dal Rio delle Amazzoni, il secondo fiume al mondo per lunghezza, il primo per quantità d’acqua. Il nome si pensa sia stato dato dallo scopritore Francisco de Orellana, che quando vide delle indigene guerriere, gli ricordarono le Amazzoni della mitologia greca.

 

Flora e Fauna

Delle 40.000 specie di piante ed alberi ce ne sono alcune con caratteristiche particolari, come piante dalle foglie velenose, che permettono loro di difendersi dall’attacco di certi animali. Fra le piante più diffuse possiamo trovare diverse epifite, come orchidee e bromeliacee. Troviamo, inoltre, liane, piante rampicanti e vari tipi di palme. Il sottobosco è costituito da felci e piante carnivore. Caratteristiche sono anche le mangrovie, una formazione vegetale le cui radici affondano nel fango proteggendo così il terreno dall’erosione dell’acqua e dal vento. Molte piante hanno un ruolo importante nella medicina e nella cosmetica. Ad esempio, il murumurù, contiene un’alta percentuale di vitamina A e viene quindi usato come protettore solare. Ci sono poi alcune specie di palme che vengono utilizzate per costruire collane, ma anche come deodorante, concime o come nutrimento. Non bisogna dimenticare, inoltre, gli alberi che forniscono legno pregiato (e che loro malgrado sono una delle cause principali del disboscamento), come l’ebano ed il mogano.  Numerosissimi sono anche le specie di animali che possiamo trovare, soprattutto invertebrati, come formiche, farfalle, coleotteri…Le formiche, in particolare, hanno un ruolo molto importante nella catena alimentare, in quanto sono delle trasformatrici di materia organica. Possiamo trovare, sia formiche vegetariane, sia carnivore (come le formiche legionarie), che attaccano qualunque animale trovino. Tra i pesci più conosciuti non si può non ricordare il piranha (Serrasalmus nattereri), temuto dai più per la sua fama di pesce aggressivo e famelico. Tra i mammiferi, degno di nota è l’Inia geoffrensis, detto più comunemente boto o delfino del Rio delle Amazzoni o delfino rosa, chiamato così proprio perché durante la maturità assume un colore rosa dovuto alla presenza di numerosi vasi sanguigni che traspaiano dalla pelle. Anche gli uccelli sono numerosissimi: se ne possono trovare circa 1800 specie.

Si tratta tuttavia di uno dei posti meno popolati al mondo.

 

Indios

Gli indios dell’amazzonia sono organizzati in tribù generalmente costituito da pochi individui. Dal XVI secolo ad oggi, il numero originario è drasticamente calato a causa dello sterminio da parte dei conquistatori europei che trattavano i nativi alla stregua di bestie, infliggendo loro le torture peggiori e portando all’estinzione di alcuni popoli.

La vita e la cultura degli indios ha sicuramente un suo fascino. Vestono semplicemente di piume e colorano il corpo con disegni tribali. Vivono di agricoltura, pesca e caccia che praticano con attrezzi molto semplici. Le lingue parlate sono: portoghese e spagnolo, ma numerose sono ancora le lingue dei nativi, anche se tanti sono stati i gruppi linguistici scomparsi dopo le invasioni. Vivono in grande armonia con la natura, che amano e rispettano e che dà loro cibo e rifugio. Esistono, tuttavia, civiltà ancora avvolte nel mistero e tutte da scoprire. Lo sanno bene gli archeologi di tutto il mondo. Essa è stata la sede di antiche civiltà ormai scomparse. Come il Popolo delle Nuvole, la cui città è stata recentemente scoperta. Poco si sa di loro, tranne che avevano la pelle chiara (cosa molto strana perché normalmente la popolazione autoctona della regione è di pelle scura). Sono scomparsi a causa delle epidemie e delle guerre e di loro non rimangono che poche testimonianze.

Preservare il polmone verde è importantissimo poiché esso influenza non solo il clima locale, ma quello dell’intero pianeta, per non parlare delle conseguenze socio-economiche.

Nonostante l’importanza che ricopre l’amazzonia per la salute del pianeta e dei suoi stessi abitanti, essa viene pericolosamente distrutta dall’uomo. Solo negli anni 1994-’95 e 2003-’04 sono spariti, rispettivamente, 29mila e 26mila chilometri quadrati di foresta; numeri sbalorditivi dalle gravissime conseguenze. Le cause sono diverse: prima fra tutti la deforestazione, ossia “la trasformazione delle aree della foresta in aree disboscate”. Questo fenomeno ha avuto inizi negli anni quaranta quando il governo ha pensato bene di sfruttare la legna degli alberi per scopi commerciali o per liberare il terreno e sfruttarlo per l’agricoltura e l’allevamento. Per tali scopi, tra il 1997 e il 1998, in Brasile, sono scomparsi 1.683.000 ettari di foresta. Entrando più nello specifico: l’allevamento è la causa principale della deforestazione, dato che negli ultimi anni l’esportazione di carni bovine dal Brasile è aumentata, di conseguenza servono maggiori aree per i pascoli. Ma l’agricoltura non è da meno e

la coltivazione della soia è diventata un’altra delle principali cause della rimozione della foresta. Si è trovata, infatti, una varietà di soia che cresce bene con il clima pluviale e che viene utilizzata negli altri paesi come concime. Per questo motivo, Greenpeace ha denunciato nel 2006 la catena Mcdonald’s, accusandola di “mangiare” pezzi di foresta. C’è, infatti, uno stretto rapporto tra la coltivazione della soia ed il colosso mondiale. Si è detto che la soia viene coltivata per produrre mangimi, che saranno destinati agli animali, che diventeranno hamburger per essere poi venduti in tutto il mondo dal fast food Mcdonald’s. Tutto ciò viene fatto nel nome dell’illegalità: pezzi di terra pluviale presa senza permessi e sfruttata per l’agricoltura. Si è creata una sorta di circolo vizioso che sembra non avere fine: maggior richiesta di carne equivale ad una maggiore richiesta di concime, quindi di soia e quindi di terreno per poterla coltivare, il risultato? Pezzi di foresta tagliata e distrutta.

C’è da dire che questo continuo disboscamento, causa danni anche ai fiumi, in quanto diminuisce la quantità di acqua evaporata con cui i fiumi si nutrono e che costituiscono il fondamento essenziale per la simbiosi del regno vegetale e del regno animale. In percentuale minore, ma non per questo meno importanti, bisogna considerare le altre cause della deforestazione ossia: gli incendi, che arrecano danni non solo alla comunità locale, ma impoveriscono la biodiversità, inaridiscono i terreni creando così dei veri e propri deserti ed aumentano l’emissione di carbonio nell’atmosfera, contribuendo all’effetto serra. Bisogna tenere presente, anche, che metà dell’ossigeno del pianeta viene prodotta proprio dagli alberi dell’amazzonia; se questi alberi continueranno ad essere tagliati, è facile immaginare cosa accadrà! Ed inoltre, la costruzione di dighe (utile per l’energia idroelettrica), che ha portato ad una modificazione del territorio ed alla distruzione di ettari di vegetazione, l’urbanizzazione e le estrazioni minerarie (il suolo amazzonico è uno delle maggiori riserve minerarie del pianeta essendo ricco di ferro, rame, alluminio ecc…). Ma il disboscamento favorisce un altro gravissimo problema, quello della malaria. Secondo una ricerca, si verrebbero a creare le condizioni favorevoli per la zanzara Anopheles darlingi, uno dei principali vettori della malattia. Questo perché, secondo la dottoressa Sarah Olson, la zanzara si diffonde meglio negli spazi aperti e dove l’acqua è stagnante.

Cosa si fa per cercare di preservare questo paradiso?

Associazioni come Greenpeace e WWF, da anni promuovono campagne di sensibilizzazione e lanciano appelli al governo sudamericano che da parte sua ha contribuito creando aree protette ed arrivando ad accordi per preservare l’habitat. L’ultimo è l’accordo firmato tra l’Ecuador e l’ONU: il paese ecuadoriano rinuncia all’estrazione del petrolio per tutelare il parco dello Yasunì, ottenendo in cambio sostegni economici da parte delle altre nazione per compensare la mancata estrazione.

Un’altra notizia incoraggiante viene dal Brasile: il governo ha fatto sapere che tra il 2008 ed il 2009, il disboscamento è sceso del 45%, grazie anche a maggiori controlli da parte della polizia. Se da un lato la stessa Greenpeace ammette e si congratula con il governo brasiliano per i suoi sforzi contro l’azione illegale, dall’altra avverte di non mollare, poiché c’è tanto ancora da fare per raggiungere gli obiettivi finali, ossia ridurre la deforestazione dell’80% entro il 2020.

È, dunque, necessario riuscire a salvaguardare la foresta amazzonica, per l’importanza che ricopre per l’intero pianeta e per le sue bellezze naturali e archeologiche.

 

Fonti:

http://blog.panorama.it

http://relicsquest.blogspot.com

http://helterskelter.altervista.org

www.greenpeace.org

www.trieste.com

www.ecologiae.com

 

Maria Catena Cristaudo

 


 

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