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Anno XIV num.4
Lug./Ago. 2015

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Gli O.G.M.

di Gabriella M. Fornaro 

 

Oggi più che mai rispetto all'argomento OGM, si sa molto poco, (almeno da parte dei singoli cittadini), si hanno poche informazioni concrete e  molte opinioni contrastanti.

Si sentono dati contraddittori  a riguardo della loro sicurezza, sia a livello sanitario, sia a livello ambientale ed esiste molta confusione sulle normative emanate in questi ultimi anni.

Per intanto facendo un excursus della storia,già gli antichi utilizzavano le biotecnologie tradizionali per la produzione di bevande fermentate, tramite l'applicazione dell'attività batterica.

Il processo veniva sfruttato senza che si conoscesse l'esistenza dei batteri.

Gli OGM, sono organismi, le cui caratteristiche genetiche, sono state manipolate in laboratorio e possono essere virus, batteri, funghi, piante ed animali.

Per poter fare questo, ci si basa sul concetto dell' universalita' del codice genetico.

I geni sono formati da DNA e perciò dalle diverse combinazioni di quattro basi azotate:

adenina, timina,citosina,guanina :ciò è valido per tutti gli organismi viventi; il codice genetico è universale.

Il primo OGM fu ottenuto nel 1973 da Stanley Cohen e HebertBoyer.

Nel 1974 la comunità scientifica  si auto impose una moratoria internazionale sull'uso della tecnica del DNA ricombinante, per avere il tempo di valutare lo stato della nuova tecnologia ed i possibili rischi, attraverso un approccio precauzionale. La conferenza che ha raccolto i risultati ottenuti, che  si tenne in California , concluse che gli esperimenti sul DNA ricombinante potessero procedere a patto che rispettassero severe linee guida, redatte poi dal National Institute of Health ed accettate dalla comunità scientifica.

I principali sviluppi nelle applicazioni pratiche della biotecnologia, sono stati fatti in campo vegetale,in particolare questo tipo di biotecnologia ha preso l'avvio dalla fusione di metodiche  di coltura in vitro di cellule e/o tessuti vegetali, con la tecnologia del DNA ricombinante.

La combinazione tra la possibilità di rigenerare piante intere da poche cellule da un lato, e la possibilità di modificare il contenuto e la struttura del DNA delle singole cellule dall'altro,  hanno rappresentato uno strumento che ha consentito la produzione di piante  geneticamente modificate.

Per introdurre stabilmente nel genoma di una piante un gene di interesse sono utilizzati fondamentalmente 5 metodi, che devono essere modificati ed adattati alle caratteristiche specifiche della singola specie vegetale:

agrobacterium tumefaciens

utilizzo di virus come vettori

elettroporazione

metodo biolistico

trasformazione con polietilenglicole.

 

Nel 1994 venne autorizzata negli stati uniti la commercializzazione del primo prodotto di una pianta transgenica.: il pomodoro Flavrn Savr, caratterizzato da frutti che si mantenevano compatti anche a maturazione avanzata.

 

Negli ultimi anni sono state autorizzate alla coltivazione numerose piante transgeniche, appartenenti a diverse specie, in cui l'inserimento di tratti genetici di interesse ha determinato la presenza di caratteri quali ad esempio:

 

tolleranza agli erbicidi

resistenza agli insetti

maschio di sterilità

resistenza a virus

resistenza a funghi

resistenza a stress ambientali ( basse temperature salinità)

alterazione delle vie biosintetiche ( nitrati, proteine, acidi grassi)

modificazione della morfologia

aumento della produttività.

 

L'ingegneria genetica si sta ora indirizzando verso nuovi settori quali la produzione di prodotti ad alto valore aggiunto derivati dalle piante.

Tra i nuovi biomateriali l'interesse è rivolto al miglioramento diretto o alla modificazione dei costituenti della pianta ed alla  produzione  nelle piante di composti di origine non vegetale.

Gli approcci delle biotecnologie in campo medico hanno il fine di migliorare la produzione di medicine e terapie.  Quindi risulta  più importante migliorare l'aspetto tecnico piuttosto che quello economico. In campo alimentare invece accade che chi fabbrica un prodotto migliore è certamente quello che guadagna di più nel minor tempo possibile.

Le multinazionali, mediante l'applicazione delle biotecnologie cercano di raggiungere i seguenti risultati:

 

1)      aumentare la quantità e le caratteristiche dei cibi, sia di origine animale che vegetale.

2)      migliorare la conservazione e la trasformazione delle sostanze alimentari.

 

Il fine è quello di ottenere, sia in campo agricolo che zootecnico, specie sempre più selezionate

e migliori sia in termini di produzione, sia perciò che concerne la capacità di resistere a determinate malattie.

Miglioramento della conservazione dei prodotti, nonché delle sensazioni organolettiche.

Quali sono i rischi?

Ambientali : diffusione incontrollata

Alimentari :  rischio tossicologico, allergologico, trasferimento di geni di resistenza ad un antibiotico ai microrganismi dell'intestino umano.

 

IL 13 luglio 2010, la Commissione Europea, ha proposto di conferire agli stati membri la libertà di permettere , limitare o vietare la coltivazione di ogm in tutto il territorio, o solo in parte di esso. Il pacchetto adottato,  che mantiene intatto il sistema scientifico, di autorizzazione di ogm, dell'unione europea, consiste  in una nuova raccomandazione relativa alla coesistenza di colture ogm con colture convenzionali in un progetto di regolamento che propone una modifica della normativa europea sugli ogm. La nuova raccomandazione relativa alla coesistenza dagli stati membri  da' maggior flessibilità per tener conto delle loro condizioni locali, regionali e nazionali nell'adozione e di misure di coesistenza.

Il regolamento proposto modifica la direttiva 2001/18/CE per permettere agli stati membri di limitare o vietare le coltivazioni di OGM sul loro territorio.

Le misure concrete adottate oggi permettono agli stati membri di decidere liberatamente per quanto riguarda la coltivazione degli ogm. L'esperienza acquisita fino ad oggi,riguardo gli ogm dimostra che gli stati membri devono poter disporre di maggiore flessibilità per organizzare la coesistenza  di colture ogm con altre colture, come quelle convenzionali ed organiche.

Gli orientamenti non vincolanti compresi nella nuova raccomandazione sulla coesistenza riflettono meglio la possibilità fornita dall'attuale normativa ( art. 26 bis della direttiva 2001/18/CE).

affinchè gli stati membri adottino misure per evitare la presenza involontaria di ogm in colture convenzionali ed organiche. Vi è spazio per misure destinate a limitare il tenore di ogm a livelli inferiore alla soglia di etichettatura  dello 0,9% per alimenti e mangimi tradizionali.

La raccomandazione chiarisce anche gli Stati Membri possono fissare un'area esente da ogm e nello stesso tempo costituisce uno strumento di orientamento .

La proposta di modifica della direttiva 2001/18/CE ha lo scopo di garantire la certezza del diritto per gli stati membri, quando questi legiferano sulla coltivazione di ogm su basi diverse da quelle fondate sulla valutazione scientifica dei rischi sanitari ed ambientali. A tale scopo la commissione propone di aggiungere un nuovo articolo (26 ter), che sarà di applicazione per tutti gli OGM autorizzati alle coltivazioni nell'Unione Europea, sia nell'ambito della direttiva 2001/18/CEche nel regolamento (CE) n. 1829/2003.

Gli stati membri, dovranno limitare o vietare la coltivazione degli ogm in tutto il loro territorio o in parte di esso, senza utilizzare la clausola di salvaguardia a tale scopo.

Le loro decisioni non dovranno essere autorizzate dalla commissione, ma gli stati membri dovranno informare gli altri stati membri e la commissione un mese prima dell'adozione delle misure nazionali. Gli stati membri dovranno inoltre rispettare i principi generali dei trattati e del mercato unico e dovranno conformarsi agli obblighi internazionali della UE.

Nello stesso tempo il sistema di autorizzazione UE, basato sulla valutazione scientifica dei rischi sanitari ed ambientali sarà mantenuto e ulteriormente migliorato garantendo cosi la protezione dei consumatori e il funzionamento del mercato interno per le sementi geneticamente modificate e quelle non geneticamente modificate oltre che per gli alimenti ed i mangimi GM.

(Nov. 2010)

Gabriella M. Fornaro

 


 

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