Tesina finale di
master per la gestione dei fenomeni franosi -
Marzo 2015,
CASO DI STUDIO
– Le frane del
Parco Regionale di Monte Fenera tra le provincie Vercelli e
Novara
di
Banu Danusia Alina
SOMMARIO:
1.
Introduzione
2.
Descrizione –I fenomeni Franosi
3.
Classificazione dei fenomeni franosi
4.
Cause dei movimenti di versante
5.
Gestione del rischio da frana
6.
Monitoraggio delle frane e misure per il controllo per le
fenomeni franosi
§
Monitoraggio delle frane.
§
Misure di prevenzione, di protezione e di risposta alle frane
§
Organizzazione e gestione prevenzione,protezione e di intervento in caso
di frane
§
Prevenzione e gestione delle emergenze causate da frane
§
L'avviso, avvertimento, di allarme e di evacuazione
7.
Interventi di prevenzione
8.
Presentazione della tesina di master ,CASO Di studio – Le frane
del Parco Regionale di Monte
Fenera tra le provincie Vercelli e Novara Parco Naturale Regionale del
Monte Fenera Località: GRIGNASCO(NO)
9.
Normative
10.
Conclusioni
11.
ANNESSA- Allegati foto.
Argomento ,
Ho
scelto questo argomento per conoscere i rischi di frane, le cause e come
combatterle. Alcune persone non hanno idea su queste slide, così ho
voluto presentare alcune informazioni su questo.
Per anni gli scienziati e cittadini comuni sono rimasti affascinati dai
tornado, uragani, fulmini, mareggiate e frane. Purtroppo i cambiamenti
climatici negli ultimi anni hanno portato alla moltiplicazione e
intensificazione di questi fenomeni, che è il motivo per cui ho deciso
di illustrare le pagine di mie caratteristiche tesina o proietto nello
studio delle frana, ma anche come l'uomo abbia influenzato la loro
amplificazione.
Affascinanti immagini scattate delle seguenti e studiare, mi hanno
permesso una tesina emozionante, pieno di nuove informazioni che
porterà i lettori in un mondo poco conosciuto.
Scopo della tese è fornire una descrizione dettagliata della
frana,definizione,classificazione,monitoraggio,interventi dei fenomeni
franosi. Come studio di caso ho scelto “La descrizione delle frane del
Parco Regionale di Monte Fenera tra le provincie Vercelli e
Novara “.
1.
Introduzione
La
frana è una parte è costituita da rocce su un pendio (pendenza). Frane
si verificano in aree dove il terreno è costituito da diversi tipi di
argilla che sono in grado di gonfiarsi quando inzuppato di acqua (dopo
un periodo prolungato pioggia).
Molte di queste frane si verificano in zone disabitate per sub suolo
argilloso, la gente non costruisce le abitazioni in queste zone, ha
volte le frane ho smottamenti possono interessare aree popolate. Per
prevenirle in queste zone vengono costruite dighe o reticolati al suolo
per fermare questa terra e non a distruggere le famiglie le persone i
centri abitativi ecc. Nella maggior parte dei casi, i foglietti
sono causati dalla presenza di masse di argilla o di terriccio rocce,
quali superfici di scorrimento o per altre rocce che sono sulla loro
superficie. Oltre alla pendenza è uno dei fattori che possono
innescare frane. I fattori che causano queste frane sono: acqua,
deforestazione, terremoti, eruzioni vulcaniche. Frane periodo di
formazione a volte può essere molto lunga e, a volte molto brevi.
La maggior parte delle frane sono innescate in primavera, quando le
precipitazioni sono più abbondanti e c'è il fenomeno della neve
sciolta; e l'autunno è una stagione in cui molte frane si
verificano a causa di forti piogge. Una delle frane più
distruttivi avvenuti nel 9 ottobre
1963 in Italia, sul fiume Piave. Negli anni '50, vi fu
costruita una diga con un altezza di 265 m, dietro il quale ha formato
un grande lago con 150 milioni di metri cubi di acqua, lungo 7 km e 300
m di larghezza.
Costruzione della diga è stata fatta senza tener conto della
struttura geologica della zona, dove c'erano monti che avevano incrinato
rocce pericolo di crollare, quindi un enorme pezzo di roccia si staccò
(250 milioni di metri cubi) e cadde nel lago, l’onda formata
dall'impatto superava l’altezza della diga e l'acqua è stata versata
sopra i villaggi circostanti. Adesso non ci sono più le frane di
una volta. Nell' presente maggior parte dei studiosi non parla di
stagioni ma di movimenti superficiali del terreno, in quale la sostanza
però non cambia: i mutamenti climatici hanno influito anche su questo
aspetto. Le frane superficiali su tutto il territorio piemontese sono
diventate cinque volte più frequenti di quanto non lo fossero 15 anni
fa, ma la loro pericolosità non è diminuita. Restano però fenomeni
improvvisi che è difficile prevedere. Fino al 2000 le frane provocate
dalla pioggia causavano problemi più o meno ogni cinque anni. Accadde ad
esempio con l’alluvione del 1994 nel basso Piemonte, quando a novembre
si innescarono più di 17mila frane tutte sulla stessa zona. E poi ancora
nel 2000 sull’arco alpino. Da allora non sono più un evento eccezionale
ma sono diventate un problema cronico. La causa è l’aumento della
temperatura media di circa 1,3 gradi che ha provocato anche l’aumento
della quantità e frequenza delle precipitazioni .Per questo sono
cambiate anche le stagioni più colpite dal fenomeno. Una volta capitava
soprattutto d’autunno, ora la stagione più a rischio è la primavera.
La
neve sopra i 1500 metri, oggi si scioglie prima, scende a valle e
impregna il terreno,così quando arriva la pioggia, anche con
un’intensità molto meno forte che in passato, si rischia il distacco di
queste frane, fenomeni istantanei che danneggiano i paesi e le
infrastrutture .
Per scatenare una frana bastano precipitazioni più lievi, si abbassa
anche la soglia dei livelli d’allarme. Il centro funzionale dell’Arpa
infatti è nucleo operativo che da le informazioni alla protezione civile
e agli organi che si occupano di sicurezza. E negli ultimi anni le
segnalazioni sono aumentate perché, se per superare il livello d’allerta
bastano piogge meno intense, le situazioni di rischio diventano più
frequenti.
Dal 2002 ad oggi gli eventi franosi sono stati 13, più di uno all’anno.
Quello più significativo risale all’aprile del 2009, quando una zona
delle Langhe venne colpita da un susseguirsi di 700 frane. Nulla a che
vedere con l’ondata di 17mila smottamenti che colpirono la stessa zona
nel 1994.
.
2.
Descrizione –I fenomeni Franosi
Definizione e significato:I
fenomeni franosi o movimenti di versante sono movimenti di materiale
(roccia, detrito, terra) lungo un versante. Essi rientrano nella
categoria più generale dei movimenti di massa, ovvero dei processi
morfogenetici caratterizzati da movimenti di masse di materiale sulla
superficie della terra che avvengono in seguito all'azione della
gravità.
La descrizione delle frane sono il risultato di una serie di processi
che provocano il distacco di rocce o terreni,che cadono a opera della
forza di gravità.
Parti principali di una frana
sono:Nicchia di distacco, Corpo di frana, Accumulo di frana.
La
zona in cui inizia la frana si chiama nicchia di distacco,che
vuole dire la zona del versante a cui avuto origine di distacco,la zona
è definita da una superficie generalmente molto ripida, con
profilo arcuato che delimita a monte la zona di corona. Si distinguono
in due categorie:crollo ,quando la massa cade prevalentemente nel
vuoto. Lo scivolamento,quando la massa si muove lungo una
superficie.
In
mezzo alla frana si trova il Corpo di frana-che significa la
porzione del pendio che è franato o sta per franare. L’intero groppo
franoso depositato a valle e denominato
Accumulo
di frana che sono i detriti rocciosi o di materiale sciolto che,
dopo aver percorso un tragitto più o meno lungo, si sono arrestati
ammucchiandosi alla base del versante. Le frane generalmente interessano
aree montuose,ma si possono trovare anche a quote basse,più come
conseguenza di opere dell’attività umane .
¬Figura1.foto
Nomenclatura di una frana (Varnes 1958)
Nella nicchia di distacco si possono riconoscere:
-
Coronamento:
costituisce la porzione sommitale e coincide con il materiale non
mobilizzato;
-
Scarpata principale:
è la zona del versante da cui ha avuto origine il distacco del
materiale;
-
Superficie di rottura:
è la superficie lungo la quale è avvenuto il movimento;
-
Corpo principale:
è la porzione del corpo di frana che giace al di sopra della superficie
di frattura ed è delimitata superiormente dalla scarpata principale e,
inferiormente, dal piede della superficie di frattura
Entro il corpo principale si possono distinguere:
-
la
testata:
è la parte più alta della frana, al contatto con la scarpata
principale;
-
le
scarpate secondarie:
sono superfici ripide che interrompono la continuità del materiale
franato;
-
le
fratture longitudinali e/o trasversali:
sono indicative di movimenti relativi delle singole porzioni del corpo
di frana.
Mentre nella zona di accumulo si distinguono:
-
La
superficie di separazione:
rappresenta la superficie lungo la quale si ha il contatto tra il
materiale franato e quello sottostante, in posto;
-
Il
piede:
rappresenta la porzione del materiale dislocato che si è accumulata a
valle del margine inferiore della superficie di rottura.
3.
Classificazione dei fenomeni franosi
La
classificazione utilizzata dalla maggior parte degli studiosi e dei
geologi italiani è quella introdotta da Varnes la cui definizione
di movimento franoso è :movimento controllato dalla gravità,
superficiale o profondo, rapido o lento, in roccia (bedrock) o in terra
(engineering soils).
Varnes ne distingue cinque
classi fondamentali di fenomeni, i cui caratteri sono riportati di
seguito:
crolli (falls)
sono frane molto diffuse -il termine si riferisce ad un massa di
terreno o roccia che si stacca da un versante molto ripido o sporgente e
che si muove per caduta libera con rotolamenti e/o rimbalzi. Tipico
delle frane di crollo è inoltre il movimento estremamente rapido.
ribaltamenti
(topples):
movimenti simili ai crolli e caratterizzati dal ribaltamento frontale
del materiale che ruota intorno ad un punto al di sotto del baricentro
della massa. I materiali interessati sono delle rocce lapidee che hanno
subito un intenso processo di alterazione e/o che presentano delle
superfici di discontinuità (faglie o superfici di strato).
scorrimenti (slides)
: questi si verificano per superamento della resistenza di taglio
dei materiali rocciosi lungo una o più superfici di neoformazione,
o preesistenti, oppure in corrispondenza di un livello meno omogeneo e
resistente. Tra gli scorrimenti si possono distinguere, in base alla
forma della superficie di scorrimento, due tipologie: scorrimenti
di tipo rotazionale e scorrimenti di tipo traslativo.
-¬Figura
2.Tipi di frana. Le frecce
mostrano le traiettorie dei singoli frammenti che formano la massa
spostata.
Lo
scorrimento di tipo rotazionale avviene in terreni o rocce
dotati di coerenza e si sviluppa lungo una superficie
generalmente concava, che si produce al momento della rottura del
materiale. Lo scorrimento traslazionale invece consiste nel
movimento di masse rocciose o di terreni, lungo una superficie
preesistente inclinata nella stessa direzione del pendio. Questa
superficie è una zona di discontinuità o comunque di debolezza meccanica
e, in genere, è rappresentata da una frattura, un piano di contatto tra
strati di rocce sedimentarie, di solito uno strato di roccia debole
compreso tra altri di rocce più resistenti o altro. L'assetto inclinato
nella direzione del pendio di questa superficie è definito dai geologi a
franapoggio, per distinguerlo da quello a reggipoggio, nella quale la
superficie ha un'inclinazione opposta al declivio. Il fatto che un
versante sia caratterizzato da una discontinuità a franapoggio piuttosto
che a reggipoggio, è decisivo per la sua stabilità, soprattutto se
questo è costituito da rocce disposte a strati come lo sono gran parte
di quelle di natura sedimentaria. Nella frana di slittamento o
scivolamento il movimento delle masse di roccia avviene lungo superfici
di debolezza inclinate come il pendio. Questa disposizione viene detta a
franapoggio, se invece le superfici sono inclinate nel senso opposto la
loro disposizione viene detta a reggipoggio.
Smottamento,o espansioni laterali(lateral spreads)::
movimento di un terreno coesivo o di un ammasso roccioso, in seguito
all'estrusione e allo spostamento di un livello di materiale meno
competente sottostante, associate alla subsidenza della massa
fratturata. La superficie di rottura non è una superficie di intensa
deformazione di taglio. L'espansione può essere causata dalla
liquefazione o dal flusso del materiale a bassa competenza.
Colamenti (flows):
questi movimenti franosi si verificano nei terreni sciolti e sono
evidenziati da deformazioni di tipo plastico del materiale presentando
una velocità variabile da punto a punto nell’area di frana. I terreni
interessati da questo tipo di frana sono: le zone alterate degli ammassi
rocciosi, le coperture eluviali, i sedimenti a prevalente componente
arenacea, sabbiosa (tipo piroclastiti), argillosa e/o limosa, i cumuli
di precedenti frane. Nelle rocce sciolte prevalentemente fini e sature i
colamenti assumono caratteri dicolate, estremamente veloce, in molti
casi distruttive e catastrofiche. La loro principale caratteristica è
quella di costituire un insieme ad elevata viscosità, la cui velocità è
dipendente dalla pendenza del versante e dal contenuto d’acqua della
massa in movimento. In questi casi spesso il materiale in frana segue
l’andamento di preesistenti solchi di erosione che ne costituiscono
l’alveo; a valle, terminato il preesistente impluvio (zona di raccolta
naturale delle acque superficiali), il cumulo di frana si distribuisce a
ventaglio sulla porzione di raccordo tra il piede del versante e la
successiva zona pianeggiante;
frane complesse (complex)
: fenomeni complessi il cui movimento risulta dalla combinazione di due
o più tipi di frane precedentemente descritte. Oltre a queste, che
possiamo definire frane in senso stretto, esistono altri movimenti di
versante che hanno come agente di trasporto principale la gravità, ma
che si manifestano con modalità diverse da quelle di una frana come
viene comunemente intesa. La loro caratteristica principale consiste nel
fatto che riguardano la sola coltre detritica di un versante, ossia il
mantello di copertura costituito da terreni sciolti o semisciolti
prodotti dall’alterazione degli ammassi rocciosi. Si distinguono in:
- colate di detrito ovvero flussi di terra, detriti rocciosi o fango
misti ad acqua, che si comportano nel loro movimento come liquidi
viscosi. Spesso si sviluppano lungo gli alvei dei torrenti di montagna,
durante piene che rendono mobili i sedimenti deposti lungo il corso
d’acqua. Un tipico particolare di colata è il lahar, un flusso di fango
generato dalla saturazione in acqua delle ceneri e dei lapilli che si
depositano sul fianco di un vulcano.
movimenti lenti superficiali della
coltre detritica. Tra essi riconosciamo il soliflusso ovvero lo
scorrimento verso valle della coltre detritica di un pendio, per effetto
della saturazione in acqua, con velocità che vanno da qualche millimetro
a qualche metro ogni anno. Questo movimento si distingue dalle colate
per la sua lentezza e perché il terreno in movimento mantiene la sua
consistenza, pur manifestando la presenza di piccole colate, lobi e
increspature del terreno; il soil ceep che consiste nel lento
"strisciare" della coltre detritica per effetto di tutti quei fattori
che producono piccoli spostamenti nelle sue particelle, come contrazioni
e dilatazioni termiche, formazione e scioglimento di ghiaccio o
passaggio di animali. La maggior parte di questi spostamenti, per
effetto della forza di gravità, si traduce in una discesa lungo il
pendio anche minima; la somma di queste discese produce uno scorrimento
complessivo della coltre detritica che può raggiungere una velocità di
qualche millimetro all’anno.
Circa il materiale interessato in ognuno dei movimenti precedentemente
illustrati, è opportuno tener conto delle condizioni geologiche e
geotecniche del versante precedenti al movimento franoso, distinguendo
tra:ammasso roccioso (bedrock) ovvero una roccia compatta in
posto con le proprie discontinuità strutturali (faglie e piani di
stratificazione)roccia (rock) cioè materiale naturale lapideo
dotato di elevato grado di coesione anche dopo prolungata immersione in
acqua; terra (engineering soil) comprendente qualsiasi aggregato
di particelle solide, sciolte o poco cementate, che possono essere
separate con modeste sollecitazioni o mediante contatto con l’acqua;
Vedi ANESA:allegato foto Fig3 Tipologia di movimenti dei versante del
Varnes(1978)
4.
Cause dei movimenti di versante
I movimenti di versante avvengono a causa dei fenomeni in grado di
modificare le forze interne ed esterne agenti sul terreno o sull'ammasso
roccioso. I fattori si possono dividere in condizionanti o scatenanti. I
primi sono la forma del rilievo, la natura e la struttura del terreno, i
secondi sono fattori esterni che influenzano la stabilità. Tra i fattori
condizionanti troviamo quindi la geometria del rilievo, la litologia, la
struttura geologica e l'assetto strutturale, le proprietà meccaniche e
il grado di alterazione dei materiali ed infine la presenza di
vegetazione. Tra i fattori scatenanti troviamo le precipitazioni e i
cambiamenti delle condizioni idrologiche, la variazione dei carichi
statici o dinamici, la variazione della geometria dei pendii, l'erosione
e l'azione climatica. In ogni caso la rottura del materiale secondo una
data superficie indica che lungo quella superficie gli sforzi agenti,
che tendono a far muovere la massa, sono maggiori degli sforzi reagenti,
che invece tendono a bloccarla. Di conseguenza è possibile suddividere
le cause delle frane in fattori che aumentano gli sforzi agenti e
fattori che diminuiscono quelli reagenti.
I fattori che determinano un aumento degli sforzi agenti possono essere
suddivisi in:
· fattori che asportano il materiale (erosione al piede, attività di
scavo al piede, rimozione di opere di sostegno al piede):
· fattori che creano un aumento di carico (saturazione ad opera di
piogge intense, sovraccarico alla sommità, aumento della pressione
dell'acqua);
· fattori che riducono il supporto sotterraneo (dissoluzione chimica di
rocce sotterranee, attività mineraria);
· fattori che esercitano sforzi transitori sul terreno (attività sismica
o vulcanica, esplosioni, sovraccarico dovuto al traffico stradale).
· I fattori che generano una ridotta capacità portante del materiale si
suddividono in:
· fattori intrinseci (natura dei terreni, disposizione e rotondità dei
granuli, caratteristiche geometriche di eventuali piani di
discontinuità, orientazione del pendio);
· fattori esterni (sollecitazioni transitorie, alterazione
chimico-fisica dei materiali, variazioni del contenuto d'acqua).
5.
Gestione del rischio da frana
Rischio da frana
:Il
rischio da frana può essere definito come: “Il numero atteso di vittime,
persone ferite, danni a proprietà, distruzione o interruzione di
attività economiche, in conseguenze di una frana di assegnata
intensità.”
Esso è dato dalla combinazione di diversi fattori:
· pericolosità: probabilità di accadimento, all’interno di una certa
area e in un certo intervallo di tempo, di una frana di assegnata
intensità;
· esposizione: persone e/o beni (abitazioni, strutture, infrastrutture,
ecc.) e/o attività (economiche, sociali, ecc.) esposte “a rischio” in
una certa area;
· vulnerabilità: grado di perdita di un certo elemento o insiemi di
elementi esposti “a rischio”, derivante dal verificarsi di una frana di
assegnata intensità, espresso in una scala che va da 0 (nessuna perdita)
a 1 (perdita totale).
Il
rischio R è definito come “l‟entità del danno atteso in
una data area e in un certo intervallo di tempo in seguito al
verificarsi di un particolare evento calamitoso”.Per un dato elemento a
rischio l‟entità dei danni attesi può essere valutata attraverso:
La
conoscenza dei rischi che insistono su un territorio è indispensabile
per le opere di programmazione, previsione e prevenzione necessarie alla
mitigazione dei rischi stessi. Secondo la definizione, riconosciuta in
sede internazionale14 e adottata dal Progetto di Piano Stralcio per
l’assetto Idrogeologico (PAI), l’espressione simbolica che descrive il
rischio è la seguente:
Dalla definizione di Varnes del 1978, il rischio da frana risulta essere
il prodotto di tre aliquote ossia: hazard, vulnerabilità ed elementi a
rischio.
R
= (V x E) x H
Indicando con D il danno potenziale, si può scrivere:
R
= D x H
dove:
Rischio totale (R):
rischio relativo a un determinato elemento, inteso come il valore atteso
del danno che mediamente può subire l’elemento stesso in un prefissato
periodo di tempo;
Entità degli elementi a rischio (E):
entità degli elementi a rischio, cioè le persone e i beni che possono
subire danni quando si verifica un evento, misurata in modo diverso a
seconda della loro natura; il valore degli elementi a rischio può essere
pertanto espresso in termini di numero o quantità di unità esposte
(esempio: numero di persone, ettari di terreno agricolo) oppure in
termini monetari; il valore è una funzione del tipo di elemento a
rischio.
Pericolosità (H = Hazard):
cioè probabilità di accadimento di un determinato fenomeno potenziale in
uno specifico periodo di tempo e in una data area; il valore di H è
strettamente connesso al tempo di ritorno di un evento T, che esprime
l’intervallo di tempo nel quale l’evento si verifica in media una volta.
Vale infatti la relazione H = 1 – (1 –1/T)t.
Vulnerabilità (V):
grado di perdita prodotto su un certo elemento o gruppo di elementi
esposti al rischio, risultante dal verificarsi di un fenomeno naturale
di una data intensità. Nel caso in cui l’elemento a rischio, in
un’ottica di protezione civile, sia rappresentato dalla vita umana la
vulnerabilità può essere espressa dalla probabilità che, dato il
verificarsi dell’evento calamitoso, si possano registrare morti, feriti
o persone senzatetto; essa è pertanto direttamente proporzionale alla
densità di popolazione di una zona esposta a rischio. Nel caso in cui
l’elemento a rischio sia costituito da un bene immobile o dal quadro
delle attività economiche ad esso associate, la vulnerabilità esprime la
percentuale del valore economico che può essere pregiudicata dal
verificarsi di un determinato fenomeno calamitoso. È espressa in una
scala da 0 (nessuna perdita) a 1 (perdita totale) ed è una funzione
dell’intensità del fenomeno e della tipologia d’elemento a rischio.
Danno
potenziale (D): entità potenziale delle perdite nel caso di un
evento con intensità fissata (corrisponde alla vulnerabilità degli
autori francesi); può essere espresso in termini di numero o quantità di
unità esposte oppure in termini monetari; è quindi l’espressione
dell’aliquota, del valore dell’elemento a rischio, che può essere
compromessa dal verificarsi dell’evento calamitoso. È indipendente dalla
probabilità d’occorrenza del fenomeno, ovvero dalla pericolosità.
È
evidente che ad un determinato elemento a rischio possono competere, in
funzione delle caratteristiche dell’evento, valori diversi di E e V;
inoltre, a parità di condizioni, gli stessi E e V possono variare in
base a fattori puramente casuali, quali ad esempio il periodo dell’anno,
il giorno della settimana e l’ora a cui l’evento si verifica. Pertanto E
e V possono essere considerate come variabili casuali.
L’individuazione dei rischi insistenti sul territorio è fondamentale per
una corretta pianificazione degli interventi di previsione, prevenzione
ed emergenza. La tipologia dei rischi possibili si deduce sia dallo
studio delle caratteristiche del territorio e dall’analisi dell’ambiente
e delle attività antropiche, sia dalla frequenza con cui alcuni fenomeni
si sono manifestati nel passato.
Tali eventi, che possono dar luogo ad interventi di Protezione Civile,
possono identificarsi in:
•
eventi naturali;
•
eventi antropici.
Gli eventi naturali sono fenomeni che spesso risultano difficilmente
prevedibili, per cui non sempre esistono indicatori facilmente
osservabili utili nella formulazione della previsione. Tuttavia uno
studio più approfondito del territorio ed iniziative di ricerca e di
studio degli eventi possono ridurne le conseguenze, diminuendo i rischi
per l'ambiente e per la popolazione.
6.
Monitoraggio delle frane e misure per il controllo per le fenomeni
franosi
Monitoraggio delle frane.
Per monitoraggio si intende l‟osservazione diretta dell’‟evoluzione di
una grandezza variabile nel tempo, quantificata in situ mediante
opportuni strumenti di misura di vario tipo.
Gli scopi del monitoraggio sono molteplici, ma si evidenziano
soprattutto quelli di:
a.
prevenzione:
la grandezza viene misurata nel tempo per prevedere l‟evoluzione futura
di un potenziale fenomeno non voluto poiché potrebbero verificarsi
conseguenze catastrofiche;
b.
sorveglianza:
si tratta di un sistema diretto di visualizzazione di alcune grandezze
critiche o di segnalazione di eventi già avvenuti;
c.
verifica:
la grandezza viene misurata con lo scopo di valutare l‟efficacia di un
intervento o di indagarne gli effetti.
La realizzazione di un piano di monitoraggio prevede varie fasi ovvero:
•
esame dei dati geologici e geologico - tecnici disponibili;
•
programmazione;
•
scelta del modello di riferimento;
•
valutazione delle grandezze da controllare;
•
scelta degli strumenti di misura;
•
ubicazione dei punti di misura;
•
scelta delle frequenze di lettura e delle modalità di
acquisizione;
•
acquisizione, elaborazione ed archiviazione dei dati;
•
interpretazione.
•
Stazioni topografiche.
Per valutare le velocità del movimento franoso si installa un sistema
di monitoraggio integrato che consente di misurare gli spostamenti
superficiali del dissesto e di programmare gli interventi per la messa
in sicurezza dell'area e delle infrastrutture coinvolte.
esempio:Sistema SAR(-
L'interferometria SAR terrestre , può essere applicata al monitoraggio
continuo o periodico dei movimenti franosi e di fronti instabili in aree
minerarie, fenomeni di subsidenza e cedimenti in aree urbane a seguito
di opere di ingegneria. . Le sue caratteristiche tecniche la rendono
inoltre adatta anche al monitoraggio delle strutture, sia in regime
statico (spostamenti e deformazioni lente di grandi strutture quali
dighe) che dinamico (vibrazioni di ponti, grattacieli, torri, turbine
eoliche, ecc).
Misure di prevenzione, di protezione e di risposta alle frane
Le misure previste per la prevenzione, la protezione e la risposta alle
frane sono simili a quelle imposte in caso di terremoto. Una
caratteristica particolare è che l'evento non si verifica neppure di
sorpresa.
Frane possono essere eseguite con varie velocità comprese tra 3 m / s e
0,6 m / anno.
Si può presumere spostamento strati di roccia in zone a rischio, creando
così la possibilità di realizzare misure di protezione.
Così, un ruolo importante è condizioni di osservazione azione in carica
favoriscono frane e allarme (warning) popolazione vengano raggiunti nei
tempi protezione.
Per prevenire e proteggere le disastrose conseguenze delle frane
seguenti misure sono necessarie:
a.
realizzare primi interventi necessari a stabilire le condizioni
della loro nascita e sviluppo,
b.
applicazione di metodi appropriati di tenere sotto controllo,
c.
la previsione e la pianificazione di misure adeguate di
protezione:
d.
fornendo un sistema di drenaggio acqua attraverso un sistema di
drenaggio versante massiccio,
e.
rimboschimento e inebriamento piste (reti geotessili possono
essere utilizzati o geosintetici).
f.
evitando di dover alcune strutture industriali o di altri in zone
in cui la stabilità non può essere raggiunto livello o è molto costoso.
g.
Informazione attuale popolazione della zona a rischio.
h.
In particolare le azioni di risposta a meno che si procedere al
recupero di ristorazione di proprietà e danni.
i.
Salvare i sopravvissuti di edifici coperti viene effettuata in
condizioni analoghe azioni di intervento previste per i terremoti.
Organizzazione e gestione prevenzione,protezione e di intervento in caso
di frane
Attività di prevenzione, la protezione e la risposta alle frane include
3 fasi:
a) fase di predisaster: le seguenti attività:
•
la creazione di disastro comitato di difesa e di formazione del
personale su questa linea propri,
•
l'inventario e monitorare potenziali fonti di frane che
producono,
•
istituzione e il funzionamento del sistema di informazioni locali
per avvertimento disastro,
•
preparazione della popolazione, intervento delle forze e dei
mezzi di protezione e di intervento come previsto,
•
esecuzione di rimboschimento e di aree a rischio potenziale di
rivegetazione o altre opere di questo tipo.
b) fase del disastro innescare le seguenti attività:
•
alerting gente del disastro,
•
organizzare e gestire l'evacuazione di persone e proprietà nella
zona colpita dal disastro,
•
organizzazione di alimentazione, alloggio e assistenza per
garantire alle vittime.
c) fase post-disastro con le seguenti attività:
•
l'inventario e la valutazione degli effetti e danni,
•
prosecuzione del caso di catastrofe,
•
informare le persone circa la situazione attuale,
•
la pianificazione e il coordinamento e il coordinamento della
ricostruzione delle infrastrutture economiche e sociali interessati.
•
Il peso di ogni fase dipende dalla velocità di manifestazione di
frane.
•
Pertanto, se la velocità di scorrimento è bassa prevarrà attività
di fase predisaster, e nel caso di alta velocità di scorrimento, la fase
si avvarrà attività post-disastro.
Prevenzione e gestione delle emergenze causate da frane
a.
Obiettivi definiti sono:Individuazione e designazione delle aree
a rischio;
b.
Lavori di manutenzione e lo sviluppo della difesa e lo sviluppo
di nuove aree a rischio;
c.
Attuazione di previsione, avvertimento e di allarme;
d.
Disegno piani di difesa ad un'efficiente gestione delle emergenze
causate da espressione di rischio specifico (piano di emergenza, la
notifica, l'evacuazione della popolazione di allarme della popolazione
in caso di emergenza, fornendo la logistica di soccorso.);
e.
Sviluppare le mappe di rischio per la località vulnerabili;
f.
Implementazione dei sistemi di assicurazione obbligatoria per le
case in aree a rischio;
g.
Preparare la popolazione e le autorità con responsabilità e come
agire in fasi predisaster, disastro o calamità;
h.
L'avviso, avvertimento, di allarme e di evacuazione
a.
Notifica - attività autorizzate di trasmettere informazioni sulla
catastrofe imminente o di produzione;
b.
Avvertenza - portando all'attenzione delle persone con le
informazioni necessarie sulla imminente o verificarsi di catastrofi;
c.
Allarmante - segnali di allarme pubblico su disastri imminenti
messaggistica;
d.
Evacuazione - misura di protezione in caso di minaccia imminente,
producendo uno stato di allerta o di emergenza situazioni.
e.
L'avviso, avvertimento, allerta e allarme è fatto per evitare
l'adozione di misure di sorpresa e per l'edilizia abitativa pubblica,
protezione dei beni materiali, e per mitigare gli effetti delle
catastrofi, attacchi aerei e azioni militari.
7.
Interventi di prevenzione
Sulla base dei risultati emersi, la gestione del rischio mira a ridurre
i rischi inaccettabili e a prevenire altri rischi, al fine di mantenere
il sistema in uno stato di sicurezza. Le opzioni disponibili per la
riduzione del rischio da frana si possono raggruppare in cinque gruppi
fondamentali.
1)
Misure indirizzate alla diminuzione della pericolosità: generalmente si
tratta di soluzioni ingegneristiche, il cui obiettivo è diminuire la
frequenza e/o la grandezza dei fenomeni franosi.
2)
Riduzione della vulnerabilità, ovvero consolidamento dei beni a rischio
e realizzazione di opere di protezione per ridurre il coinvolgimento
dell’elemento a rischio.
3)
Riduzione del numero di elementi a rischio, ovvero delocalizzazione dei
beni esposti in aree non interessate dal fenomeno pericoloso.
4)
Aumento delle soglie di rischio accettabile, tramite la predisposizione
di sistemi di allerta, educazione ed informazione; come abbiamo visto
precedentemente, infatti, le soglie di rischio consapevole possono
essere molto più elevate rispetto a quelle di rischio involontario.
5)
Aumento delle soglie di rischio tollerabile, da realizzarsi attraverso
una condivisione delle perdite: sistemi di assicurazione, aiuti e
compensazioni.
Interventi
strutturali
Gli interventi “strutturali”, agendo sulla pericolosità, tendono a
ridurre la probabilità di accadimento dei fenomeni potenzialmente
dannosi e si possono a loro volta suddividere in opere di tipo diffuso,
realizzate alla scala dell’intero bacino idrografico, oppure
localizzate. Possono avere funzione di difesa passiva di manufatti o
infrastrutture, ma in genere sono privilegiate le operazioni di difesa
attiva, le quali propongono sistemazioni dei fenomeni che danno origine
alle situazioni di rischio. Per quanto riguarda tali tipi di interventi,
si può osservare un comportamento sufficientemente omogeneo nelle scelta
delle procedure di manutenzione idraulica e idrogeologica e di gestione
del patrimonio forestale al fine di garantire un miglior assetto
idrogeologico dei versanti; gli interventi previsti devono essere, per
quanto possibile, a basso impatto ambientale e devono adottare tecniche
di ingegneria naturalistica, con grado di sicurezza paragonabile a
quello delle opere realizzate con tecniche "tradizionali".
Interventi non strutturali
Gli interventi “non strutturali” comprendono molteplici possibilità di
azione, che riguardano soprattutto la fase di potenziamento delle
attività conoscitive e di monitoraggio e l’introduzione di
regolamentazioni a carattere normativo, con carattere di prescrizione a
tempo indeterminato o con misure di salvaguardia temporanee. La
diversità tra le metodologie utilizzate per l'analisi della pericolosità
e del rischio da frana si riflette anche in differenti approcci
normativi, che hanno però un comune denominatore nelle indicazioni
contenute nell'Atto di Indirizzo e Coordinamento approvato con D.P.C.M.
29 settembre 1998. Tale atto, infatti, detta gli indirizzi per la
definizione delle misure di salvaguardia, con particolare riferimento
alle aree a rischio molto elevato (R4) ed elevato (R3).
Pulizia dell’alveo
.Uno degli interventi di “gestione e manutenzione” dei corsi d’acqua più
“richiesti” per ridurre il rischio idraulico è la “pulizia degli
alvei”.Con questo termine si intende l’eliminazione della vegetazione
che naturalmente si forma sulle “golene”, ai margini dell’alveo attivo
dei corsi d’acqua: sembra quindi essere ormai radicata la convinzione
che alberi, arbusti, erbe e piante acquatiche nei corsi d’acqua siano
“sporcizia” da rimuovere e non una condizione naturale da tutelare.
Dal punto di vista ecologico, non vi è dubbio che la presenza di
vegetazione in golena sia un fatto positivo, riconosciuto ormai anche
dalla normativa Comunitaria (La direttiva europea sulle acque 2000/60 fa
esplicito riferimento alle piante come elemento di valutazione del
“buono stato ambientale” che deve essere raggiunto) e dalla legislazione
Italiana (il D.Lgs 152/99 prescrive la tutela della fascia riparia).
Dal punto di vista idraulico, la presenza di vegetazione in golena ha un
importante effetto: l’aumento della “scabrezza” e quindi il
rallentamento delle acque che in piena occupano anche le golene. Questo
effetto idraulico -peraltro limitato a quella parte di golene dove la
piena scorre con velocità elevata- è in genere positivo, perché
contribuisce a trattenere l’acqua e quindi a “diluire” la piena nel
tempo, abbassandone il picco. Può diventare negativo solo se si verifica
in un contesto dove l’innalzamento dei livelli idrici conseguente al
rallentamento dovuto alla scabrezza rischia di provocare allagamenti di
centri abitati. È solo in questi casi che, a valle di adeguati studi
idraulici che valutino l’impossibilità di altre soluzioni, è necessario
intervenire rimuovendo la vegetazione delle golene. Va tuttavia
precisato che, in una strategia intelligente per contrastare il rischio
idraulico, il controllo della vegetazione in corrispondenza dei centri
abitati (per velocizzare localmente le acque, abbassandone il livello)
va accompagnato da un forte incremento della vegetazione a monte di essi
(per rallentare localmente la corrente e laminare le piene,
immagazzinandole nelle aree inondabili). Una seconda motivazione delle
“pulizie fluviali” sta nel rischio che gli alberi travolti dalle piene
vadano ad incastrarsi nelle arcate dei ponti, ostruendoli e provocando
l’esondazione; si tratta, tuttavia, di una motivazione inconsistente. Il
rischio paventato, infatti, è reale solo in occasione delle piene
maggiori; ma queste sono sempre accompagnate da diffusi fenomeni franosi
dei versanti boscati, che rappresentano la fonte principale degli alberi
che -trascinati dalle piene- vanno ad ostruire la luce dei ponti. Contro
gli alberi provenienti dalle frane le pulizie fluviali sono dunque del
tutto impotenti (e, in alcuni casi, addirittura controproducenti poiché
rimuovono la vegetazione riparia che potrebbe intercettare e trattenere
i tronchi provenienti dalle frane). Non resta dunque che procedere
saggiamente all’ampliamento della luce dei ponti, rimuovendo così le
“strozzature idrauliche” (la vera causa che trasforma la vegetazione da
fattore di sicurezza in fattore di rischio).
8.
Presentazione della tesina ,
CASO Di studio – Le frane del
Parco Regionale di Monte Fenera tra le provincie Vercelli e Novara Parco
Naturale Regionale del Monte Fenera Località:GRIGNASCO(NO)
Il
Parco prende il nome dal monte Fenera, che si erge sopra i rilievi della
Bassa Valsesia.Una parte del Parco naturale si estende anche in
provincia di Vercelli.Il territorio è coperto per la maggior parte da
boschi, si trovano inoltre zone coltivate a frutteto, vigneto e delle
aree di brughiera alberata, che si sono sviluppate ai limiti del Parco.
La geologia dell’area è varia, articolata e sicuramente assai peculiare,
data la presenza di un massiccio carbonati rapportabile alle più diffuse
coperture mesozoiche affioranti nell’ambito delle Prealpi
centro-orientali. I fenomeni carsici intercorsi lo rendono ricco di
grotte, budelli e profondi pozzi.
La presenza dei molti corsi d’acqua e la varia esposizione dei versanti
hanno determinato la formazione di una notevole varietà di piante ed
essenze arboree, anche rare.
Numerose sono le grotte che si aprono sulle pendice del Fenera. Alcune
di esse sono di rilevante interesse archeologico e precisamente il
Grottone (Ciutaron),la Grotta Chiara (Ciotta Ciaira) e la Grotta della
Finestra. Nel loro interno sono stati rinvenuti resti faunistici in
prevalenza dell’Orso delle Caverne e umani attribuibili all’Uomo di
Neanderthal,vissuto in questi luoghi circa 50.000anni fa.
Il parco ospita varie specie di uccelli,tra cui il
picchio,tortore,falchi,e di mammiferi come il
capriolo,martore,lepri,ghiri e altre specie animali che vivono
all’interno del Parco.
Notevole anche l’interesse naturalistico,con oltre 30 specie vegetali
esclusive del Monte Fenera,16 di felci e la presenza della cicogna nera(Ciconia
Nigra) che ,per la prima volta dopo secoli,è tornata a riprodursi in
Italia nell’area del Monte Fenera.
Il Parco Naturale
Regionale del Monte Fenera interessa
l’omonimo rilievo sedimentario prealpino nelle province di Novara e
Vercelli;la superficie dell’area protetta è di 2.576 ettari nei Comuni
di Boca,Borgosesia,Cavallirio,Grignasco,Prato Sesia e Valduggia. vedi
ANNESA:allegato foto Figura 4. Parco
Monte Fenera Carta Sentieri
A.
Descrizione del fenomeno delle frane nel
territorio comunale di Grignasco(NO) del Parco Naturale Regionale
di Monte Fenera
Il territorio della provincia di Novara e Vercelli del
Parco Naturale Regionale di
Monte Fenera,come in tutta la Regione
Piemonte,(province di Biella,Verbano-Cusio-Ossola nel settore
settentrionale e di Alessandria in quello meridionale. )è stata colpita,
da un‟eccezionale ondata di mal tempo caratterizzata da abbondanti
precipitazioni meteoriche , che hanno provocato numerosi movimenti
franosi e inondazioni e gravi danni alle infrastrutture pubbliche e alle
attività produttive .
In
periodo del 10-17 Novembre 2014,le piogge, cadute ininterrottamente per
una settimana, hanno fatto registrare punte di oltre 600 millimetri di
pioggia cumulata nel settore settentrionale e di quasi 500 millimetri in
quello meridionale.
Le
piogge,hanno determinato generosi numerosi movimenti franosi ,fenomeni
di allagamento,che hanno determinato diffuse interruzioni della
viabilità secondaria, con interessamento di collegamenti ferroviari e
coinvolgimento di numerosi centri abitati.
Numerosi fenomeni franosi si sono verificati in particolare nelle
province di Biella, Verbano-Cusio-Ossola, Novara e Alessandria, mentre
significativi allagamenti hanno interessato le zone lacuali (Lago
Maggiore e Lago d’Orta), in particolare i comuni di Verbania, Arona,
Omega e Orta S. Giulio. L’impatto dei fenomeni ha determinato l’esigenza
, di procedere all’evacuazione di nuclei famigliari nelle province di :
Biella, Alessandria, Verbano-Cusio-Ossola, Novara e Torino,oltre 650 le
persone evacuate dalle loro abitazioni.
Un evento
alluvionale avvenuto tra il 12 e il 16 novembre 2014 che ha interessato
il territorio piemontese, si è riscontrato che a monte della strada
provinciale n. 13 “di comune Grignasco” al km 4+000,
a cavallo tra le province di Vercelli e Novara, in località Pissone,
è avvenuto un distacco di due dissesti gravitativi che hanno
trascinato a valle acqua, materiale terroso e pietrame.
Si
tratta di una frana di crollo che ha coinvolto, per una lunghezza
di circa 35 metri(quale si
riferisce nelle foto5,6,) si manifestato in forma parossistica.
vedi ANNESSA-Foto5,6 Le frana della strada provinciale n. 13 “di
Grignasco” al km 4+000 tra Borgosesia e
Grignasco, a cavallo tra le province di Vercelli e Novara.
Questa forma “parossistica”, e caratterizzata da elevate velocità di
spostamento, oggi la frana continua a muoversi molto più lentamente.
L'evento è stato generato di
abbondanti precipitazioni ,del tempo prima dell’evento da periodi di
temperature molto basse con temperature più elevate per la stagione
alternata ,da struttura pendio che si compone di strati di roccia dura
alternati a sabbia roccia scisto e debole,infiltrazioni d’acqua.
I resti di quella frana non sono stati ancora rimossi dagli organi
competenti( esempio nella Foto 7)
Al mio parere l’ente provinciale di Novara del territorio comunale di Grignasco
,dovrà investire in un progetto con quale si occuperà
manutenzione del territorio,di pulizia
delle frane cadute ,dell’alveo per non causare altre inondazioni
e fare piantare albori delle noce cosi
eviterà un’altra frana .
vedi ANNESSA_Foto7 I Resti della frane
strada provinciale n. 13 di Grignasco al km 4+000
O
soluzione sarebbe Il TERRAMESH
SYSTEM è una struttura in terra
rinforzata con paramento in pietrame. L’elemento modulare è
preassemblato in stabilimento ed è
realizzato con un unico telo in rete metallica a doppia torsione,
protetta con zincatura Galfan e
ulteriormente ricoperta da un rivestimento polimerico,
già tagliata a misura che forma uno scatolare sul fronte (tipo
gabbione).
Un'altra frana si è verificata sulla Cremosina (alla quale si
riferisce
,vedi
ANNESSA _Foto9.Frana della Cremosina),
dalla parte del Novarese.A
causa delle forti piogge il valico montano che collega le province di
Novara e Vercelli, e strada della Cremosina,. La strada ha crollato
poco prima dell’imbocco della galleria a Valduggia, in territorio
vercellese, interrompendo il traffico in entrambi i sensi di marcia.
Il tratto collega la Valsesia alla zona dei laghi e a Borgomanero, ed
e’ una strada molto trafficata.
Si
segnalano dissesti che hanno interrotto e danneggiato la viabilità
locale e quella principale. In particolare si segnala un ampio cedimento
della sede stradale con frana che ha asportato materiale di riporto e le
coltri di alterazione del substrato lungo la strada provinciale della
Cremosina. A valle di questo sempre lungo la viabilità si segnala un
secondo dissesto di vaste proporzioni che interessa il versante
sovrastante la strada.
Questo dissesto potrebbe estendersi sia lateralmente sia verso monte con
nuove masse che interesserebbero la sede stradale.
Si
segnalano inoltre: frana a valle della strada per fraz. Bertagnina,
cedimento sponda Rio Maddalena in loc. Crabbia, frana a monte della s.c.
per loc. Lebbia, frana a valle della s.c. Colma, frana a valle della
s.c. Arlezze, frana a valle della s.c. Soliva, frana a monte della s.c.
onte del onte della strada per loc. Tapone, smottamenti di valle lungo
la sc per Sassiglioni. imo, a occa si segnala uno smottamento della
scarpata di valle lungo la sc per Sassiglioni. mune di Prarolo le
esondazioni hanno lambito la sede stradale a Casanova Elvo si è sarebbe
verificata la ttura di una paratia di regolazione sull’argine. ato, sia
pure in maniera marginale e con episodi isolati, anche le province di
Asti e Cuneo per loc. Strona, frana a valle della s.c. per loc.
Rastiglione, frana monte della s.c. per loc. Baggiarelle, cedimento muro
del ponte per loc
9.
Normative
La normativa nazionale sulla valutazione del rischio da frana
inquadrata nella Legge n. 267 del 3.08.1998 e successivo D.P.C.M.
del 29.09.1998,si riferisce : “Atto di indirizzo e
coordinamento per l’individuazione dei criteri relativi agli
adempimenti di cui all’art. 1, commi 1 e 2, del decreto-legge 11 giugno
1998, n. 180” (c.d. “Legge Sarno”) che cita: “Si demanda
all’Autorità di bacino l’adozione di piani stralcio di bacino per
l'assetto idrogeologico [..], e successive modificazioni, che contengano
in particolare l'individuazione, la perimetrazione delle aree a rischio
idrogeologico e l'adozione delle misure di salvaguardia [...]”
Inoltre il DPCM 29/9/1998 Distingue tre fasi:
•
Individuazione delle aree a rischio di frana e valanga
•
Perimetrazione e valutazione dei livelli di rischio
•
Programmazione della mitigazione del rischio
Invece i livelli di rischio nella normativa italiana nel panorama
legislativo italiano si individuano degli indirizzi nella
classificazione del rischio, sia nel decreto legge 180/98 che nell’atto
d’indirizzo e coordinamento DPCM 29/9/1998, i quali prevedevano 4
diversi classi di rischio con gravosità crescente:
-
rischio moderato R1: per il quale i danni sociali, economici e al
patrimonio ambientale sono marginali;
-
rischio medio R2: per il quale sono possibili danni minori agli edifici,
alle infrastrutture e al patrimonio ambientale, che non pregiudicano
l’incolumità delle persone, l’agibilità degli edifici e la funzionalità
delle attività economiche; - rischio elevato R3: per il quale sono
possibili problemi per l’incolumità delle persone, danni funzionali agli
edifici e alle infrastrutture con conseguente inagibilità degli stessi,
la interruzione di funzionalità delle attività socioeconomiche e danni
rilevanti al patrimonio ambientale;
-
rischio molto elevato R4: per il quale sono possibili la perdita di vite
umane e lesioni gravi alle persone, danni gravi agli edifici, alle
infrastrutture e al patrimonio ambientale, la distruzione di attività
socioeconomiche.
Prevenire e ridurre il rischio idrogeologico sono stati emanati in tempi
recenti diversi
provvedimenti normativi: il rischio idrogeologico comprende due
categorie principali:
•
il rischio da frana, indicato anche con il termine di rischio
geomorfologico.
•
il rischio da alluvione, indicato con il termine di rischio
idraulico.
Oltre le frane e le alluvioni,le manifestazioni più tipiche dei fenomeni
idrogeologie sono anche le erosioni costiere,le valanghe,la subsidenza,i
sinkhole.
Un
altro decreto e il Verbale Comitato dei Ministri per la difesa del Suolo
del 17 gennaio 1997 ex Legge 18 maggio 1989, n.183 - Norme per il
riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo (ora
abrogata) La presente legge ha per scopo di
assicurare la difesa del suolo, il risanamento delle acque, a fruizione
e la gestione del patrimonio idrico per gli usi di razionale sviluppo
economico e sociale, la tutela degli aspetti ambientali ad essi
connessi.
La Legge 365/2000”interventi urgenti per le aree a rischio idrogeologico
molto elevato in materia di protezione civile,nonché a favore di zone
colpite da calamita naturali”(legge Soverato),disciplina ulteriormente
gli indirizzi e le misure di salvaguardia per le aree a rischio molto
elevato definiti nella normativa precedente.
10.
CONCLUSIONI
Questo lavoro sosterrà i futuri specialisti nel campo delle situazioni
di emergenza ed è destinato a conoscere le questioni sollevate, volendo
sottolineare il ruolo importante che la ricerca gioca fenomeno frana per
una gestione efficiente del disastro.
L’uomo invece non si decide mai a prendere le misure giuste per
salvaguardare la propria terra, l’ambiente naturale. Spesso costruisce
le case lungo i fiumi o, come a Olbia, sotto il livello del mare. Non è
la prima volta che accade.
Oggi invece gli alberi non fanno più da freno, non consentono più di
evitare gli smottamenti, non contribuiscono alla salvaguardia dei suoli.
E tutto questo perché non si comprende quanto continuiamo a forzare la
natura.
Le responsabilità di queste tragedie che abbiamo sotto gli occhi e che
si ripresentano in maniera così ricorrente sono degli uomini. E più
precisamente dei politici, che non adottano giusti provvedimenti
assecondando la natura, e degli imprenditori, che non si preoccupano del
canto della terra perché pensano soltanto a facili arricchimenti. Ma
così alla fine tutti noi siamo costretti al lutto, al dolore, al
pianto. (testo raccolto da Pier Giorgio Pinna)
L'uomo, come un fattore causale, favorisce la ritenzione di acqua
scivola attraverso il lavoro in pendenza (canali, serbatoi, terrazze),
rimuovendo il supporto naturale delle piste, piste o banche scavando
canali (aree minerarie), cave, vie di comunicazione dalla deforestazione
su terreni soggetti a frane e l'esecuzione di depositi di materiali da
costruzione e di altri obiettivi che contribuiscono all'aumento di peso
o producono vibrazioni.
Combattere diapositive cultura e agire superfici scivolose è complessa,
difficoltà tecniche e comportare costi elevati; perché dovrebbe porre un
accento particolare sulla prevenzione di questo fenomeno. Le misure
preventive devono essere applicate sia a terra con un potenziale di
scivolare e far scorrere sulle terre stabilizzate. A causa della attuale
evoluzione del clima globale, dovremmo ancora aspettare di
precipitazioni o frane gravi.
11.
ANNESSA - allegati
·
ANNESA 1:allegato foto Figura3 Tipologia di
movimenti dei versante del Varnes(1978
·
ANNESA2:allegato foto Figura 4. Parco
Monte Fenera Carta Sentieri
· ANNESSA3-allegato
foto5,6 Le frana della strada provinciale n. 13 “di Grignasco” al km
4+000
tra Borgosesia e Grignasco, a cavallo tra le
province di Vercelli e Novara.
-allegato foto7 I Resti della frane
strada provinciale n. 13 di Grignasco al km 4+000
-allegato foto9. Frana della Cremosina
ANNESSA1
Foto figura3 Tipologia di movimenti dei
versante del Varnes(1978)
ANNESA2
Foto figura 4. Parco Monte Fenera
Carta Sentieri
ANNESSA3
Foto5,6
Le frana della strada provinciale n. 13 “di Grignasco” al km 4+000
tra Borgosesia e Grignasco, a cavallo
tra le province di Vercelli e Novara.
Foto7 I Resti della frane
strada provinciale n. 13 di Grignasco al km 4+000
Foto9 .Frana della Cremosina
Banu Danusia Alina |