GLOBALIZZAZIONE: UN TERMINE AMBIGUO?
di Anna
Maria Serpico
INTRODUZIONE
Come spesso accade ai termini che "vanno di
moda", la parola globalizzazione è intesa in molti sensi.
Prevalentemente, “globalizzazione” viene utilizzata in senso stretto
nella sfera economica per indicare che i diversi "attori" economici
(imprese, lavoratori, capitali, merci) recitano sempre più spesso su un
unico "palcoscenico" mondiale. Ma, si parla anche di globalizzazione a
livello politico, tecnologico, sociale e culturale. In molti casi,
queste globalizzazioni sono concepibili come collegate alla
globalizzazione economica: ad esempio, ci si può chiedere come
l’integrazione del mercato mondiale porti a ripensare il ruolo dello
stato.
O, si può notare come lo sviluppo delle
tecnologie dell’informazione e delle tecnologie dei trasporti abbia
consentito la globalizzazione economica.
Globalizzazione è anche un’ideologia, una
visione del mondo. Provocatoriamente, uno studioso di media, Dennis De
Keerckhove, scrisse: "La globalizzazione è in primo luogo una questione
di psicologia, non di economia". In effetti, oltre all'economia,
coinvolti nel cambiamento globale sono gli uomini con le proprie
passioni, le proprie aspirazioni ed istituzioni, con i propri modelli di
convivenza ideale, giusta ed equa che sia. Dietro la globalizzazione ci
sono anche le forze di sempre del cambiamento umano: le religioni, la
cultura, la tecnologia. Presumere che tutto si muova perché lo vuole
l'economia non solo è riduttivo, ma anche inesatto.
Tentiamo pero’ adesso di capire da cosa ed
in che modo nasce il concetto di globalizzazione, le dinamiche che
innesca, il ruolo che svolge nelle societa’ attuali.
GLOBALIZZAZIONE: Un termine ambiguo?
La parola
globalizzazione è sulla bocca di tutti; è un mito, un'idea fascinosa.
Per alcuni, "globalizzazione" vuol dire tutto ciò che siamo costretti a
fare per ottenere la felicità; per altri, la globalizzazione è la causa
stessa della nostra infelicità. Per tutti, in ogni caso, la
"globalizzazione" significa l'ineluttabile destino del mondo, un
processo irreversibile, e che, inoltre, ci coinvolge tutti alla stessa
misura ed allo stesso modo. Viviamo tutti all'interno della
"globalizzazione", ed essere "globalizzati" vuol dire per ciascuno di
noi, più o meno la stessa cosa. La globalizzazione si è ritagliata un
ruolo da protagonista nella politica e nella società dei singoli paesi,
essa sta cambiando il nostro modo di vivere, lavorare, consumare,
trascorrere il tempo libero.
Per globalizzazione
s’intende il movimento che induce le economie verso un’integrazione
sempre più accentuata. La liberalizzazione progressiva degli scambi
commerciali e dei movimenti di capitali sta trasformando l’economia in
un unico mercato modiale; frontiere e barriere economiche e finanziarie
non hanno quasi più alcun senso e sempre meno caratterizzano l’azione
politica.
All’interno del mercato globale vanno
perdendo significato molte delle peculiarità che hanno caratterizzato
l’epoca dei capitalismi nazionali, perché globalizzazione significa
anche convergenza verso un modello uniforme di economia di mercato.
Spesso nel dibattito politico e culturale ci si chiede se la
globalizzazione abbia valore positivo o negativo.
Probabilmente questa domanda è un po’
oziosa: non possiamo scegliere se salire o meno sul tram della
globalizzazione. Può piacere o non piacere ma, essa è un fatto con il
quale le generazione presenti e future dovranno vivere. Tutte le forze
vive dei diversi paesi, sono costrette ad uniformarsi se non vogliono
cadere nell’inefficienza e nella povertà.
La globalizzazione cosi’, non è più una
scelta ma un imperativo, sia per il sistema-paese che per le imprese.
Questa inevitabile globalizzazione cosa comporta? Crea ricchezza?
Per gli economisti non c'è dubbio che la
globalizzazione contribuisca enormemente alla prosperità globale,
poiche’ una gran parte del mondo ed un grandissimo numero di paesi
indipendenti, partecipano a tale processo. La globalizzazione non
configura pertanto un "gioco a somma zero" con alcune economie che
guadagnano a spese dei sacrifici e delle perdite subite da altri paesi.
Se le politiche economiche adottate soddisfano i requisiti richiesti da
mercati concorrenziali su scala mondiale, allora tutti i paesi potranno
sviluppare meglio i propri vantaggi competitivi, porsi su un sentiero di
crescita potenziale e partecipare ai benefici di un'economia mondiale
resa più prospera.
Tuttavia, il dibattito pubblico non può non
notare anche gli aspetti negativi che colpiscono certi paesi o certe
fasce di lavoratori (soprattutto quelli poco qualificati), ad esempio
gli effetti portati dalla deindustrializzazione, sulla disoccupazione
nei paesi europei e sui salari reali negli USA; o lo sfruttamento del
lavoro dei minori e degli adulti in molti paesi in via di sviluppo.
1.1
GLOBALIZZAZIONE E STORIA
Dopo la fine della Seconda guerra mondiale e
per 30 anni, vi è una continua espansione dell’industria nelle economie
avanzate del mondo occidentale. Di conseguenza, materie prime e greggio
del Terzo Mondo affluiscono nel Primo Mondo, in cambio di manufatti. A
quel flusso di materiali ne fa seguito uno di uomini, in cerca di lavoro
meglio pagato.
Fra il 1975 e il 1982 la situazione cambia. Si ha un ristagno
dell'economia mondiale, anche per la brusca impennata dei prezzi del
greggio, che provoca la recessione nel Primo e nel Terzo Mondo. Lo
sviluppo continua solo nelle economie pianificate e nei paesi
esportatori di greggio.La recessione arresta le migrazioni: i lavoratori
del Sud e quelli del Nord conoscono la disoccupazione.
Il capitale affluisce più copiosamente ai
paesi di recente industrializzazione, perché le multinazionali e gli
industriali locali cominciano a sfruttare la loro forza lavoro a basso
costo e sufficientemente qualificata. I flussi di materiali e di uomini
dal Sud al Nord ristagnano o cessano del tutto. I paesi petroliferi
diventano un punto focale del globo, ed attirano dal 1975 al 1985
correnti di immigrati. Gli anni Ottanta e Novanta sono caratterizzati
come da un periodo di grandi cambiamenti strutturali nell’economia del
mondo, che accompagnandosi alla contemporanea crescita delle moderne
tecnologie dell’informazione e dei trasporti, prefigurano l’imporsi in
tempi ravvicinati di nuovi assetti e nuovi equilibri a livello mondiale.
Ecco i fenomeni più rilevanti:
a) Il primo è la reindustrializzazione del
Nord.
b) Il secondo fenomeno è lo slittamento
verso Est del baricentro economico mondiale. L’Unione Sovietica e
l’Europa orientale ristagnano, l’Unione Europea si sviluppa lentamente,
ed il Giappone e l’Ovest degli Stati Uniti conoscono una più rapida
espansione economica.
c) Il crollo dei regimi comunisti che ha
prodotto l’affermarsi del modello capitalistico come modello economico
mondiale.
d) Vi è la creazione di aree economiche
regionali di libero scambio.
Una crescente sensazione di riduzione delle
distanze fisiche, cui contribuiscono tanto la diminuzione del costo
relativo dei trasferimenti, quanto lo sviluppo delle comunicazioni. Un
imporsi in tutto il mondo del modello consumistico e dello stile di vita
dei paesi occidentali, "veicolati" attraverso la diffusione su scala
mondiale dei loro prodotti "simbolo" ( Coca-cola e McDonald’s)
rappresentano solo gli esempi più eclatanti della tendenza alla
creazione di un’unica cultura di massa planetaria, favorita dallo
sviluppo delle comunicazioni che, portando tecniche e strumenti della
persuasione pubblicitaria negli angoli più remoti del globo, riesce a
stravolgere "confini culturali" millenari.
e) Negli ultimissimi anni, rapporti
d’interdipendenza industriale più stretti e più complessi caratterizzano
le economie di mercato. Esplode lo scambio di prodotti industriali fra
Europa occidentale, America settentrionale, Giappone e Australia, con la
conseguente continua intensificazione della concorrenza fra le aziende.
2.2 ” Le
trasformazioni “GLOBALI”
La globalizzazione non è un processo totalmente nuovo. Se
vogliamo, il mondo ha cominciato a globalizzarsi già al tempo delle
scoperte geografiche e della costituzione di imperi coloniali.
Già personaggi come Marco Polo e Cristoforo Colombo sono
autenticamente “globali”.
Quello che è cambiato è la crescita
esponenziale delle relazioni e delle interdipendenze tra i paesi del
mondo.
In particolare, l'attuale globalizzazione è
frutto di un processo che nel corso degli ultimi due secoli ha portato
ad una progressiva integrazione delle forze economiche, finanziarie,
sociali e culturali. Infatti, siamo passati da una industrializzazione a
livello locale alla sua internazionalizzazione, e quindi ormai alla
globalizzazione.
In tale periodo, le strutture politiche,
economiche e finanziarie degli Stati, sono diventate sempre più
interdipendenti e le diverse culture nazionali hanno subito un processo
di reciproca osmosi.
Nell’ultimo secolo progressivamente si è
affermato il principio della libera circolazione delle merci.
La novità piu’ rilevante dell'attuale epoca
di sviluppo, pero’, è la globalizzazione del capitalismo, vale a dire la
sottrazione della forza e delle logiche del capitale al controllo
sociale delle comunità nazionali. Oggi l'economia è globale in un senso
in cui la politica non lo è. Viene così meno il vincolo stabile fra
stato, territorio, popolazione e ricchezza. Inoltre, le trasformazioni
in corso nella tecnologia, nei trasporti e nelle comunicazioni, stanno
creando un mondo in cui qualunque cosa può essere prodotta e venduta
ovunque sulla faccia della Terra.
I confini che separano le diverse economie
nazionali diventano sempre più evanescenti. Ciò di fatto accresce il
disaccordo tra grandi imprese internazionali con una visione globale e
governi nazionali che privilegiano il benessere dei "propri" elettori.
Questa e’ un'era in cui non esiste una potenza dominante in senso
economico, politico o militare. In passato, le regole del sistema
mondiale degli scambi, sono sempre state scritte ed imposte dalle
potenze economiche che lo dominavano.
Ma, nel XXI secolo non vi e’ alcuna potenza
dominante in grado di concepire, organizzare ed imporre le regole della
sfida economica. Il mondo economico unipolare dominato dagli Stati Uniti
non esiste più: ad esso è subentrato un mondo multipolare. La superficie
economica della Terra, la distribuzione del reddito e della ricchezza, è
riplasmata in modo radicale. I salari reali diminuiscono per la maggior
parte dei cittadini americani. L'Europa non riesce a creare posti di
lavoro per i suoi giovani. Le strategie economiche che prima avevano
successo (incentrate sui bisogni della classe media) ora sono destinate
a fallire.
Si presenta un mondo nuovo di zecca, con
opportunità nuove di zecca!
CONCLUSIONI
La società del Ventunesimo Secolo e’
certamente una società planetaria, unificata, universale.
Siamo ancora in cammino verso un nuovo
ordine economico mondiale, alla ricerca di un equilibrio diverso tra
Nord e Sud, tra paesi in via di sviluppo e paesi già sviluppati, legati
paradossalmente da un unico destino.
Da qui nasce il bisogno di stabilire un
ordine mondiale della comunicazione e dell’informazione che, attraverso
le nuove tecnologie, diffonda cultura e notizie, in modo da servire alla
comprensione tra i popoli ed alla crescita morale di tutta l’umanità. I
processi di globalizzazione infatti, sono influenzati ampiamente ed in
vario modo, dallo sviluppo tecnologico.
Le tecnologie dell’informazione accelerano e
moltiplicano i flussi comunicativi tra tutte le aree del pianeta. In
particolare, l'aumento dei flussi di trasmissione delle informazioni
tramite la televisione, Internet, la telefonia, la radiofonia (ma anche
attraverso l'istruzione e il turismo) fa sì che ogni parte del mondo
viene coinvolta nel processo di comunicazione e assimilazione di idee,
mode, propensioni di consumo. Il dibattito sulla globalizzazione
richiede una miglior comprensione delle questioni fondamentali, che
tendono a essere sommerse. Innanzitutto,le proteste contro la
globalizzazione non sono sulla globalizzazione: i cosiddetti
contestatori anti-globalizzazione difficilmente possono essere, in
generale, contro la globalizzazione, dato che queste proteste sono tra
gli eventi piu’ globalizzati d’oggi. Inoltre,la globalizzazione non è né
una novità né un'occidentalizzazione.
Per migliaia di anni, la globalizzazione è
progredita attraverso gli spostamenti, il commercio, la migrazione,
l'espansione delle influenze culturali e la diffusione della conoscenza
e della comprensione (anche della scienza e della tecnologia). Ma le
influenze hanno preso direzioni diverse.
La globalizzazione ha arricchito il mondo
dal punto di vista scientifico e culturale, ha anche giovato
economicamente a molte persone. La questione fondamentale invece, è la
disparità: la principale sfida è legata in un modo o nell'altro alla
disparità tra nazioni come pure all'interno delle nazioni. Percio’,la
questione non è solo se vi sia qualche profitto per tutte le parti in
causa, ma se la distribuzione del profitto sia equa. È pertanto
necessario chiedersi se la distribuzione dei profitti sia equa o
accettabile e non solo se vi sia un profitto per tutte le parti in causa
(che possono essere il motivo per numerosi accordi alternativi).
Il mondo è cambiato dagli accordi di Bretton
Woods del 1944 (che istituirono la Banca Mondiale ed il Fondo monetario
internazionale): la struttura internazionale economica, finanziaria e
politica del mondo che abbiamo ereditato dal passato è stata in gran
parte creata negli anni '40. Adesso, sono pertanto necessari cambiamenti
sia a livello politico che a livello istituzionale: le istituzioni
internazionali esistenti hanno cercato di rispondere al cambiamento
della situazione in diversa misura. Questa struttura globale è la
risposta necessaria ai dubbi globali: le proteste contro la
globalizzazione sono di per se stesse parte del processo generale di
globalizzazione, al quale è impossibile sfuggire e per sfuggire al quale
non sussiste alcun valido motivo. Incamminiamoci percio’ in questo
spazio aperto, globale, i cui confini risultano meno netti e piu’
sfumati. Questo spazio in cui si assiste ad una presa di coscienza della
totalita’, dei flussi di comunicazione, di scambio. Un mondo libero di
percorrere, di incontrarsi, di trasformarsi.
(Dic. 2010)
Anna Maria Serpico |