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FORMULA NOIA?

L’epopea di Alain Prost

di Roberto Maurelli 

 

Ormai sono ben due decenni che nel mondo della Formula Uno non si fa che parlare dello scarso spettacolo dei Gran Premi. Erano gli anni in cui Ayrton Senna era ancora vivo, Alain Prost vinceva il suo quarto titolo, Schumacher si affacciava prepotentemente sulla scena e già si parlava, in modi diversi, di “Formula Noia”.

D’altra parte osservando il fermento ai box, la determinazione dei top driver, il calore del pubblico, la cura maniacale dei dettagli, lo show business che ruota intorno ad ogni singolo appuntamento, sembra proprio che nel circus non ci si annoi nemmeno per un istante. Allora dov’è il problema? Semplice, manca la spettacolarità di un tempo! Ormai i piloti si limitano a guidare vetture che corrono sui binari, non osano sorpassi (se non nella corsia dei box), gli incidenti in stile carambola sono una rarità, ecc.

Osservazioni queste assolutamente corrette. D’altra parte è oggettivo che negli ultimi due decenni si sia assistito ad una progressiva ed inesorabile trasformazione della Formula Uno, ed è altrettanto oggettivo che questo cambiamento sia stato il più radicale dai tempi in cui sono nate le corse.

Tuttavia non posso fare a meno di chiedermi se sia corretto invocare costantemente i bei tempi andati, rifiutando di affrontare la realtà di questo meraviglioso sport.

Gli appassionati del rombo domenicale dei motori devono finalmente chiarirsi le idee su cosa desiderano per davvero. Se cercano delle gare automobilistiche piene di incidenti, di sorpassi, di bagarre, possono tranquillamente dirottare la loro attenzione su altri fantastici campionati, anche d’oltreoceano, in cui tutto questo è all’ordine del giorno.

Se invece vogliamo continuare a dire che la Formula Uno è la massima espressione dell’automobilismo a livello mondiale, dobbiamo aprire gli occhi, realizzare che applicare l’odierna tecnologia ad una vettura da corsa significa renderla micidiale nelle prestazioni, ma poco appariscente nel comportamento su strada. Certe evoluzioni a cui abbiamo assistito negli anni passati oggi sono impossibili, semplicemente perché le vetture non sono così estreme da non poter essere guidate “alla vecchia maniera”.

Dobbiamo dimenticarci di quei controlli in derapata all’ingresso delle curve strette, delle mani piagate dei piloti  a fine gara, di quei motori assolutamente sovradimensionati rispetto alle capacità del telaio. Dobbiamo finalmente ammettere che quei tempi sono passati, come sono passati i Beatles, J. F. Kennedy, il Sessantotto, Carosello…

Questo però non significa affatto che i piloti siano diventati delle scimmie, i team delle macchine per fare soldi, i tifosi degli ebeti ipnotizzati dal ripetitivo girare delle vetture.

Come tutto cambia, anche i piloti si sono trasformati. A loro si richiede ormai sempre maggiore concentrazione per mantenere una costanza di ritmo inimmaginabile per noi comuni mortali; la professionalità dentro e fuori dal paddock per spremere fino all’ultimo millesimo di secondo quando sarà il momento di scendere in pista; la saggezza nella conduzione di gara per portare sempre al traguardo la macchina nella migliore posizione possibile. Non è proprio così semplice mantenere i nervi saldi quando sotto il sedere hai un missile terra-aria pronto ad ucciderti ad ogni minimo errore; non è così semplice quando sei in una scatoletta di carbonio che, ad ogni curva, produce accelerazioni laterali che Madre Natura non si è mai sognata di regalare all’uomo; non è così semplice quando lo sguardo di milioni di tifosi e le aspettative di tutto ciò che vi ruota intorno è su di te…   

So bene che queste considerazioni non placano le voglie di alcuni ma, volendo, possiamo tornare indietro! No, non si tratta di limitare la potenza dei motori; nemmeno di richiamare in pista vecchi team con il vestito nuovo o campioni quarantenni con l’entusiasmo dei ragazzini. Basterebbe che nei regolamenti fosse previsto il ricorso a freni e gomme più “normali”. Per realizzare un sorpasso, infatti, un pilota deve sostanzialmente uscire dalla traiettoria ideale, frenare più tardi del suo rivale e uscire dalla curva in testa. Bene, per fare ciò, in primo luogo, è necessario che l’aerodinamica non sia troppo disturbata dal flusso della vettura che precede: questa strada è stata già percorsa nel 2009, limitando le appendici aerodinamiche sul corpo vettura. In secondo luogo, si deve disporre di pneumatici che garantiscano una buona aderenza anche sul lato sporco della pista, in sostanza un po’ meno estremi, un po’ meno pensati per la linea ideale. Infine la frenata; gi attuali dischi in carbonio garantiscono spazi di arresto così ridotti da livellare non di poco la sensibilità del pilota, impedendogli di fare la differenza in staccata.

Potremmo chiedere a Jean Todt di cambiare i regolamenti, anche se lui queste cose le sa già; ma poi qualcuno si inventerà il modo di ritornare alle prestazioni di prima e allora ricominceremo nuovamente a lamentarci!

Roberto Maurelli


 

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