Giù
IL CAPPELLO!
Come funzionano le bielle
di Roberto Maurelli
Nella ricerca delle massime prestazioni non conta solamente quanti
cavalli si riescono a spremere da una unità motrice.
Bisogna anche assicurarsi che il complesso degli organi meccanici “stia
insieme” e per fare ciò è necessario che tutti i componenti presentino
le caratteristiche meccaniche più adeguate all’utilizzo che ci si
propone di avere.
Tra tutti gli elementi che compongono un propulsore, le bielle sono
certamente sottoposte ad uno sforzo notevole, dovendo trasformare il
moto rettilineo alternato dei pistoni nel moto circolare dell’albero a
gomiti. La loro leggerezza, la loro geometria, il loro dimensionamento
non influiscono in modo determinante sulle prestazioni, ma possono
essere la discriminante per l’affidabilità del motore.
Per poter svolgere questo difficilissimo compito, le bielle devono
abbinare una grande robustezza con la maggior leggerezza possibile,
presentare tolleranze quanto più limitate è possibile, offrire
un’adeguata tenacità, ossia la giusta duttilità.
Tali caratteristiche sono garantite essenzialmente dal tipo di materiale
utilizzato per la costruzione, dal disegno della struttura e dalle
dimensioni del pezzo.
Per quanto riguarda la scelta dei materiali, i costruttori generalmente
optano per bielle in acciaio, anche se la varietà dei tipi di acciaio fa
sì che i risultati finali possano differire anche di molto tra loro. Non
mancano, tuttavia, casi in cui le bielle sono realizzate nella meno
nobile (e meno efficace) ghisa sferoidale, detta anche ghisa malleabile,
che però non garantisce le stesse prestazioni, soprattutto quando si
parla di motori elaborati. Infine, il non plus ultra della produzione è
realizzato in titanio, materiale estremamente più leggero dell’acciaio,
ma con proprietà meccaniche assolutamente vantaggiose.
Per quanto riguarda, poi, il disegno delle bielle, il fusto presenta
costantemente una sezione ad H, che garantisce un buon compromesso tra
leggerezza e rigidità. Le differenze risiedono esclusivamente nel verso
della H, che può essere orizzontale o verticale rispetto al piano di
movimento della biella. In quest’ultimo caso, si parla di bielle ad H
rovesciata o “tipo Carrillo” dal nome dello specialista americano che
per primo ha messo in commercio parti speciali con questo design; per la
verità questa soluzione è poco impiegata nella grande serie per via dei
suoi costi sensibilmente più elevati.
Veniamo ora alle dimensioni della biella. È di tutta evidenza che il
rapporto tra la lunghezza della biella, intesa come interasse fra i due
occhi (ossia i buchi) e la corsa del pistone è un parametro fondamentale
nella progettazione. Una biella particolarmente corta sarà portata ad
inclinarsi maggiormente rispetto ad una più lunga, facendo crescere la
spinta laterale del pistone sulla canna del cilindro e provocando, di
conseguenza, maggiori perdite meccaniche. È anche vero, tuttavia, che
una biella più corta è sicuramente più leggera e, soprattutto permette
di ridurre non di poco gli ingombri verticali del motore.
Per consentire il montaggio sull’albero, che si compone di un solo
pezzo, le bielle hanno la testa scomponibile, per cui in corrispondenza
dell’occhio più grande (quello che andrà fissato all’albero) vi è una
frattura che permette di scomporre un “cappello” amovibile, fissato al
corpo biella per mezzo di due viti. Per il corretto funzionamento del
motore è assolutamente necessario che questo componente sia
perfettamente posizionato: anche un minimo scalino, in corrispondenza
del piano di unione cappello-biella potrebbe avere effetti disastrosi,
dal grippaggio fino alla rottura della biella stessa. Per assicurare un
centraggio perfetto si usano spine o bussole calibrate oppure si
impiegano viti con la porzione centrale del gambo realizzata in modo da
fungere essa stessa da spina di posizionamento.
Per facilitare il più possibile le operazioni di montaggio, alcuni
costruttori hanno optato per la produzione di bielle che presentano una
frattura del cappello, per così dire, irregolare. In questo modo, le
superfici di frattura possono essere fatte combaciare molto più
precisamente e con minore sforzo. Tuttavia, come spesso accade, questa
soluzione è più costosa e non è applicabile a tutti i tipi di acciaio,
pertanto il suo impiego ne risulta enormemente ridimensionato.
Prima di terminare questo breve excursus, sembra necessario sottolineare
che anche il corretto serraggio delle viti del cappello è un’operazione
tanto fondamentale quanto delicata. Inoltre, ad ogni successivo
smontaggio le viti vanno sempre e comunque cambiate, anche se il
costruttore non lo prevede espressamente, lubrificando con scrupolo i
punti critici.
Forse tutte queste attenzioni vi sembreranno ingiustificate, soprattutto
per un componente che, come detto prima, non garantisce alcun incremento
drammatico delle prestazioni. Ma la robustezza viene prima di tutto ed
un cedimento per fatica è l’ultima cosa che vorreste augurarvi!
(Lug.2010)
Roberto Maurelli |