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LA FORESTA AMAZZONICA: UN “POLMONE” DA SALVARE
di Maria Catena Cristaudo
La foresta pluviale amazzonica, o
semplicemente l’amazzonia, ricopre un’area di circa 7 milioni di km² e
si estende dal Brasile (di cui ricopre gran parte del territorio)
passando per la Colombia, il Venezuela, il Perù, fino ad arrivare alla
Guyana Francese. Per capirci meglio: è più grande degli Stati Uniti. È
stata definita il “Polmone della terra” visto la quantità di ossigeno
che produce; non a caso qui sono presenti 750 specie di alberi ed offre
ospitalità alla maggior parte delle specie animali (vertebrati ed
invertebrati) conosciuti, assumendo quindi, una notevole importanza per
quanto riguarda la biodiversità.
La parola “pluviale” deriva dal latino
pluvia che significa pioggia. Il clima equatoriale è infatti
tropicale umido; in amazzonia non ci sono “stagioni”, bensì un’unica
stagione: per tutto l’anno si ha un’estate calda, piovosa ed
estremamente umida. La particolarità sta nel fatto che durante il
giorno, le temperature possono toccare picchi di 35°-39°, durante il
pomeriggio si scatenano piogge che durano un paio d’ore, per poi
lasciare nuovamente spazio al sole.
È attraversata dal Rio delle Amazzoni, il
secondo fiume al mondo per lunghezza, il primo per quantità d’acqua. Il
nome si pensa sia stato dato dallo scopritore Francisco de Orellana, che
quando vide delle indigene guerriere, gli ricordarono le Amazzoni della
mitologia greca.
Flora e Fauna
Delle 40.000 specie di piante ed alberi ce
ne sono alcune con caratteristiche particolari, come piante dalle foglie
velenose, che permettono loro di difendersi dall’attacco di certi
animali. Fra le piante più diffuse possiamo trovare diverse epifite,
come orchidee e bromeliacee. Troviamo, inoltre, liane, piante rampicanti
e vari tipi di palme. Il sottobosco è costituito da felci e piante
carnivore. Caratteristiche sono anche le mangrovie, una
formazione vegetale le cui radici affondano nel fango proteggendo così
il terreno dall’erosione dell’acqua e dal vento. Molte piante hanno un
ruolo importante nella medicina e nella cosmetica. Ad esempio, il
murumurù, contiene un’alta percentuale di vitamina A e viene quindi
usato come protettore solare. Ci sono poi alcune specie di palme che
vengono utilizzate per costruire collane, ma anche come deodorante,
concime o come nutrimento. Non bisogna dimenticare, inoltre, gli alberi
che forniscono legno pregiato (e che loro malgrado sono una delle cause
principali del disboscamento), come l’ebano ed il mogano. Numerosissimi
sono anche le specie di animali che possiamo trovare, soprattutto
invertebrati, come formiche, farfalle, coleotteri…Le formiche, in
particolare, hanno un ruolo molto importante nella catena alimentare, in
quanto sono delle trasformatrici di materia organica. Possiamo trovare,
sia formiche vegetariane, sia carnivore (come le formiche legionarie),
che attaccano qualunque animale trovino. Tra i pesci più conosciuti non
si può non ricordare il piranha (Serrasalmus
nattereri), temuto dai più per la sua
fama di pesce aggressivo e famelico. Tra i mammiferi, degno di nota è l’Inia
geoffrensis, detto più comunemente boto o delfino del Rio delle Amazzoni
o delfino rosa, chiamato così proprio perché durante la maturità assume
un colore rosa dovuto alla presenza di numerosi vasi sanguigni che
traspaiano dalla pelle. Anche gli uccelli sono numerosissimi: se ne
possono trovare circa 1800 specie.
Si tratta tuttavia di uno dei posti meno
popolati al mondo.
Indios
Gli indios dell’amazzonia sono organizzati
in tribù generalmente costituito da pochi individui. Dal XVI secolo ad
oggi, il numero originario è drasticamente calato a causa dello
sterminio da parte dei conquistatori europei che trattavano i nativi
alla stregua di bestie, infliggendo loro le torture peggiori e portando
all’estinzione di alcuni popoli.
La vita e la cultura degli indios ha
sicuramente un suo fascino. Vestono semplicemente di piume e colorano il
corpo con disegni tribali. Vivono di agricoltura, pesca e caccia che
praticano con attrezzi molto semplici. Le lingue parlate sono:
portoghese e spagnolo, ma numerose sono ancora le lingue dei nativi,
anche se tanti sono stati i gruppi linguistici scomparsi dopo le
invasioni. Vivono in grande armonia con la natura, che amano e
rispettano e che dà loro cibo e rifugio. Esistono, tuttavia, civiltà
ancora avvolte nel mistero e tutte da scoprire. Lo sanno bene gli
archeologi di tutto il mondo. Essa è stata la sede di antiche civiltà
ormai scomparse. Come il Popolo delle Nuvole, la cui città è stata
recentemente scoperta. Poco si sa di loro, tranne che avevano la pelle
chiara (cosa molto strana perché normalmente la popolazione autoctona
della regione è di pelle scura). Sono scomparsi a causa delle epidemie e
delle guerre e di loro non rimangono che poche testimonianze.
Preservare il polmone verde è
importantissimo poiché esso influenza non solo il clima locale, ma
quello dell’intero pianeta, per non parlare delle conseguenze
socio-economiche.
Nonostante l’importanza che ricopre
l’amazzonia per la salute del pianeta e dei suoi stessi abitanti, essa
viene pericolosamente distrutta dall’uomo. Solo negli anni 1994-’95 e
2003-’04 sono spariti, rispettivamente, 29mila e 26mila chilometri
quadrati di foresta; numeri sbalorditivi dalle gravissime conseguenze.
Le cause sono diverse: prima fra tutti la deforestazione, ossia “la
trasformazione delle aree della foresta in aree disboscate”. Questo
fenomeno ha avuto inizi negli anni quaranta quando il governo ha pensato
bene di sfruttare la legna degli alberi per scopi commerciali o per
liberare il terreno e sfruttarlo per l’agricoltura e l’allevamento. Per
tali scopi, tra il 1997 e il 1998, in Brasile, sono scomparsi 1.683.000
ettari di foresta. Entrando più nello specifico: l’allevamento è la
causa principale della deforestazione, dato che negli ultimi anni
l’esportazione di carni bovine dal Brasile è aumentata, di conseguenza
servono maggiori aree per i pascoli. Ma l’agricoltura non è da meno e
la coltivazione della soia è diventata
un’altra delle principali cause della rimozione della foresta. Si è
trovata, infatti, una varietà di soia che cresce bene con il clima
pluviale e che viene utilizzata negli altri paesi come concime. Per
questo motivo, Greenpeace ha denunciato nel 2006 la catena Mcdonald’s,
accusandola di “mangiare” pezzi di foresta. C’è, infatti, uno stretto
rapporto tra la coltivazione della soia ed il colosso mondiale. Si è
detto che la soia viene coltivata per produrre mangimi, che saranno
destinati agli animali, che diventeranno hamburger per essere poi
venduti in tutto il mondo dal fast food Mcdonald’s. Tutto ciò viene
fatto nel nome dell’illegalità: pezzi di terra pluviale presa senza
permessi e sfruttata per l’agricoltura. Si è creata una sorta di circolo
vizioso che sembra non avere fine: maggior richiesta di carne equivale
ad una maggiore richiesta di concime, quindi di soia e quindi di terreno
per poterla coltivare, il risultato? Pezzi di foresta tagliata e
distrutta.
C’è da dire che questo continuo
disboscamento, causa danni anche ai fiumi, in quanto
diminuisce la quantità di acqua evaporata con
cui i fiumi si nutrono e che costituiscono il fondamento essenziale per
la simbiosi del regno vegetale e del regno animale. In
percentuale minore, ma non per questo meno importanti, bisogna
considerare le altre cause della deforestazione ossia: gli incendi, che
arrecano danni non solo alla comunità locale, ma impoveriscono la
biodiversità, inaridiscono i terreni creando così dei veri e propri
deserti ed aumentano l’emissione di carbonio nell’atmosfera,
contribuendo all’effetto serra. Bisogna tenere presente, anche, che metà
dell’ossigeno del pianeta viene prodotta proprio dagli alberi
dell’amazzonia; se questi alberi continueranno ad essere tagliati, è
facile immaginare cosa accadrà! Ed inoltre, la costruzione di dighe
(utile per l’energia idroelettrica), che ha portato ad una modificazione
del territorio ed alla distruzione di ettari di vegetazione,
l’urbanizzazione e le estrazioni minerarie (il suolo amazzonico è uno
delle maggiori riserve minerarie del pianeta essendo ricco di ferro,
rame, alluminio ecc…). Ma il disboscamento favorisce un altro gravissimo
problema, quello della malaria. Secondo una ricerca, si verrebbero a
creare le condizioni
favorevoli per la zanzara Anopheles darlingi,
uno dei principali vettori della malattia. Questo perché, secondo la
dottoressa Sarah Olson, la zanzara si diffonde meglio negli spazi aperti
e dove l’acqua è stagnante.
Cosa si fa per cercare di preservare questo
paradiso?
Associazioni come Greenpeace e WWF, da anni
promuovono campagne di sensibilizzazione e lanciano appelli al governo
sudamericano che da parte sua ha contribuito creando aree protette ed
arrivando ad accordi per preservare l’habitat. L’ultimo è l’accordo
firmato tra l’Ecuador e l’ONU: il paese ecuadoriano rinuncia
all’estrazione del petrolio per tutelare il parco dello Yasunì,
ottenendo in cambio sostegni economici da parte delle altre nazione per
compensare la mancata estrazione.
Un’altra notizia incoraggiante viene dal
Brasile: il governo ha fatto sapere che tra il 2008 ed il 2009, il
disboscamento è sceso del 45%, grazie anche a maggiori controlli da
parte della polizia. Se da un lato la stessa Greenpeace ammette e si
congratula con il governo brasiliano per i suoi sforzi contro l’azione
illegale, dall’altra avverte di non mollare, poiché c’è tanto ancora da
fare per raggiungere gli obiettivi finali, ossia ridurre la
deforestazione dell’80% entro il 2020.
È, dunque, necessario riuscire a
salvaguardare la foresta amazzonica, per l’importanza che ricopre per
l’intero pianeta e per le sue bellezze naturali e archeologiche.
Fonti:
http://blog.panorama.it
http://relicsquest.blogspot.com
http://helterskelter.altervista.org
www.greenpeace.org
www.trieste.com
www.ecologiae.com
Maria Catena Cristaudo |